“Pedofilia, mafia: la Chiesa, il popolo di Dio, i sacerdoti, le comunità, avranno tra gli altri compiti queste due principalissime questioni“. È quanto ha sottolineato Papa Francesco in una nuova intervista concessa al fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, in un dialogo tra credenti e non credenti, come ha sottolineato il giornalista. Bergoglio ha messo ancora una volta il dito nella piaga della “lebbra della pedofilia nella Chiesa“, contro la quale sta attuando la linea della tolleranza zero, sottolineando che è “gravissimo che il due per cento di pedofili sono sacerdoti e perfino vescovi e cardinali”. E sempre riguardo la piaga della pedofilia, Bergoglio aggiunge che “Gesù amava tutti, perfino i peccatori che voleva redimere dispensando il perdono e la misericordia, ma quando usava il bastone lo impugnava per scacciare il demonio che si era impadronito di quell’anima”. E sull’inchino della statua della Madonna delle Grazie al boss Giuseppe Mazzagatti, avvenuto a Oppido Mamertina dopo la sua scomunica ai mafiosi, Francesco ha assicurato: “Tutto questo sta cambiando e cambierà. La nostra denuncia delle mafia non sarà fatta una volta tanto ma sarà costante”.
Apertura importante e per certi aspetti inedita da parte del Papa sul celibato dei sacerdoti. “Forse lei non sa – ha spiegato Bergoglio a Scalfari – che il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore. La Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiteri si sposino. Il problema certamente esiste ma non è di grande entità. Ci vuole tempo ma le soluzioni ci sono e le troverò”. Non a caso Francesco ha citato l’esempio della Chiesa orientale per valutare un cambiamento nella dottrina che riguarda il celibato sacerdotale. Proprio l’esempio concreto che viene dall’Oriente sarà al centro della discussione del Sinodo dei vescovi che si terrà a ottobre in Vaticano per valutare l’altra apertura significativa, e molto attesa all’interno della Chiesa, ovvero quella verso i divorziati risposati.
“La corruzione di un fanciullo – ha affermato il Papa – è quanto di più terribile e immondo si possa immaginare specialmente se, come risulta dai dati che ho potuto direttamente esaminare, gran parte di questi fatti abominevoli avvengono all’interno delle famiglie o comunque d’una comunità di antiche amicizie”. E in un altro passaggio ha sottolineato che “l’educazione come compito principale verso i figli sembra fuggito via dalle case. Questo fenomeno è una gravissima omissione ma non siamo ancora nel male assoluto. Non soltanto la mancata educazione ma la corruzione, il vizio, le pratiche turpi imposte al bambino e poi praticate e aggiornate sempre più gravemente man mano che egli cresce e diventa ragazzo e poi adolescente. Questa situazione è frequente nelle famiglie, praticata da parenti, nonni, zii, amici di famiglia. Spesso gli altri membri della famiglia ne sono consapevoli ma non intervengono, irretiti da interessi o da altre forme di corruzione”.
E qui Francesco ha indicato anche la “la diffusione delle droghe” nelle nuove generazioni. “La Chiesa – ha sottolineato il Papa – lotta perché il vizio sia debellato e l’educazione recuperata. Ma anche noi abbiamo questa lebbra in casa. Molti miei collaboratori che lottano con me mi rassicurano con dati attendibili che valutano la pedofilia dentro la Chiesa al livello del due per cento. Questo dato dovrebbe tranquillizzarmi ma debbo dirle che non mi tranquillizza affatto. Lo reputo anzi gravissimo. Il due per cento di pedofili sono sacerdoti e perfino vescovi e cardinali. E altri, ancor più numerosi, sanno ma tacciono, puniscono ma senza dirne il motivo. Io trovo questo stato di cose insostenibile ed è mia intenzione affrontarlo con la severità che richiede”.
Sulla pedofilia Papa Francesco sta compiendo atti inediti e abbastanza significativi con punizioni esemplari. Bergoglio, infatti, ha rimandato nella sua diocesi di Taranto il numero due della nunziatura apostolica in Italia, monsignor Luca Lorusso, che ha difese l’ex prete romano Patrizio Poggi condannato in secondo grado per pedofilia e che sostenne le sue accuse, risultate totalmente infondate, contro nove ecclesiastici romani che si sarebbero macchiati dello stesso reato. Francesco, inoltre, ha obbligato don Mauro Inzoli, punto di riferimento di Comunione e liberazione in Lombardia, indagato per pedofilia, a ritirarsi a vita privata senza poter più celebrare Messa pubblicamente e amministrare i sacramenti. Un provvedimento di poco inferiore a quello emanato per l’ex nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski, condannato in primo grado per abusi sessuali su minori dall’ex Sant’Uffizio alla dimissione dallo stato clericale.
Non a caso come primo provvedimento assunto insieme al suo consiglio di cardinali, il cosiddetto “C9”, Francesco ha istituito la Pontificia commissione per la tutela dei minori, coordinata dal cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, nella quale c’è anche una vittima degli abusi, l’irlandese Marie Collins. E proprio alle vittime il Papa ha voluto chiedere perdono, il 7 luglio scorso, nella Messa che ha celebrato per loro nella cappella di Casa Santa Marta, definendo la pedofilia “un culto sacrilego”. Sulla mafia, Francesco ha confessato di “non conoscere a fondo il problema. So purtroppo quello che fanno, i delitti che vengono commessi, gli interessi enormi che le mafie amministrano. Ma mi sfugge il modo di pensare dei mafiosi, i capi, i gregari. In Argentina ci sono come dovunque i delinquenti, i ladri, gli assassini, ma non le mafie. È questo aspetto che vorrei esaminare e lo farò leggendo i tanti libri che sono stati scritti in proposito e le tante testimonianze”.
Il Papa si è soffermato anche sul valore della religione, ovviamente in modo totalmente distorto, nelle organizzazioni criminali. “La maggior parte delle donne legate alla mafia da vincoli di parentela, le mogli, le figlie, le sorelle, frequentano assiduamente le chiese dei loro paesi dove il sindaco e altre autorità locali sono spesso mafiose. Quelle donne pensano che Dio perdoni le orribili malefatte dei loro congiunti?”. E, infine, un mea culpa importante per le omissioni di alcuni preti verso le organizzazioni criminali. “Debbo aggiungere che alcuni sacerdoti tendono a sorvolare sul fenomeno mafioso. Naturalmente condannano i singoli delitti, onorano le vittime, aiutano come possono le loro famiglie, ma la denuncia pubblica e costante delle mafie è rara. Il primo grande Papa che la fece proprio parlando in quelle terre fu Wojtyla“.
Tuttavia, dopo la pubblicazione dell’intervista su Repubblica, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha tenuto a precisare, con una nota ufficiale, che “come già in precedenza in una circostanza analoga, bisogna far notare che ciò che Scalfari attribuisce al Papa, riferendo ‘fra virgolette’ le sue parole, è frutto della sua memoria di esperto giornalista, ma non di trascrizione precisa di una registrazione e tanto meno di revisione da parte dell’interessato, a cui le affermazioni vengono attribuite. Non si può e non si deve quindi parlare in alcun modo di un’intervista nel senso abituale del termine, come se si riportasse una serie di domande e di risposte che rispecchiano con fedeltà e certezza il pensiero preciso dell’interlocutore. Se quindi si può ritenere che nell’insieme l’articolo riporti il senso e lo spirito del colloquio fra il Santo Padre e Scalfari, – precisa ancora il portavoce vaticano – occorre ribadire con forza quanto già si era detto in occasione di una precedente ‘intervista’ apparsa su Repubblica, cioè che le singole espressioni riferite, nella formulazione riportata, non possono essere attribuite con sicurezza al Papa”.
Lombardi focalizza in particolare la sua attenzione su “due affermazioni che hanno attirato molta attenzione e che invece non sono attribuibili al Papa. Cioè che fra i pedofili vi siano dei ‘cardinali’, e che il Papa abbia affermato con sicurezza, a proposito del celibato, ‘le soluzioni le troverò’. Nell’articolo pubblicato – precisa ancora Lombardi – queste due affermazioni vengono chiaramente attribuite al Papa, ma, curiosamente, le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono chiuse. Semplicemente mancano le virgolette di chiusura. Dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui?”
Twitter: @FrancescoGrana
Cronaca
Bergoglio: “Come Gesù userò il bastone contro la pedofilia, lebbra nella Chiesa”
Bergoglio, in un colloquio con Eugenio Scalfari su Repubblica, spiega che è "una piaga" nell'istituzione "e colpisce anche vescovi e cardinali". Sul celibato dei preti dice: "Troverò soluzioni". Ma il direttore della Sala Stampa vaticana critica l'intervista e 'smentisce' che queste considerazioni siano attribuibili al Pontefice
“Pedofilia, mafia: la Chiesa, il popolo di Dio, i sacerdoti, le comunità, avranno tra gli altri compiti queste due principalissime questioni“. È quanto ha sottolineato Papa Francesco in una nuova intervista concessa al fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, in un dialogo tra credenti e non credenti, come ha sottolineato il giornalista. Bergoglio ha messo ancora una volta il dito nella piaga della “lebbra della pedofilia nella Chiesa“, contro la quale sta attuando la linea della tolleranza zero, sottolineando che è “gravissimo che il due per cento di pedofili sono sacerdoti e perfino vescovi e cardinali”. E sempre riguardo la piaga della pedofilia, Bergoglio aggiunge che “Gesù amava tutti, perfino i peccatori che voleva redimere dispensando il perdono e la misericordia, ma quando usava il bastone lo impugnava per scacciare il demonio che si era impadronito di quell’anima”. E sull’inchino della statua della Madonna delle Grazie al boss Giuseppe Mazzagatti, avvenuto a Oppido Mamertina dopo la sua scomunica ai mafiosi, Francesco ha assicurato: “Tutto questo sta cambiando e cambierà. La nostra denuncia delle mafia non sarà fatta una volta tanto ma sarà costante”.
Apertura importante e per certi aspetti inedita da parte del Papa sul celibato dei sacerdoti. “Forse lei non sa – ha spiegato Bergoglio a Scalfari – che il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore. La Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiteri si sposino. Il problema certamente esiste ma non è di grande entità. Ci vuole tempo ma le soluzioni ci sono e le troverò”. Non a caso Francesco ha citato l’esempio della Chiesa orientale per valutare un cambiamento nella dottrina che riguarda il celibato sacerdotale. Proprio l’esempio concreto che viene dall’Oriente sarà al centro della discussione del Sinodo dei vescovi che si terrà a ottobre in Vaticano per valutare l’altra apertura significativa, e molto attesa all’interno della Chiesa, ovvero quella verso i divorziati risposati.
“La corruzione di un fanciullo – ha affermato il Papa – è quanto di più terribile e immondo si possa immaginare specialmente se, come risulta dai dati che ho potuto direttamente esaminare, gran parte di questi fatti abominevoli avvengono all’interno delle famiglie o comunque d’una comunità di antiche amicizie”. E in un altro passaggio ha sottolineato che “l’educazione come compito principale verso i figli sembra fuggito via dalle case. Questo fenomeno è una gravissima omissione ma non siamo ancora nel male assoluto. Non soltanto la mancata educazione ma la corruzione, il vizio, le pratiche turpi imposte al bambino e poi praticate e aggiornate sempre più gravemente man mano che egli cresce e diventa ragazzo e poi adolescente. Questa situazione è frequente nelle famiglie, praticata da parenti, nonni, zii, amici di famiglia. Spesso gli altri membri della famiglia ne sono consapevoli ma non intervengono, irretiti da interessi o da altre forme di corruzione”.
E qui Francesco ha indicato anche la “la diffusione delle droghe” nelle nuove generazioni. “La Chiesa – ha sottolineato il Papa – lotta perché il vizio sia debellato e l’educazione recuperata. Ma anche noi abbiamo questa lebbra in casa. Molti miei collaboratori che lottano con me mi rassicurano con dati attendibili che valutano la pedofilia dentro la Chiesa al livello del due per cento. Questo dato dovrebbe tranquillizzarmi ma debbo dirle che non mi tranquillizza affatto. Lo reputo anzi gravissimo. Il due per cento di pedofili sono sacerdoti e perfino vescovi e cardinali. E altri, ancor più numerosi, sanno ma tacciono, puniscono ma senza dirne il motivo. Io trovo questo stato di cose insostenibile ed è mia intenzione affrontarlo con la severità che richiede”.
Sulla pedofilia Papa Francesco sta compiendo atti inediti e abbastanza significativi con punizioni esemplari. Bergoglio, infatti, ha rimandato nella sua diocesi di Taranto il numero due della nunziatura apostolica in Italia, monsignor Luca Lorusso, che ha difese l’ex prete romano Patrizio Poggi condannato in secondo grado per pedofilia e che sostenne le sue accuse, risultate totalmente infondate, contro nove ecclesiastici romani che si sarebbero macchiati dello stesso reato. Francesco, inoltre, ha obbligato don Mauro Inzoli, punto di riferimento di Comunione e liberazione in Lombardia, indagato per pedofilia, a ritirarsi a vita privata senza poter più celebrare Messa pubblicamente e amministrare i sacramenti. Un provvedimento di poco inferiore a quello emanato per l’ex nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski, condannato in primo grado per abusi sessuali su minori dall’ex Sant’Uffizio alla dimissione dallo stato clericale.
Non a caso come primo provvedimento assunto insieme al suo consiglio di cardinali, il cosiddetto “C9”, Francesco ha istituito la Pontificia commissione per la tutela dei minori, coordinata dal cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, nella quale c’è anche una vittima degli abusi, l’irlandese Marie Collins. E proprio alle vittime il Papa ha voluto chiedere perdono, il 7 luglio scorso, nella Messa che ha celebrato per loro nella cappella di Casa Santa Marta, definendo la pedofilia “un culto sacrilego”. Sulla mafia, Francesco ha confessato di “non conoscere a fondo il problema. So purtroppo quello che fanno, i delitti che vengono commessi, gli interessi enormi che le mafie amministrano. Ma mi sfugge il modo di pensare dei mafiosi, i capi, i gregari. In Argentina ci sono come dovunque i delinquenti, i ladri, gli assassini, ma non le mafie. È questo aspetto che vorrei esaminare e lo farò leggendo i tanti libri che sono stati scritti in proposito e le tante testimonianze”.
Il Papa si è soffermato anche sul valore della religione, ovviamente in modo totalmente distorto, nelle organizzazioni criminali. “La maggior parte delle donne legate alla mafia da vincoli di parentela, le mogli, le figlie, le sorelle, frequentano assiduamente le chiese dei loro paesi dove il sindaco e altre autorità locali sono spesso mafiose. Quelle donne pensano che Dio perdoni le orribili malefatte dei loro congiunti?”. E, infine, un mea culpa importante per le omissioni di alcuni preti verso le organizzazioni criminali. “Debbo aggiungere che alcuni sacerdoti tendono a sorvolare sul fenomeno mafioso. Naturalmente condannano i singoli delitti, onorano le vittime, aiutano come possono le loro famiglie, ma la denuncia pubblica e costante delle mafie è rara. Il primo grande Papa che la fece proprio parlando in quelle terre fu Wojtyla“.
Tuttavia, dopo la pubblicazione dell’intervista su Repubblica, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha tenuto a precisare, con una nota ufficiale, che “come già in precedenza in una circostanza analoga, bisogna far notare che ciò che Scalfari attribuisce al Papa, riferendo ‘fra virgolette’ le sue parole, è frutto della sua memoria di esperto giornalista, ma non di trascrizione precisa di una registrazione e tanto meno di revisione da parte dell’interessato, a cui le affermazioni vengono attribuite. Non si può e non si deve quindi parlare in alcun modo di un’intervista nel senso abituale del termine, come se si riportasse una serie di domande e di risposte che rispecchiano con fedeltà e certezza il pensiero preciso dell’interlocutore. Se quindi si può ritenere che nell’insieme l’articolo riporti il senso e lo spirito del colloquio fra il Santo Padre e Scalfari, – precisa ancora il portavoce vaticano – occorre ribadire con forza quanto già si era detto in occasione di una precedente ‘intervista’ apparsa su Repubblica, cioè che le singole espressioni riferite, nella formulazione riportata, non possono essere attribuite con sicurezza al Papa”.
Lombardi focalizza in particolare la sua attenzione su “due affermazioni che hanno attirato molta attenzione e che invece non sono attribuibili al Papa. Cioè che fra i pedofili vi siano dei ‘cardinali’, e che il Papa abbia affermato con sicurezza, a proposito del celibato, ‘le soluzioni le troverò’. Nell’articolo pubblicato – precisa ancora Lombardi – queste due affermazioni vengono chiaramente attribuite al Papa, ma, curiosamente, le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono chiuse. Semplicemente mancano le virgolette di chiusura. Dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui?”
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Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "Meloni si dice coerente su tutto, ma è la campionessa mondiale di incoerenza". Lo dice Matteo Renzi in diretta su Instagram.
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "L'atteggiamento di Giorgia Meloni in questi giorni è insopportabile. A dicembre 2024 Meloni va ad Atreju e dice che i centri migranti funzioneranno, perchè bisogna sconfiggere la mafia dei trafficanti di migranti. E cosa accade ora? Accade che la scorsa settimana uno di quei criminali, che la Corte Penale Internazionale definisce trafficante e torturatore, viene arrestato dai poliziotti e la Meloni lo libera, con un volo di Stato, a spese nostre". Così Matteo Renzi in una diretta su Instagram.
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "Se il governo abbassa le tasse, io sono contento. Ma quando hai un livello di ipocrisia come quello che abbiamo visto, mi arrabbio e lo dico. C'è un governo indecente con un sottosegretario alla Giustizia condannato, un ministro dei Trasporti che va benino sulle dirette di Tik Tok, ma non nella gestione dei trasporti". Lo dice Matteo Renzi in diretta su Instagram. "Se vogliono cacciare la Santanchè perchè rinviata a giudizio, allora devono mandare a casa anche Delmastro che è rinviato a giudizio. Meloni ha due pesi e due misure".
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - Uniti si vince. Anzi, no. Divisi si vince. Dario Franceschini dal suo nuovo ufficio ex-officina, spariglia. "I partiti che formano la possibile alternativa alla destra sono diversi e lo resteranno. È inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo. L’Ulivo non tornerà". E allora meglio andare "al voto ognuno per conto suo, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale" e sul terzo dei seggi assegnati con l'uninomiale "è sufficiente stringere un accordo", la proposta di Franceschini. Che si rivolge pure a Forza Italia: "Ha il biglietto della lotteria in tasca, ma non lo sa", con il proporzionale "sarebbe arbitra dei governi per i prossimi vent’anni".
"Volpone...", commenta Matteo Renzi. Carlo Calenda condivide l'analisi sul marciare divisi, Angelo Bonelli la boccia mentre dal Movimento 5 Stelle si fa sapere che l'intervista all'ex-ministro del Conte II è stata letta "con attenzione", vista come "prospettiva compatibile con le richieste della nostra comunità", quindi un’opzione su cui "è possibile un confronto". Nel Pd ha infiammato le chat ma la reazione ai attesta tra lo stupore e il silenzio, al momento. A partire dalla segretaria. Plasticamente impegnata in quanto di più lontano da riflessioni di alchimia politica, posta sui social le foto dell'incontro oggi a Porto Marghera con i lavoratori del petrolchimico, settore in allarme. "Eni sta dismettendo la chimica di base in Italia con l’assenso del governo Meloni, che resta a guardare. Grazie a questi lavoratori per l’incontro, il Pd è al loro fianco", scrive Schlein su Instagram.
Tuttavia, si riferisce, che stamattina ci sarebbero state interlocuzioni con Franceschini sull'intervista. E l'ex-ministro avrebbe rassicurato sulle sue buone intenzioni. Quel "marciare divisi" non andrebbe letto come una sconfessione della "testardamente unitaria" Schlein. Il senso dell'operazione sarebbe quello di dare un fermo, uno stop al dibattito che si sta alimentando nelle ultime settimane - giudicato inutile e maliziosamente dannoso - sul federatore, sulla coalizione e anche su un ipotetico partito dei cattolici. Una forza moderata sarebbe utile ma, sottolinea Franceschini, "noi cattolici democratici, non possiamo che restare in una forza progressista come ci hanno insegnato Zaccagnini e Granelli". E quindi un assist alla segretaria, si assicura.
Detto questo, non a pochi nel Pd, la proposta del "marciare divisi" è apparsa quanto meno eccentrica di fronte a una coalizione di centrodestra guidata da una leader, almeno al momento, molto forte. "Lei parla con Trump e noi ci presentiamo al voto divisi, a darci addosso l'un l'altro?". E comunque ancor più prosaicamente c'è chi fa notare come "senza alleanze, con questa legge elettorale, hai automaticamente perso". E' la matematica e il voto del 2022 docet. Riflessioni che restano riservate. "Nessuno vuol ribattere a un dirigente storico del Pd".
Anche il passaggio su Forza Italia sembra un po' fuori sincrono. Certo, osserva Matteo Renzi, "se Forza Italia accettasse di avere il sistema proporzionale governerebbe per anni perché si entrerebbe in un sistema in cui si creerebbero le maggioranze in Parlamento". Ma che gli azzurri si sfilino dal centrodestra, non sembra alle viste. Franceschini "prova a sedurre con una danza del ventre evocando il proporzionale puro", dice Alessandro Sorte, ma "Forza Italia è" già "l'unico vero centro e oggi ha un ruolo fondamentale".
Per Bonelli la proposta dell'ex-ministro non convince: "Non sarà l'Ulivo, non sarà il programma di 300 pagine dell'Unione, ma un minimo comun denominatore con cui presentarsi alle elezioni e battere la destra serve. E' quello che abbiamo fatto alle regionali in Sardegna, Umbria, Emilia. E quello su cui lavoreremo per le prossime regionali che ci attendono. Perché lo stesso schema non deve valere per le politiche?". Nel Pd a parlare in chiaro, in Tv, è Debora Serracchiani secondo cui l'ipotesi di Franceschini è "da valutare" e "credo abbia detto una cosa saggia: rafforzare il Pd, pensare alle cose concrete. La segretaria su questo sta dando veramente una linea importante. Invece di costruire a tavolino delle alleanze, cerchiamo di metterci insieme sui temi che ci tengono uniti".
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - Uniti si vince. Anzi, no. Divisi si vince. Dario Franceschini dal suo nuovo ufficio ex-officina, spariglia. "I partiti che formano la possibile alternativa alla destra sono diversi e lo resteranno. È inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo. L’Ulivo non tornerà". E allora meglio andare "al voto ognuno per conto suo, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale" e sul terzo dei seggi assegnati con l'uninomiale "è sufficiente stringere un accordo", la proposta di Franceschini. Che si rivolge pure a Forza Italia: "Ha il biglietto della lotteria in tasca, ma non lo sa", con il proporzionale "sarebbe arbitra dei governi per i prossimi vent’anni".
"Volpone...", commenta Matteo Renzi. Carlo Calenda condivide l'analisi sul marciare divisi, Angelo Bonelli la boccia mentre dal Movimento 5 Stelle si fa sapere che l'intervista all'ex-ministro del Conte II è stata letta "con attenzione". Nel Pd ha infiammato le chat ma la reazione ai attesta tra lo stupore e il silenzio, al momento. A partire dalla segretaria. Plasticamente impegnata in quanto di più lontano da riflessioni di alchimia politica, posta sui social le foto dell'incontro oggi a Porto Marghera con i lavoratori del petrolchimico, settore in allarme. "Eni sta dismettendo la chimica di base in Italia con l’assenso del governo Meloni, che resta a guardare. Grazie a questi lavoratori per l’incontro, il Pd è al loro fianco", scrive Schlein su Instagram.
Tuttavia, si riferisce, che stamattina ci sarebbero state interlocuzioni con Franceschini sull'intervista. E l'ex-ministro avrebbe rassicurato sulle sue buone intenzioni. Quel "marciare divisi" non andrebbe letto come una sconfessione della "testardamente unitaria" Schlein. Il senso dell'operazione sarebbe quello di dare un fermo, uno stop al dibattito che si sta alimentando nelle ultime settimane - giudicato inutile e maliziosamente dannoso - sul federatore, sulla coalizione e anche su un ipotetico partito dei cattolici. Una forza moderata sarebbe utile ma, sottolinea Franceschini, "noi cattolici democratici, non possiamo che restare in una forza progressista come ci hanno insegnato Zaccagnini e Granelli". E quindi un assist alla segretaria, si assicura.
Detto questo, non a pochi nel Pd, la proposta del "marciare divisi" è apparsa quanto meno eccentrica di fronte a una coalizione di centrodestra guidata da una leader, almeno al momento, molto forte. "Lei parla con Trump e noi ci presentiamo al voto divisi, a darci addosso l'un l'altro?". E comunque ancor più prosaicamente c'è chi fa notare come "senza alleanze, con questa legge elettorale, hai automaticamente perso". E' la matematica e il voto del 2022 docet. Riflessioni che restano riservate. "Nessuno vuol ribattere a un dirigente storico del Pd".
Anche il passaggio su Forza Italia sembra un po' fuori sincrono. Certo, osserva Matteo Renzi, "se Forza Italia accettasse di avere il sistema proporzionale governerebbe per anni perché si entrerebbe in un sistema in cui si creerebbero le maggioranze in Parlamento". Ma che gli azzurri si sfilino dal centrodestra, non sembra alle viste. Franceschini "prova a sedurre con una danza del ventre evocando il proporzionale puro", dice Alessandro Sorte, ma "Forza Italia è" già "l'unico vero centro e oggi ha un ruolo fondamentale".
Per Bonelli la proposta dell'ex-ministro non convince: "Non sarà l'Ulivo, non sarà il programma di 300 pagine dell'Unione, ma un minimo comun denominatore con cui presentarsi alle elezioni e battere la destra serve. E' quello che abbiamo fatto alle regionali in Sardegna, Umbria, Emilia. E quello su cui lavoreremo per le prossime regionali che ci attendono. Perché lo stesso schema non deve valere per le politiche?". Nel Pd a parlare in chiaro, in Tv, è Debora Serracchiani secondo cui l'ipotesi di Franceschini è "da valutare" e "credo abbia detto una cosa saggia: rafforzare il Pd, pensare alle cose concrete. La segretaria su questo sta dando veramente una linea importante. Invece di costruire a tavolino delle alleanze, cerchiamo di metterci insieme sui temi che ci tengono uniti".
(Adnkronos) - Per il pm De Tommasi le indagate avrebbero 'imbeccato' l'imputata - anche usando protocolli con "punteggi già inseriti" - affinché ottenesse una perizia psichiatrica in grado di accertarle un deficit, un'attività difensiva non lecita e che non è andata a buon fine. Le psicologhe sarebbero andate oltre il loro compito, somministrando test "incompatibili con le caratteristiche psichiche effettive della detenuta" e con colloqui "falsamente annotati nel diario clinico", mentre lo psichiatra Garbarini, consulente di parte, l'avrebbe "eterodiretta" nelle risposte da fornire, sostiene l'accusa.
Nell'avviso di conclusione indagini, infine, il pubblico ministero - che ha sentito la compagna di cella Tiziana Morandi, meglio conosciuta come 'la Mantide della Brianza' - sottolinea come l'avvocata Pontenani "invitava Pifferi a simulare in carcere comportamenti e atteggiamenti idonei a far apparire, contrariamente al vero, come una 'fuori di testa' e come una 'mongoloide', al fine di indurre in errore il perito e la Corte che avrebbero dovuto valutarla e giudicarla ed essere ritenuta quantomeno parzialmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto".
La chiusura delle indagini arriva a cinque giorni dal processo d'appello, dopo che il primo grado - la perizia disposta dai giudici ha certificato la piena capacità di intendere e volere della 39enne - ha sentenziato l'ergastolo per l'accusa di omicidio della piccola Diana di soli 2 anni.
Roma, 24 gen (Adnkronos) - “Seguiremo con grande attenzione l’offerta di acquisto di MPS su Mediobanca, vogliamo capirne tutti gli obiettivi e le ricadute. Il sistema bancario italiano è in una condizione complessivamente solida, grazie alla profonda ristrutturazione seguita alla crisi finanziaria e a quella dei debiti sovran". Lo dice Antonio Misiani, responsabile Economia e finanze nella segreteria nazionale Pd.
"MPS rappresenta, in questo quadro, un’esperienza particolarmente virtuosa. Le operazioni di aggregazione rispondono all’interesse nazionale e vanno valutate positivamente se producono effetti positivi sotto il profilo industriale, occupazionale e finanziario, seguendo criteri di mercato -prosegue-. Non se diventano parte di un risiko dettato da logiche opache di potere e con un ruolo sempre più invasivo della politica. Questo è il nostro metro di valutazione".
"Il fatto che il MEF sia il primo azionista di MPS, la banca che ha lanciato l’operazione, rende necessaria da parte del governo la massima trasparenza di fronte al Paese. Siano ormai a metà legislatura e ancora non abbiamo compreso se il governo abbia o meno una strategia per il futuro del sistema bancario nell’interesse delle famiglie e dell’economia reale", continua Misiani.
(Adnkronos) - "Chiameremo in Parlamento il ministro Giorgetti per chiedergli conto di tutto questo, a partire dagli obiettivi e dai criteri con cui l’esecutivo si vuole rapportare nei confronti di questa e di altre operazioni - come Unicredit-BPM e Generali-Natixis - che in questi mesi stanno cambiando radicalmente il profilo e la configurazione della finanza italiana", conclude l'esponente del Pd.