Quando cammina tra gli ombrelloni, sotto il sole cocente, ha passo sicuro e ripete quel che deve dire: “Cocco fresco, cocco bello!”. Ha un chiarissimo accento campano e quando gli chiedi che ci fa su quest’altra sponda, lui, il venditore ambulante, risponde con nonchalance: “Questa zona è nostra, l’abbiamo presa noi”. Melendugno, Lecce. Agosto 2014. E’ una frase che potrebbe raccontare molto di quanto accade sulle spiagge italiane più ambite degli ultimi anni, quelle del Salento. Dalle spie di appetiti camorristici, tutti ancora da esplorare, ai tentacoli della mala locale, già accertati e in parte spezzati: dei soldi i clan seguono l’odore, che in estate, da ormai un po’ di tempo, conduce dritti nel Tacco d’Italia. Lo conferma il tris di operazioni che dall’inizio dell’anno la Procura di Lecce ha portato a maturazione. Lo ribadiscono le intimidazioni ai danni di gestori di lidi e locali da ballo lungo la costa: proiettili in busta e roghi nella notte. L’allerta ha calamitato nel Salento, lo scorso febbraio, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e ha indotto la Prefettura a stilare appositi protocolli. La lotta è su più fronti: oltre alla strada giudiziaria, si cercano sponde tra gli amministratori e imprenditori. Non sempre si trovano. Anzi, l’atto d’accusa lanciato a più riprese da Cataldo Motta, timoniere della Dda leccese, è un macigno: “Ci sono vittime che anziché denunciare chiedono addirittura protezione alla criminalità. E’ la cultura dell’omertà”.
Uno schiaffo per la terra che, tranne in alcuni casi, ha saputo isolare da subito le devianze, non concedendo alla mafia il terreno del consenso sociale. Da una Sacra Corona Unita tutta bombe e pistolettate alla ‘Scu spa‘ il passo è stato breve. Conserva i traffici di droga, certo; ricicla denaro sporco, ovvio; ma ha fiutato l’affare del presente e del futuro della Puglia meridionale: il turismo. Almeno nell’ultimo triennio, ha provato a spremerlo ‘offrendo’ suoi servizi attraverso società dal volto in apparenza pulito. E’ così che ha conquistato il quasi monopolio della gestione dei parcheggi privati in località rivierasche gettonate e, soprattutto, si è accaparrata i lauti guadagni della security di stabilimenti, discoteche, bar. A Gallipoli, ha obbligato un’agenzia di guardiania a farsi da parte e l’ha sostituita con le proprie. Nessuno degli imprenditori ha detto no; tutti si sono adeguati in maniera tranquilla e indolore alle indicazioni provenienti dal clan Padovano.
Nel Capo di Leuca, ha taglieggiato gli operatori balneari. E questi, paradossalmente, hanno in parte risposto pagando il pizzo preventivamente, perché “da stasera possiamo stare tranquilli”, come confida uno di loro ad un amico. E’ il particolare più difficile da digerire quello che emerge dal verbale delle intercettazioni di “Tam Tam”, la prima controffensiva in questo settore, quella che il 18 febbraio ha portato dietro le sbarre quindici uomini. Non c’è stato un esposto a dare impulso alle inchieste della Procura. Sono tutte e solo figlie di indagini di mafia già in piedi e capaci di captare il nuovo corso, assolutamente inedito, della Scu. L’unico a decidere di denunciare è stato Gianluca De Giorgi, collaboratore locale della Az Securteam di Napoli, colui che operava in maniera quasi totalitaria nel settore della sicurezza dei locali di intrattenimento a Gallipoli, costretto poi a fare un passo indietro dopo una rapina ad una discoteca da lui vigilata, i colpi di fucile contro l’abitazione della madre, i furti in casa e l’incendio del suo box auto.
Per il resto, ha regnato il silenzio. Ed è questo uno dei due pilastri che ha consentito alla quarta mafia di fare il salto di qualità. Emerge senza equivoci anche dall’ordinanza con cui lo scorso 17 luglio il gip Giovanni Gallo, su richiesta del pm Antonio De Donno, ha disposto l’arresto di altre quindici persone, nell’ambito dell’operazione del Ros denominata “Baia Verde”. Scrive il magistrato: “Proprio il ‘silenzioso e meccanico’ adeguamento degli imprenditori balneari alla (neanche tanto implicita) indicazione proveniente dai capi del clan Padovano costituisce l’elemento più preoccupante, in quanto chiarisce che, come accade nelle vicende tipicamente mafiose, l’intimidazione si estrinseca in un sentimento diffuso e avvertibile nella popolazione che, consapevole delle violenze o minacce perpetrate nel passato, vive in uno stato di assoggettamento che rende inutili gli atti di violenza. […] Si tratta di un modo di operare che conferma un mutamento delle modalità operative della criminalità salentina, la quale non risulta essere più dedita solo al traffico di sostanze stupefacenti e alle estorsioni, ma è capace di inserirsi nell’attività imprenditoriale e spazzare via la concorrenza, non disdegnando, per raggiungere i propri obiettivi, di fare pressioni sulle amministrazioni pubbliche, come dimostrano in maniera eclatante le intimidazioni subite dal sindaco di Gallipoli”.
E’ questo novello core business, la capacità della Scu di mimetizzarsi nel mondo economico e di trarne linfa senza incontrare ostacoli ciò che più incupisce gli inquirenti. La loro lente ha scrutato anche dell’altro: la pax mafiosa aiuta gli affari dei clan, che hanno smesso di farsi la guerra che bagnò di sangue gli anni Novanta per intrecciare una forte collaborazione. E’ la seconda colonna portante alla base della holding criminale. I grani del rosario, il simbolo della Sacra Corona Unita, si stringono a corte. Non è un semplice evitare di pestarsi i piedi a vicenda. E’, anzi, il mutuo soccorso nel rincorrere insieme il flusso di soldi che genera l’industria turistica, che per quest’anno premia di nuovo la Puglia come regina delle vacanze italiane. “Tam Tam”, che ha svelato il sistema estorsivo imposto ai titolari di stabilimenti nel basso Ionio, ha confermato l’esistenza di un patto di ferro tra i Montedoro, operanti nel Sud Salento, e il clan Vernel, i cui presunti referenti sono i fratelli Antonio, Andrea e Gregorio Leo, attivi sul versante adriatico, tra Calimera, Vernole e Melendugno.
Anche in quest’altra zona, i proprietari dei lidi erano costretti a versare il 25 per cento dei ricavi alla mala e concederle in esclusiva la gestione dei parcheggi nelle zone limitrofe, i servizi di vigilanza e di guardiania. E’ ciò che hanno appurato le indagini dirette dal pm Guglielmo Cataldi nell’ambito dell’operazione “Network”: il 26 febbraio scorso, nei guai sono finite 43 persone. Sono stati tre collaboratori di giustizia, tra cui Alessandro Verardi, esponente di vertice dei Vernel, a rivelare l’architettura di ulteriori rapporti: con Salvatore Rizzo, capo storico della Scu, per i traffici di droga da e per la Spagna; con i gruppi di Roberto Nisi e Pasquale Briganti nel capoluogo e con quello di Bruno De Matteis a Merine. “Baia Verde”, invece, ha ribadito la sussistenza dell’asse storicamente forte tra il sodalizio gallipolino e i Tornese di Monteroni. Dopo l’omicidio di suo padre Salvatore su ordine del fratello Pompeo Rosario, il 25enne Angelo Padovano ha preso in mano le redini degli affari grigi nella “città bella”.
E’ l’accusa per cui è stato arrestato a luglio assieme a Roberto Parlangeli, compagno della sorella e legato, appunto, ai Tornese. E’ questo il contesto in cui probabilmente vanno calate anche recenti intimidazioni eccellenti: la busta con tre proiettili ritrovata davanti al lido del presidente della Camera di Commercio di Lecce, Alfredo Prete, e le pallottole recapitate al responsabile del Sindacato italiano locali da ballo, Maurizio Pasca, che ha puntato il dito contro “i ritrovi non autorizzati, eventi molto appetibili per la criminalità”. Di certo c’è che ha avuto finora una spiccata impronta autarchica questo business, orchestrato dalla Scu e a danno dei salentini. Non si esclude che possa far gola anche ad altri. Il riserbo è totale. Ma qualche “cocco bello” sospettato di essere la punta di un nuovo iceberg inizia ad essere notato, come accadde già nel 2010 sulla riviera romagnola e poi su quella veneta.
Cronaca
Salento, la Sacra Corona Unita cambia pelle: ora il vero business è il turismo
Non sollo droga ed estorsioni, ma anche e soprattutto gestione dei parcheggi privati, servizi di guardiania e security per lidi, discoteche e bar: così la quarta mafia ha messo le mani sull'economia più fiorente del Sud Italia. Lo rivelano le inchieste della procura di Lecce. E sullo sfondo c'è l'ombra della camorra
Quando cammina tra gli ombrelloni, sotto il sole cocente, ha passo sicuro e ripete quel che deve dire: “Cocco fresco, cocco bello!”. Ha un chiarissimo accento campano e quando gli chiedi che ci fa su quest’altra sponda, lui, il venditore ambulante, risponde con nonchalance: “Questa zona è nostra, l’abbiamo presa noi”. Melendugno, Lecce. Agosto 2014. E’ una frase che potrebbe raccontare molto di quanto accade sulle spiagge italiane più ambite degli ultimi anni, quelle del Salento. Dalle spie di appetiti camorristici, tutti ancora da esplorare, ai tentacoli della mala locale, già accertati e in parte spezzati: dei soldi i clan seguono l’odore, che in estate, da ormai un po’ di tempo, conduce dritti nel Tacco d’Italia. Lo conferma il tris di operazioni che dall’inizio dell’anno la Procura di Lecce ha portato a maturazione. Lo ribadiscono le intimidazioni ai danni di gestori di lidi e locali da ballo lungo la costa: proiettili in busta e roghi nella notte. L’allerta ha calamitato nel Salento, lo scorso febbraio, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e ha indotto la Prefettura a stilare appositi protocolli. La lotta è su più fronti: oltre alla strada giudiziaria, si cercano sponde tra gli amministratori e imprenditori. Non sempre si trovano. Anzi, l’atto d’accusa lanciato a più riprese da Cataldo Motta, timoniere della Dda leccese, è un macigno: “Ci sono vittime che anziché denunciare chiedono addirittura protezione alla criminalità. E’ la cultura dell’omertà”.
Uno schiaffo per la terra che, tranne in alcuni casi, ha saputo isolare da subito le devianze, non concedendo alla mafia il terreno del consenso sociale. Da una Sacra Corona Unita tutta bombe e pistolettate alla ‘Scu spa‘ il passo è stato breve. Conserva i traffici di droga, certo; ricicla denaro sporco, ovvio; ma ha fiutato l’affare del presente e del futuro della Puglia meridionale: il turismo. Almeno nell’ultimo triennio, ha provato a spremerlo ‘offrendo’ suoi servizi attraverso società dal volto in apparenza pulito. E’ così che ha conquistato il quasi monopolio della gestione dei parcheggi privati in località rivierasche gettonate e, soprattutto, si è accaparrata i lauti guadagni della security di stabilimenti, discoteche, bar. A Gallipoli, ha obbligato un’agenzia di guardiania a farsi da parte e l’ha sostituita con le proprie. Nessuno degli imprenditori ha detto no; tutti si sono adeguati in maniera tranquilla e indolore alle indicazioni provenienti dal clan Padovano.
Nel Capo di Leuca, ha taglieggiato gli operatori balneari. E questi, paradossalmente, hanno in parte risposto pagando il pizzo preventivamente, perché “da stasera possiamo stare tranquilli”, come confida uno di loro ad un amico. E’ il particolare più difficile da digerire quello che emerge dal verbale delle intercettazioni di “Tam Tam”, la prima controffensiva in questo settore, quella che il 18 febbraio ha portato dietro le sbarre quindici uomini. Non c’è stato un esposto a dare impulso alle inchieste della Procura. Sono tutte e solo figlie di indagini di mafia già in piedi e capaci di captare il nuovo corso, assolutamente inedito, della Scu. L’unico a decidere di denunciare è stato Gianluca De Giorgi, collaboratore locale della Az Securteam di Napoli, colui che operava in maniera quasi totalitaria nel settore della sicurezza dei locali di intrattenimento a Gallipoli, costretto poi a fare un passo indietro dopo una rapina ad una discoteca da lui vigilata, i colpi di fucile contro l’abitazione della madre, i furti in casa e l’incendio del suo box auto.
Per il resto, ha regnato il silenzio. Ed è questo uno dei due pilastri che ha consentito alla quarta mafia di fare il salto di qualità. Emerge senza equivoci anche dall’ordinanza con cui lo scorso 17 luglio il gip Giovanni Gallo, su richiesta del pm Antonio De Donno, ha disposto l’arresto di altre quindici persone, nell’ambito dell’operazione del Ros denominata “Baia Verde”. Scrive il magistrato: “Proprio il ‘silenzioso e meccanico’ adeguamento degli imprenditori balneari alla (neanche tanto implicita) indicazione proveniente dai capi del clan Padovano costituisce l’elemento più preoccupante, in quanto chiarisce che, come accade nelle vicende tipicamente mafiose, l’intimidazione si estrinseca in un sentimento diffuso e avvertibile nella popolazione che, consapevole delle violenze o minacce perpetrate nel passato, vive in uno stato di assoggettamento che rende inutili gli atti di violenza. […] Si tratta di un modo di operare che conferma un mutamento delle modalità operative della criminalità salentina, la quale non risulta essere più dedita solo al traffico di sostanze stupefacenti e alle estorsioni, ma è capace di inserirsi nell’attività imprenditoriale e spazzare via la concorrenza, non disdegnando, per raggiungere i propri obiettivi, di fare pressioni sulle amministrazioni pubbliche, come dimostrano in maniera eclatante le intimidazioni subite dal sindaco di Gallipoli”.
E’ questo novello core business, la capacità della Scu di mimetizzarsi nel mondo economico e di trarne linfa senza incontrare ostacoli ciò che più incupisce gli inquirenti. La loro lente ha scrutato anche dell’altro: la pax mafiosa aiuta gli affari dei clan, che hanno smesso di farsi la guerra che bagnò di sangue gli anni Novanta per intrecciare una forte collaborazione. E’ la seconda colonna portante alla base della holding criminale. I grani del rosario, il simbolo della Sacra Corona Unita, si stringono a corte. Non è un semplice evitare di pestarsi i piedi a vicenda. E’, anzi, il mutuo soccorso nel rincorrere insieme il flusso di soldi che genera l’industria turistica, che per quest’anno premia di nuovo la Puglia come regina delle vacanze italiane. “Tam Tam”, che ha svelato il sistema estorsivo imposto ai titolari di stabilimenti nel basso Ionio, ha confermato l’esistenza di un patto di ferro tra i Montedoro, operanti nel Sud Salento, e il clan Vernel, i cui presunti referenti sono i fratelli Antonio, Andrea e Gregorio Leo, attivi sul versante adriatico, tra Calimera, Vernole e Melendugno.
Anche in quest’altra zona, i proprietari dei lidi erano costretti a versare il 25 per cento dei ricavi alla mala e concederle in esclusiva la gestione dei parcheggi nelle zone limitrofe, i servizi di vigilanza e di guardiania. E’ ciò che hanno appurato le indagini dirette dal pm Guglielmo Cataldi nell’ambito dell’operazione “Network”: il 26 febbraio scorso, nei guai sono finite 43 persone. Sono stati tre collaboratori di giustizia, tra cui Alessandro Verardi, esponente di vertice dei Vernel, a rivelare l’architettura di ulteriori rapporti: con Salvatore Rizzo, capo storico della Scu, per i traffici di droga da e per la Spagna; con i gruppi di Roberto Nisi e Pasquale Briganti nel capoluogo e con quello di Bruno De Matteis a Merine. “Baia Verde”, invece, ha ribadito la sussistenza dell’asse storicamente forte tra il sodalizio gallipolino e i Tornese di Monteroni. Dopo l’omicidio di suo padre Salvatore su ordine del fratello Pompeo Rosario, il 25enne Angelo Padovano ha preso in mano le redini degli affari grigi nella “città bella”.
E’ l’accusa per cui è stato arrestato a luglio assieme a Roberto Parlangeli, compagno della sorella e legato, appunto, ai Tornese. E’ questo il contesto in cui probabilmente vanno calate anche recenti intimidazioni eccellenti: la busta con tre proiettili ritrovata davanti al lido del presidente della Camera di Commercio di Lecce, Alfredo Prete, e le pallottole recapitate al responsabile del Sindacato italiano locali da ballo, Maurizio Pasca, che ha puntato il dito contro “i ritrovi non autorizzati, eventi molto appetibili per la criminalità”. Di certo c’è che ha avuto finora una spiccata impronta autarchica questo business, orchestrato dalla Scu e a danno dei salentini. Non si esclude che possa far gola anche ad altri. Il riserbo è totale. Ma qualche “cocco bello” sospettato di essere la punta di un nuovo iceberg inizia ad essere notato, come accadde già nel 2010 sulla riviera romagnola e poi su quella veneta.
Articolo Precedente
Maltempo estate, da Rimini alla Sicilia: “Scuole chiuse e al mare fino a ottobre”
Articolo Successivo
Tonno rosso, pesca proibita. Ue impone quote, ma Italia è fanalino di coda
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Usa: “Telefonata Trump-Putin? Pace mai così vicina”. “Il tycoon pensa a riconoscere la Crimea come russa”. Armi, l’Ue vuole altri 40 miliardi dai “volenterosi”
Mondo
Contro Trump il Canada si fa scudo anche con la corona: “Noi e Regno Unito sovrani sotto lo stesso re”
Mondo
Scontro a distanza Francia-Usa. “Ridateci la statua della libertà”, “Non parli tedesco grazie a noi”
Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.