“Il verificarsi di clamorosi e non occasionali casi di mala gestio dei finanziamenti pubblici erogati alla politica esprime da un lato il fallimento etico della politica nel rivendicare come leciti rimborsi spese non consentiti e, dall’altro, il fallimento dell’apparato amministrativo che ha avallato, senza doverosi riscontri, la pertinenza delle spese”. È così che la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia motiva la prima sentenza sui cosiddetti ‘rimborsi facili’ in favore dei consiglieri regionali. Su quelle spese pazze e sulle richieste di rimborsi che i consiglieri presentavano – dalla crema della Minetti al pranzo di nozze di una figlia di un leghista – ha indagato anche la Procura di Milano e ci sarà un processo.

La sentenza riguarda Fabrizio Cecchetti, attuale vice presidente del Consiglio regionale, e il suo ex capogruppo (chiamato in causa per il suo ruolo di controllore) Stefano Galli. I giudici hanno accertato la responsabilità erariale “a titolo di colpa grave” dei consiglieri regionali appartenenti ai gruppi consiliari che hanno effettuato spese del tutto estranee al mandato istituzionale nota e hanno preso atto che Cecchetti ha risarcito poco prima dell’udienza l’intero importo contestato dalla Procura pari a poco meno di 50.000 euro; ma, pur dichiarando cessata la materia del contendere per l’avvenuto pagamento, “ha accertato la responsabilità del consigliere e del capogruppo Stefano Galli“. Secondo i magistrati la maggior parte delle spese tra il 2008 e il 2012 erano illegittime: taxi, treni, ristoranti non potevano essere rimborsati. E anche chi doveva controllare che questo non accadesse non lo ha fatto.  

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