C’è chi al posto del cognome si firma col luogo di nascita. C’è la candidata che sottoscrive la sua lista da sostenitrice e poi se la autentica in qualità di pubblico ufficiale, senza notare che però la sua prima firma è diversa. Ci sono il nonno e il nipote che hanno la stessa identica grafia in un modulo e un’altra grafia in un altro modulo. Infine c’è anche il consigliere stakanovista, vero campione della raccolta firme, che ne autentica una ogni due minuti per un totale di 329 in mezza giornata no-stop. Il sentiero di guerra è lo stesso: le firme false e le liste elettorali. A distanza di quattro anni, però, le parti si invertono: questa volta è la Lega Nord che va contro il Partito democratico e contro il presidente Sergio Chiamparino.
Negli scorsi giorni il Carroccio ha fatto due mosse: un ricorso al Tar e un esposto alla procura di Torino per denunciare le anomalie, sia amministrative sia penali, emerse dai loro controlli sulle sottoscrizioni raccolte a sostegno delle liste provinciali del Pd e delle liste a sostegno del candidato di centrosinistra, “Chiamparino per il Piemonte” e “Chiamparino presidente”. Irregolarità che, stando ai documenti ottenuti da due consiglieri provinciali e ottenuti da ilfattoquotidiano.it (che abbiamo reso non leggibili per tutelare i dati dei firmatari), sono evidenti anche a occhio nudo. Il 10 luglio il consigliere provinciale leghista Patrizia Borgarello ha presentato al Tar del Piemonte un ricorso chiedendo di annullare la proclamazione degli eletti regionale della lista “Chiamparino Presidente” e delle liste provinciali “Partito democratico” e “Chiamparino per il Piemonte”. Nel ricorso la donna scrive che in seguito a indiscrezioni e “vox populi”, “per senso di giustizia e mossa da spirito legalitario”, ha fatto un accesso agli atti ottenendo i documenti e riscontrando le irregolarità riepilogate in dieci pagine.
Una prima anomalia sarebbe questa: molte firme dei sostenitori della lista “Chiamparino Presidente” sono state autenticate da alcuni degli stessi candidati nelle loro funzioni di pubblici ufficiali, in quanto eletti nei consigli circoscrizionali, comunali o provinciali. Alcuni di loro hanno pure autenticato le firme dei compagni della stessa lista, scambiandosi i favori: per esempio l’attuale consigliere regionale Nadia Conticelli, presidente Pd della V circoscrizione di Torino, ha autenticato la firma di Antonio Ferrentino, sindaco di Sant’Antonino di Susa, e la firma della Conticelli è stata autenticata da Marco Grimaldi, consigliere comunale del capoluogo.
Altre stranezze si notano guardando la residenza dei firmatari e il luogo in cui sono state autenticate le sottoscrizioni. Alcune firme raccolte a Vaie e a Sant’Antonino, entrambe località della Val di Susa, sono state autenticate a Torino dal consigliere comunale Giuseppe Sbriglio: teoricamente tutti i sottoscrittori valsusini avrebbero dovuto essere nel capoluogo per mostrare i loro documenti all’ufficiale, ma per la leghista ci sono dei dubbi. Ulteriori irregolarità riguardano la completezza dei dati dei sostenitori: in molti casi a volte mancano i codici della carta d’identità o della patente. Molti dubbi vengono sollevati pure sulle firme: ci sono alcuni componenti dello stesso nucleo familiare che hanno stranamente la stessa grafia, dove l’anziano nato nel 1933 scrive come il nipote nato nel 1990.
Che dire poi della donna che in un modulo, firmando, mette il luogo di nascita anziché il cognome? E del consigliere provinciale di Torino Pasquale Valente che il 24 aprile, un giorno prima della consegna, ha autenticato 329 firme? “Considerando un arco temporale di 12 ore, significherebbe una firma ogni due minuti senza previsione di alcuna interruzione”, scrive la Borgarello nell’atto. Di fronte a queste segnalazioni il presidente del Tar Lanfranco Balucani (lo stesso della sentenza del gennaio scorso che ha annullato l’elezione di Roberto Cota) non ha potuto fare altro che ordinare agli uffici elettorali di consegnare gli atti impugnati e ha rinviato l’udienza al 6 novembre, quando il collegio di giudici comincerà a trattare la questione. Una settimana dopo il ricorso l’europarlamentare Mario Borghezio ha consegnato alla procura un esposto per denunciare i presunti falsi.
“Anche solo da un esame superficiale – scrive – emergono subito dubbi in merito alla regolarità nonché all’autenticità di molte sottoscrizioni relative alle tre liste”. Secondo Borghezio “le firme apposte dai sottoscrittori appaiono vergate da poche mani, ovvero si ritrovavano grafie che, a parere di coloro che hanno posto in essere i suddetti controlli, si ripetono con regolarità in più moduli”. Le persone potevano sottoscrivere più liste e in alcuni casi è stato così: il problema è che in certi casi la firma cambiava in maniera evidente. Il caso segnalato è quello delle firme “raccolte” a Cossano Canavese che coinvolgono i componenti di una stessa famiglia. C’è poi il caso dell’“atto numero 2” della lista torinese “Partito democratico”, sottoscritta dalla Conticelli e autenticata dalla stessa in qualità di presidente di circoscrizione: “Presenta ben due firme diverse”, sottolinea l’europarlamentare. Sulla base di questi dubbi Borghezio chiede alla procura guidata da Armando Spataro di sequestrare i documenti, controllare l’autenticità delle firme e indagare su “eventuali falsità ideologiche dei pubblici ufficiali”. D’altronde la procura torinese ha dimostrato di saperci fare. Molti sono i casi di politici locali condannati per aver raccolto firme in maniera truffaldina, se non addirittura falsa, o per averle autenticate in maniera irregolare. Il caso che ha fatto più scalpore è quello di Michele Giovine e del padre Carlo con la loro lista “Pensionati per Cota”: la loro condanna definitiva servì al Tar per annullare l’elezione del governatore leghista e in quel caso i giudici ribadirono che basta una sola “illegittima ammissione” per invalidare tutti i voti. Che la vendetta della Lega sia appena cominciata?