“The show must go on” – lo spettacolo deve continuare – cantano i Queen in un memorabile e struggente brano pubblicato a poche settimane dalla scomparsa di Freddie Mercury del quale è stato, a lungo, considerato – a torto – una sorta di testamento spirituale.
Parole e note, quelle di The show must go on che, evidentemente, non condivide Gabry Ponte – noto [o almeno così dice chi segue le cose della televisione, ndr] – dj, membro degli Eiffel 65 e produttore musicale, lanciato da Maria De Filippi che lo ha voluto tra i giurati del suo “Amici”, il quale nei giorni scorsi dopo aver incassato 10 mila euro oltre le spese di viaggio dall’ente di promozione turistica di Civitella del Tronto, in Abruzzo, visto che il pubblico era al di sotto delle sue aspettative, ha deciso di fare i bagagli e ritornare a casa senza esibirsi e, naturalmente, trattenendo il compenso.
Ma la storia è già stata raccontata qui e, forse, meriterebbe di essere archiviata come una delle tante storie dei capricci del “divo di turno” – o di chi si sente tale – rispetto alle quali il meglio che si può fare e non parlarne affatto in modo da evitare di fare immeritata pubblicità a chi, evidentemente, non la merita.
Ciò che, però, rende odiosa questa vicenda e impone, al contrario, di parlarne e di continuare a farlo ancora a lungo è ciò che è accaduto subito dopo la fuga notturna di Ponte da Civitella.
Vera Tv Abruzzo – una Televisione locale – racconta, infatti, la storia ai suoi telespettattori nel corso del suo Tg, in un servizio di una manciata di minuti, montato con immagini e, pare, qualche estratto musicale di precedenti esibizioni di Ponte. Il video viene caricato su YouTube, inizia a girare, il link è twittato e le immagini sono condivise nel mondo social, quello popolato dai fans di Ponte.
Lo staff del “divo”, a questo punto, evidentemente, teme l’autogol: dopo aver sottratto Ponte ad un’esibizione davanti ad un pubblico ritenuto troppo “modesto” per le grandeur del giovane Gabry, gli utenti di Facebook e Twitter gli stanno dando ciò che probabilmente merita ovvero una lezione di educazione, etica e buone maniere. Ed è qui che, a qualcuno dello staff, deve venire il colpo di genio: segnalare a YouTube ed in ogni dove il carattere illecito, per violazione del diritto d’autore, del servizio giornalistico di Vera Tv Abruzzo.
Ponte segnala e YouTube rimuove, senza colpo ferire perché, nel clima di terrore da violazione dei diritti d’autore che si è instaurato nel nostro Paese, ovviamente un intermediario della comunicazione come YouTube davanti all’alternativa tra vedersi trascinato in giudizio da Gabry Ponte o rimuovere un video che non ha mai assunto alcun obbligo giuridico a pubblicare, preferirà sempre rimuovere il video.
Nello spazio di poche ore il video scompare dal web o, almeno, dalle piste più battute del web. Ma non basta. Nelle ore successive, Antonio D’Amore, Direttore di Vera Tv, sentendosi – e a ragione – offeso nella sua dignità di giornalista e percependo quanto avvenuto – ed ha ancora una volta ragione – come una gravissima lesione della libertà di informazione, decide di firmare un editoriale nel quale racconta la storia e denuncia la censura. Questa volta c’è solo il suo volto e le sue parole, niente musica di Ponte e niente immagini del “divo”.
La storia, però, si ripete. Il video viene caricato su YouTube e nello spazio di poche ore, rimosso ancora, sempre su segnalazione dello staff di Ponte.
E’ possibile che tutto questo accada in Italia? Non c’è diritto d’autore che tenga, quanto accaduto si chiama “censura”. Nel primo caso – quello del servizio giornalistico contenente qualche sua immagine ed un estratto di un suo brano – Gabry Ponte ha evidentemente abusato dei suoi diritti d’autore ovvero li ha esercitati al solo fine di evitare che si parlasse – giustamente – male di una sua assai poco nobile impresa. Nel secondo caso, lo staff di Ponte, deve, addirittura, aver mentito a YouTube, segnalando che il video con l’editoriale del direttore di Vera Tv, violava i diritti d’autore mentre, evidentemente, così non era.
Vien voglia di far salire sul banco degli imputati Google, proprietaria di YouTube prima e il diritto d’autore poi, contestando ad entrambi l’aver provato centinaia di migliaia di cittadini italiani della libertà di accedere ad un’informazione di pubblico interesse in aperta violazione della nostra Costituzione e prima ancora della dichiarazione dei diritti dell’uomo, datata addirittura 1789. Ma si sbaglierebbe. Il diritto d’autore e YouTube non c’entrano. La colpa è nostra e, naturalmente, di Gabry Ponte.
Nostra – in senso diffuso – per aver consentito senza ribellarci – o ribellandoci troppo poco – che, anno dopo anno, si affermassero online regole e principi che sono la negazione palese di diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino acquisiti da oltre due secoli e del “divo di turno” che ha si è approfittato della situazione, a proprio uso e consumo, a tutela non dei suoi diritti d’autore, ma di un curioso diritto – assolutamente inesistente nell’ordinamento – a che altri non parlino male di lui, neppure quando lui ha torto e li altri ragione.
Questa volta ad essere censurata è stata una brutta storia di malcostume e mancanza di buone maniere, una storia di mezza estate, certamente importante – come lo è ogni storia – ma non determinante per l’equilibrio democratico del Paese ma domani potrebbe toccare – ed in realtà è già capitato con relativa frequenza – attraverso le stesse dinamiche, ad una storia che anziché Gabry Ponte – figlio dell’italico tele-comando – riguardi chissà quale rappresentante delle istituzioni.
E allora? Che faremo? Assisteremo in silenzio a che “pezzi” di informazione libera, elementi preziosi per la nostra democrazia, vengano censurati, perché qualcuno abusa del proprio diritto d’autore e qualcun altro glielo lascia fare perché fa impresa in un Paese nel quale se si viola il diritto d’autore di una persona si finisce in tribunale mentre se si viola la libertà di informazione di milioni di cittadini non succede assolutamente nulla?
Dobbiamo cambiar rotta e farlo in fretta. La carta dei diritti e doveri di internet alla quale sta lavorando Stefano Rodotà nell’ambito della Commissione istituita dalla Presidente della Camera dei Deputati è la strada giusta.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Media & Regime - 15 Agosto 2014
Diritto d’autore, Gabry Ponte e l’abuso che diventa censura
“The show must go on” – lo spettacolo deve continuare – cantano i Queen in un memorabile e struggente brano pubblicato a poche settimane dalla scomparsa di Freddie Mercury del quale è stato, a lungo, considerato – a torto – una sorta di testamento spirituale.
Parole e note, quelle di The show must go on che, evidentemente, non condivide Gabry Ponte – noto [o almeno così dice chi segue le cose della televisione, ndr] – dj, membro degli Eiffel 65 e produttore musicale, lanciato da Maria De Filippi che lo ha voluto tra i giurati del suo “Amici”, il quale nei giorni scorsi dopo aver incassato 10 mila euro oltre le spese di viaggio dall’ente di promozione turistica di Civitella del Tronto, in Abruzzo, visto che il pubblico era al di sotto delle sue aspettative, ha deciso di fare i bagagli e ritornare a casa senza esibirsi e, naturalmente, trattenendo il compenso.
Ma la storia è già stata raccontata qui e, forse, meriterebbe di essere archiviata come una delle tante storie dei capricci del “divo di turno” – o di chi si sente tale – rispetto alle quali il meglio che si può fare e non parlarne affatto in modo da evitare di fare immeritata pubblicità a chi, evidentemente, non la merita.
Ciò che, però, rende odiosa questa vicenda e impone, al contrario, di parlarne e di continuare a farlo ancora a lungo è ciò che è accaduto subito dopo la fuga notturna di Ponte da Civitella.
Vera Tv Abruzzo – una Televisione locale – racconta, infatti, la storia ai suoi telespettattori nel corso del suo Tg, in un servizio di una manciata di minuti, montato con immagini e, pare, qualche estratto musicale di precedenti esibizioni di Ponte. Il video viene caricato su YouTube, inizia a girare, il link è twittato e le immagini sono condivise nel mondo social, quello popolato dai fans di Ponte.
Lo staff del “divo”, a questo punto, evidentemente, teme l’autogol: dopo aver sottratto Ponte ad un’esibizione davanti ad un pubblico ritenuto troppo “modesto” per le grandeur del giovane Gabry, gli utenti di Facebook e Twitter gli stanno dando ciò che probabilmente merita ovvero una lezione di educazione, etica e buone maniere. Ed è qui che, a qualcuno dello staff, deve venire il colpo di genio: segnalare a YouTube ed in ogni dove il carattere illecito, per violazione del diritto d’autore, del servizio giornalistico di Vera Tv Abruzzo.
Ponte segnala e YouTube rimuove, senza colpo ferire perché, nel clima di terrore da violazione dei diritti d’autore che si è instaurato nel nostro Paese, ovviamente un intermediario della comunicazione come YouTube davanti all’alternativa tra vedersi trascinato in giudizio da Gabry Ponte o rimuovere un video che non ha mai assunto alcun obbligo giuridico a pubblicare, preferirà sempre rimuovere il video.
Nello spazio di poche ore il video scompare dal web o, almeno, dalle piste più battute del web. Ma non basta. Nelle ore successive, Antonio D’Amore, Direttore di Vera Tv, sentendosi – e a ragione – offeso nella sua dignità di giornalista e percependo quanto avvenuto – ed ha ancora una volta ragione – come una gravissima lesione della libertà di informazione, decide di firmare un editoriale nel quale racconta la storia e denuncia la censura. Questa volta c’è solo il suo volto e le sue parole, niente musica di Ponte e niente immagini del “divo”.
La storia, però, si ripete. Il video viene caricato su YouTube e nello spazio di poche ore, rimosso ancora, sempre su segnalazione dello staff di Ponte.
E’ possibile che tutto questo accada in Italia? Non c’è diritto d’autore che tenga, quanto accaduto si chiama “censura”. Nel primo caso – quello del servizio giornalistico contenente qualche sua immagine ed un estratto di un suo brano – Gabry Ponte ha evidentemente abusato dei suoi diritti d’autore ovvero li ha esercitati al solo fine di evitare che si parlasse – giustamente – male di una sua assai poco nobile impresa. Nel secondo caso, lo staff di Ponte, deve, addirittura, aver mentito a YouTube, segnalando che il video con l’editoriale del direttore di Vera Tv, violava i diritti d’autore mentre, evidentemente, così non era.
Vien voglia di far salire sul banco degli imputati Google, proprietaria di YouTube prima e il diritto d’autore poi, contestando ad entrambi l’aver provato centinaia di migliaia di cittadini italiani della libertà di accedere ad un’informazione di pubblico interesse in aperta violazione della nostra Costituzione e prima ancora della dichiarazione dei diritti dell’uomo, datata addirittura 1789. Ma si sbaglierebbe. Il diritto d’autore e YouTube non c’entrano. La colpa è nostra e, naturalmente, di Gabry Ponte.
Nostra – in senso diffuso – per aver consentito senza ribellarci – o ribellandoci troppo poco – che, anno dopo anno, si affermassero online regole e principi che sono la negazione palese di diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino acquisiti da oltre due secoli e del “divo di turno” che ha si è approfittato della situazione, a proprio uso e consumo, a tutela non dei suoi diritti d’autore, ma di un curioso diritto – assolutamente inesistente nell’ordinamento – a che altri non parlino male di lui, neppure quando lui ha torto e li altri ragione.
Questa volta ad essere censurata è stata una brutta storia di malcostume e mancanza di buone maniere, una storia di mezza estate, certamente importante – come lo è ogni storia – ma non determinante per l’equilibrio democratico del Paese ma domani potrebbe toccare – ed in realtà è già capitato con relativa frequenza – attraverso le stesse dinamiche, ad una storia che anziché Gabry Ponte – figlio dell’italico tele-comando – riguardi chissà quale rappresentante delle istituzioni.
E allora? Che faremo? Assisteremo in silenzio a che “pezzi” di informazione libera, elementi preziosi per la nostra democrazia, vengano censurati, perché qualcuno abusa del proprio diritto d’autore e qualcun altro glielo lascia fare perché fa impresa in un Paese nel quale se si viola il diritto d’autore di una persona si finisce in tribunale mentre se si viola la libertà di informazione di milioni di cittadini non succede assolutamente nulla?
Dobbiamo cambiar rotta e farlo in fretta. La carta dei diritti e doveri di internet alla quale sta lavorando Stefano Rodotà nell’ambito della Commissione istituita dalla Presidente della Camera dei Deputati è la strada giusta.
RIVOLUZIONE YOUTUBER
di Andrea Amato e Matteo Maffucci 14€ AcquistaArticolo Precedente
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(Adnkronos) - Le violenze e le discriminazioni violano la dignità personale, creano un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo e generano malessere nelle persone che le subiscono. “In questi casi, la prima cosa da fare è segnalare e denunciare alla Consigliera di Parità per ricevere supporto e assistenza. È fondamentale non rimanere in silenzio. Ogni voce conta e può portare ad un cambiamento - sottolinea Antonella Pappadà, consigliera di Parità effettiva della Provincia di Lecce - . Questo incontro offre un’occasione per riflettere e ricordare a noi stesse quanto sia importante valorizzare il nostro talento e le nostre competenze e imparare a non farci sopraffare sia nelle relazioni personali sia nei luoghi di lavoro. La figura istituzionale della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce è preposta a contrastare ogni forma di discriminazione legata al genere e non solo, a dare sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori che ne siano stati vittime sul luogo di lavoro, supportandoli gratuitamente in via stragiudiziale e giudiziale”.
“La violenza contro le donne e i femminicidi rappresentano ferite profonde nella nostra società, ma oggi dobbiamo esprimere la nostra determinazione nel combattere questi problemi - aggiunge Donatella Bertolone, vicepresidente Vicario Gruppo Donne Imprenditrici Fipe/Confcommercio - È incoraggiante vedere sempre più donne unirsi per reclamare il diritto alla sicurezza e al rispetto. Le donne non sono solo vittime, ma anche attrici fondamentali nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Campagne come #SicurezzaVera ci mostrano che possiamo fare la differenza, sensibilizzando e coinvolgendo la società su questi temi cruciali. È essenziale lavorare insieme per sfatare l’idea che i luoghi di intrattenimento siano associati alla violenza. Dobbiamo trasformare questi spazi in ambienti sicuri e accoglienti, dove ogni persona, in particolare le donne, possa sentirsi protetta e rispettata”.
I dati raccolti dal Centro Antiviolenza Renata Fonte di Lecce parlano chiaro: nel 2024 hanno chiesto aiuto 174 donne. La fascia d’età più colpita è quella tra i 30 e i 39 anni (32%), seguita da quella tra i 40 e i 49 anni (23%). La violenza non ha un unico volto: il 44% ha subito violenza fisica, il 45% psicologica, mentre il 2% ha denunciato violenze sessuali e il 4% atti di stalking. Colpisce il fatto che, nonostante il dolore e la sofferenza, solo il 34% delle donne abbia trovato la forza di sporgere denuncia. Il restante 66% ha scelto di non farlo, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
"Uscire da una relazione maltrattante non è mai semplice per una donna, soprattutto quando l’uomo che esercita violenza è il compagno, il marito o il padre dei suoi figli, dichiara Maria Luisa Toto - Presidente Associazione Donne Insieme che gestisce il Centro Antiviolenza Renata Fonte. Ogni donna ha i suoi tempi, perché la paura, la vergogna e il senso di colpa possono trasformarsi in una prigione invisibile, fatta di solitudine e isolamento. Questi numeri ci dicono che la violenza di genere è una piaga radicata nella nostra società. Non è solo un fenomeno privato, ma una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Per questo è essenziale che le donne non si sentano sole. Devono sapere che c’è una rete di supporto pronta ad aiutarle".
Una rete di supporto alimentata anche da momenti di spettacolo che portano in scena – come nel caso di “Eva non è ancora nata” di e con Salvatore Cosentino, magistrato e autore teatrale - la realtà delle donne che vengono analizzate sotto l’aspetto umano, per una riflessione profonda sul loro ruolo nella società di oggi. A ricordare le vittime di femminicidio e di violenza di genere, da venerdì 7 marzo ci sarà a Lecce anche una nuova panchina rossa, installata a Palazzo dei Celestini su iniziativa della Commissione Pari Opportunità della Provincia. Una mobilitazione importante quella della città che ha coinvolto anche la U.S. Lecce, che ha voluto essere presente all’evento di Codere inviando un videomessaggio di Federico Baschirotto. Il capitano dei giallorossi salentini ha ribadito l’importanza del contrasto a qualsiasi forma di violenza sulle donne e della promozione della cultura del rispetto e della consapevolezza: temi anche della campagna “Un Rosso alla Violenza” della Lega Serie A che servono a tenere sempre alta l’attenzione.
“Quando 'Innamòrati di Te' ha mosso i suoi primi passi non mi aspettavo che sarebbe diventato un laboratorio così importante, un momento di confronto trasversale e costruttivo. In dieci anni abbiamo attraversato l’Italia più volte e abbiamo avuto l’opportunità di conoscere persone fantastiche che si impegnano per il bene comune, in particolare quello delle donne. Confesso di essere davvero emozionata nel vedere anche Lecce tra le Città delle Donne e ringrazio Adriana Poli Bortone per aver immediatamente colto lo spunto che, in qualità di Ambassador de Gli Stati Generali delle Donne, ho offerto - commenta Imma Romano Direttrice Relazioni Istituzionali di Codere Italia - . Anche questa volta siamo riuscite a trattare il tema della violenza di genere con chi questo tema lo conosce e lo combatte quotidianamente, provando a dare informazioni ed indicazioni molto concrete sugli strumenti esistenti e sulle opportunità che il mondo istituzionale e quello del terziario sociale mettono a disposizione. L’impegno di Codere resta un impegno concreto sia in termini di divulgazione che di supporto. Con gioia sosteniamo l’Associazione Donne Insieme che opera proprio su questo territorio”. Dopo Lecce, il progetto itinerante 'Innamòrati di Te' farà tappa il 24 giugno a Rivoli, alle porte di Torino, per un altro appuntamento gratuito e aperto al pubblico.
(Adnkronos) - Le violenze e le discriminazioni violano la dignità personale, creano un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante, offensivo e generano malessere nelle persone che le subiscono. “In questi casi, la prima cosa da fare è segnalare e denunciare alla Consigliera di Parità per ricevere supporto e assistenza. È fondamentale non rimanere in silenzio. Ogni voce conta e può portare ad un cambiamento - sottolinea Antonella Pappadà, consigliera di Parità effettiva della Provincia di Lecce - . Questo incontro offre un’occasione per riflettere e ricordare a noi stesse quanto sia importante valorizzare il nostro talento e le nostre competenze e imparare a non farci sopraffare sia nelle relazioni personali sia nei luoghi di lavoro. La figura istituzionale della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce è preposta a contrastare ogni forma di discriminazione legata al genere e non solo, a dare sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori che ne siano stati vittime sul luogo di lavoro, supportandoli gratuitamente in via stragiudiziale e giudiziale”.
“La violenza contro le donne e i femminicidi rappresentano ferite profonde nella nostra società, ma oggi dobbiamo esprimere la nostra determinazione nel combattere questi problemi - aggiunge Donatella Bertolone, vicepresidente Vicario Gruppo Donne Imprenditrici Fipe/Confcommercio - È incoraggiante vedere sempre più donne unirsi per reclamare il diritto alla sicurezza e al rispetto. Le donne non sono solo vittime, ma anche attrici fondamentali nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria. Campagne come #SicurezzaVera ci mostrano che possiamo fare la differenza, sensibilizzando e coinvolgendo la società su questi temi cruciali. È essenziale lavorare insieme per sfatare l’idea che i luoghi di intrattenimento siano associati alla violenza. Dobbiamo trasformare questi spazi in ambienti sicuri e accoglienti, dove ogni persona, in particolare le donne, possa sentirsi protetta e rispettata”.
I dati raccolti dal Centro Antiviolenza Renata Fonte di Lecce parlano chiaro: nel 2024 hanno chiesto aiuto 174 donne. La fascia d’età più colpita è quella tra i 30 e i 39 anni (32%), seguita da quella tra i 40 e i 49 anni (23%). La violenza non ha un unico volto: il 44% ha subito violenza fisica, il 45% psicologica, mentre il 2% ha denunciato violenze sessuali e il 4% atti di stalking. Colpisce il fatto che, nonostante il dolore e la sofferenza, solo il 34% delle donne abbia trovato la forza di sporgere denuncia. Il restante 66% ha scelto di non farlo, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
"Uscire da una relazione maltrattante non è mai semplice per una donna, soprattutto quando l’uomo che esercita violenza è il compagno, il marito o il padre dei suoi figli, dichiara Maria Luisa Toto - Presidente Associazione Donne Insieme che gestisce il Centro Antiviolenza Renata Fonte. Ogni donna ha i suoi tempi, perché la paura, la vergogna e il senso di colpa possono trasformarsi in una prigione invisibile, fatta di solitudine e isolamento. Questi numeri ci dicono che la violenza di genere è una piaga radicata nella nostra società. Non è solo un fenomeno privato, ma una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Per questo è essenziale che le donne non si sentano sole. Devono sapere che c’è una rete di supporto pronta ad aiutarle".
Una rete di supporto alimentata anche da momenti di spettacolo che portano in scena – come nel caso di “Eva non è ancora nata” di e con Salvatore Cosentino, magistrato e autore teatrale - la realtà delle donne che vengono analizzate sotto l’aspetto umano, per una riflessione profonda sul loro ruolo nella società di oggi. A ricordare le vittime di femminicidio e di violenza di genere, da venerdì 7 marzo ci sarà a Lecce anche una nuova panchina rossa, installata a Palazzo dei Celestini su iniziativa della Commissione Pari Opportunità della Provincia. Una mobilitazione importante quella della città che ha coinvolto anche la U.S. Lecce, che ha voluto essere presente all’evento di Codere inviando un videomessaggio di Federico Baschirotto. Il capitano dei giallorossi salentini ha ribadito l’importanza del contrasto a qualsiasi forma di violenza sulle donne e della promozione della cultura del rispetto e della consapevolezza: temi anche della campagna “Un Rosso alla Violenza” della Lega Serie A che servono a tenere sempre alta l’attenzione.
“Quando 'Innamòrati di Te' ha mosso i suoi primi passi non mi aspettavo che sarebbe diventato un laboratorio così importante, un momento di confronto trasversale e costruttivo. In dieci anni abbiamo attraversato l’Italia più volte e abbiamo avuto l’opportunità di conoscere persone fantastiche che si impegnano per il bene comune, in particolare quello delle donne. Confesso di essere davvero emozionata nel vedere anche Lecce tra le Città delle Donne e ringrazio Adriana Poli Bortone per aver immediatamente colto lo spunto che, in qualità di Ambassador de Gli Stati Generali delle Donne, ho offerto - commenta Imma Romano Direttrice Relazioni Istituzionali di Codere Italia - . Anche questa volta siamo riuscite a trattare il tema della violenza di genere con chi questo tema lo conosce e lo combatte quotidianamente, provando a dare informazioni ed indicazioni molto concrete sugli strumenti esistenti e sulle opportunità che il mondo istituzionale e quello del terziario sociale mettono a disposizione. L’impegno di Codere resta un impegno concreto sia in termini di divulgazione che di supporto. Con gioia sosteniamo l’Associazione Donne Insieme che opera proprio su questo territorio”. Dopo Lecce, il progetto itinerante 'Innamòrati di Te' farà tappa il 24 giugno a Rivoli, alle porte di Torino, per un altro appuntamento gratuito e aperto al pubblico.
(Adnkronos) - Il Comune di Milano, alla luce delle indagini che recentemente hanno riguardato l’urbanistica, ricorda di aver già messo in atto diverse misure. Ad esempio con apposita delibera di Giunta, datata febbraio 2024, lo Sportello unico per l'edilizia (Sue) si è adeguato alle interpretazioni del gip in tema di pianificazione attuativa e ristrutturazione edilizia e lo scorso settembre è stato modificato il regolamento della Commissione per il paesaggio, "rafforzando ulteriormente il principio di trasparenza che lo guida e prevedendo che almeno 8 componenti su 15, compreso il presidente, per l’intera durata dell’incarico non svolgano attività di libera professione nel territorio comunale".
Lo scorso novembre sono state introdotte regole "molto restrittive" sui contatti tra funzionari dello Sportello unico per l'edilizia e gli utenti privati. E' invece datato primo marzo 2025 l’avvicendamento di alcuni dirigenti, mentre nel maggio 2023 il Consiglio comunale ha approvato la delibera di Giunta relativa all’aggiornamento degli oneri di urbanizzazione e a novembre 2024 sono stati aggiornati anche i criteri di monetizzazione dello standard.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Il 63% degli intervistati ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia in crisi, con una percezione più diffusa tra gli uomini (75%) e i tifosi (69%). E' quanto si evince dall'indagine condotta da 'Noto Sondaggi' su 'Gli italiani e il Calcio', un resoconto sul rapporto tra gli italiani e il mondo del calcio e la percezione del suo stato di salute, esplorando l'interesse per lo sport, il rapporto con il calcio, la percezione della salute del calcio, il ripensamento del modello di business e il sostegno pubblico al settore.
La maggioranza assoluta degli intervistati (67%) è tifoso di una squadra di calcio in particolare, con percentuali che superano il 90% tra chi lo pratica come sport e sfiorano l’80% tra gli uomini. È interessante rilevare come perfino una parte, seppur minoritaria, di chi non pratica né segue il calcio dichiari di avere una squadra del cuore. Chi ha seguito il calcio nell’ultimo anno lo ha fatto soprattutto in Tv (62% spesso, 28% qualche volta), mentre solo un appassionato su cinque si è recato allo stadio (34%, di cui 7% spesso). In entrambi i casi, la frequenza con cui si segue il calcio tende ad aumentare tra gli under 55, chi lo pratica come sport e chi è tifoso di una squadra. Coerentemente con la scelta di seguire il calcio in Tv piuttosto che allo stadio, la modalità più frequente per seguire la squadra del cuore è l’abbonamento alla PayTv (40%, con punte del 60% tra chi pratica il calcio), mentre l’11% segue la squadra in trasferta, il 10% ha un abbonamento allo stadio e l’8% dichiara di far parte di una tifoseria.
Una quota prevalente di intervistati (63% del totale) ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia crisi. Una percezione trasversale, ma più diffusa tra gli uomini (75%), i residenti nel Centro Italia (67%) e soprattutto tifosi e appassionati di calcio, ancor più se lo pratica (83%). Il compenso eccessivo di calciatori ed allenatori rappresenta il principale problema del calcio italiano odierno (indicato dal 64% del campione), ma all’interno di uno scenario ben più complesso fatto di tante criticità, tra cui spiccano l’indebitamento troppo elevato delle società (43%) e la scarsa valorizzazione dei settori giovanili (39%). Il 69% ritiene, inoltre, che la gestione economica delle società calcistiche italiane non sia trasparente. Crisi e problematiche spingono la maggioranza degli intervistati a giudicare il modello di gestione del calcio italiano per lo più equiparabile se non inferiore a quello di altri paesi europei (rispettivamente 38% e 32% del campione). Solo una parte minoritaria (appena il 12%) ritiene, inoltre, che il calcio italiano sia in una condizione finanziariamente più solida, mentre sull’effettiva capacità delle società sportive italiane di ripensare il proprio modello di business, adattandolo alle nuove regole Uefa, le opinioni sono discordanti.
La visione degli intervistati sul nuovo modello di business a cui le società calcistiche dovrebbero ispirarsi è ricca di sfumature. Coloro che ritengono che la solidità economica sia la cosa più importante per garantire la competitività sportiva di una squadra prevalgono, ma incalzati da chi ritiene non sia così (rispettivamente 43% e 32% del campione). La maggioranza assoluta ritiene che nel calcio chi ha più soldi abbia più probabilità di vincere (54%), ma non sono pochi coloro che, al contrario, ritengono che il talento vada formato e che, quindi, si dovrebbe investire nella formazione dei talenti anche se questo non garantisce sempre la vittoria (22%). Indipendentemente dai principi ispiratori, il nuovo modello di business delle società calcistiche dovrebbe prioritariamente puntare ad affrontare le tante problematiche del settore,a partire da quelle di natura finanziaria: costo di ingaggi, cartellini e commissioni fuori controllo o con regolamentazione inadeguata (indicato dal 46% del campione), indebitamento eccessivo (38%), investimenti insufficienti dei club nei settori giovanili (31%).
Tre intervistati su quattro (70% del totale, con scostamenti per lo più contenuti in relazione al profilo socio-demografico) sono contrari all’idea che il calcio professionistico in Italia sia finanziato e riceva sostegno pubblico, in quanto le società di calcio di primo livello debbano essere trattate allo stesso modo delle altre imprese. Solo il 18% si dichiara, viceversa, favorevole ad un’ipotesi di un intervento pubblico straordinario, sottolineando le ricadute positive che il calcio ha sulla collettività, mentre il restante 12% non esprime un’opinione in merito.
Le opinioni espresse sul ruolo dello Stato nella gestione finanziaria di impianti e strutture sportive sono più eterogenee. La maggioranza, in particolare giovani e appassionati di calcio, ritiene che lo Stato debba assumersi almeno in parte questa responsabilità. Tuttavia, il consenso varia a seconda dell’ambito di intervento: il 55% degli intervistati ritiene che lo Stato debba farsi in parte o totalmente carico dell’ammodernamento e della manutenzione degli impianti, mentre la stessa percentuale sale 64% con riferimento alla sicurezza dentro e fuori gli stadi.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Il 63% degli intervistati ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia in crisi, con una percezione più diffusa tra gli uomini (75%) e i tifosi (69%). E' quanto si evince dall'indagine condotta da 'Noto Sondaggi' su 'Gli italiani e il Calcio', un resoconto sul rapporto tra gli italiani e il mondo del calcio e la percezione del suo stato di salute, esplorando l'interesse per lo sport, il rapporto con il calcio, la percezione della salute del calcio, il ripensamento del modello di business e il sostegno pubblico al settore.
La maggioranza assoluta degli intervistati (67%) è tifoso di una squadra di calcio in particolare, con percentuali che superano il 90% tra chi lo pratica come sport e sfiorano l’80% tra gli uomini. È interessante rilevare come perfino una parte, seppur minoritaria, di chi non pratica né segue il calcio dichiari di avere una squadra del cuore. Chi ha seguito il calcio nell’ultimo anno lo ha fatto soprattutto in Tv (62% spesso, 28% qualche volta), mentre solo un appassionato su cinque si è recato allo stadio (34%, di cui 7% spesso). In entrambi i casi, la frequenza con cui si segue il calcio tende ad aumentare tra gli under 55, chi lo pratica come sport e chi è tifoso di una squadra. Coerentemente con la scelta di seguire il calcio in Tv piuttosto che allo stadio, la modalità più frequente per seguire la squadra del cuore è l’abbonamento alla PayTv (40%, con punte del 60% tra chi pratica il calcio), mentre l’11% segue la squadra in trasferta, il 10% ha un abbonamento allo stadio e l’8% dichiara di far parte di una tifoseria.
Una quota prevalente di intervistati (63% del totale) ritiene che il modello di gestione del calcio italiano sia crisi. Una percezione trasversale, ma più diffusa tra gli uomini (75%), i residenti nel Centro Italia (67%) e soprattutto tifosi e appassionati di calcio, ancor più se lo pratica (83%). Il compenso eccessivo di calciatori ed allenatori rappresenta il principale problema del calcio italiano odierno (indicato dal 64% del campione), ma all’interno di uno scenario ben più complesso fatto di tante criticità, tra cui spiccano l’indebitamento troppo elevato delle società (43%) e la scarsa valorizzazione dei settori giovanili (39%). Il 69% ritiene, inoltre, che la gestione economica delle società calcistiche italiane non sia trasparente. Crisi e problematiche spingono la maggioranza degli intervistati a giudicare il modello di gestione del calcio italiano per lo più equiparabile se non inferiore a quello di altri paesi europei (rispettivamente 38% e 32% del campione). Solo una parte minoritaria (appena il 12%) ritiene, inoltre, che il calcio italiano sia in una condizione finanziariamente più solida, mentre sull’effettiva capacità delle società sportive italiane di ripensare il proprio modello di business, adattandolo alle nuove regole Uefa, le opinioni sono discordanti.
La visione degli intervistati sul nuovo modello di business a cui le società calcistiche dovrebbero ispirarsi è ricca di sfumature. Coloro che ritengono che la solidità economica sia la cosa più importante per garantire la competitività sportiva di una squadra prevalgono, ma incalzati da chi ritiene non sia così (rispettivamente 43% e 32% del campione). La maggioranza assoluta ritiene che nel calcio chi ha più soldi abbia più probabilità di vincere (54%), ma non sono pochi coloro che, al contrario, ritengono che il talento vada formato e che, quindi, si dovrebbe investire nella formazione dei talenti anche se questo non garantisce sempre la vittoria (22%). Indipendentemente dai principi ispiratori, il nuovo modello di business delle società calcistiche dovrebbe prioritariamente puntare ad affrontare le tante problematiche del settore,a partire da quelle di natura finanziaria: costo di ingaggi, cartellini e commissioni fuori controllo o con regolamentazione inadeguata (indicato dal 46% del campione), indebitamento eccessivo (38%), investimenti insufficienti dei club nei settori giovanili (31%).
Tre intervistati su quattro (70% del totale, con scostamenti per lo più contenuti in relazione al profilo socio-demografico) sono contrari all’idea che il calcio professionistico in Italia sia finanziato e riceva sostegno pubblico, in quanto le società di calcio di primo livello debbano essere trattate allo stesso modo delle altre imprese. Solo il 18% si dichiara, viceversa, favorevole ad un’ipotesi di un intervento pubblico straordinario, sottolineando le ricadute positive che il calcio ha sulla collettività, mentre il restante 12% non esprime un’opinione in merito.
Le opinioni espresse sul ruolo dello Stato nella gestione finanziaria di impianti e strutture sportive sono più eterogenee. La maggioranza, in particolare giovani e appassionati di calcio, ritiene che lo Stato debba assumersi almeno in parte questa responsabilità. Tuttavia, il consenso varia a seconda dell’ambito di intervento: il 55% degli intervistati ritiene che lo Stato debba farsi in parte o totalmente carico dell’ammodernamento e della manutenzione degli impianti, mentre la stessa percentuale sale 64% con riferimento alla sicurezza dentro e fuori gli stadi.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - Il Consiglio di Presidenza dell’Associazione Nazionale di Settore, che si è riunito oggi, ha approvato all’unanimità l’ammissione a Socio del Gruppo Azimut | Benetti. "Sono stato eletto nel 2019 con il mandato di unificare sotto una forte rappresentanza associativa tutta la filiera del settore" ha sottolineato il presidente di Confindustria Nautica Saverio Cecchi. "Sono orgoglioso, all’approssimarsi del termine del mio mandato, del raggiungimento completo di tale obiettivo con il ritorno in Associazione del Gruppo Azimut | Benetti. e sottolineo con soddisfazione l’adozione all’unanimità della delibera di ammissione da parte degli Organi statutari", ha aggiunto.
"Crediamo fermamente che un'industria nautica più unita sia un'industria più forte, capace di affrontare le sfide globali con maggiore coesione e visione strategica. Lavorare insieme significa non solo consolidare il ruolo dell'Italia come leader mondiale nella nautica, ma anche promuovere innovazione, sostenibilità e crescita per l’intera filiera. La scelta di aderire a Confindustria Nautica è espressione di questo impegno" ha commentato Marco Valle, Amministratore Delegato del Gruppo Azimut | Benetti.
Roma, 5 mar. (Adnkronos) - "Dalla lettura dell’Industrial Action Plan della Commissione Ue per l’automotive emergono ancora di più la necessità e l’urgenza di un nuovo percorso verso la mobilità decarbonizzata che integri il principio della neutralità tecnologica". Ad affermarlo in una nota è Matteo Cimenti presidente di Assogasliquidi-Federchimica in rappresentanza delle filiere dei gas liquefatti (Gpl e Gnl).
"Sono ormai a tutti evidenti – prosegue Cimenti – le difficoltà nel raggiungere gli obiettivi del 2035 e successivi. In questo contesto, la Commissione si è impegnata ad accelerare la revisione del regolamento CO₂ per le auto, che partirà da un’analisi dei dati, di tutti gli sviluppi tecnologici rilevanti e dell’importanza di una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa. Ci aspettiamo quindi che le Istituzioni comunitarie (a cominciare dal Parlamento europeo) rivedano il bando relativo ai motori a combustione interna e riconoscano tutte le tecnologie capaci di contribuire alla decarbonizzazione del trasporto, inclusi i biocarburanti. I prodotti gassosi anche nella loro versione bio e rinnovabile si distinguono come soluzioni concrete e immediate per ridurre le emissioni di CO₂".
Incomprensibile la chiusura sul fronte del trasporto pesante, dove il Gnl e il bioGnl rappresentano già oggi la soluzione più pronta e disponibile. Nel Piano non è prevista alcuna apertura per giungere alla revisione del Regolamento sulle emissioni di CO₂ dei veicoli pesanti: "La nostra richiesta e il nostro auspicio – conclude Cimenti – è che nella fase attuativa del Piano appena presentato, le Istituzioni europee lavorino anche su questo fronte nella direzione auspicata, l'unica in grado di coniugare sviluppo industriale competitivo, raggiungimento degli obiettivi ambientali e attenzione ai consumatori".