Cosa Nostra conosceva gli spostamenti di Paolo Borsellino perché avrebbe messo sotto controllo i telefoni del giudice e dei suoi familiari. Per questo il 19 luglio 1992 fu facile per boss e picciotti pianificare e mettere in atto la mattanza di via Mariano D’Amelio, sotto la casa della madre. “Sapevamo che doveva andare là perché lui gli ha detto: ‘domani mamma vengo'”. A confermare un sospetto su cui investigatori e magistrati hanno lavorato per anni è Totò Riina mentre parla con il detenuto Alberto Lorusso, durante l’ora d’aria nel carcere milanese di Opera. Adesso il testo di quelle conversazioni intercettate dalle microspie della Dia sono depositati agli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo. Durante i processi sull’attentato di via D’Amelio, avvenuto 57 giorni dopo la strage di Capaci, era emersa l’ipotesi che le utenze di Borsellino fossero controllate dagli uomini di Cosa nostra.
“Ma mannaggia – prosegue Riina – Ma vai a capire che razza di fortuna. Alle cinque mi sono andato a mettere lì”. “Quello senza volerlo – spiega il capomafia corleonese – le ha telefonato”. “Troppo bello: sapevo che ci doveva andare alle cinque. Piglia, corri e mettigli un altro sacco”, continua Riina facendo intendere, secondo gli inquirenti, che dopo avere sentito la conversazione tra Borsellino e la madre, evidentemente intercettati dalla mafia, si affrettò a imbottire la 126 usata come autobomba con un altro sacco di esplosivo. “Minchia come mi è riuscito”, aggiunge. Pesanti, poi, i giudizi espressi sulla sorella del magistrato ucciso, Rita: “Una disgraziata – dice a Lorusso – la vedi inviperita nel telegiornale, quanto è inviperita la disgraziata, non ha digerito la morte di questo suo fratello che ci ha suonato il campanello a sua madre”.
Ma non è l’unica rivelazione che il capo dei capi confida all’ambiguo detenuto pugliese, Lorusso. Riina, come già emerso grazie ad alcune indiscrezioni a marzo, rivela che fu lo stesso Borsellino, suonando il campanello dove era stato piazzato un telecomando, ad azionare la bomba nascosta nella 126 parcheggiata davanti alla casa della madre che uccise anche gli uomini della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu Antonino Vullo.
“Questa del campanello però è un fenomeno… Questa una volta il Signore l’ha fatta e poi basta. Arriva, suona e scoppia tutto”. “Il fatto che è collegato là è un colpo geniale proprio. Perché siccome là era difficile stare sul posto per attivarla… Ma lui l’attiva lo stesso”, commenta Lorusso il 29 agosto del 2013. Ma la morte di Borsellino, per Riina era un’ossessione. Il boss racconta di avere cercato di uccidere l’ex giudice del pool che istruì il maxi processo per anni. “Una vita ci ho combattuto – dice – una vita… Là a Marsala (il magistrato dopo aver lascito Palermo divenne procuratore capo a Marsala, ndr)”. “Ma chi glielo dice a lui di andare a suonare?” si chiede Riina. “Ma lui perché non si fa dare le chiavi da sua madre e apre”, aggiunge confermando che a innescare l’esplosione sarebbe stato il telecomando piazzato nel citofono dello stabile della madre. “Minchia – racconta – lui va a suonare a sua madre dove gli abbiamo messo la bomba. Lui va a suonare e si spara la bomba lui stesso. E’ troppo forte questa”.
La dinamica di Riina non è totalmente smentita dagli inquirenti. Secondo cui, Cosa nostra avrebbe predisposto una sorta di triangolazione: un primo telecomando avrebbe attivato la trasmittente, poi suonando al citofono il magistrato stesso avrebbe inviato alla ricevente, piazzata nell’autobomba, l’impulso che avrebbe innescato l’esplosione. La tecnica, per i magistrati, sarebbe analoga a quella usata per l’attentato al rapido 904, avvenuto il 23 dicembre del 1984 nei pressi della Grande galleria dell’Appennino tosco-emiliano, per cui Riina è stato recentemente rinviato a giudizio come mandante. Questo genere di innesco si renderebbe necessario quando è pericoloso o impossibile per chi deve agire restare nei pressi del luogo dell’esplosione. E via D’Amelio essendo una strada stretta e chiusa avrebbe fatto correre troppi rischi a chi avrebbe schiacciato il pulsante.
“Le conversazioni di Riina su Borsellino e sulla strage di via D’Amelio svelano particolari che lasciano sgomenti: lo Stato non era in grado di proteggere Paolo Borsellino, addirittura non rimosse le auto parcheggiate davanti casa della mamma, mentre Cosa nostra sembra che ne controllasse i movimenti, addirittura intercettandolo”. Questo il commento del senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia.
“Continuo a ribadire – aggiunge – la necessità di fare il possibile affinché emergano tutte le verità, anche quelle più amare e terribili. Bisogna accertare le responsabilità nelle stragi del ’92/’93”. “Giovedì prossimo – conclude l’esponente del Pd – con la Commissione antimafia avremo un’importante audizione con il direttore del carcere di Opera, da dove Riina è stato intercettato. Utilizzando tutti i poteri previsti dalla legge istitutiva della Commissione, partiremo proprio da quelle conversazioni per continuare a fare luce sul periodo stragista”.
Giustizia & Impunità
Strage via D’Amelio, Riina: “Borsellino era intercettato da Cosa nostra”
Il boss confida il particolare al detenuto pugliese Alberto Lorusso, durante l'ora d'aria nel carcere milanese di Opera dove i due sono detenuti. Le conversazioni sono state depositate agli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia, in corso a Palermo. Il capo dei capi rivela all'ambiguo Lorusso che fu lo stesso Borsellino, suonando il citofono di casa della madre, ad azionare la bomba nascosta nella 126. Lumia Pd: "Parole sconcertanti, bisogna fare luce sulle stragi"
Cosa Nostra conosceva gli spostamenti di Paolo Borsellino perché avrebbe messo sotto controllo i telefoni del giudice e dei suoi familiari. Per questo il 19 luglio 1992 fu facile per boss e picciotti pianificare e mettere in atto la mattanza di via Mariano D’Amelio, sotto la casa della madre. “Sapevamo che doveva andare là perché lui gli ha detto: ‘domani mamma vengo'”. A confermare un sospetto su cui investigatori e magistrati hanno lavorato per anni è Totò Riina mentre parla con il detenuto Alberto Lorusso, durante l’ora d’aria nel carcere milanese di Opera. Adesso il testo di quelle conversazioni intercettate dalle microspie della Dia sono depositati agli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo. Durante i processi sull’attentato di via D’Amelio, avvenuto 57 giorni dopo la strage di Capaci, era emersa l’ipotesi che le utenze di Borsellino fossero controllate dagli uomini di Cosa nostra.
“Ma mannaggia – prosegue Riina – Ma vai a capire che razza di fortuna. Alle cinque mi sono andato a mettere lì”. “Quello senza volerlo – spiega il capomafia corleonese – le ha telefonato”. “Troppo bello: sapevo che ci doveva andare alle cinque. Piglia, corri e mettigli un altro sacco”, continua Riina facendo intendere, secondo gli inquirenti, che dopo avere sentito la conversazione tra Borsellino e la madre, evidentemente intercettati dalla mafia, si affrettò a imbottire la 126 usata come autobomba con un altro sacco di esplosivo. “Minchia come mi è riuscito”, aggiunge. Pesanti, poi, i giudizi espressi sulla sorella del magistrato ucciso, Rita: “Una disgraziata – dice a Lorusso – la vedi inviperita nel telegiornale, quanto è inviperita la disgraziata, non ha digerito la morte di questo suo fratello che ci ha suonato il campanello a sua madre”.
Ma non è l’unica rivelazione che il capo dei capi confida all’ambiguo detenuto pugliese, Lorusso. Riina, come già emerso grazie ad alcune indiscrezioni a marzo, rivela che fu lo stesso Borsellino, suonando il campanello dove era stato piazzato un telecomando, ad azionare la bomba nascosta nella 126 parcheggiata davanti alla casa della madre che uccise anche gli uomini della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu Antonino Vullo.
“Questa del campanello però è un fenomeno… Questa una volta il Signore l’ha fatta e poi basta. Arriva, suona e scoppia tutto”. “Il fatto che è collegato là è un colpo geniale proprio. Perché siccome là era difficile stare sul posto per attivarla… Ma lui l’attiva lo stesso”, commenta Lorusso il 29 agosto del 2013. Ma la morte di Borsellino, per Riina era un’ossessione. Il boss racconta di avere cercato di uccidere l’ex giudice del pool che istruì il maxi processo per anni. “Una vita ci ho combattuto – dice – una vita… Là a Marsala (il magistrato dopo aver lascito Palermo divenne procuratore capo a Marsala, ndr)”. “Ma chi glielo dice a lui di andare a suonare?” si chiede Riina. “Ma lui perché non si fa dare le chiavi da sua madre e apre”, aggiunge confermando che a innescare l’esplosione sarebbe stato il telecomando piazzato nel citofono dello stabile della madre. “Minchia – racconta – lui va a suonare a sua madre dove gli abbiamo messo la bomba. Lui va a suonare e si spara la bomba lui stesso. E’ troppo forte questa”.
La dinamica di Riina non è totalmente smentita dagli inquirenti. Secondo cui, Cosa nostra avrebbe predisposto una sorta di triangolazione: un primo telecomando avrebbe attivato la trasmittente, poi suonando al citofono il magistrato stesso avrebbe inviato alla ricevente, piazzata nell’autobomba, l’impulso che avrebbe innescato l’esplosione. La tecnica, per i magistrati, sarebbe analoga a quella usata per l’attentato al rapido 904, avvenuto il 23 dicembre del 1984 nei pressi della Grande galleria dell’Appennino tosco-emiliano, per cui Riina è stato recentemente rinviato a giudizio come mandante. Questo genere di innesco si renderebbe necessario quando è pericoloso o impossibile per chi deve agire restare nei pressi del luogo dell’esplosione. E via D’Amelio essendo una strada stretta e chiusa avrebbe fatto correre troppi rischi a chi avrebbe schiacciato il pulsante.
“Le conversazioni di Riina su Borsellino e sulla strage di via D’Amelio svelano particolari che lasciano sgomenti: lo Stato non era in grado di proteggere Paolo Borsellino, addirittura non rimosse le auto parcheggiate davanti casa della mamma, mentre Cosa nostra sembra che ne controllasse i movimenti, addirittura intercettandolo”. Questo il commento del senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia.
“Continuo a ribadire – aggiunge – la necessità di fare il possibile affinché emergano tutte le verità, anche quelle più amare e terribili. Bisogna accertare le responsabilità nelle stragi del ’92/’93”. “Giovedì prossimo – conclude l’esponente del Pd – con la Commissione antimafia avremo un’importante audizione con il direttore del carcere di Opera, da dove Riina è stato intercettato. Utilizzando tutti i poteri previsti dalla legge istitutiva della Commissione, partiremo proprio da quelle conversazioni per continuare a fare luce sul periodo stragista”.
LA REPUBBLICA DELLE STRAGI
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Damasco, 16 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Difesa siriano ha accusato domenica il gruppo libanese Hezbollah di aver rapito e ucciso tre soldati in Libano. Lo hanno riferito i media statali.
"Un gruppo della milizia di Hezbollah... ha rapito tre membri dell'esercito siriano al confine tra Siria e Libano... prima di portarli in territorio libanese ed eliminarli", ha affermato il ministero della Difesa, citato dall'agenzia di stampa Sana.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha dichiarato che un colpo d'arma da fuoco proveniente dal Libano ha colpito un veicolo all'interno di un centro residenziale nel nord di Israele. "Stamattina, uno sparo ha colpito un veicolo parcheggiato nella zona di Avivim. Non sono stati segnalati feriti. Lo sparo è molto probabilmente partito dal territorio libanese", ha affermato l'esercito in una dichiarazione. "Qualsiasi fuoco diretto verso Israele dal territorio libanese costituisce una palese violazione degli accordi tra Israele e Libano", ha aggiunto l'esercito.
Kiev, 16 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostituito il capo di stato maggiore delle forze armate, con un decreto emesso oggi, mentre le truppe in prima linea di Kiev continuano ad essere in difficoltà. Secondo un comunicato, Anatoliy Bargylevych è stato sostituito da Andriy Gnatov, a cui "è stato affidato il compito di aumentare l'efficienza della gestione".
"È un combattente", ha detto Zelensky parlando di Gnatov. "Il suo compito è quello di apportare maggiore esperienza di combattimento, l'esperienza delle nostre brigate nella pianificazione delle operazioni, difensive e offensive, nonché uno sviluppo più attivo del sistema dei corpi d'armata", ha aggiunto. "Tutto ciò che le nostre brigate hanno imparato dalla guerra dovrebbe essere implementato al cento per cento a livello di pianificazione".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Un uomo di 45 anni è stato dato alle fiamme nel bel mezzo di Times Square, a New York, la scorsa notte. Lo ha riferito la polizia. Le immagini delle telecamere hanno immortalato il momento in cui l'uomo, a torso nudo e gravemente ustionato, è stato trasportato d'urgenza dalle autorità in ambulanza dopo che le fiamme erano state spente.
La polizia afferma che il 45enne è stato soccorso alle 4 del mattino ed è stato portato in un ospedale vicino in condizioni stabili. Il suo aggressore sarebbe fuggito dalla scena ed è ricercato dalle autorità. Non sono state in grado di dire se l'attacco fosse casuale o mirato.
Gli investigatori hanno riferito che l'uomo era stato cosparso con un liquido infiammabile prima che qualcuno appiccasse il fuoco. La vittima, avvolta dalle fiamme, si era messa poi a correre, quando qualcuno è uscito da un'auto e ha spento il fuoco con un estintore a polvere.
Skopje, 16 mar. (Adnkronos) - La Macedonia del Nord ha dichiarato un periodo di lutto nazionale di sette giorni per l'incendio in una discoteca che ha causato almeno 59 morti e decine di feriti, mentre le autorità hanno arrestato 15 persone per interrogarle e il ministro degli Interni ha affermato che un'ispezione preliminare ha rivelato che il club stava operando senza la licenza necessaria.
Al termine di una giornata in cui il piccolo Paese balcanico è stato alle prese con un disastro mai visto da decenni, il ministro degli Interni Panche Toshkovski ha dichiarato che il club nella città orientale di Kočani, dove si è verificato l'incendio prima dell'alba, sembrava operare illegalmente.
Più di 20 persone sono sotto inchiesta, 15 delle quali sono sotto custodia della polizia, mentre altri sospettati di coinvolgimento si trovano in ospedale, ha aggiunto Toshkovski. La maggior parte delle vittime dell'incendio, che ha devastato il nightclub Pulse durante un concerto hip-hop, erano adolescenti e giovani adulti. Circa 155 sono rimasti feriti, molti in modo grave.
Mosca, 16 mar. (Adnkronos) - Il desiderio della Gran Bretagna di rubare i beni russi è legato alla lunga tradizione inglese della pirateria, diventata un segno distintivo della corona britannica insieme a "rapine e omicidi". Lo ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.
"Questa è una delle tradizioni inglesi, come bere il tè e le corse di cavalli. Il fatto è che la pirateria è stata legalizzata in Inghilterra", ha scritto la diplomatica sul suo canale Telegram. "Ai pirati era proibito attaccare le navi inglesi, ma era loro permesso derubare le navi dei concorrenti. Moralità immorale".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - I media libanesi riferiscono di un morto in un attacco aereo israeliano nella città meridionale di Aainata. Ulteriori raid sono stati segnalati a Kafr Kila. Non ci sono commenti immediati da parte delle Idf.