Antonio Conte non è più l’allenatore della Juventus. Il tecnico salentino si è dimesso dopo il primo giorno di ritiro e la notizia è stata ufficializzata dalla società bianconera via Twitter. Il tecnico, invece, ha comunicato la sua decisione con un video sul sito della società. Con queste parole: “C’è da comunicare la rescissione consensuale del contratto tra me e la Juventus, che ci legava ancora per quest’anno. C’è stato un percorso in cui ho maturato delle percezioni e sensazioni che mi hanno portato a questa decisione“.
Nessuna certezza sui motivi che hanno portato allo strappo, ma a quanto pare il tutto sarebbe riconducibile ad alcune divergenze sul calciomercato. Non è un mistero, infatti, che al termine dello scorso campionato (culminato con il terzo scudetto in tre anni consecutivi alla guida della Vecchia Signora) l’allenatore aveva chiesto precise garanzie per rimanere sulla panchina dei campioni d’Italia. Quali garanzie? Operazioni di mercato al top per primeggiare anche in Europa, dove l’ex capitano bianconero voleva proporre un nuovo modulo di gioco, ovvero un più moderno 4-3-3 al posto del 3-5-2 con cui ha dominato in Italia per tre anni.
I DISSIDI SUL MERCATO – Per far ciò Conte aveva chiesto alla società giocatori funzionali al suo progetto tattico: esterni d’attacco veloci e terzini in grado di coprire l’intera fascia con identiche capacità offensive e difensive. Marotta e Paratici si sono mossi, ma evidentemente non nella direzione sperata dall’allenatore. Conte, infatti, aveva messo in cima alla lista dei desideri Alexis Sanchez del Barcellona e Cuadrado della Fiorentina. Il primo è finito all’Arsenal per quaranta milioni di euro, cifra fuori budget per la società di Agnelli, alle prese con una situazione di bilancio di certo non florida. Proprio per questo motivo, inoltre, l’ala della Viola non può che rimanere una chimera, visto che il giocatore viene valutato almeno 35 milioni di euro.
Detto questo, però, la società bianconera non è rimasta a guardare: ha chiuso per il baby del Real Madrid Alvaro Morata (un prospetto di campione, ma non un elemento affermato come voleva il tecnico), è vicinissimo alla firma dell’argentino Iturbe del Verona (una promessa, ma pagata 25 milioni di euro) ed è prossima a tesserare il laterale ex Manchester United Patrice Evra, sul quale però Conte era abbastanza titubante. La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, però, potrebbe essere un’altra: la sempre più probabile cessione del centrocampista cileno Arturo Vidal, per cui la Juve aveva rifiutato un’offerta di 40 milioni di euro da parte del Manchester United. I Red Devils, però, dopo aver sottoscritto un contratto monstre di sponsorizzazione con l’Adidas (1 miliardo e 300 milioni di dollari per dieci anni), hanno nuovamente alzato il tiro. E difficilmente Marotta potrà dire di no a 45 milioni di euro sull’unghia per il ‘Guerriero’ sudamericano. Le esigenze di bilancio (con questa cessione la Juve realizzerebbe una plusvalenza di alto livello), però, mal si sposano con le ambizioni di Conte, che perderebbe il pilastro del suo centrocampo e del progetto futuro. Da qui, forse, la decisione del mister, che in tre anni sulla panchina dello Juventus Stadium ha centrato per tre volte il primo posto in Serie A. Male, sempre male, al contrario, le spedizione europee, con la tendenza negativa attribuiti dallo stesso Conte all’impossibilità di competere economicamente con le big del Vecchio Continente. Proprio per questo motivo, a fine campionato era quasi certo che le strade tra Conte e la Juve si sarebbero separate, ma poi lo strappo si è ricucito. Fino a oggi, quando la notizia del divorzio è stata ufficilizzata.
IL PRECEDENTE A BARI – Non è la prima volta che nella sua pur breve carriera Antonio Conte abbandona un progetto vincente per “divergenze sul mercato”. Successe la stessa, identica cosa nel 2009, quando il tecnico, dopo la brillante cavalcata in Serie B, riuscì a riportare il Bari in Serie A. Al termine del campionato la società dei fratelli Matarrese (il ds era Giorgio Perinetti) propose al tecnico il rinnovo del contratto. Lui accettò e firmò l’accordo il 2 giugno, ma il 23 dello stesso mese lui e il club rescissero unilateralmente il contratto. Il motivo? Divergenze sul mercato: Conte voleva una squadra per puntare alla qualificazione in Coppa Uefa, la società voleva solo salvarsi. E l’avventura del mister leccese sulla panchina del Bari finì. Oggi è successa la stessa identica cosa.
IL FUTURO DI CONTE E DELLA JUVE – Ma quale sarà ora il futuro del tecnico campione d’Italia? Conte alla Juventus guadagna 3,5 milioni di euro (a cui vanno aggiunti i bonus): emolumenti che solo un top club può garantirgli. In questo senso, quindi, sembrerebbero prive di fondamento le voci che vedrebbero l’ex tecnico della Juve sulla panchina della nazionale azzurra dopo l’addio di Prandelli. Essere l’allenatore dell’Italia, però, potrebbe essere un’opportunità che spingerebbe Conte ad abbassare (e non di poco) le sue pretese economiche. Alternative? Poche. E non tanto per motivi economici, quanto per un altro dato di fatto: tutte le panchine delle squadre più importanti d’Europa sono già occupate. Per Conte, quindi, o il fascino della maglia azzurra o qualche mese di riposo, magari in attesa di subentrare in corsa in caso di clamorosi flop da parte delle regine del Vecchio Continente. In una sorta di gioco di porte girevoli, poi, il futuro di Conte potrebbe decidere quello di altri due/tre tecnici al momento disoccupati: per il ruolo di allenatore della Juve, infatti, sono in pole Massimiliano Allegri, Roberto Mancini e Luciano Spalletti, ovvero gli stessi, identici nomi che hanno occupato le pagine dei giornali in quota nazionale italiana dopo le dimissioni di Cesare Prandelli. Ma questi nomi, oggi, dopo le dimissioni di Conte passano inevitabilmente in secondo piano. Non solo per la nazionale, ma anche e soprattutto per la panchina della Juventus. Tra tanti dubbi, solo una cosa è certa: chiunque raccoglierà l’eredità di Conte avrà un compito davvero proibitivo, quello di fare come e meglio del tecnico che ha riportato i bianconeri sul tetto d’Italia.
BUFFON: “FULMINE A CIEL SERENO” – “Quella di Conte è una decisione inaspettata, un fulmine a ciel sereno, ma vedendo le parole che sono state adoperate e i toni molto pacati si capisce che in maniera congiunta si è arrivati a questa decisione, senza strappo, evidentemente è qualcosa che covava da un pò di tempo a questa parte e che ha trovato l’epilogo oggi”. Queste le parole del capitano della Juventus, Gigi Buffon, da Carrara, commentando la rescissione consensuale del contratto tra Conte e la Juve. Ora, però, Buffon potrebbe ritrovarsi Conte come ct della Nazionale: “Avendo visto anche il video del mister, non penso stesse pensando al futuro, ma in maniera molto pacata e serena stesse argomentando una sua decisione irrevocabile. Un ripensamento? Non penso proprio, dopo dichiarazioni ufficiali con tanto di video” ha aggiunto Buffon che ha sottolineato che “la Juventus sicuramente perde tanto”. Il capitano della Juve e della nazionale, però, ha detto anche altro: “E’ inutile negare il valore di Conte e quali siano stati i suoi meriti in questi tre anni, ma non siamo all’anno zero – ha proseguito il portiere – Preoccupato per il futuro? Non sappiamo chi arriverà, al momento possiamo dire di aver perso un grandissimo allenatore, ma rimangono ottimi giocatori, una società solida e una proprietà di primo livello che non ha mai operato se non in funzione di una grande Juve. Queste sono le nostre certezze, che devono tranquillizzare i tifosi e responsabilizzare noi giocatori”.
L’ERA CONTE ALLA JUVE – Conte lascia la Juventus dopo tre anni ricchi di successi: nella storia della società bianconera è l’unico allenatore dal dopoguerra ad aver vinto tre campionati consecutivi, di cui l’ultimo con il record di 102 punti. In bacheca anche due Supercoppe italiane. In totale ha guidato la Juventus in panchina per 151 partite, con 102 vittorie, 34 pareggi e sole 15 sconfitte.
Home Sport
Antonio Conte si è dimesso da allenatore della Juve: divergenze sul mercato
Rescissione consensuale del contratto tra i bianconeri e il tecnico, ora in pole per la nazionale post Prandelli. Al suo posto è lotta tra Massimiliano Allegri e Roberto Mancini
Antonio Conte non è più l’allenatore della Juventus. Il tecnico salentino si è dimesso dopo il primo giorno di ritiro e la notizia è stata ufficializzata dalla società bianconera via Twitter. Il tecnico, invece, ha comunicato la sua decisione con un video sul sito della società. Con queste parole: “C’è da comunicare la rescissione consensuale del contratto tra me e la Juventus, che ci legava ancora per quest’anno. C’è stato un percorso in cui ho maturato delle percezioni e sensazioni che mi hanno portato a questa decisione“.
Nessuna certezza sui motivi che hanno portato allo strappo, ma a quanto pare il tutto sarebbe riconducibile ad alcune divergenze sul calciomercato. Non è un mistero, infatti, che al termine dello scorso campionato (culminato con il terzo scudetto in tre anni consecutivi alla guida della Vecchia Signora) l’allenatore aveva chiesto precise garanzie per rimanere sulla panchina dei campioni d’Italia. Quali garanzie? Operazioni di mercato al top per primeggiare anche in Europa, dove l’ex capitano bianconero voleva proporre un nuovo modulo di gioco, ovvero un più moderno 4-3-3 al posto del 3-5-2 con cui ha dominato in Italia per tre anni.
I DISSIDI SUL MERCATO – Per far ciò Conte aveva chiesto alla società giocatori funzionali al suo progetto tattico: esterni d’attacco veloci e terzini in grado di coprire l’intera fascia con identiche capacità offensive e difensive. Marotta e Paratici si sono mossi, ma evidentemente non nella direzione sperata dall’allenatore. Conte, infatti, aveva messo in cima alla lista dei desideri Alexis Sanchez del Barcellona e Cuadrado della Fiorentina. Il primo è finito all’Arsenal per quaranta milioni di euro, cifra fuori budget per la società di Agnelli, alle prese con una situazione di bilancio di certo non florida. Proprio per questo motivo, inoltre, l’ala della Viola non può che rimanere una chimera, visto che il giocatore viene valutato almeno 35 milioni di euro.
Detto questo, però, la società bianconera non è rimasta a guardare: ha chiuso per il baby del Real Madrid Alvaro Morata (un prospetto di campione, ma non un elemento affermato come voleva il tecnico), è vicinissimo alla firma dell’argentino Iturbe del Verona (una promessa, ma pagata 25 milioni di euro) ed è prossima a tesserare il laterale ex Manchester United Patrice Evra, sul quale però Conte era abbastanza titubante. La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, però, potrebbe essere un’altra: la sempre più probabile cessione del centrocampista cileno Arturo Vidal, per cui la Juve aveva rifiutato un’offerta di 40 milioni di euro da parte del Manchester United. I Red Devils, però, dopo aver sottoscritto un contratto monstre di sponsorizzazione con l’Adidas (1 miliardo e 300 milioni di dollari per dieci anni), hanno nuovamente alzato il tiro. E difficilmente Marotta potrà dire di no a 45 milioni di euro sull’unghia per il ‘Guerriero’ sudamericano. Le esigenze di bilancio (con questa cessione la Juve realizzerebbe una plusvalenza di alto livello), però, mal si sposano con le ambizioni di Conte, che perderebbe il pilastro del suo centrocampo e del progetto futuro. Da qui, forse, la decisione del mister, che in tre anni sulla panchina dello Juventus Stadium ha centrato per tre volte il primo posto in Serie A. Male, sempre male, al contrario, le spedizione europee, con la tendenza negativa attribuiti dallo stesso Conte all’impossibilità di competere economicamente con le big del Vecchio Continente. Proprio per questo motivo, a fine campionato era quasi certo che le strade tra Conte e la Juve si sarebbero separate, ma poi lo strappo si è ricucito. Fino a oggi, quando la notizia del divorzio è stata ufficilizzata.
IL PRECEDENTE A BARI – Non è la prima volta che nella sua pur breve carriera Antonio Conte abbandona un progetto vincente per “divergenze sul mercato”. Successe la stessa, identica cosa nel 2009, quando il tecnico, dopo la brillante cavalcata in Serie B, riuscì a riportare il Bari in Serie A. Al termine del campionato la società dei fratelli Matarrese (il ds era Giorgio Perinetti) propose al tecnico il rinnovo del contratto. Lui accettò e firmò l’accordo il 2 giugno, ma il 23 dello stesso mese lui e il club rescissero unilateralmente il contratto. Il motivo? Divergenze sul mercato: Conte voleva una squadra per puntare alla qualificazione in Coppa Uefa, la società voleva solo salvarsi. E l’avventura del mister leccese sulla panchina del Bari finì. Oggi è successa la stessa identica cosa.
IL FUTURO DI CONTE E DELLA JUVE – Ma quale sarà ora il futuro del tecnico campione d’Italia? Conte alla Juventus guadagna 3,5 milioni di euro (a cui vanno aggiunti i bonus): emolumenti che solo un top club può garantirgli. In questo senso, quindi, sembrerebbero prive di fondamento le voci che vedrebbero l’ex tecnico della Juve sulla panchina della nazionale azzurra dopo l’addio di Prandelli. Essere l’allenatore dell’Italia, però, potrebbe essere un’opportunità che spingerebbe Conte ad abbassare (e non di poco) le sue pretese economiche. Alternative? Poche. E non tanto per motivi economici, quanto per un altro dato di fatto: tutte le panchine delle squadre più importanti d’Europa sono già occupate. Per Conte, quindi, o il fascino della maglia azzurra o qualche mese di riposo, magari in attesa di subentrare in corsa in caso di clamorosi flop da parte delle regine del Vecchio Continente. In una sorta di gioco di porte girevoli, poi, il futuro di Conte potrebbe decidere quello di altri due/tre tecnici al momento disoccupati: per il ruolo di allenatore della Juve, infatti, sono in pole Massimiliano Allegri, Roberto Mancini e Luciano Spalletti, ovvero gli stessi, identici nomi che hanno occupato le pagine dei giornali in quota nazionale italiana dopo le dimissioni di Cesare Prandelli. Ma questi nomi, oggi, dopo le dimissioni di Conte passano inevitabilmente in secondo piano. Non solo per la nazionale, ma anche e soprattutto per la panchina della Juventus. Tra tanti dubbi, solo una cosa è certa: chiunque raccoglierà l’eredità di Conte avrà un compito davvero proibitivo, quello di fare come e meglio del tecnico che ha riportato i bianconeri sul tetto d’Italia.
BUFFON: “FULMINE A CIEL SERENO” – “Quella di Conte è una decisione inaspettata, un fulmine a ciel sereno, ma vedendo le parole che sono state adoperate e i toni molto pacati si capisce che in maniera congiunta si è arrivati a questa decisione, senza strappo, evidentemente è qualcosa che covava da un pò di tempo a questa parte e che ha trovato l’epilogo oggi”. Queste le parole del capitano della Juventus, Gigi Buffon, da Carrara, commentando la rescissione consensuale del contratto tra Conte e la Juve. Ora, però, Buffon potrebbe ritrovarsi Conte come ct della Nazionale: “Avendo visto anche il video del mister, non penso stesse pensando al futuro, ma in maniera molto pacata e serena stesse argomentando una sua decisione irrevocabile. Un ripensamento? Non penso proprio, dopo dichiarazioni ufficiali con tanto di video” ha aggiunto Buffon che ha sottolineato che “la Juventus sicuramente perde tanto”. Il capitano della Juve e della nazionale, però, ha detto anche altro: “E’ inutile negare il valore di Conte e quali siano stati i suoi meriti in questi tre anni, ma non siamo all’anno zero – ha proseguito il portiere – Preoccupato per il futuro? Non sappiamo chi arriverà, al momento possiamo dire di aver perso un grandissimo allenatore, ma rimangono ottimi giocatori, una società solida e una proprietà di primo livello che non ha mai operato se non in funzione di una grande Juve. Queste sono le nostre certezze, che devono tranquillizzare i tifosi e responsabilizzare noi giocatori”.
L’ERA CONTE ALLA JUVE – Conte lascia la Juventus dopo tre anni ricchi di successi: nella storia della società bianconera è l’unico allenatore dal dopoguerra ad aver vinto tre campionati consecutivi, di cui l’ultimo con il record di 102 punti. In bacheca anche due Supercoppe italiane. In totale ha guidato la Juventus in panchina per 151 partite, con 102 vittorie, 34 pareggi e sole 15 sconfitte.
Articolo Precedente
Tour de France 2014, i voti: Nibali primo della classe
Articolo Successivo
Nibali parla da padrone del Tour: “Froome e Contador? Spiace, ma io in ottima forma”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Ultimi articoli di FQ Sport
Calcio
Champions, Inter lanciata verso i quarti: Thuram e Lautaro stendono il Feyenoord
Calcio
Addio a Pizzul, Pierluigi Pardo: “Ricordo quel ’ahi’ che per me resta irraggiungibile. Con tre lettere ha comunicato meglio di mille parole”
Calcio
Ethan Nwaneri, il prodigio dell’Arsenal che infrange ogni record ma non può entrare in spogliatoio: “Deve vestirsi da un’altra parte”
(Adnkronos) - Le violenze e le discriminazioni violano la dignità personale, creano un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo e generano malessere nelle persone che le subiscono. “In questi casi, la prima cosa da fare è segnalare e denunciare alla Consigliera di Parità per ricevere supporto e assistenza. È fondamentale non rimanere in silenzio. Ogni voce conta e può portare ad un cambiamento - sottolinea Antonella Pappadà, consigliera di Parità effettiva della Provincia di Lecce - . Questo incontro offre un’occasione per riflettere e ricordare a noi stesse quanto sia importante valorizzare il nostro talento e le nostre competenze e imparare a non farci sopraffare sia nelle relazioni personali sia nei luoghi di lavoro. La figura istituzionale della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce è preposta a contrastare ogni forma di discriminazione legata al genere e non solo, a dare sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori che ne siano stati vittime sul luogo di lavoro, supportandoli gratuitamente in via stragiudiziale e giudiziale”.
“La violenza contro le donne e i femminicidi rappresentano ferite profonde nella nostra società, ma oggi dobbiamo esprimere la nostra determinazione nel combattere questi problemi - aggiunge Donatella Bertolone, vicepresidente Vicario Gruppo Donne Imprenditrici Fipe/Confcommercio - È incoraggiante vedere sempre più donne unirsi per reclamare il diritto alla sicurezza e al rispetto. Le donne non sono solo vittime, ma anche attrici fondamentali nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Campagne come #SicurezzaVera ci mostrano che possiamo fare la differenza, sensibilizzando e coinvolgendo la società su questi temi cruciali. È essenziale lavorare insieme per sfatare l’idea che i luoghi di intrattenimento siano associati alla violenza. Dobbiamo trasformare questi spazi in ambienti sicuri e accoglienti, dove ogni persona, in particolare le donne, possa sentirsi protetta e rispettata”.
I dati raccolti dal Centro Antiviolenza Renata Fonte di Lecce parlano chiaro: nel 2024 hanno chiesto aiuto 174 donne. La fascia d’età più colpita è quella tra i 30 e i 39 anni (32%), seguita da quella tra i 40 e i 49 anni (23%). La violenza non ha un unico volto: il 44% ha subito violenza fisica, il 45% psicologica, mentre il 2% ha denunciato violenze sessuali e il 4% atti di stalking. Colpisce il fatto che, nonostante il dolore e la sofferenza, solo il 34% delle donne abbia trovato la forza di sporgere denuncia. Il restante 66% ha scelto di non farlo, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
"Uscire da una relazione maltrattante non è mai semplice per una donna, soprattutto quando l’uomo che esercita violenza è il compagno, il marito o il padre dei suoi figli, dichiara Maria Luisa Toto - Presidente Associazione Donne Insieme che gestisce il Centro Antiviolenza Renata Fonte. Ogni donna ha i suoi tempi, perché la paura, la vergogna e il senso di colpa possono trasformarsi in una prigione invisibile, fatta di solitudine e isolamento. Questi numeri ci dicono che la violenza di genere è una piaga radicata nella nostra società. Non è solo un fenomeno privato, ma una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Per questo è essenziale che le donne non si sentano sole. Devono sapere che c’è una rete di supporto pronta ad aiutarle".
Una rete di supporto alimentata anche da momenti di spettacolo che portano in scena – come nel caso di “Eva non è ancora nata” di e con Salvatore Cosentino, magistrato e autore teatrale - la realtà delle donne che vengono analizzate sotto l’aspetto umano, per una riflessione profonda sul loro ruolo nella società di oggi. A ricordare le vittime di femminicidio e di violenza di genere, da venerdì 7 marzo ci sarà a Lecce anche una nuova panchina rossa, installata a Palazzo dei Celestini su iniziativa della Commissione Pari Opportunità della Provincia. Una mobilitazione importante quella della città che ha coinvolto anche la U.S. Lecce, che ha voluto essere presente all’evento di Codere inviando un videomessaggio di Federico Baschirotto. Il capitano dei giallorossi salentini ha ribadito l’importanza del contrasto a qualsiasi forma di violenza sulle donne e della promozione della cultura del rispetto e della consapevolezza: temi anche della campagna “Un Rosso alla Violenza” della Lega Serie A che servono a tenere sempre alta l’attenzione.
“Quando 'Innamòrati di Te' ha mosso i suoi primi passi non mi aspettavo che sarebbe diventato un laboratorio così importante, un momento di confronto trasversale e costruttivo. In dieci anni abbiamo attraversato l’Italia più volte e abbiamo avuto l’opportunità di conoscere persone fantastiche che si impegnano per il bene comune, in particolare quello delle donne. Confesso di essere davvero emozionata nel vedere anche Lecce tra le Città delle Donne e ringrazio Adriana Poli Bortone per aver immediatamente colto lo spunto che, in qualità di Ambassador de Gli Stati Generali delle Donne, ho offerto - commenta Imma Romano Direttrice Relazioni Istituzionali di Codere Italia - . Anche questa volta siamo riuscite a trattare il tema della violenza di genere con chi questo tema lo conosce e lo combatte quotidianamente, provando a dare informazioni ed indicazioni molto concrete sugli strumenti esistenti e sulle opportunità che il mondo istituzionale e quello del terziario sociale mettono a disposizione. L’impegno di Codere resta un impegno concreto sia in termini di divulgazione che di supporto. Con gioia sosteniamo l’Associazione Donne Insieme che opera proprio su questo territorio”. Dopo Lecce, il progetto itinerante 'Innamòrati di Te' farà tappa il 24 giugno a Rivoli, alle porte di Torino, per un altro appuntamento gratuito e aperto al pubblico.
(Adnkronos) - Le violenze e le discriminazioni violano la dignità personale, creano un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo e generano malessere nelle persone che le subiscono. “In questi casi, la prima cosa da fare è segnalare e denunciare alla Consigliera di Parità per ricevere supporto e assistenza. È fondamentale non rimanere in silenzio. Ogni voce conta e può portare ad un cambiamento - sottolinea Antonella Pappadà, consigliera di Parità effettiva della Provincia di Lecce - . Questo incontro offre un’occasione per riflettere e ricordare a noi stesse quanto sia importante valorizzare il nostro talento e le nostre competenze e imparare a non farci sopraffare sia nelle relazioni personali sia nei luoghi di lavoro. La figura istituzionale della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce è preposta a contrastare ogni forma di discriminazione legata al genere e non solo, a dare sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori che ne siano stati vittime sul luogo di lavoro, supportandoli gratuitamente in via stragiudiziale e giudiziale”.
“La violenza contro le donne e i femminicidi rappresentano ferite profonde nella nostra società, ma oggi dobbiamo esprimere la nostra determinazione nel combattere questi problemi - aggiunge Donatella Bertolone, vicepresidente Vicario Gruppo Donne Imprenditrici Fipe/Confcommercio - È incoraggiante vedere sempre più donne unirsi per reclamare il diritto alla sicurezza e al rispetto. Le donne non sono solo vittime, ma anche attrici fondamentali nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Campagne come #SicurezzaVera ci mostrano che possiamo fare la differenza, sensibilizzando e coinvolgendo la società su questi temi cruciali. È essenziale lavorare insieme per sfatare l’idea che i luoghi di intrattenimento siano associati alla violenza. Dobbiamo trasformare questi spazi in ambienti sicuri e accoglienti, dove ogni persona, in particolare le donne, possa sentirsi protetta e rispettata”.
I dati raccolti dal Centro Antiviolenza Renata Fonte di Lecce parlano chiaro: nel 2024 hanno chiesto aiuto 174 donne. La fascia d’età più colpita è quella tra i 30 e i 39 anni (32%), seguita da quella tra i 40 e i 49 anni (23%). La violenza non ha un unico volto: il 44% ha subito violenza fisica, il 45% psicologica, mentre il 2% ha denunciato violenze sessuali e il 4% atti di stalking. Colpisce il fatto che, nonostante il dolore e la sofferenza, solo il 34% delle donne abbia trovato la forza di sporgere denuncia. Il restante 66% ha scelto di non farlo, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
"Uscire da una relazione maltrattante non è mai semplice per una donna, soprattutto quando l’uomo che esercita violenza è il compagno, il marito o il padre dei suoi figli, dichiara Maria Luisa Toto - Presidente Associazione Donne Insieme che gestisce il Centro Antiviolenza Renata Fonte. Ogni donna ha i suoi tempi, perché la paura, la vergogna e il senso di colpa possono trasformarsi in una prigione invisibile, fatta di solitudine e isolamento. Questi numeri ci dicono che la violenza di genere è una piaga radicata nella nostra società. Non è solo un fenomeno privato, ma una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Per questo è essenziale che le donne non si sentano sole. Devono sapere che c’è una rete di supporto pronta ad aiutarle".
Una rete di supporto alimentata anche da momenti di spettacolo che portano in scena – come nel caso di “Eva non è ancora nata” di e con Salvatore Cosentino, magistrato e autore teatrale - la realtà delle donne che vengono analizzate sotto l’aspetto umano, per una riflessione profonda sul loro ruolo nella società di oggi. A ricordare le vittime di femminicidio e di violenza di genere, da venerdì 7 marzo ci sarà a Lecce anche una nuova panchina rossa, installata a Palazzo dei Celestini su iniziativa della Commissione Pari Opportunità della Provincia. Una mobilitazione importante quella della città che ha coinvolto anche la U.S. Lecce, che ha voluto essere presente all’evento di Codere inviando un videomessaggio di Federico Baschirotto. Il capitano dei giallorossi salentini ha ribadito l’importanza del contrasto a qualsiasi forma di violenza sulle donne e della promozione della cultura del rispetto e della consapevolezza: temi anche della campagna “Un Rosso alla Violenza” della Lega Serie A che servono a tenere sempre alta l’attenzione.
“Quando 'Innamòrati di Te' ha mosso i suoi primi passi non mi aspettavo che sarebbe diventato un laboratorio così importante, un momento di confronto trasversale e costruttivo. In dieci anni abbiamo attraversato l’Italia più volte e abbiamo avuto l’opportunità di conoscere persone fantastiche che si impegnano per il bene comune, in particolare quello delle donne. Confesso di essere davvero emozionata nel vedere anche Lecce tra le Città delle Donne e ringrazio Adriana Poli Bortone per aver immediatamente colto lo spunto che, in qualità di Ambassador de Gli Stati Generali delle Donne, ho offerto - commenta Imma Romano Direttrice Relazioni Istituzionali di Codere Italia - . Anche questa volta siamo riuscite a trattare il tema della violenza di genere con chi questo tema lo conosce e lo combatte quotidianamente, provando a dare informazioni ed indicazioni molto concrete sugli strumenti esistenti e sulle opportunità che il mondo istituzionale e quello del terziario sociale mettono a disposizione. L’impegno di Codere resta un impegno concreto sia in termini di divulgazione che di supporto. Con gioia sosteniamo l’Associazione Donne Insieme che opera proprio su questo territorio”. Dopo Lecce, il progetto itinerante 'Innamòrati di Te' farà tappa il 24 giugno a Rivoli, alle porte di Torino, per un altro appuntamento gratuito e aperto al pubblico.
(Adnkronos) - Il Comune di Milano, alla luce delle indagini che recentemente hanno riguardato l’urbanistica, ricorda di aver già messo in atto diverse misure. Ad esempio con apposita delibera di Giunta, datata febbraio 2024, lo Sportello unico per l'edilizia (Sue) si è adeguato alle interpretazioni del gip in tema di pianificazione attuativa e ristrutturazione edilizia e lo scorso settembre è stato modificato il regolamento della Commissione per il paesaggio, "rafforzando ulteriormente il principio di trasparenza che lo guida e prevedendo che almeno 8 componenti su 15, compreso il presidente, per l’intera durata dell’incarico non svolgano attività di libera professione nel territorio comunale".
Lo scorso novembre sono state introdotte regole "molto restrittive" sui contatti tra funzionari dello Sportello unico per l'edilizia e gli utenti privati. E' invece datato primo marzo 2025 l’avvicendamento di alcuni dirigenti, mentre nel maggio 2023 il Consiglio comunale ha approvato la delibera di Giunta relativa all’aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e a novembre 2024 sono stati aggiornati anche i criteri di monetizzazione dello standard.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Il 63% degli intervistati ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia in crisi, con una percezione più diffusa tra gli uomini (75%) e i tifosi (69%). E' quanto si evince dall'indagine condotta da 'Noto Sondaggi' su 'Gli italiani e il Calcio', un resoconto sul rapporto tra gli italiani e il mondo del calcio e la percezione del suo stato di salute, esplorando l'interesse per lo sport, il rapporto con il calcio, la percezione della salute del calcio, il ripensamento del modello di business e il sostegno pubblico al settore.
La maggioranza assoluta degli intervistati (67%) è tifoso di una squadra di calcio in particolare, con percentuali che superano il 90% tra chi lo pratica come sport e sfiorano l’80% tra gli uomini. È interessante rilevare come perfino una parte, seppur minoritaria, di chi non pratica né segue il calcio dichiari di avere una squadra del cuore. Chi ha seguito il calcio nell’ultimo anno lo ha fatto soprattutto in Tv (62% spesso, 28% qualche volta), mentre solo un appassionato su cinque si è recato allo stadio (34%, di cui 7% spesso). In entrambi i casi, la frequenza con cui si segue il calcio tende ad aumentare tra gli under 55, chi lo pratica come sport e chi è tifoso di una squadra. Coerentemente con la scelta di seguire il calcio in Tv piuttosto che allo stadio, la modalità più frequente per seguire la squadra del cuore è l’abbonamento alla PayTv (40%, con punte del 60% tra chi pratica il calcio), mentre l’11% segue la squadra in trasferta, il 10% ha un abbonamento allo stadio e l’8% dichiara di far parte di una tifoseria.
Una quota prevalente di intervistati (63% del totale) ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia crisi. Una percezione trasversale, ma più diffusa tra gli uomini (75%), i residenti nel Centro Italia (67%) e soprattutto tifosi e appassionati di calcio, ancor più se lo pratica (83%). Il compenso eccessivo di calciatori ed allenatori rappresenta il principale problema del calcio italiano odierno (indicato dal 64% del campione), ma all’interno di uno scenario ben più complesso fatto di tante criticità, tra cui spiccano l’indebitamento troppo elevato delle società (43%) e la scarsa valorizzazione dei settori giovanili (39%). Il 69% ritiene, inoltre, che la gestione economica delle società calcistiche italiane non sia trasparente. Crisi e problematiche spingono la maggioranza degli intervistati a giudicare il modello di gestione del calcio italiano per lo più equiparabile se non inferiore a quello di altri paesi europei (rispettivamente 38% e 32% del campione). Solo una parte minoritaria (appena il 12%) ritiene, inoltre, che il calcio italiano sia in una condizione finanziariamente più solida, mentre sull’effettiva capacità delle società sportive italiane di ripensare il proprio modello di business, adattandolo alle nuove regole Uefa, le opinioni sono discordanti.
La visione degli intervistati sul nuovo modello di business a cui le società calcistiche dovrebbero ispirarsi è ricca di sfumature. Coloro che ritengono che la solidità economica sia la cosa più importante per garantire la competitività sportiva di una squadra prevalgono, ma incalzati da chi ritiene non sia così (rispettivamente 43% e 32% del campione). La maggioranza assoluta ritiene che nel calcio chi ha più soldi abbia più probabilità di vincere (54%), ma non sono pochi coloro che, al contrario, ritengono che il talento vada formato e che, quindi, si dovrebbe investire nella formazione dei talenti anche se questo non garantisce sempre la vittoria (22%). Indipendentemente dai principi ispiratori, il nuovo modello di business delle società calcistiche dovrebbe prioritariamente puntare ad affrontare le tante problematiche del settore,a partire da quelle di natura finanziaria: costo di ingaggi, cartellini e commissioni fuori controllo o con regolamentazione inadeguata (indicato dal 46% del campione), indebitamento eccessivo (38%), investimenti insufficienti dei club nei settori giovanili (31%).
Tre intervistati su quattro (70% del totale, con scostamenti per lo più contenuti in relazione al profilo socio-demografico) sono contrari all’idea che il calcio professionistico in Italia sia finanziato e riceva sostegno pubblico, in quanto le società di calcio di primo livello debbano essere trattate allo stesso modo delle altre imprese. Solo il 18% si dichiara, viceversa, favorevole ad un’ipotesi di un intervento pubblico straordinario, sottolineando le ricadute positive che il calcio ha sulla collettività, mentre il restante 12% non esprime un’opinione in merito.
Le opinioni espresse sul ruolo dello Stato nella gestione finanziaria di impianti e strutture sportive sono più eterogenee. La maggioranza, in particolare giovani e appassionati di calcio, ritiene che lo Stato debba assumersi almeno in parte questa responsabilità. Tuttavia, il consenso varia a seconda dell’ambito di intervento: il 55% degli intervistati ritiene che lo Stato debba farsi in parte o totalmente carico dell’ammodernamento e della manutenzione degli impianti, mentre la stessa percentuale sale 64% con riferimento alla sicurezza dentro e fuori gli stadi.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Il 63% degli intervistati ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia in crisi, con una percezione più diffusa tra gli uomini (75%) e i tifosi (69%). E' quanto si evince dall'indagine condotta da 'Noto Sondaggi' su 'Gli italiani e il Calcio', un resoconto sul rapporto tra gli italiani e il mondo del calcio e la percezione del suo stato di salute, esplorando l'interesse per lo sport, il rapporto con il calcio, la percezione della salute del calcio, il ripensamento del modello di business e il sostegno pubblico al settore.
La maggioranza assoluta degli intervistati (67%) è tifoso di una squadra di calcio in particolare, con percentuali che superano il 90% tra chi lo pratica come sport e sfiorano l’80% tra gli uomini. È interessante rilevare come perfino una parte, seppur minoritaria, di chi non pratica né segue il calcio dichiari di avere una squadra del cuore. Chi ha seguito il calcio nell’ultimo anno lo ha fatto soprattutto in Tv (62% spesso, 28% qualche volta), mentre solo un appassionato su cinque si è recato allo stadio (34%, di cui 7% spesso). In entrambi i casi, la frequenza con cui si segue il calcio tende ad aumentare tra gli under 55, chi lo pratica come sport e chi è tifoso di una squadra. Coerentemente con la scelta di seguire il calcio in Tv piuttosto che allo stadio, la modalità più frequente per seguire la squadra del cuore è l’abbonamento alla PayTv (40%, con punte del 60% tra chi pratica il calcio), mentre l’11% segue la squadra in trasferta, il 10% ha un abbonamento allo stadio e l’8% dichiara di far parte di una tifoseria.
Una quota prevalente di intervistati (63% del totale) ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia crisi. Una percezione trasversale, ma più diffusa tra gli uomini (75%), i residenti nel Centro Italia (67%) e soprattutto tifosi e appassionati di calcio, ancor più se lo pratica (83%). Il compenso eccessivo di calciatori ed allenatori rappresenta il principale problema del calcio italiano odierno (indicato dal 64% del campione), ma all’interno di uno scenario ben più complesso fatto di tante criticità, tra cui spiccano l’indebitamento troppo elevato delle società (43%) e la scarsa valorizzazione dei settori giovanili (39%). Il 69% ritiene, inoltre, che la gestione economica delle società calcistiche italiane non sia trasparente. Crisi e problematiche spingono la maggioranza degli intervistati a giudicare il modello di gestione del calcio italiano per lo più equiparabile se non inferiore a quello di altri paesi europei (rispettivamente 38% e 32% del campione). Solo una parte minoritaria (appena il 12%) ritiene, inoltre, che il calcio italiano sia in una condizione finanziariamente più solida, mentre sull’effettiva capacità delle società sportive italiane di ripensare il proprio modello di business, adattandolo alle nuove regole Uefa, le opinioni sono discordanti.
La visione degli intervistati sul nuovo modello di business a cui le società calcistiche dovrebbero ispirarsi è ricca di sfumature. Coloro che ritengono che la solidità economica sia la cosa più importante per garantire la competitività sportiva di una squadra prevalgono, ma incalzati da chi ritiene non sia così (rispettivamente 43% e 32% del campione). La maggioranza assoluta ritiene che nel calcio chi ha più soldi abbia più probabilità di vincere (54%), ma non sono pochi coloro che, al contrario, ritengono che il talento vada formato e che, quindi, si dovrebbe investire nella formazione dei talenti anche se questo non garantisce sempre la vittoria (22%). Indipendentemente dai principi ispiratori, il nuovo modello di business delle società calcistiche dovrebbe prioritariamente puntare ad affrontare le tante problematiche del settore,a partire da quelle di natura finanziaria: costo di ingaggi, cartellini e commissioni fuori controllo o con regolamentazione inadeguata (indicato dal 46% del campione), indebitamento eccessivo (38%), investimenti insufficienti dei club nei settori giovanili (31%).
Tre intervistati su quattro (70% del totale, con scostamenti per lo più contenuti in relazione al profilo socio-demografico) sono contrari all’idea che il calcio professionistico in Italia sia finanziato e riceva sostegno pubblico, in quanto le società di calcio di primo livello debbano essere trattate allo stesso modo delle altre imprese. Solo il 18% si dichiara, viceversa, favorevole ad un’ipotesi di un intervento pubblico straordinario, sottolineando le ricadute positive che il calcio ha sulla collettività, mentre il restante 12% non esprime un’opinione in merito.
Le opinioni espresse sul ruolo dello Stato nella gestione finanziaria di impianti e strutture sportive sono più eterogenee. La maggioranza, in particolare giovani e appassionati di calcio, ritiene che lo Stato debba assumersi almeno in parte questa responsabilità. Tuttavia, il consenso varia a seconda dell’ambito di intervento: il 55% degli intervistati ritiene che lo Stato debba farsi in parte o totalmente carico dell’ammodernamento e della manutenzione degli impianti, mentre la stessa percentuale sale 64% con riferimento alla sicurezza dentro e fuori gli stadi.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Il Consiglio di Presidenza dell’Associazione Nazionale di Settore, che si è riunito oggi, ha approvato all’unanimità l’ammissione a Socio del Gruppo Azimut | Benetti. "Sono stato eletto nel 2019 con il mandato di unificare sotto una forte rappresentanza associativa tutta la filiera del settore" ha sottolineato il presidente di Confindustria Nautica Saverio Cecchi. "Sono orgoglioso, all’approssimarsi del termine del mio mandato, del raggiungimento completo di tale obiettivo con il ritorno in Associazione del Gruppo Azimut | Benetti. e sottolineo con soddisfazione l’adozione all’unanimità della delibera di ammissione da parte degli Organi statutari", ha aggiunto.
"Crediamo fermamente che un'industria nautica più unita sia un'industria più forte, capace di affrontare le sfide globali con maggiore coesione e visione strategica. Lavorare insieme significa non solo consolidare il ruolo dell'Italia come leader mondiale nella nautica, ma anche promuovere innovazione, sostenibilità e crescita per l’intera filiera. La scelta di aderire a Confindustria Nautica è espressione di questo impegno" ha commentato Marco Valle, Amministratore Delegato del Gruppo Azimut | Benetti.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - "Dalla lettura dell’Industrial Action Plan della Commissione Ue per l’automotive emergono ancora di più la necessità e l’urgenza di un nuovo percorso verso la mobilità decarbonizzata che integri il principio della neutralità tecnologica". Ad affermarlo in una nota è Matteo Cimenti presidente di Assogasliquidi-Federchimica in rappresentanza delle filiere dei gas liquefatti (Gpl e Gnl).
"Sono ormai a tutti evidenti – prosegue Cimenti – le difficoltà nel raggiungere gli obiettivi del 2035 e successivi. In questo contesto, la Commissione si è impegnata ad accelerare la revisione del regolamento CO₂ per le auto, che partirà da un’analisi dei dati, di tutti gli sviluppi tecnologici rilevanti e dell’importanza di una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa. Ci aspettiamo quindi che le Istituzioni comunitarie (a cominciare dal Parlamento europeo) rivedano il bando relativo ai motori a combustione interna e riconoscano tutte le tecnologie capaci di contribuire alla decarbonizzazione del trasporto, inclusi i biocarburanti. I prodotti gassosi anche nella loro versione bio e rinnovabile si distinguono come soluzioni concrete e immediate per ridurre le emissioni di CO₂".
Incomprensibile la chiusura sul fronte del trasporto pesante, dove il Gnl e il bioGnl rappresentano già oggi la soluzione più pronta e disponibile. Nel Piano non è prevista alcuna apertura per giungere alla revisione del Regolamento sulle emissioni di CO₂ dei veicoli pesanti: "La nostra richiesta e il nostro auspicio – conclude Cimenti – è che nella fase attuativa del Piano appena presentato, le Istituzioni europee lavorino anche su questo fronte nella direzione auspicata, l'unica in grado di coniugare sviluppo industriale competitivo, raggiungimento degli obiettivi ambientali e attenzione ai consumatori".