Che cosa hanno in comune un’azienda agricola in Paraguay, l’Ospedale privato da Luz in Portogallo, la catena di hotel e resort Tivoli, l’agenzia di viaggi Top Atlantico, una società di servizi per l’industria petrolifera in Brasile e la produzione di eucalipto, riso e soia? Un nome, Espírito Santo, e un azionista in difficoltà finanziarie, l’Espírito Santo Financial group (Esfg): più di 150 imprese, un po’ meno della metà con sede all’estero, che impiegano 25mila dipendenti. Il tonfo in Borsa della seconda banca più importante di Lisbona, il Banco Espírito Santo, sta facendo barcollare gli affari di famiglia, e non solo, in mezzo mondo. Tanto più che venerdì la holding principale del gruppo portoghese, la Espírito Santo International (Esi), ha presentato richiesta all’autorità giudiziaria del Lussemburgo per accedere al regime di “gestione controllata”, equivalente all’amministrazione giudiziaria. La Esi, in una nota ufficiale, ha scritto di non poter far fronte ai propri obblighi in seguito “alla sua significativa parte di debito in scadenza. Una volta nel regime di gestione controllata, tutte le azioni giudiziarie dei creditori sono sospese per consentire l’attuazione della gestione degli asset e del piano di liquidazione”.
Irregolarità contabili in Lussemburgo e esposizioni non dichiarate – Esi possiede il 20% della seconda banca portoghese per asset, il Banco Espirito Santo, e il 100% della holding di partecipazioni Rioforte, in una complicata piramide di incroci azionari: il Bes è controllato per il 25% dal Esfg, a sua volta controllato dalla Rioforte, interamente posseduta dalla Espírito Santo International, con a capo la famiglia Espírito Santo. I conti non tornano proprio in cima: irregolarità contabili scoperte in Lussemburgo e una serie a catena di esposizioni non dichiarate. La famiglia Espírito Santo avrebbe utilizzato il Bes per tappare i buchi.
Coinvolta anche Portugal Telecom, grande creditrice – A oggi il default di Rioforte è ufficiale. E l’insolvenza rischia di contaminare molte altre grandi società che nei suoi confronti hanno una forte esposizione. A partire dalla statale Caixa Geral de Depósitos e da Portugal Telecom, che vanta nei confronti di Rioforte un credito da 897 milioni di euro ed è a sua volta alle prese con la costosa fusione con il brasiliano Grupo Oi. Fatto sta che la holding dovrà presentare un piano di ristrutturazione al tribunale del Commercio del Lussemburgo per vendere e raccogliere fondi per proteggersi dai creditori. Eppure il governo di Lisbona in queste settimane non ha fatto altro che rassicurare i mercati: il Bes non è in crisi. Perfino il governatore della Banca centrale portoghese Carlos Costa ha detto che il Banco Espírito Santo è al sicuro, salvo poi rimpiazzare Ricardo Salgado con Vitor Bento, e mettere fine a una dinastia centenaria senza nemmeno aspettare l’assemblea generale di fine luglio. Tema centrale? La riorganizzazione.
In arrivo proposte di acquisto per gli attivi. Ma spuntano i dubbi sulla ricapitalizzazione pubblica – Intanto il Jornal de Negócios riferisce di due proposte arrivate giovedì 17 per l’acquisto della compagnia di assicurazione Tranquilidade, nata nel 1871 e tra le più importanti del Portogallo. Tra i pretendenti il fondo americano Apollo Management. Anche la catena di alberghi Tivoli sarebbe in vendita. La questione più preoccupante però è se il governo di Lisbona dovrà o meno sborsare quattrini. La ministra delle Finanze, Maria Luís Albuquerque, ha finora negato qualsiasi progetto di ricapitalizzazione pubblica appoggiata dal governo di Pedro Passos Coelho. Ma le ramificazioni sono tante e portano lontano: ad esempio in Angola, dove la filiale ha debiti per due terzi del portfolio, anche se il governo angolano ha già fatto sapere che garantirà il pagamento.
Silvia Ragusa @si_ragu