Dopo l’annuncio, la firma. Via libera a Bologna al registro per i matrimoni omosessuali. Lunedì 21 luglio, in serata, il sindaco Virginio Merola ha infatti emanato la direttiva che permetterà, a partire dalla fine dell’estate, di trascrivere nei registri di stato civile del comune le unioni gay celebrate all’estero. Il provvedimento era stato promesso dalla giunta due giorni dopo il Pride, e segue il solco tracciato dall’amministrazione di Napoli e da Luigi de Magistris.
Anche se la strada per arrivarci non è stata semplice. Solo l’annuncio aveva infatti scatenato le accuse del centrodestra locale da una parte, e quelle della Curia dall’altra. L’Arcidiocesi di Bologna, in particolare, si era scagliata contro l’amministrazione, attraverso un durissimo articolo apparso su Bologna Sette, allegato del giornale Avvenire. Nel pezzo, il giurista Paolo Cavana parlava di “grave forzatura della legge dettata solo da ragioni di visibilità politica”.
Strali che non hanno comunque convinto il sindaco a cambiare rotta. Anzi, all’indomani della firma dell’atto, Merola ha rilanciato, sollecitando il Governo a equiparare il prima possibile i diritti delle coppie dello stesso sesso. “Mi auguro – ha detto – che questa nostra scelta possa contribuire alla creazione di una maggiore consapevolezza nell’opinione pubblica tanto quanto nel nostro Parlamento in merito alla necessità di approvare al più presto una legge nazionale che estenda i diritti dei coniugi alle unioni civili fra persone dello stesso sesso”. In attesa di questo passo, ha poi aggiunto, “con la trascrizione nei registri, Bologna afferma un importante principio di libertà e di giustizia. Andiamone orgogliosi”.
Il registro, che in mancanza di un intervento legislativo non avrà comunque effetti giuridici, sarà attivo dal 15 settembre, ma potranno essere trascritti anche matrimoni celebrati prima di quella data. Per ottenere il riconoscimento sono previsti due passaggi. La coppia dovrà fare richiesta con un’istanza in bollo rivolta al sindaco, e redatta su un modulo disponibile all’ufficio matrimoni o scaricabile dal sito internet Iperbole del comune. Il foglio andrà poi presentato al Protocollo generale di Bologna, con un documento d’identità, l’atto di matrimonio originale e una sua versione italiana eseguita da un traduttore giurato. Unico limite sarà la residenza a Bologna. Per fare domanda è necessario, infatti, che almeno uno dei due sposi sia cittadino italiano, ma entrambi devono risiedere entro i confini della città.
Bologna si conferma così uno dei capoluoghi più “gay-friendly” d’Italia, sia dal punto di vista culturale, sia da quello politico. In questa direzione di gesti, seppur simbolici, Merola ne aveva già fatti. Un segnale chiaro, ad esempio, era stato lanciato tre anni fa, quando il sindaco volle partecipare alla festa per le nozze dell’allora consigliere comunale Sergio Lo Giudice, celebrate una settimana prima a Oslo, in Norvegia. Oggi Lo Giudice è senatore del Pd e da Roma fa sapere di avere già i documenti sul tavolo, e di essere pronto per inaugurare il registro. “Io e mio marito Michele aspetteremo il 15 settembre per potere festeggiare, insieme ad altre coppie bolognesi, questo nuovo passo avanti della nostra città. Poi toccherà al Parlamento rispettare la scadenza di settembre, per estendere i diritti matrimoniali alle coppie dello stesso sesso, come annunciato da Matteo Renzi”. Ma a Bologna sono tanti gli omosessuali eletti nelle istituzioni locali. A partire dai consiglieri comunali Cathy La Torre di Sel, e Benedetto Zacchiroli in quota Pd. Fino a Franco Grillini, consigliere regionale ex Idv, oggi nel gruppo misto, e presidente onorario dell’Arcigay. Va detto anche che il circolo Arcigay bolognese è uno dei più antichi e il primo ad avere una spazio pubblico concesso dal Comune. Anche per questo rappresenta oggi un punto di riferimento per l’intera comunità lgbt, che si batte contro le discriminazioni e per l’estensione dei diritti.