Sono state rapite da sei giorni Vanessa Marzullo, 21 anni, di Brembate (Bergamo) e Greta Ramelli, 20, (a sinistra nella foto) di Besozzo (Varese), due volontarie italiane che lavorano per progetti umanitari in Siria, ad Aleppo. Lo rende noto la Farnesina che sin da subito – fa sapere – “ha attivato l’Unità di crisi e la nostra intelligence” per reperire più informazioni possibili sulle due cittadine italiane. Sempre la Farnesina fa sapere che Greta e Vanessa si trovano nel Paese, dove da tre anni si combatte una sanguinosa guerra tra ribelli e le truppe del presidente Bashar al-Assad, per “seguire progetti umanitari nel settore sanitario e idrico“.
Media locali: “Sequestrate da un commando armato”
Sarebbe un gruppo armato che in passato ha già rapito diversi attivisti e giornalisti quello responsabile del sequestro delle due italiane. E’ quanto riferisce il sito del quotidiano giordano Assabeel, citando come fonte un attivista locale corrispondente di alcune testate. Il doppio sequestro, secondo la stessa fonte, è avvenuto nella località di El Ismo, a ovest di Aleppo, nella casa del “capo del Consiglio rivoluzionario” locale, dove le due giovani erano ospitate. Con loro, afferma ancora la fonte, vi era anche un giornalista italiano, Daniele Raineri de Il Foglio, che è riuscito a fuggire e ha dato l’allarme. “Le due italiane – precisa Assabeel – sono state viste per l’ultima volta venerdì 1 agosto”. Il sito non fornisce il nome del gruppo autore del rapimento, né precisa se si tratti di un’organizzazione criminale o di una formazione di matrice politica. Ma aggiunge che diversi suoi membri sono stati in passato uccisi in azioni militari. Secondo l’Ansa, che lo apprende da fonti locali, Vanessa e Greta sarebbero state rapite ad al Abzemo, villaggio ad ovest di Aleppo.
Brigate ‘Al Mutasim Billah’: “Impegnati per trovare i rapitori”
“Attivisti insieme ai nostri combattenti stanno verificando le circostanze del sequestro delle due ragazze italiane”. È quanto dichiarano fonti delle brigate ‘Al Mutasim Billah’, che controllano il sobborgo occidentale di Aleppo. “La questione potrebbe essere di facile soluzione se le ragazze sono state prelevate da miliziani che operano in questa zona, ma potrebbe essere molto complessa se sono in mano agli uomini dello Stato Islamico”, ha fatto sapere il gruppo che combatte contro le forze del regime siriano, interpellato da Aki-Adnkronos International.
Padre di Vanessa: “Spero nella giustizia e in Dio”
Se nella giornata di ieri e questa mattina i familiari delle ragazze si erano rifiutati di parlare, oggi il padre di una di loro ha rotto il silenzio. “Fiducioso nella giustizia, e nel Signore anche”: così Salvatore Marzullo, padre di Vanessa, ha risposto in un’intervista a Repubblica Tv. L’uomo ha descritto la figlia e Greta Ramelli, l’altra giovane rapita, come “prese dal cuore più che dalla testa” nella loro azione.
Un familiare: “Aiutatele raccontando la verità”
“Se volete stare vicini a Vanessa e Greta, raccontate cosa succede in Siria e perché è in questa situazione”. Così un parente stretto di Greta Ramelli ha risposto ai giornalisti entrando nella casa di famiglia a Gavirate. Il ragazzo (probabilmente il fratello) ha confermato di non potere dire nulla, ma ha voluto affrontare comunque i tanti cronisti presenti fuori dalla casa, dopo aver letto i giornali di stamani, dicendosi “stupito che nessuno conosca davvero la Siria e perché è in questa situazione dopo la caduta dell’impero ottomano”.
Presidente Onlus: “Avevamo appuntamento su Skype”
Silvia Moroni, presidente della onlus ‘Rose di Damasco’, per cui lavoravano le due operatrici lombarde, racconta all’Adnkronos: “Avevamo un appuntamento su Skype giovedì scorso, il 31 luglio, ma Greta e Vanessa non erano in linea. Dalla loro partenza, il 22 luglio, ci eravamo sentite tre volte, mi avevano confermato che il progetto nel quale erano impegnate andava avanti, tanto che avevano intenzione di restare ad Aleppo e mi consultavano proprio per l’invio di altri fondi”. “Le due ragazze sono partite per la Siria il 22 luglio – spiega ancora Moroni – dopo che il 20 luglio avevamo fatto insieme una serata di raccolta fondi a Como. Il loro progetto, è finanziato anche dalle associazioni ‘Ipsia’ ed ‘Sos Siria’ di Varese, oltre che da ‘Rose di Damasco’ di Asso, in provincia di Como, e dalla comunità siriana araba in Italia. In particolare – conclude Moroni – il loro progetto era finalizzato ad acquistare kit di pronto soccorso e pacchi alimentari, da distribuire al confine. Loro, avendo fatto dei corsi infermieristici, istruivano i ragazzi in materia di Pronto soccorso”.
Vanessa e Greta: passione per il volontariato e per la Siria
La passione per il mondo arabo si vede già dagli studi di Vanessa Marzullo, studentessa di mediazione linguistica e culturale, con specializzazione in arabo e inglese. Sulla sua pagina Facebook, si legge che la ragazza è volontaria presso l’Organizzazione internazionale di soccorso, e dal 2012 si dedica alla Siria, dalla diffusione di notizie tramite blog e social networks all’organizzazione di manifestazioni ed eventi in sostegno del popolo siriano. Una passione che culminerà proprio nella nascita del progetto “Assistenza Sanitaria in Siria”. Interessi simili anche per Greta Ramelli, studentessa di scienze infermieristiche e anche lei volontaria presso Organizzazione internazionale di soccorso, e operatrice di pronto soccorso. Una giovane vita costellata di missioni di volontariato: nel 2011 trascorre quattro mesi in Zambia lavorando come volontaria in centri nutrizionali per malati di Aids e nel dicembre dell’anno successivo tre settimane a Calcutta per un progetto di volontariato presso le suore missionarie della carità.
Sale a sei il numero degli italiani rapiti nel mondo, tre in Siria
Il rapimento di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli allunga la lista degli italiani sequestrati nel mondo, che sale così a sei casi. L’ultimo quello di Marco Vallisa, il tecnico italiano sequestrato solo un mese fa in Libia. Sempre il Libia, il 22 marzo si sono perse le tracce di Gianluca Salviato, impiegato per una società che opera nel settore della costruzioni. L’uomo è stato rapito nella Cirenaica e c’è apprensione per la sua sorte, in quanto soffre di diabete e necessita insulina. Tra le pieghe del territorio siriano, si sono perse da oltre un anno anche le tracce di Padre Dall’Oglio, gesuita romano che per trent’anni, e fino alla sua espulsione nell’estate 2012, ha vissuto e lavorato nel suo paese d’adozione in nome del dialogo islamo-cristiano. Tempo addietro era stata diffusa l’ennesima notizia, non confermata, che padre dall’Oglio era stato ucciso dai miliziani qaedisti. Attivisti locali hanno poi smentito, affermando che l’uomo è prigioniero, ma ancora vivo. Di qualche giorno fa un appello della famiglia ai rapitori perchè facciano sapere la sua sorte. Mentre da oltre due anni non si hanno notizie del cooperante Giovanni Lo Porto, palermitano sequestrato in Pakistan il 19 gennaio 2012, insieme a un collega tedesco, a Qasim Bela, nella provincia del Punjab, dove lavorava per la ong tedesca alla ricostruzione dell’area messa in ginocchio dalle inondazioni del 2011.