Prendi i soldi e scappa. Per dieci mesi ha percepito uno stipendio faraonico, rimasto ancora oggi ufficialmente top secret, ma calcolato in 520 mila euro l’anno. E proprio quando la sua mega paga da 1.400 euro al giorno rischiava di finire dimezzata, Sebastiano Di Bella ha deciso di andare in pensione da segretario generale dell’Assemblea Regionale Siciliana. La sua esperienza al vertice di Palazzo dei Normanni è durata meno di un anno, ma a 61 anni di età, Di Bella avrebbe potuto continuare a dare il suo contributo. Il nuovo tetto da 240 mila euro l’anno per i dipendenti pubblici, però, rischiava di dimezzare il lauto assegno incassato dall’ormai ex segretario generale di Palazzo dei Normanni.
In più, la nuova condizione contrattuale avrebbe intaccato la sua pensione futura: meglio dunque andare in quiescenza prima della fine di luglio, anticipando (come stanno facendo alcuni suoi colleghi) l’entrata in vigore del nuovo tetto per gli stipendi, e salvando così maxi liquidazione e mega pensione. A sostituire Di Bella sarà il quarantasettenne Fabrizio Scimè, figlio di un ex segretario generale, che da capo ufficio dell’area legislativa guadagnava meno di 240 mila euro all’anno: per lui quindi non ci sarà nessun taglio.
Sui conti dell’Ars, invece l’addio di Di Bella si farà sentire: al grand commis toccherà una liquidazione parallela all’ultimo stipendio, dunque dorata, come pure di platino sarà l’assegno mensile per la pensione. Una vera e proprio botta per le casse di Palazzo dei Normanni, che appena dieci mesi fa, avevano dovuto riconoscere una liquidazione da quasi un milione e mezzo di euro a Giovanni Tomasello, predecessore di Di Bella, andato in quiescenza ad appena 57 anni, con circa 13 mila euro al mese di pensione.
Del resto la poltrona di segretario generale dell’Ars è sempre stata una fabbrica di stipendi e pensioni d’oro. Tomasello prese infatti il posto di Gianliborio Mazzola, andato a sua volta in pensione nel 2007 con una liquidazione da un milione e 770 mila euro. Poteva proprio Di Bella farsi tagliare stipendio e pensione? No, non poteva. Ed ha preferito fare largo ai giovani, conservando probabilmente il record di burocrate più pagato d’Italia. Record che dopo il tetto degli stipendi rimarrà imbattuto.
Non è un caso, quindi, che la spesa più costosa del bilancio dell’Ars sia proprio quella relativa alle pensioni degli ex dipendenti: nel 2013 pesavano sul bilancio di Palazzo dei Normanni per 45 milioni e mezzo. Cifra che l’anno prossimo andrà ritoccata con le liquidazioni e le pensioni di Tomasello e Di Bella: ex segretari generali capaci in soli dieci mesi di ottenere due assegni a sette cifre dal parlamento più costoso d’Europa.
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