“Protagonista di una meticolosa politica di desertificazione e abbandono del patrimonio archeologico e culturale”. Con questa motivazione solo poche settimane fa il Comune di Mesagne, nel brindisino, ha ricevuto il premio, virtuale, “Attila” da parte dell’Associazione “Mesagne Bene Comune”. Un premio più che guadagnato, come si dice in queste circostanze. A certificarlo i siti archeologici. Le loro condizioni.
A partire dall’area archeologica di Muro Tenente, il sito a 5 chilometri da Mesagne, nel quale un saggio di scavo ha rilevato l’esistenza di resti di abitato e di necropoli compresi tra l’VIII e il VI secolo a. C., oltre a resti della cinta muraria della fine del III secolo a. C. Area il cui abbandono, incontrastato, è noto da tempo. Al punto che nel settembre 2012 la Soprintendenza archeologica per la Puglia, in una nota al sindaco Franco Scoditti, ne intimava una custodia più attenta, dopo l’acquisizione dell’“informativa, da parte del Comando Carabinieri Tutela patrimonio culturale, di estesi danneggiamenti … mai segnalati”. Sottolineando come il Comune avesse “disatteso le ripetute richieste di quest’ufficio in merito all’adozione di adeguate misure di sorveglianza e di manutenzione dell’area”. Minacciando “la ricopertura di tutti i resti archeologici in luce”. Sollecitazioni quelle della Soprintendenza a quanto sembra del tutto disattese.
Non va meglio all’area archeologica delle terme di Malvindi, indagata negli anni Ottanta. Le strutture in opera incerta, i pavimenti in opera spicata e a mosaico a tesse bianche e nere, i rivestimenti con resti di affreschi di colore rosso e blu, non solo abbandonati. Tra sterpaglie e un vecchio vigneto. Anche di difficile accesso. Tanto più considerando che si trovano in proprietà privata. Un problema irrisolto. Nonostante le dichiarazioni del sindaco Scoditti. Così nell’agosto 2013, come per il sito di Muro Tenente, la Soprintendenza archeologica, per evitare crolli e distruzioni, ne aveva progettato il reinterro. Che non si è realizzato solo per mancanza di risorse finanziare necessarie.
Stessa storia per l’area archeologica di Muro Maurizio, lungo la provinciale che collega Mesagne a San Pancrazio. Un insediamento messapico di straordinaria importanza riconosciuto da ricognizioni archeologiche di superficie condotte da una missione olandese. Terra di conquista per tombaroli e vandali. Nel più completo abbandono. Come dimostrano i rifiuti di ogni genere accatastati lungo i resti delle mura. Luogo la cui integrità paesaggistica è ulteriormente minata dalla prossima nascita di un parco eolico. Autorizzato dal Comune per quanto di sua competenza. I 25 aereogeneratori che dovrebbero essere sistemati a partire da una distanza dall’area archeologica di circa 300 metri aggiungerebbero il degrado all’abbandono. Non sarebbe davvero una buona notizia.
Invece, ha riaperto ai visitatori, in occasione della “Domenica della Cultura”, alla meta dello scorso giugno la necropoli messapica di Vico Quercia. Dopo un decennio di inaccessibilità, causata anche dalla mancanza di standard di sicurezza, l’amministrazione comunale, in collaborazione con Promocultura, ha promosso l’evento. Rendere visibili le monumentali tombe a semicamera, sottostanti un esercizio pubblico.
Ma questo elemento positivo, alla cui realizzazione di certo ha contribuito il premio ricevuto, rimane isolato. Confuso nelle altre ombre. Come quella che si allunga sul Museo archeologico “Ugo Granafei”, per il quale si sono persi importanti finanziamenti che avrebbero agevolato una sua più moderna sistemazione. Un allestimento delle ricche collezioni. Forse anche l’esposizione dei materiali provenienti dal sito di Muro Maurizio, finora custoditi in deposito. Risorse che avrebbero potuto implementare i servizi di uno spazio museale che il numero di visitatori, più che esiguo, indizia essere poco attrattivo.
Un panorama desolante per la città d’arte che, insieme ad Ostuni, costituisce la capitale del barocco nella provincia pugliese. Una mortificazione immeritata per il centro che ha regalato le sue piazze e le sue vie a film recenti. Pezzi di Mesagne che hanno fatto il giro d’Italia. Che si sono fatte conoscere. A differenza di quanto accade per il patrimonio archeologico. Rilevante. Si potrebbe azzardare, unico. Ma del tutto estraneo agli interessi della politica locale. Non compreso in alcun progetto di valorizzazione. Non solo a fini turistico-culturali. Ma poco considerato anche dalla Soprintendenza archeologica. Che in diverse occasioni, nel corso degli anni, ha meritoriamente combattuto contro il disinteresse mostrato dall’amministrazione locale. Dimenticando tuttavia di darne visibilità sul suo sito online, nel quale Mesagne manca del tutto.
Il sole sembra non sorgere più in quest’angolo di Puglia, a breve distanza dal Mar Ionio e da quello Adriatico. E’ notte fonda sul Patrimonio archeologico.
Manlio Lilli
Archeologo e giornalista
Cultura - 14 Luglio 2014
Puglia: a Mesagne l’abbandono del patrimonio archeologico è un brand
“Protagonista di una meticolosa politica di desertificazione e abbandono del patrimonio archeologico e culturale”. Con questa motivazione solo poche settimane fa il Comune di Mesagne, nel brindisino, ha ricevuto il premio, virtuale, “Attila” da parte dell’Associazione “Mesagne Bene Comune”. Un premio più che guadagnato, come si dice in queste circostanze. A certificarlo i siti archeologici. Le loro condizioni.
Invece, ha riaperto ai visitatori, in occasione della “Domenica della Cultura”, alla meta dello scorso giugno la necropoli messapica di Vico Quercia. Dopo un decennio di inaccessibilità, causata anche dalla mancanza di standard di sicurezza, l’amministrazione comunale, in collaborazione con Promocultura, ha promosso l’evento. Rendere visibili le monumentali tombe a semicamera, sottostanti un esercizio pubblico.
Ma questo elemento positivo, alla cui realizzazione di certo ha contribuito il premio ricevuto, rimane isolato. Confuso nelle altre ombre. Come quella che si allunga sul Museo archeologico “Ugo Granafei”, per il quale si sono persi importanti finanziamenti che avrebbero agevolato una sua più moderna sistemazione. Un allestimento delle ricche collezioni. Forse anche l’esposizione dei materiali provenienti dal sito di Muro Maurizio, finora custoditi in deposito. Risorse che avrebbero potuto implementare i servizi di uno spazio museale che il numero di visitatori, più che esiguo, indizia essere poco attrattivo.
Un panorama desolante per la città d’arte che, insieme ad Ostuni, costituisce la capitale del barocco nella provincia pugliese. Una mortificazione immeritata per il centro che ha regalato le sue piazze e le sue vie a film recenti. Pezzi di Mesagne che hanno fatto il giro d’Italia. Che si sono fatte conoscere. A differenza di quanto accade per il patrimonio archeologico. Rilevante. Si potrebbe azzardare, unico. Ma del tutto estraneo agli interessi della politica locale. Non compreso in alcun progetto di valorizzazione. Non solo a fini turistico-culturali. Ma poco considerato anche dalla Soprintendenza archeologica. Che in diverse occasioni, nel corso degli anni, ha meritoriamente combattuto contro il disinteresse mostrato dall’amministrazione locale. Dimenticando tuttavia di darne visibilità sul suo sito online, nel quale Mesagne manca del tutto.
Il sole sembra non sorgere più in quest’angolo di Puglia, a breve distanza dal Mar Ionio e da quello Adriatico. E’ notte fonda sul Patrimonio archeologico.
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"Questa azienda non ha una licenza legale per lavorare. Questa licenza, come molte altre cose in Macedonia nel passato, è legata alla corruzione", ha detto Toskovsky durante una conferenza stampa a Kocani, una piccola città nell'est del paese balcanico dove è avvenuta la tragedia durante un concerto nella notte tra sabato e domenica.