“La segreteria non si riunisce da quando si è formato il governo”. Il commento arriva da Largo del Nazareno, sede nazionale dei democratici. Parole che in un certo senso fotografano il Pd nell’era del segretario-premier. “Un partito che di fatto ha spostato la sede a Palazzo Chigi“, annota con un pizzico di ironia un dirigente dem. Da quel giorno, infatti, ovvero da quando lo scorso febbraio l’ex sindaco di Firenze scalò Palazzo Chigi, il caminetto dei democratici non è stato più convocato. “Sì, ci sentiamo”, si lascia scappare uno dei superstiti. Ma le sbandierate riunioni alle 7 del mattino, con i cronisti e i fotografi assiepati in via Sant’Andrea delle Fratte, sono un lontano ricordo. E anche fra chi appartiene alla minoranza interna il ritornello è sempre lo stesso: “Matteo è a palazzo Chigi, e i vertici si tengono lì con i due vice: Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani“. Al punto che in Transatlantico qualcuno si lascia andare con un battuta: “Segreteria, chi?”.
Da quel giorno, dicevamo sopra, la segreteria ora quasi fantasma – oltre ad non esser stata più convocata -ha perso una parte dei componenti. Maria Elena Boschi, Federica Mogherini, Luca Lotti e Marianna Madia sono stati nominati ministri del governo del premier. E i quattro posti vacanti il segretario-premier avrebbe dovuto sostituirli proprio da quel dì. Di settimana in settimana, infatti, è stata annunciata una segreteria «unitaria» per garantire quel pluralismo «che è nel dna dei democratici». Già, una segreteria “unitaria”: uno strumento che consentirebbe di estendere la partecipazione alle minoranze: ai giovani turchi, ai cuperliani, ai bersaniani, ai lettiani. Una sorta di riappacificazione interna che segnerebbe il cambio di verso dei vertici del Nazareno dopo anni di dissidi e scontri. Ma settimana dopo settimana la promessa si è trasformata in un nulla di fatto.
C’è stato il tempo in cui il segretario-premier si è occupato della nomina di Lorenzo Guerini a vice-segretario di Largo del Nazareno. E poi c’è stato il tempo in cui Renzi ripeteva che «all’indomani delle elezioni europee presenterò i nomi della segreteria». Annunci che sono rimasti circoscritti ad una conferenza stampa di Palazzo Chigi, o tutt’al più a una dichiarazione a margine di una assembla democratica. Dalla minoranza un esponente di punta vicino all’ex segretario Pier Luigi Bersani rivela a ilfattoquotidiano.it che «stiamo ancora aspettando la proposta di Renzi. C’era stato detto che avrebbe presentato i componenti della segreteria lo scorso 14 giugno, giorno dell’assemblea nazionale. Ma poi è stato chiesto da parte di Renzi ulteriore tempo». Un tempo limitato, si era sottolineato da Palazzo Chigi con una certa sicumera all’indomani dell’assemblea Pd all’Ergife.
Dal Nazareno, assicurano che «le ragioni sono due: una strettamente legata alla quadra sui nomi, l’altra al percorso sulle riforme». Ad oggi i giovani turchi si sarebbero tirati fuori dalla partita. D’altronde, spiega uno di loro, «il nostro ingresso dopo la presidenza di Matteo (Orfini è stato eletto presidente dell’Assemblea Pd, ndr.) non è previsto». A questo punto, essendoci quattro caselle a disposizione, l’idea di Renzi sarebbe quella di concedere una delega ad “area riformista” (Bersani-Letta), e i nomi più gettonati sarebbero quello di Enza Bruno Bossio, Alfredo D’Attorre, Danilo Leva (responsabile giustizia del partito ai tempi di Bersani), o quello di Enzo Amendola. Una delega, invece, spetterà all’area Cuperlo. E in questo caso l’ex sfidante di Renzi alle primarie dello scorso 8 dicembre potrebbe puntare qualcuno dei suoi: o Barbara Pollastrini (non proprio giovanissima ma apprezzata dal mondo renziano), o sul giovane ricercatore siciliano dello Svimez Giuseppe Provenzano (fra i più ascoltati da Gianni Cuperlo). Le ultime due caselle a disposizione, invece, il premier potrebbe riservarle a due suoi uomini: una a Marco Donati (renzianissimo della prima ora, aretino e amico di Maria Elena Boschi), l’altra, invece, dovrebbe spettare a una renziana della “seconda ora”, la parlamentare milanese Lia Quartapelle. Un modo come un altro per avere comunque la maggioranza dei membri della segreteria, ed evitare scalate da parte dell’ala sinistra del partito, cuperliani e bersaniani su tutti. Anche se dietro le quinte, stando ad alcune indiscrezioni, starebbero scalpitando anche gli ex popolari di Beppe Fioroni e l’area vicina a Rosi Binidi.
Tuttavia la trattativa resta ancora in alto mare. D’altronde, annota un renziano: «In questa fase c’è stata un po’ di maretta sulle riforme fra la minoranza e Matteo: uno scenario che di certo non aiuta. E la partita potrebbe subire un’ulteriore frenata». A quando? C’è chi giura a dopo l’approvazione in prima lettura al Senato del ddl costituzionale. Fatto sta che all’ordine del giorno della direzione nazionale convocata per oggi a Largo del Nazareno non si annovera il dossier sulla misteriosa parola “segreteria”. A meno di un colpa di scena il dossier subirà l’ennesimo rinvio. Di certo, a dopo l’estate. Del resto, mormora un fedelissimo del premier in Transatlantico, “c’è troppa carne al fuoco. E oggi una segreteria unitaria sarebbe un boomerang per Matteo”.