Un milione di fedeli, secondo i media locali, alla grande messa di beatificazione dei 124 martiri coreani a Seoul. Entusiasmo e cifre da record, oltre ogni più rosea aspettativa dello staff papale, per il terzo giorno di Bergoglio in Corea del Sud. Tra i martiri beatificati da Francesco spicca in particolare la figura di Paul Yun Ji-Chung, considerato il fondatore della Chiesa nella penisola. Nell’omelia il Papa ha ribadito che oggi “accanto a immense ricchezze cresce in modo silenzioso la più abbietta povertà e viene raramente ascoltato il grido dei poveri”. “Oggi – ha affermato il Papa – molto spesso sperimentiamo che la nostra fede viene messa alla prova dal mondo, e in moltissimi modi ci vien chiesto di scendere a compromessi sulla fede, di diluire le esigenze radicali del vangelo e conformarci allo spirito del tempo”. Nella preghiera di Bergoglio sono stati presenti anche “gli innumerevoli martiri anonimi, in questo Paese e nel resto del mondo, i quali, specie nell’ultimo secolo, hanno offerto la propria vita per Cristo o hanno sofferto pesanti persecuzioni a causa del suo nome”. Per il Papa la loro eredità “può ispirare tutti gli uomini e le donne di buona volontà a operare in armonia per una società più giusta, libera e riconciliata, contribuendo così alla pace e alla difesa dei valori autenticamente umani in questo Paese e nel mondo intero”.
Prima della celebrazione, Francesco ha visitato il luogo delle esecuzioni capitali dei cristiani nell’Ottocento, il santuario dei martiri di Seo So mun. Il Papa ha poi visitato il centro di recupero per disabili nella House of Hope dove ha salutato 150 pazienti adulti e una cinquantina di bambini, insieme a 70 operatori sanitari e insegnanti della struttura. Momento altamente significativo è stata la preghiera silenziosa di Francesco nel giardino dedicato ai bambini abortiti e l’incontro con una rappresentanza di attivisti “pro-life”. “Ci sono molte ferite nella Chiesa. Ferite che spesso provochiamo noi stessi, cattolici praticanti e ministri della Chiesa”. A denunciarlo è stato proprio Papa Francesco a Ferragosto nel discorso pronunciato a braccio a porte chiuse ai gesuiti dell’Università Sogang di Seoul e rivelato il giorno dopo dal direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro. “Io penso – ha spiegato Bergoglio ai suoi confratelli – che la Chiesa sia un ospedale da campo in questo momento. Il popolo di Dio ci chiede di essere consolato. Tante ferite hanno bisogno di consolazione. Non castigate più il popolo di Dio. Tante volte – ha aggiunto il Papa – il nostro atteggiamento clericale cagiona il clericalismo che fa tanto danno alla Chiesa. Essere sacerdote non dà lo status di chierici di stato, ma di pastori”.
Alle comunità religiose della penisola, Bergoglio ha sottolineato che “l’ipocrisia di quegli uomini e donne consacrati che professano il voto di povertà e tuttavia vivono da ricchi, ferisce le anime dei fedeli e danneggia la Chiesa. Pensate anche a quanto è pericolosa la tentazione di adottare una mentalità puramente funzionale e mondana, che induce a riporre la nostra speranza soltanto nei mezzi umani e distrugge la testimonianza della povertà che Gesù Cristo ha vissuto e ci ha insegnato”. Parole ugualmente importanti ai leader dell’apostolato laico ai quali Francesco ha sottolineato il prezioso contributo offerto dalle donne cattoliche coreane alla vita e alla missione della Chiesa in Corea. Un messaggio anche per le famiglie. “In un’epoca di crisi della vita familiare – ha sottolineato il Papa – le nostre comunità cristiane sono chiamate a sostenere le coppie sposate e le famiglie nell’adempiere la loro missione nella vita della Chiesa e della società. La famiglia rimane l’unità basilare della società e la prima scuola nella quale i bambini imparano i valori umani, spirituali e morali che li rendono capaci di essere dei fari di bontà, di integrità e di giustizia nelle nostre comunità”. E, infine, Francesco ha voluto incoraggiare i leader dell’apostolato laico a moltiplicare gli sforzi “nell’ambito della promozione umana, cosicché ogni uomo e ogni donna possa conoscere la gioia che deriva dalla dignità di guadagnare il pane quotidiano, sostenendo così le proprie famiglie”.
Domani, 17 agosto, la messa conclusiva della sesta giornata della gioventù asiatica nel Castello di Haemi e lunedì, prima della partenza per Roma, l’attesa celebrazione eucaristica per la pace e la riconciliazione nella cattedrale di Myeong-dong a Seoul. Francesco pregherà nuovamente per l’unità delle due Coree che, come ha già sottolineato con i giovani asiatici a Solmoe, sono “un’unica grande famiglia, ovvero fratelli che parlano la stessa lingua”. Una convinzione ribadita con forza da Bergoglio anche alle autorità della Corea del Sud. Da registrare anche la marcia indietro del governo di Pyongyang che ha precisato che i tre missili che avevano accolto l’arrivo del volo papale a Seoul non erano destinati a Francesco. Una precisazione accolta con soddisfazione dal seguito papale.