Angelino Alfano ha fatto quasi en plein. Ha chiesto di discutere dell’abolizione dell’articolo 18 entro la fine d’agosto e il suo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha ridimensionato tutto a una “discussione inutile” intorno a un “totem ideologico”. Il ministro dell’Interno ha poi definito i venditori ambulanti sulle spiagge “vu cumprà” e Renzi si è di nuovo smarcato: “Non avrei usato questo termine”. Il ministro dell’Interno e leader del Nuovo Centrodestra è stato così smentito per due volte nelle ultime 24 ore dal capo dell’esecutivo, intervistato nel programma di prima serata di Rai3, Millennium, dove il premier ha affrontato diverse questione, tra cui la vicenda Alitalia. Sulla quale ha detto: “Mai più soldi pubblici ai carrozzoni”. Tornando agli attriti con Alfano, già in mattinata il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia (in un’intervista ad Avvenire) e il responsabile Economia del Pd Filippo Taddei (a Repubblica) avevano cominciato a chiudere la discussione spiegando che non è concentrandosi solo sul tema dell’articolo 18 che si risolvono le questioni della crisi economica e occupazionale. Tra le altre reazioni alle parole di Alfano era arrivata quella del segretario della Cisl Raffaele Bonanni: “Caro Angelino – aveva scritto su Twitter – non serve abolire articolo 18 visto che aziende assumono con contratti a termine e false partite Iva. Aboliamo quelle”.[brightcove]3727316172001[/brightcove]
Cgia di Mestre: “Interessate dall’articolo 18 il 2,4% delle imprese”
Secondo una stima della Cgia di Mestre, peraltro, le aziende “interessate” dall’articolo 18 sono solo il 2,4% del totale, ma a essere tutelati da questo provvedimento sono il 57,6% dei lavoratori dipendenti occupati nel settore privato dell’industria e dei servizi. “In una fase congiunturale così difficile – spiega Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia – credo che l’eventuale proposta legislativa rivolta all’abolizione dell’articolo 18 darebbe luogo ad un duro scontro politico/sindacale che il Paese non si può permettere”.
Cosa dice l’articolo 18
L’articolo 18, che tutela dai licenziamenti senza giusta causa, torna a far discutere dopo la riforma Fornero che, precisamente due anni fa, ha rivisto quanto stabilito dallo Statuto dei lavoratori, entrato in vigore nel lontano 1970. Nel nuovo articolo 18 non c’è più il reintegro automatico in caso di licenziamento illegittimo, nelle aziende con più di 15 dipendenti, per motivi economici (rimane solo nel caso di manifesta insussistenza). Mentre è prevista un’indennità. Resta sempre nullo invece il licenziamento discriminatorio intimato, per esempio, per ragioni di credo politico, fede religiosa o attività sindacale. Nei casi dei licenziamenti disciplinari (giusta causa o giustificato motivo oggettivo) c’è minor discrezionalità del giudice nella scelta del reintegro, che è deciso solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi e non anche della legge. La procedura di conciliazione non può più essere bloccata da una malattia ‘fittizia’ del lavoratore. Uniche eccezioni saranno la maternità o gli infortuni sul lavoro. [brightcove]3727397453001[/brightcove]
Renzi: “Ma è giusto riscrivere lo statuto dei lavoratori”
Ma le modifiche al mercato del lavoro sono tutt’altro che escluse. “Si è fatto un ddl delega che si sta discutendo in Parlamento – dice Renzi nell’intervista che andrà in onda la sera del 12 agosto – E’ giusto o no riscrivere lo statuto dei lavoratori? Sì, lo riscriviamo. E riscrivendolo pensiamo alla ragazza di 25 anni che non può aspettare un bambino perché non ha le garanzie minime, non parliamo solo dell’articolo 18 che riguarda una discussione tra destra e sinistra”. Ma rispondere sul tema, tramite Twitter, è Maurizio Sacconi, presidente dei senatori Ncd: “Ok Renzi, sei primo leader sinistra a dire Statuto dei lavoratori va cambiato”.
Premier: “Con Forza Italia accordo su riforme istituzionali e legge elettorale”
Ma nell’intervista al programma su RaiTre, il premier si sofferma anche sull’economia e la questione delle riforme del patto del Nazareno: “Ci deve essere rispetto per tutti, i dossier degli altri li leggo sempre. Ma per noi l’accordo è su due punti: le riforme istituzionali e la legge elettorale“. Nel dettaglio, Renzi sottolinea che “la preferenza non la considero un punto centrale ma non ho cambiato idea, tant’è che ho proposto più volte di mettere le preferenze in splendido isolamento, perché i miei amici di partito hanno sempre detto che sono fonte di corruzione, ma a mio giudizio non è così. O facciamo i collegi uninominali o plurinominali piccolini dove vedo in faccia il candidato o mettiamo le preferenze“. “Questa discussione – aggiunge – è all’attenzione del Parlamento e troveremo una soluzione, ma il punto centrale è che si deve sapere chi vince le elezioni, perché devo sapere a chi dare la colpa se sbaglia”. Sulla giustizia, il premier dedica un passaggio dell’intervista ai giudici: “Bisogna che un giudice faccia carriera perché è bravo e non perché appartiene a una corrente”.
“Proverò a ridurre le tasse, ma non lo prometto”
Il premier frena invece sull’ipotesi di ridurre le tasse: “Mi sento di provarci, perché la pressione fiscale in Italia è troppo alta, non di prometterla, ma credo che sarebbe un errore farla allo stesso modo per tutti. Se ho dieci miliardi preferisco che siano indirizzati di più su alcune categorie e non spalmati su tutti”. Il famoso 80 euro? “Ribadisco, sicuramente lo manteniamo per chi ce l’ha, vediamo se possiamo estenderlo”. Smentisce poi l’ipotesi di una nuova manovra: “Noi l’abbiamo già fatta la manovra e abbiamo abbassato le tasse”. Poi annuncia su Twitter: “Il taglio di spesa 2015 sarà di 16 miliardi”. Sulla vicenda del commissario alla Spending review Carlo Cottarelli assicura: “E’ tutto rientrato, ma mi lascia perplesso che per fare le riforme ci si debba affidare ad un demiurgo“. Poi lancia una stoccata alle banche: “L’Italia ha messo soldi per salvare le banche, aspetto il giorno in cui le banche metteranno un po’ di soldi per salvare l’Italia”.
“Su riforme d’accordo con Draghi dalla A alla Z”
Mario Draghi? “Ad avercene così…”. Piena sintonia – assicura Renzi – con il governatore della Banca centrale europea Draghi che il 7 agosto aveva chiesto ai paesi dell’Eurozona di “cedere sovranità” per quanto riguarda le riforme strutturali. Una frase che in un primo momento aveva ricevuto il plauso del presidente del Consiglio: “Assolutamente d’accordo”. Poi era arrivata la retromarcia: “Non è l’Europa che ci deve dire cosa fare“. Adesso il premier prova a fare chiarezza sul significato delle parole del numero uno della Bce: “Draghi – dice il premier – ha parlato genericamente di cessione di sovranità degli Stati e poi ha detto che l’Italia se vuole attrarre investimenti deve fare le riforme, non ha parlato di un collegamento tra la parola cessione di sovranità e le riforme dell’Italia. Erano due questioni diverse”. “Sulle riforme italiane io condivido dalla A alla Z le parole di Draghi”. “C’è una situazione drammatica” aggiunge il premier ai microfoni di RaiTre, ma “l’idea che l’Italia sia una macchina sgangherata che non funziona è insopportabile, non è vero. L’Italia ha tutto per andare avanti”.