“Sono allibito per non dire indignato” ha detto il ministro dei Beni e delle attività culturali, Dario Franceschini appena appresa la notizia dell’aumento dei prezzi disposto dalla Apple in conseguenza degli aumenti delle tariffe del c.d. equo compenso da copia privata.
Dichiarazione seguita, a ruota, da un lapidario tweet dello stesso ministro:
140 caratteri per dire – o, almeno – provare a dire che non sarebbe colpa dei suoi aumenti tariffari se gli iPhone – e, evidentemente, gli altri dispositivi della Apple – in Italia costano di più.
Reazioni scomposte e non consone ad un ministro della Repubblica ma soprattutto intrise di un’inaccettabile ipocrisia istituzionale.
E’ inammissibile, infatti, che il ministro si dica “allibito” della scelta della Apple – che, per inciso, verrà inesorabilmente seguita a ruota dagli altri concorrenti – di alzare i prezzi giacché la scelta della società di Cupertino è ovvia, naturale, scontata, prevedibile e, infatti, prevista sin dalle origini di questa vicenda.
Solo il ministro Franceschini aveva avuto la “faccia tosta” istituzionale di presentarsi davanti al Parlamento della Repubblica – e non ai suoi amici in un bar – brandendo il suo iPhone e dichiarando che i suoi aumenti tariffari non li avrebbero pagati i consumatori.
Mentiva, sapendo di mentire perché, Elio Catania, Presidente di Confindustria digitale, all’indomani della firma del Decreto con il quale il ministro dei Beni e delle attività culturali ha più che raddoppiato le tariffe italiane dell’equo compenso per copia privata, aveva detto – senza se e senza ma – che data l’entità degli aumenti l’industria non avrebbe potuto che ribaltare il costo sui consumatori italiani.
Ed è egualmente inaccettabile che il ministro si dica “indignato” della decisione della Apple perché sa – e sarebbe grave se non sapesse – che la scelta della società di Cupertino è perfettamente legittima.
Come fa un ministro della Repubblica a puntare il dito contro una società privata, dirsi indignato e gridare allo scandalo se la società in questione non ha violato alcuna legge né regola di condotta scritta o non scritta che sia?
Difficile conciliare l’indignazione del ministro Franceschini verso uno dei giganti globali della tecnologia con la dichiarata ferma volontà del Premier Matteo Renzi di investire nell’innovazione del Paese per renderlo una meta piena di appeal per il mondo dell’high tech.
Sembra davvero che il ministro dei beni e delle attività culturali ed il capo del suo governo camminino lungo strade parallele o, peggio, che il nostro Esecutivo soffra di una grave forma di sdoppiamento della personalità.
Ed è, pure, grave che il ministro racconti, via Twitter, che in Germania un iphone costerebbe 699 euro – e quindi meno che in Italia – benché vigerebbe una tariffa dell’equo compenso da copia privata pari a 36 euro perché il ministro dovrebbe sapere – ed è, ancora una volta grave se nessuno glielo ha fatto notare – che, nel Paese della Cancelliera Merkel, l’applicazione dell’equo compenso per copia privata sugli smartphone – e non solo – è sospesa con l’ovvia conseguenza che Apple non riaddebita ai consumatori tedeschi alcunché.
Non è accettabile che un ministro della Repubblica, dopo settimane di tempesta mediatica, su Twitter, decida, finalmente, di lanciare un cinguettio, riempendo i 140 caratteri, di autentiche menzogne istituzionali.
Il ministro Franceschini è, naturalmente, libero di continuare a difendere – a dispetto di fatti, numeri, cifre e fragorose smentite – l’irragionevole decisione assunta ma, rispetto dei cittadini prima e delle Istituzioni poi, dovrebbero suggerirgli di astenersi, in futuro, da ogni forma di ipocrisia istituzionale.
Ma le reazioni scomposte, aggressive e sconsiderate non appartengono, purtroppo, solo al ministro Franceschini.
La Siae – indiscussa protagonista della lunga maratona che ha condotto agli aumenti tariffari disposti dal ministro Franceschini e conclamata ghost writer del Decreto – ieri, secondo quanto dichiarato dal quotidiano La Repubblica – avrebbe preso atto “con sconcerto della provocatoria iniziativa della Apple Italia” e si riserverebbe di iniziare a vendere in Italia iphone sotto costo, acquistandoli in Paesi nei quali vigono prezzi più bassi.
Sembra, davvero, il bue che dice cornuto all’asino.
Mentre contesta ad Apple il carattere provocatorio di una decisione commerciale ovvia, legittima, naturale e scontata, la Società che fu di Giuseppe Verdi – ma che ora sempre precipitata lontana anni luce dalla nobiltà delle sue origini – minaccia di fare dumping, di vendere iPhone violando prima che le regole del mercato quelle del proprio Statuto che, per quanto elastiche, certo non consentono ad una società di intermediazione dei diritti d’autore di trasformarsi in un supermarket di elettronica.
Dichiarazioni che verrebbe voglia di seppellire sotto fragorose risate se non provenissero dai vertici della società alla quale la legge affida, in via esclusiva, la raccolta dell’equo compenso per copia privata.
Ce ne sarebbe abbastanza per chiedere che la Presidenza del Consiglio dei Ministri intervenga senza esitazione a verificare quanto sta accadendo nel Ministero dei Beni e delle attività culturali e in Siae – sulla quale, pur tendendo a dimenticarsene, ha la vigilanza – ma non basta.
Ieri, infatti, anche Francesco Boccia (Pd), Presidente della Commissione bilancio della Camera dei Deputati e noto alle cronache, tra l’altro, per essere il primo promotore della c.d. Webtax, ha tuonato contro Apple, definendo “gravissimo” , “vergognoso” ed “intollerabile” – non è dato sapere perché e sotto quale profilo – il comportamento della società di Cupertino e spingendosi a minacciare sanzioni miliardarie.
Ma val la pena lasciare la parola al diretto interessato: “Le multinazionali del web quando si tratta di pagare un contributo giusto nel Paese in cui si producono profitti alzano immediate barricate. Forse perché diminuiscono di qualche centesimo le risorse che finiscono nei loro conti offshore? Questi comportamenti non sono più tollerabili, soprattutto di fronte a tutte quelle aziende che pagano regolarmente e con grandi sacrifici quanto dovuto al fisco italiano. Vista la vergognosa reazione di Apple, se non ci sarà in Europa entro l’autunno una disciplina condivisa sulle imposte connesse all’economia digitale, l’unica strada percorribile per l’Italia in vista della legge di stabilità 2015 sarà quella di inasprire le sanzioni, rafforzando ulteriormente il meccanismo introdotto con la cosiddetta ‘webtax’ 2014”.
Sono parole inaccettabili da parte di un rappresentante delle Istituzioni, parole cariche di ingiustificata aggressività, violenza e minacce ma, soprattutto, parole cariche, ancora una volta, di ipocrisia istituzionale.
L’On. Boccia, infatti, è un economista e, dunque, non può sfuggirgli che nella decisione di Apple non c’è davvero niente di grave, vergognoso o intollerabile.
E’, semplicemente, una società che ha adattato i propri prezzi alle mutate regole del mercato che le impongono di “anticipare” un importo che la legge prevede serva ad indennizzare i titolari dei diritti dalle copie private eventualmente effettuate dai consumatori.
E’ un vero peccato constatare che un ministro della Repubblica, un deputato del nostro Parlamento e la Società italiana autori ed editori, pur di difendere una decisione semplicemente sbagliata, si ostinino a mistificare la realtà ed a raccontare ai cittadini ciò che non è.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Economia & Lobby - 24 Luglio 2014
Copia privata: Franceschini e Boccia contro Apple. Solo ipocrisia
“Sono allibito per non dire indignato” ha detto il ministro dei Beni e delle attività culturali, Dario Franceschini appena appresa la notizia dell’aumento dei prezzi disposto dalla Apple in conseguenza degli aumenti delle tariffe del c.d. equo compenso da copia privata.
Dichiarazione seguita, a ruota, da un lapidario tweet dello stesso ministro:
140 caratteri per dire – o, almeno – provare a dire che non sarebbe colpa dei suoi aumenti tariffari se gli iPhone – e, evidentemente, gli altri dispositivi della Apple – in Italia costano di più.
Reazioni scomposte e non consone ad un ministro della Repubblica ma soprattutto intrise di un’inaccettabile ipocrisia istituzionale.
E’ inammissibile, infatti, che il ministro si dica “allibito” della scelta della Apple – che, per inciso, verrà inesorabilmente seguita a ruota dagli altri concorrenti – di alzare i prezzi giacché la scelta della società di Cupertino è ovvia, naturale, scontata, prevedibile e, infatti, prevista sin dalle origini di questa vicenda.
Solo il ministro Franceschini aveva avuto la “faccia tosta” istituzionale di presentarsi davanti al Parlamento della Repubblica – e non ai suoi amici in un bar – brandendo il suo iPhone e dichiarando che i suoi aumenti tariffari non li avrebbero pagati i consumatori.
Mentiva, sapendo di mentire perché, Elio Catania, Presidente di Confindustria digitale, all’indomani della firma del Decreto con il quale il ministro dei Beni e delle attività culturali ha più che raddoppiato le tariffe italiane dell’equo compenso per copia privata, aveva detto – senza se e senza ma – che data l’entità degli aumenti l’industria non avrebbe potuto che ribaltare il costo sui consumatori italiani.
Ed è egualmente inaccettabile che il ministro si dica “indignato” della decisione della Apple perché sa – e sarebbe grave se non sapesse – che la scelta della società di Cupertino è perfettamente legittima.
Come fa un ministro della Repubblica a puntare il dito contro una società privata, dirsi indignato e gridare allo scandalo se la società in questione non ha violato alcuna legge né regola di condotta scritta o non scritta che sia?
Difficile conciliare l’indignazione del ministro Franceschini verso uno dei giganti globali della tecnologia con la dichiarata ferma volontà del Premier Matteo Renzi di investire nell’innovazione del Paese per renderlo una meta piena di appeal per il mondo dell’high tech.
Sembra davvero che il ministro dei beni e delle attività culturali ed il capo del suo governo camminino lungo strade parallele o, peggio, che il nostro Esecutivo soffra di una grave forma di sdoppiamento della personalità.
Ed è, pure, grave che il ministro racconti, via Twitter, che in Germania un iphone costerebbe 699 euro – e quindi meno che in Italia – benché vigerebbe una tariffa dell’equo compenso da copia privata pari a 36 euro perché il ministro dovrebbe sapere – ed è, ancora una volta grave se nessuno glielo ha fatto notare – che, nel Paese della Cancelliera Merkel, l’applicazione dell’equo compenso per copia privata sugli smartphone – e non solo – è sospesa con l’ovvia conseguenza che Apple non riaddebita ai consumatori tedeschi alcunché.
Non è accettabile che un ministro della Repubblica, dopo settimane di tempesta mediatica, su Twitter, decida, finalmente, di lanciare un cinguettio, riempendo i 140 caratteri, di autentiche menzogne istituzionali.
Il ministro Franceschini è, naturalmente, libero di continuare a difendere – a dispetto di fatti, numeri, cifre e fragorose smentite – l’irragionevole decisione assunta ma, rispetto dei cittadini prima e delle Istituzioni poi, dovrebbero suggerirgli di astenersi, in futuro, da ogni forma di ipocrisia istituzionale.
Ma le reazioni scomposte, aggressive e sconsiderate non appartengono, purtroppo, solo al ministro Franceschini.
La Siae – indiscussa protagonista della lunga maratona che ha condotto agli aumenti tariffari disposti dal ministro Franceschini e conclamata ghost writer del Decreto – ieri, secondo quanto dichiarato dal quotidiano La Repubblica – avrebbe preso atto “con sconcerto della provocatoria iniziativa della Apple Italia” e si riserverebbe di iniziare a vendere in Italia iphone sotto costo, acquistandoli in Paesi nei quali vigono prezzi più bassi.
Sembra, davvero, il bue che dice cornuto all’asino.
Mentre contesta ad Apple il carattere provocatorio di una decisione commerciale ovvia, legittima, naturale e scontata, la Società che fu di Giuseppe Verdi – ma che ora sempre precipitata lontana anni luce dalla nobiltà delle sue origini – minaccia di fare dumping, di vendere iPhone violando prima che le regole del mercato quelle del proprio Statuto che, per quanto elastiche, certo non consentono ad una società di intermediazione dei diritti d’autore di trasformarsi in un supermarket di elettronica.
Dichiarazioni che verrebbe voglia di seppellire sotto fragorose risate se non provenissero dai vertici della società alla quale la legge affida, in via esclusiva, la raccolta dell’equo compenso per copia privata.
Ce ne sarebbe abbastanza per chiedere che la Presidenza del Consiglio dei Ministri intervenga senza esitazione a verificare quanto sta accadendo nel Ministero dei Beni e delle attività culturali e in Siae – sulla quale, pur tendendo a dimenticarsene, ha la vigilanza – ma non basta.
Ieri, infatti, anche Francesco Boccia (Pd), Presidente della Commissione bilancio della Camera dei Deputati e noto alle cronache, tra l’altro, per essere il primo promotore della c.d. Webtax, ha tuonato contro Apple, definendo “gravissimo” , “vergognoso” ed “intollerabile” – non è dato sapere perché e sotto quale profilo – il comportamento della società di Cupertino e spingendosi a minacciare sanzioni miliardarie.
Ma val la pena lasciare la parola al diretto interessato: “Le multinazionali del web quando si tratta di pagare un contributo giusto nel Paese in cui si producono profitti alzano immediate barricate. Forse perché diminuiscono di qualche centesimo le risorse che finiscono nei loro conti offshore? Questi comportamenti non sono più tollerabili, soprattutto di fronte a tutte quelle aziende che pagano regolarmente e con grandi sacrifici quanto dovuto al fisco italiano. Vista la vergognosa reazione di Apple, se non ci sarà in Europa entro l’autunno una disciplina condivisa sulle imposte connesse all’economia digitale, l’unica strada percorribile per l’Italia in vista della legge di stabilità 2015 sarà quella di inasprire le sanzioni, rafforzando ulteriormente il meccanismo introdotto con la cosiddetta ‘webtax’ 2014”.
Sono parole inaccettabili da parte di un rappresentante delle Istituzioni, parole cariche di ingiustificata aggressività, violenza e minacce ma, soprattutto, parole cariche, ancora una volta, di ipocrisia istituzionale.
L’On. Boccia, infatti, è un economista e, dunque, non può sfuggirgli che nella decisione di Apple non c’è davvero niente di grave, vergognoso o intollerabile.
E’, semplicemente, una società che ha adattato i propri prezzi alle mutate regole del mercato che le impongono di “anticipare” un importo che la legge prevede serva ad indennizzare i titolari dei diritti dalle copie private eventualmente effettuate dai consumatori.
E’ un vero peccato constatare che un ministro della Repubblica, un deputato del nostro Parlamento e la Società italiana autori ed editori, pur di difendere una decisione semplicemente sbagliata, si ostinino a mistificare la realtà ed a raccontare ai cittadini ciò che non è.
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Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Il Milleproroghe è un provvedimento routinario, in teoria nell'esame tutto doveva andare liscio. Invece l'iter di questo provvedimento è stato un disastro, la maggioranza l'ha gestito in modo circense, dando prova di dilettantismo sconcertante". Lo ha detto la senatrice Alessandra Maiorino, vice presidente del gruppo M5S al Senato, nella dichiarazione di voto sul Milleproroghe.
"Già con l'arrivo degli emendamenti abbiamo visto il panico nel centrodestra. Poi è arrivata la serie di emendamenti dei relatori, o meglio del governo sotto mentite spoglie, a partire da quelli celebri sulla rottamazione delle cartelle. Ovviamente l'unica preoccupazione della maggioranza, a fronte di 100 miliardi di cartelle non pagate, è stata solo quella di aiutare chi non paga. Esattamente come hanno fatto a favore dei no vax, sbeffeggiando chi sotto il Covid ha rispettato le regole. In corso d'opera abbiamo capito che l'idea di mettere tre relatori, uno per ogni partito di maggioranza, serviva a consentire loro di marcarsi a vicenda, di bloccare gli uni gli sgambetti degli altri. Uno scenario surreale! Finale della farsa poi è stato il voto di un emendamento di maggioranza ignoto ai relatori e una ignobile gazzarra notturna scoppiata tra i partiti di maggioranza. Non avevamo mai visto tanto dilettantismo in Parlamento".
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Il decreto Milleproroghe rappresenta una sfida importante, un provvedimento cui abbiamo dato un significato politico, un’anima. L’azione di questo governo punta a mettere in campo riforme e norme strutturali ma esistono anche pilastri meno visibili che hanno comunque l’obiettivo finale della crescita delle imprese e della nostra economia, di sostenere il sistema Italia nel suo complesso. Ecco perché col decreto Milleproroghe abbiamo provveduto ad estendere o a sospendere l’efficacia di alcuni provvedimenti con lo scopo di semplificare e rendere più snella la nostra burocrazia, sempre con l’obiettivo dichiarato della crescita. Fra questi norme sulle Forze dell’ordine e sui Vigili del Fuoco, sostegno ai Comuni e all’edilizia, nel campo sociale e sanitario come in quello dell’industria e della pesca e sul contrasto all’evasione fiscale. Più di 300 emendamenti approvati, tra cui anche quelli dell’opposizione, al fine di perseguire, con questo esecutivo, la finalità di fornire alla nostra Nazione gli strumenti per crescere e per questo il voto di Fratelli d’Italia è convintamente a favore”. Lo dichiara in aula il senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo.
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - "Dico al ministro Crosetto che l’aumento delle spese per armamenti, addirittura fino al 3%, ruba il futuro ai nostri figli. Ruba risorse alla sanità, alla scuola, ai trasporti. L’aumento delle spese per le armi non ci renderà più sicuri, ma alimenterà conflitti e guerre, come la storia dimostra”. Così Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, in merito alle dichiarazioni di Crosetto sull'aumento delle spese militari.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Il problema della situazione carceraria nel Paese è un problema che ogni giorno ci tocca da vicino, stiamo gia' predisponendo le dovute soluzioni. Abbiamo gia' definito il piano carceri e il commissario straordinario". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Criticità nel disegno di legge costituzionale non ve ne sono tali da alterare il testo, ma sarà seguito da una serie di leggi ordinarie. Per esempio, manca nella disegno di legge costituzionale la riserva per le quote cosiddette rosa, ma questo lo metteremo nelle leggi di attuazione che saranno leggi ordinarie. Anche il sistema del sorteggio potrà essere meglio definito. Ma una cosa e' certa: questa legge costituzionale non si modifica". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento di ritorno dalla Turchia alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo, parlando delle dichiarazioni del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli che ieri, aveva parlato dei "punti di criticità della riforma del Csm" sui quali si e' appuntata anche l'attenzione della Commissione Ue, aveva sottolineato la necessita' di "un'approfondita riflessione.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - "Oggi in Turchia, parlando con il mio omologo, il ministro di giustizia turco, quando ho detto che probabilmente i magistrati italiani faranno uno sciopero, lui è rimasto sorpreso e mi ha domandato 'ma è legale?'. Se i magistrati vogliono fare lo sciopero che lo facciano, ma quello che è certo e che, senza alcun dubbio, noi andremo avanti perché e' un nostro impegno verso gli elettori". Lo ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenendo in vdieocollegamento di ritorno dalla Turchia alla Giornata dell'orgoglio dell'appartenenza degli avvocati a Palermo.
Palermo, 13 feb. (Adnkronos) - La separazione delle carriere dei magistrati "è un dovere verso elettorato perché lo avevamo promesso nel nostro programma e questo faremo. Il nostro e' un vincolo politico verso l'elettorato". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo in video collegamento, di ritorno dalla Turchia, alla "Giornata dell'Orgoglio dell'appartenenza all'avvocatura e dell'accoglienza dei giovani" istituita dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Palermo. "Io sto girando un po' dappertutto per redigere protocolli - ha proseguito il ministro -, e ogni qualvolta parliamo di separazione carriere ci guardano con un occhio perplesso perché in tutti gli ordinamenti del mondo questo è normale".