Tagliola sugli interventi, voto entro l’8 agosto e referendum sulla riforma del Senato. Il governo va avanti per la sua strada e continua a dettare i tempi nonostante le proteste. “Ultima parola ai cittadini. No alibi”, scrive su Twitter il ministro per le riforme Maria Elena Boschi. Rilancia il messaggio anche Matteo Renzi che, al corriere.it dice: “Piaccia o non piaccia faremo le riforme”. Le opposizioni (M5S, Sel e Lega Nord) rispondono con lo scontro, formano un corteo con un centinaio di deputati e senatori e raggiungono il Quirinale per chiedere di essere ricevuti al Colle. Beppe Grillo su Twitter li sostiene: “Il governo sta uccidendo la democrazia”. Intanto in un’Aula semivuota si discute il dl competitività.
La protesta arriva dopo una mattina di tensioni in Senato. Seduta sospesa per riunione dei capigruppo, incontro delle opposizioni e poi tentativi di trattative. I lavori ricominciano nel pomeriggio tra le polemiche. Il capogruppo del Pd Luigi Zanda: “Non avremmo voluto arrivare a questo punto. Ma con 6mila emendamenti voluti da Sel non è possibile discutere. Questo è un attacco alla democrazia”. Contestazioni dai senatori 5 stelle mentre i colleghi a Montecitorio abbandonano l’Aula: “Faremo le barricate per la democrazia”. La Lega Nord annuncia che andrà da Napolitano: “Subito dopo il voto”, dice il capogruppo Centinaio, “i senatori del Carroccio usciranno e andranno dal Presidente della Repubblica, perché il presidente del Consiglio Renzi non rappresenta più nessuno”.
Il governo spera nell’approvazione già entro l’8 agosto, ma il contingentamento dei tempi potrebbe non bastare. Secondo i calcoli serviranno 115 ore di discussione per arrivare al voto finale. La “tagliola” è uno strumento che può essere utilizzato per limitare i tempi di intervento in Aula: ad ogni gruppo viene concesso un tot di ore di parola e al termine si procede con il voto. E’ regolamentata in Senato con l’articolo 55 ed è utilizzabile anche nel caso di una riforma costituzionale. Diversa invece la modalità della “ghigliottina”: in quel caso viene scelto un giorno per l’approvazione del testo (solitamente un decreto) a prescindere dagli interventi. Un altro strumento, già accettato da Grasso nelle scorse ore, è quello del “canguro”: ovvero gli emendamenti simili vengono accorpati e discussi insieme.
Corteo dei partiti di minoranza al Quirinale
I deputati del M5S hanno abbandonato la Camera e si sono diretti verso il Quirinale in segno di protesta nei confronti del processo avviato dal governo sulle riforme costituzionali. “Siamo usciti dall’Aula. Con i senatori #M5S ci stiamo dirigendo verso il #Quirinale”, ha scritto su twitter Roberto Fico (M5S), presidente della commissione Vigilanza Rai. Così anche, tra gli altri, il deputato Federico D’Incà: “Stiamo andando al Quirinale per parlare con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Riportiamo la democrazia in questo Paese”. Poco dopo i capigruppo di Sel, M5S e Lega Nord sono stati ricevuti dal segretario generale Marra che ha detto riferirà delle preoccupazioni dei partiti di minoranza al Capo dello Stato. Grillo su Twitter ha sostenuto i suoi con messaggi di solidarietà.
Calderoli (Lega Nord): “Schiaffo al Parlamento. Non ce la faremo comunque”
Polemico il senatore Calderoli sulla decisione di mettere la tagliola: “Io credo”, ha detto in Aula, “che se si deve fare una cosa la si deve fare bene e con sale in zucca. Così facendo, non lo stiamo facendo. È un momento buio perché si è voluto imporre un contingentamento quando sappiamo perfettamente che le riforme le prenderemo in mano martedì mattina, e prima ci sono due decreti. Su cui verrà messa la fiducia. Perché non si è voluto aspettare lunedì per rispondere alla richiesta delle opposizioni, e si è voluto contingentare oggi? Per dare uno schiaffo al Parlamento?”, ha detto il vicepresidente di Palazzo Madama, relatore del ddl Riforme della Lega Nord. “Stiamo dando un’immagine di squallore. Mi amareggia che con questa volontà di maggioranza e opposizione, la riforma non la si farà. A fronte di 5mila votazioni, anche se ci diamo un minuto per ogni votazione, l’8 di agosto la riforma non la approviamo, per una questione matematica. Qualcuno vuol mettere due litri d’acqua in una bottiglia da un litro”.
Zanda (Pd) interviene tra le contestazioni: “Tagliola colpa dei 6mila emendamenti Sel”
“Io non volevo arrivare al contingentamento. Ma non potevamo permettere che arrivassimo a questa situazione. Noi volevamo discutere sulla costituzione. I 6mila emendamenti di Sel non lo permettono”, ha commentato il capogruppo Pd Luigi Zanda. “Non possiamo fare le riforme essendo seppelliti di emendamenti e di voti segreti. Ho fatto sei appelli per cercare una soluzione condivisa, chiedendo di ridurre le richieste di modifica e per poter discutere di Costituzione. Li hanno mantenuti fino alla fine. Io non volevo arrivare al contingentamento e non dovevamo arrivarci”. Durante l’intervento di Zanda, il presidente Pietro Grasso ha richiamato all’ordine diversi senatori e invitato il questore Laura Bottici a far calmare i suoi colleghi del Movimento 5 stelle. “Io sono qui per garantire il diritto a parlare in aula”, ha detto Grasso.
Divina (Lega Nord) strappa le pagine della Costituzione
“Questa riforma, questo calendario, questa imposizione sul contingentamento è un insulto alla Costituzione”. Lo ha detto il vicepresidente dei senatori leghisti, Sergio Divina mentre parlava il proprio capogruppo Gianmarco Centinaio che protestava per la “violazione della Costituzione” rappresentata dal contingentamento dei tempi sul ddl riforme. Divina , che era vicino a Centinaio, ha iniziato a strappare le pagine della Costituzione imprecando e urlando contro il governo e contro la maggioranza: “State violentando la Costituzione”. Il comportamento del senatore Divina è stato ripreso dal presidente del Senato Pietro Grasso, che lo ha richiamato all’ordine.
Grasso annuncia contingentamento dei tempi in Aula
Il presidente Grasso ha detto che i tempi complessivi ammonteranno a 115 ore. Di questi 8 saranno riservati per la presidenza e i relatori, 80 per le votazioni e 20 ripartiti tra i gruppo. Al Pd spetteranno 4 ore e 24 minuti, a Fi 2 ore e 50, a M5s 2 ore e 15, a Ncd 2 ore, al Gruppo Misto (a cui appartengono Sel e gli ex M5s) 1 ora e 45, a Scelta civica e a Pi 1 ora e 13. Inoltre 5 ore complessive saranno riservati a quanti parlano in dissenso dal proprio gruppo, anche in questo caso ripartiti in base alla consistenza dei gruppi: 1 ora al Pd, 40 minuti a Fi, 34 minuti a M5s, 30 minuti a Ncd, 26 al Gruppo Misto.
Vendola: “Riforme non possono essere ridotte a una puntata di Masterchef”
Critico anche Nichi Vendola, che solo nelle scorse ore, dopo l’incontro con Napolitano, aveva aperto a qualche mediazione: “Parlare di tagliola sulle riforme costituzionali è inimmaginabile. Spero che si tratti di uno scherzo, spero che non provino neanche a pensarla una cosa del genere, perché veramente questo ha una puzza insopportabile”. E poi aggiunge: “Noi abbiamo il diritto di interloquire quando si tratta di riforme costituzionali, che non possono essere ridotte al rango di una puntata di Masterchef dove ci sono alcuni secondi per cucinare la ricetta del cambiamento. La Costituzione è la legge fondamentale che tiene in piedi una società e quindi, abbia pazienza il ministro Boschi, impari un pò il rispetto nei confronti delle istituzioni e del Paese”.
Ultimatum Pd: “O contingentamento dei tempi oppure ritiro emendamenti”
In mattinata la richiesta di contingentamento dei tempi è stata avanzata da Luigi Zanda, mentre in contemporanea Maria Elena Boschi ha parlato della necessità di un cambio di passo dell’opposizione: “Ci vuole un ritiro sostanzioso degli emendamenti. Così non si può discutere, è un ricatto”. Fuori dalla stanza hanno presidiato l’incontro circa 20 senatori del Movimento 5 stelle: “Non potranno zittire le voci di dissenso. Siamo qui per fare pressione”. L’ultimatum lo ha dato Maurizio Sacconi di Ncd: “O vengono ridotti entro il nove agosto o viene utilizzato l’articolo 55 del regolamento che regola i tempi di discussione. In ogni caso la maggioranza è determinata a ottenere il voto sul ddl prima della pausa estiva”. La riunione dei capigruppo è stata così sospesa per un’ora per permettere ai partiti di minoranza di incontrarsi (Sel, Lega, M5S e anche qualche dissidente di Pd e Forza Italia tra cui Minzolini) e valutare come comportarsi con una strategia comune. “Andremo in conferenza”, dice Loredana Depretis di Sel, “con delle proposte comuni che abbiamo scritto in un foglio. Il governo ci dicesse per iscritto cosa ne pensa. I punti sono: elezione diretta, equilibrio con la Camera e referendum. Su questi punti siamo tutti d’accordo”. La linea comune sarebbe quella di verificare se l’esecutivo ‘apre’ a emendamenti qualificanti oppure se insiste con una tempistica giudicata a tappe forzate. In quel caso, si dicono pronti ad “una guerra” senza esclusione di colpi.
Ieri, nella prima giornata di votazione delle modifiche, sono state discusse (e bocciate) solo tre modifiche e il Partito democratico si è duramente scontrato con la seconda carica dello Stato che non ha escluso il voto segreto su alcuni punti. Intanto il ministro Boschi esclude un rinvio a settembre del disegno di legge. “Il governo è sempre disponibile a migliorare il testo, ma non a stravolgerlo. Andiamo avanti. Non è serio fare ostruzionismo in questo modo, ne va della dignità anche di questa istituzione”. E poi aggiunge: “Non abbiamo mai detto che il ddl era intoccabile, ma il testo della commissione è equilibrato”.