Il politico con 100mila euro in contanti da nascondere e l’imprenditore con “qualche milione” da far rientrare da un paradiso fiscale, “gli evasori incalliti” e l’amico che simula un finto divorzio per intestare 15 milioni di euro alla moglie e sottrarli alla giustizia. Fino a poco tempo fa il Centro Fiduciario Carige era un rifugio talmente sicuro che persino Giovanni Berneschi, l’ex padre padrone della banca genovese, lo usava per coprire gigantesche operazioni di riciclaggio con la Svizzera. A custodire i segreti di centinaia di vip, tra cui anche molti evasori fiscali, era un uomo di fiducia di Berneschi, il direttore generale Antonio Cipollina, finito in manette una decina di giorni fa e ai domiciliari da venerdì. Un fedelissimo che davanti ai magistrati ha respinto tutte le accuse, ma che secondo gli inquirenti ha continuato ad amministrare per conto del capo (già caduto in disgrazia) una cassaforte da 600 milioni di euro e ad applicare le policy previste nei casi più delicati: “La trita-documenti è pronta, poi buttiamo via i sacchetti…”, dice in un’intercettazione trascritta nell’ordinanza di arresto. Il suo rapporto con il banchiere era talmente stretto che i colleghi lo chiamavano il Faraone: “Quello – dice un impiegato riferito a Cipollina nelle stesse intercettazioni – sono anni che gli fanno fare i c… che vuole”. E lui, ascoltato mentre si confida con un collaboratore, si presenta così: “Io non mi sento colpevole, sarà che sono troppo permissivo, belin…”.
Due casseforti da un miliardo di euro – Mai fino ad oggi un’inchiesta si era spinta a commissariare la fiduciaria di una banca di queste dimensioni. Una decisione presa dal tribunale di Genova, che ha affidato la società al commercialista Dante Benzi. Per il capoluogo ligure è il secondo terremoto, che segue di pochi mesi quello che ha travolto la Compagnia fiduciaria genovese (Cfg): una realtà sconosciuta ai più che con l’ultimo scudo fiscale aveva fatto rientrare 193 milioni di capitali attraverso San Marino. Nel settembre del 2012, dopo il suicidio del presidente Giovanni Paganini Marana, che lascia dietro di sé un buco di decine di milioni di euro in varie società di investimento, la Procura di Roma apre un’inchiesta. E poco dopo Cfg finisce in liquidazione. Un rischio che corre anche la fiduciaria di Carige, alle prese con la fuga degli investitori, spaventati da questa improvvisa (e temutissima) attenzione per un mondo che di norma rimane nascosto all’opinione pubblica: “Ormai – rivela in un’intercettazione Francesca Amisano, nuora di Berneschi – i buoi che potevano sono tutti scappati”. Per rendersi conto di che ordine di cifre si parla, mentre una città delle dimensioni di Genova sprofondava in una crisi sempre più profonda c’è chi ha messo da parte e di fatto sottratto a investimenti produttivi qualcosa come un miliardo di euro. Tanto “pesava” il portafoglio gestito dai due fortini (Centro Fiduciario e Compagnia fiduciaria) scardinati dalle inchieste giudiziarie. Ma che cosa si nasconde davvero dietro alle fiduciarie? E perché gli organi di vigilanza non si erano mai accorti di nulla?
Servizi speciali per clienti speciali – È proprio dal Centro che parte l’inchiesta su Banca Carige. È l’estate del 2013 e gli ispettori di Bankitalia consegnano il risultato finale di una lunga indagine. Una delle parti più calde della relazione riguarda proprio diverse operazioni sospette coperte dalla fiduciaria e non comunicate all’Uif (l’ufficio di via Nazionale che si occupa di antiriciclaggio). Per la Procura di Genova la società era “un crocevia strategico per operazioni finanziarie opache, tra cui molte riguardanti capitali di origine illecita”. I funzionari di palazzo Koch segnalano ai magistrati le posizioni di alcuni clienti: le sorelle Livia e Susanna De Angelis, ereditiere farmaceutiche romane che in un anno spostano qualcosa come 170 milioni di euro, Fulvio Gismondi, ex pattista del cda Carige, che all’amico Berneschi chiede alcuni servizi particolari, e il costruttore ligure Pietro Pesce, già condannato per corruzione e indagato per bancarotta fraudolenta. Una premessa doverosa: al momento nessuno di loro è ancora formalmente indagato. E con tutta probabilità molti – tra i correntisti ci sono stati nomi noti, come il presidente del Genoa Enrico Preziosi – non hanno nulla da temere dalle indagini.
In una seconda comunicazione emergono altre operazioni, tra cui un rientro di capitali da Nassau disposto dal terminalista Aldo Spinelli e uno scudo fiscale che attira l’attenzione dei media: Giovanni Berneschi ha fatto rientrare dalla Svizzera 13 milioni di euro e li ha “intestati fittiziamente alla nuora Francesca Amisano e alla moglie Umberta Rotondo”. E quando i giornali se ne accorgono, lui tenta di far passare quei soldi per l’eredità del consuocero, ex dirigente della Winchester Italia: tanto “è morto”, dice alle figlie dell’uomo, senza però riuscire davvero a convincerle. Mastica amaro il Magro (soprannome del banchiere), che sta per essere arrestato: “’Ste bestie – dice riferendosi a Bankitalia, ritenuta responsabile della fuga di notizie – Adesso gli faccio causa”. A maggio la Guardia di Finanza arresta i vertici di Carige, per aver orchestrato un maxi riciclaggio con la Svizzera. A metà luglio tocca ai manager del Centro fiduciario, Cipollina e i collaboratori Marcello Senarega e Gian Marco Grosso. La contestazione principale riguarda il finto scudo fiscale di Berneschi, ma dietro si intravede qualcosa di più interessante. Un mondo di privati che gestisce affari al riparo da occhi indiscreti, compresi quelli dell’antiriciclaggio di Bankitalia. Come, per esempio, l’imprenditore delle pulizie Vincenzo Scalise, “reduce” di Tangentopoli, che oltre ad aver depositato nella fiduciaria 700mila euro sequestrati perché per i pm sono stati distratti da una bancarotta chiede al direttore Cipollina se può spendersi per un caro amico “politico”, con “120mila euro in contanti” da depositare. Meglio “dilazionare” una cifra del genere, consiglia Cipollina.
“Garanzie con i soldi dei paradisi fiscali” – Uno dei principali filoni dell’inchiesta su Carige riguarda i cosiddetti “crediti facili”. Perché, si domandano il procuratore aggiunto di Genova Nicola Piacente e il sostituto Silvio Franz, nell’era Berneschi la cassa di risparmio dei liguri prestava così tanti soldi a imprese in evidente difficoltà mentre allo stesso tempo chiudeva i boccaporti di mutui e prestiti alle piccole imprese? Gli esempi più eclatanti riguardano i costruttori Andrea Nucera e Pietro Pesce: entrambi indagati per bancarotta fraudolenta, hanno continuato a ricevere prestiti “anomali” dall’istituto di credito, fino a pochi giorni prima di saltare per aria. Ma nel mirino – ed è ancora Bankitalia ad attivare le Fiamme Gialle – ci sono tanti nomi, anche grossi, molti dei quali rappresentano la crème dell’imprenditoria ligure. Un caso particolarmente interessante è quello dei Cappelluto-Roveraro, sodalizio familiar-industriale che unisce Vincenzo Cappelluto, titolare di un impero attivo nell’edilizia e nelle riparazioni navali, e Franca Roveraro, immobiliarista e, all’epoca dei fatti, membro del consiglio d’amministrazione di Carisa (Cassa di risparmio di Savona, gemella di Carige). Il gruppo soffre la congiuntura economica ma continua a godere di grande fiducia presso Carige.
Per quale motivo? Secondo i militari del nucleo di polizia tributaria guidati dal colonnello Carlo Vita la spiegazione potrebbe portare proprio al Centro Fiduciario: è qui che i coniugi, grazie alla regia di Antonio Cipollina, riportano più di 10 milioni di euro, custoditi in trust a loro nome tra Madeira, Virgin Islands e Monaco. Per gli inquirenti sono una “garanzia” delle imprese Eurocraft (cantieri navali) e A.b.c.d (costruzioni). Lo stratagemma ideato è piuttosto interessante. Una delle società offshore riconducibile ai Cappelluto-Roveraro ordina la costruzione di una barca alla Eurocraft (che è sempre loro e ha sede a Loano, in provincia di Savona) e paga un cospicuo anticipo. Transazione di cui al momento non è stata trovata traccia. La barca non si costruisce più e la ditta italiana “restituisce” l’anticipo. I soldi finiscono all’estero e poi rientrano con lo scudo fiscale, per “garantire” le imprese di famiglia in difficoltà. La Finanza ha più di un sospetto su questa operazione circolare e per questo ha perquisito la villa degli industriali, al momento non indagati.
Il finto divorzio “dettato” da Berneschi – Antonio Cipollina sarà anche stato il “faraone” del Centro. Ma che a comandare fosse Giovanni Berneschi, che per anni alla carica di presidente di Banca Carige ha sommato la vicepresidenza della “sua” fiduciaria, è un fatto che gli stessi funzionari stanno ammettendo agli inquirenti in questi giorni. Il Magro arrivava al punto di “dettare” una “finta lettera di divorzio” al fido Cipollina, per aiutare “l’amico Fulvio Gismondi”, professore universitario esperto di finanza, indagato nell’inchiesta su Fonsai e con alle spalle “una condanna per fatti di corruzione a Roma”: “Io mi faccio anche quattro anni di processi, ma i soldi non me li devono toccare”, dice mentre è intercettato. Il suo problema, sostiene la Procura, è una posizione da 15 milioni di euro che vorrebbe intestare alla moglie per non attirare attenzioni su di sé. “Se devo arrivare a divorziarmi da mia moglie – spiega a Berneschi – Ci divorziamo che cazzo ce ne frega”. Nessun problema, gli risponde il banchiere: “Facciamo uno scambio di lettere. Se io sono tua moglie inizio a scrivere: abbiamo soldi che arrivano allo scudo fiscale, intestati a me, nell’interesse dei figli”. Del resto, l’importanza degli amici, Berneschi la sottolinea anche a Cipollina: “Guarda che questo si porta via tutto. E io non voglio che lo faccia”.
“Il doppio schermo che copriva 100 vip” – Un vecchio rapporto della Banca d’Italia era già arrivato a lambire il Centro Fiduciario. Era il 2009 e allora gli ispettori segnalarono alla Procura uno strano meccanismo: la cassaforte di Carige copriva con una sorta di “doppio schermo” un centinaio di clienti illustri. Come? Questi patrimoni comprano in modo massiccio partecipazioni della Carige Asset Management sgr (società che il gruppo bancario ha ceduto ad Arca sgr all’inizio di quest’anno), ma quest’ultima non segnala l’iniezione di liquidità avvenuta dal Centro Fiduciario. Un’operazione che, sospettavano già allora in via Nazionale, era volta a creare una sorta di supercopertura, non segnalata all’antiriciclaggio. Ecco perché oggi sono tanti i vip a temere gli sviluppi dell’inchiesta di Genova. E molti di loro hanno già svuotato conti che un tempo venivano ritenuti inviolabili.
Affari Loro
Carige, tutti i segreti delle fiduciarie della banca scardinati dalle inchieste giudiziarie
Dietro i due fortini della Cassa ligure che gestivano un portafoglio da un miliardo si nascondeva un mondo di privati che faceva affari al riparo da occhi indiscreti, compresi quelli dell’antiriciclaggio di Bankitalia. Dal politico con 100mila euro in contanti da nascondere, all’imprenditore con “qualche milione” da far rientrare da un paradiso fiscale, passando per “gli evasori incalliti” e l’amico che simula un finto divorzio per intestare 15 milioni alla moglie e sottrarli alla giustizia
Il politico con 100mila euro in contanti da nascondere e l’imprenditore con “qualche milione” da far rientrare da un paradiso fiscale, “gli evasori incalliti” e l’amico che simula un finto divorzio per intestare 15 milioni di euro alla moglie e sottrarli alla giustizia. Fino a poco tempo fa il Centro Fiduciario Carige era un rifugio talmente sicuro che persino Giovanni Berneschi, l’ex padre padrone della banca genovese, lo usava per coprire gigantesche operazioni di riciclaggio con la Svizzera. A custodire i segreti di centinaia di vip, tra cui anche molti evasori fiscali, era un uomo di fiducia di Berneschi, il direttore generale Antonio Cipollina, finito in manette una decina di giorni fa e ai domiciliari da venerdì. Un fedelissimo che davanti ai magistrati ha respinto tutte le accuse, ma che secondo gli inquirenti ha continuato ad amministrare per conto del capo (già caduto in disgrazia) una cassaforte da 600 milioni di euro e ad applicare le policy previste nei casi più delicati: “La trita-documenti è pronta, poi buttiamo via i sacchetti…”, dice in un’intercettazione trascritta nell’ordinanza di arresto. Il suo rapporto con il banchiere era talmente stretto che i colleghi lo chiamavano il Faraone: “Quello – dice un impiegato riferito a Cipollina nelle stesse intercettazioni – sono anni che gli fanno fare i c… che vuole”. E lui, ascoltato mentre si confida con un collaboratore, si presenta così: “Io non mi sento colpevole, sarà che sono troppo permissivo, belin…”.
Due casseforti da un miliardo di euro – Mai fino ad oggi un’inchiesta si era spinta a commissariare la fiduciaria di una banca di queste dimensioni. Una decisione presa dal tribunale di Genova, che ha affidato la società al commercialista Dante Benzi. Per il capoluogo ligure è il secondo terremoto, che segue di pochi mesi quello che ha travolto la Compagnia fiduciaria genovese (Cfg): una realtà sconosciuta ai più che con l’ultimo scudo fiscale aveva fatto rientrare 193 milioni di capitali attraverso San Marino. Nel settembre del 2012, dopo il suicidio del presidente Giovanni Paganini Marana, che lascia dietro di sé un buco di decine di milioni di euro in varie società di investimento, la Procura di Roma apre un’inchiesta. E poco dopo Cfg finisce in liquidazione. Un rischio che corre anche la fiduciaria di Carige, alle prese con la fuga degli investitori, spaventati da questa improvvisa (e temutissima) attenzione per un mondo che di norma rimane nascosto all’opinione pubblica: “Ormai – rivela in un’intercettazione Francesca Amisano, nuora di Berneschi – i buoi che potevano sono tutti scappati”. Per rendersi conto di che ordine di cifre si parla, mentre una città delle dimensioni di Genova sprofondava in una crisi sempre più profonda c’è chi ha messo da parte e di fatto sottratto a investimenti produttivi qualcosa come un miliardo di euro. Tanto “pesava” il portafoglio gestito dai due fortini (Centro Fiduciario e Compagnia fiduciaria) scardinati dalle inchieste giudiziarie. Ma che cosa si nasconde davvero dietro alle fiduciarie? E perché gli organi di vigilanza non si erano mai accorti di nulla?
Servizi speciali per clienti speciali – È proprio dal Centro che parte l’inchiesta su Banca Carige. È l’estate del 2013 e gli ispettori di Bankitalia consegnano il risultato finale di una lunga indagine. Una delle parti più calde della relazione riguarda proprio diverse operazioni sospette coperte dalla fiduciaria e non comunicate all’Uif (l’ufficio di via Nazionale che si occupa di antiriciclaggio). Per la Procura di Genova la società era “un crocevia strategico per operazioni finanziarie opache, tra cui molte riguardanti capitali di origine illecita”. I funzionari di palazzo Koch segnalano ai magistrati le posizioni di alcuni clienti: le sorelle Livia e Susanna De Angelis, ereditiere farmaceutiche romane che in un anno spostano qualcosa come 170 milioni di euro, Fulvio Gismondi, ex pattista del cda Carige, che all’amico Berneschi chiede alcuni servizi particolari, e il costruttore ligure Pietro Pesce, già condannato per corruzione e indagato per bancarotta fraudolenta. Una premessa doverosa: al momento nessuno di loro è ancora formalmente indagato. E con tutta probabilità molti – tra i correntisti ci sono stati nomi noti, come il presidente del Genoa Enrico Preziosi – non hanno nulla da temere dalle indagini.
In una seconda comunicazione emergono altre operazioni, tra cui un rientro di capitali da Nassau disposto dal terminalista Aldo Spinelli e uno scudo fiscale che attira l’attenzione dei media: Giovanni Berneschi ha fatto rientrare dalla Svizzera 13 milioni di euro e li ha “intestati fittiziamente alla nuora Francesca Amisano e alla moglie Umberta Rotondo”. E quando i giornali se ne accorgono, lui tenta di far passare quei soldi per l’eredità del consuocero, ex dirigente della Winchester Italia: tanto “è morto”, dice alle figlie dell’uomo, senza però riuscire davvero a convincerle. Mastica amaro il Magro (soprannome del banchiere), che sta per essere arrestato: “’Ste bestie – dice riferendosi a Bankitalia, ritenuta responsabile della fuga di notizie – Adesso gli faccio causa”. A maggio la Guardia di Finanza arresta i vertici di Carige, per aver orchestrato un maxi riciclaggio con la Svizzera. A metà luglio tocca ai manager del Centro fiduciario, Cipollina e i collaboratori Marcello Senarega e Gian Marco Grosso. La contestazione principale riguarda il finto scudo fiscale di Berneschi, ma dietro si intravede qualcosa di più interessante. Un mondo di privati che gestisce affari al riparo da occhi indiscreti, compresi quelli dell’antiriciclaggio di Bankitalia. Come, per esempio, l’imprenditore delle pulizie Vincenzo Scalise, “reduce” di Tangentopoli, che oltre ad aver depositato nella fiduciaria 700mila euro sequestrati perché per i pm sono stati distratti da una bancarotta chiede al direttore Cipollina se può spendersi per un caro amico “politico”, con “120mila euro in contanti” da depositare. Meglio “dilazionare” una cifra del genere, consiglia Cipollina.
“Garanzie con i soldi dei paradisi fiscali” – Uno dei principali filoni dell’inchiesta su Carige riguarda i cosiddetti “crediti facili”. Perché, si domandano il procuratore aggiunto di Genova Nicola Piacente e il sostituto Silvio Franz, nell’era Berneschi la cassa di risparmio dei liguri prestava così tanti soldi a imprese in evidente difficoltà mentre allo stesso tempo chiudeva i boccaporti di mutui e prestiti alle piccole imprese? Gli esempi più eclatanti riguardano i costruttori Andrea Nucera e Pietro Pesce: entrambi indagati per bancarotta fraudolenta, hanno continuato a ricevere prestiti “anomali” dall’istituto di credito, fino a pochi giorni prima di saltare per aria. Ma nel mirino – ed è ancora Bankitalia ad attivare le Fiamme Gialle – ci sono tanti nomi, anche grossi, molti dei quali rappresentano la crème dell’imprenditoria ligure. Un caso particolarmente interessante è quello dei Cappelluto-Roveraro, sodalizio familiar-industriale che unisce Vincenzo Cappelluto, titolare di un impero attivo nell’edilizia e nelle riparazioni navali, e Franca Roveraro, immobiliarista e, all’epoca dei fatti, membro del consiglio d’amministrazione di Carisa (Cassa di risparmio di Savona, gemella di Carige). Il gruppo soffre la congiuntura economica ma continua a godere di grande fiducia presso Carige.
Per quale motivo? Secondo i militari del nucleo di polizia tributaria guidati dal colonnello Carlo Vita la spiegazione potrebbe portare proprio al Centro Fiduciario: è qui che i coniugi, grazie alla regia di Antonio Cipollina, riportano più di 10 milioni di euro, custoditi in trust a loro nome tra Madeira, Virgin Islands e Monaco. Per gli inquirenti sono una “garanzia” delle imprese Eurocraft (cantieri navali) e A.b.c.d (costruzioni). Lo stratagemma ideato è piuttosto interessante. Una delle società offshore riconducibile ai Cappelluto-Roveraro ordina la costruzione di una barca alla Eurocraft (che è sempre loro e ha sede a Loano, in provincia di Savona) e paga un cospicuo anticipo. Transazione di cui al momento non è stata trovata traccia. La barca non si costruisce più e la ditta italiana “restituisce” l’anticipo. I soldi finiscono all’estero e poi rientrano con lo scudo fiscale, per “garantire” le imprese di famiglia in difficoltà. La Finanza ha più di un sospetto su questa operazione circolare e per questo ha perquisito la villa degli industriali, al momento non indagati.
Il finto divorzio “dettato” da Berneschi – Antonio Cipollina sarà anche stato il “faraone” del Centro. Ma che a comandare fosse Giovanni Berneschi, che per anni alla carica di presidente di Banca Carige ha sommato la vicepresidenza della “sua” fiduciaria, è un fatto che gli stessi funzionari stanno ammettendo agli inquirenti in questi giorni. Il Magro arrivava al punto di “dettare” una “finta lettera di divorzio” al fido Cipollina, per aiutare “l’amico Fulvio Gismondi”, professore universitario esperto di finanza, indagato nell’inchiesta su Fonsai e con alle spalle “una condanna per fatti di corruzione a Roma”: “Io mi faccio anche quattro anni di processi, ma i soldi non me li devono toccare”, dice mentre è intercettato. Il suo problema, sostiene la Procura, è una posizione da 15 milioni di euro che vorrebbe intestare alla moglie per non attirare attenzioni su di sé. “Se devo arrivare a divorziarmi da mia moglie – spiega a Berneschi – Ci divorziamo che cazzo ce ne frega”. Nessun problema, gli risponde il banchiere: “Facciamo uno scambio di lettere. Se io sono tua moglie inizio a scrivere: abbiamo soldi che arrivano allo scudo fiscale, intestati a me, nell’interesse dei figli”. Del resto, l’importanza degli amici, Berneschi la sottolinea anche a Cipollina: “Guarda che questo si porta via tutto. E io non voglio che lo faccia”.
“Il doppio schermo che copriva 100 vip” – Un vecchio rapporto della Banca d’Italia era già arrivato a lambire il Centro Fiduciario. Era il 2009 e allora gli ispettori segnalarono alla Procura uno strano meccanismo: la cassaforte di Carige copriva con una sorta di “doppio schermo” un centinaio di clienti illustri. Come? Questi patrimoni comprano in modo massiccio partecipazioni della Carige Asset Management sgr (società che il gruppo bancario ha ceduto ad Arca sgr all’inizio di quest’anno), ma quest’ultima non segnala l’iniezione di liquidità avvenuta dal Centro Fiduciario. Un’operazione che, sospettavano già allora in via Nazionale, era volta a creare una sorta di supercopertura, non segnalata all’antiriciclaggio. Ecco perché oggi sono tanti i vip a temere gli sviluppi dell’inchiesta di Genova. E molti di loro hanno già svuotato conti che un tempo venivano ritenuti inviolabili.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.