“Inaccettabile” e “inammissibile”. Così i sindacati stroncano l’ipotesi, riferita dal Messaggero, che il governo stia valutando di prolungare per altri due anni il congelamento degli stipendi degli statali. “C’è da augurarsi che sia una bubbola agostana”, scrive la Cgil su Twitter. “Un nuovo blocco biennale dei salari nella #Pa sarebbe inaccettabile”. Mentre l’Ugl Intesa Funzione Pubblica sottolinea che l’ennesimo blocco “oltre a lambire l’immoralità e a sfociare nel ridicolo contraddirebbe le dichiarazioni del governo sullo stimolo ai consumi interni”. E il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, parla di “un autentico scandalo”. Da Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa arriva infine la richiesta al premier Matteo Renzi e al ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia di “chiarire immediatamente che ciò su cui sembra si stia lavorando nell’ombra dei corridoi di Via XX Settembre non appartiene all’iniziativa del governo”, altrimenti ci sarà una “reazione fortissima” e “la ripresa dei lavori” avverrà “in un clima incandescente“. Secondo il quotidiano di Roma, però, per centrare gli obiettivi di revisione della spesa fissati per il 2015 (16 miliardi almeno di risparmi) Palazzo Chigi intenderebbe proprio metter mano a quel capitolo, già preso di mira non poco negli ultimi anni. Le buste paga dei 3,3 milioni di dipendenti pubblici, infatti, sono al palo dal 2010, quando un decreto del quarto governo Berlusconi ne ha imposto il blocco coattivo per il 2011, 2012 e 2013. Con un risparmio per le casse pubbliche stimato in oltre 11 miliardi di euro. Ci ha poi pensato la legge di Stabilità dell’esecutivo Letta a rinnovare il congelamento fino alla fine del 2014, disponendo anche una moratoria del turn over (ovvero il ricambio generazionale) fino al 2017. Risultato, minori uscite per altri 5 miliardi. In totale, la Cgil calcola che il sacrificio pro-capite si possa quantificare in una somma vicina ai 4mila euro l’anno, pari al 14,6% del salario reale. “Un impiegato ministeriale con meno di 30mila euro lordi di stipendio ha dovuto rinunciare a circa 2.800 euro lordi, che diventerebbero 4mila con il prolungamento al 2015 e 2016”, riporta il quotidiano romano. E “il salasso cresce salendo i gradini della gerarchia: sono 8.900 euro per un dirigente di seconda fascia, si arriva ai 19mila di un ministeriale apicale e se lavora per un ente pubblico non economico (Inps, Aci o Istat) si sorpassano i 21mila euro all’anno”. Con inevitabili effetti recessivi sui consumi.
Possibile che ora sia all’orizzonte un’ulteriore stretta? In aprile, dopo la presentazione del Documento di economia e finanza che il governo Renzi si appresta ora ad aggiornare, il ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia aveva smentito l’ipotesi, ricordando che il finanziamento dei rinnovi avrebbe dovuto essere effettuato “con la Legge di Stabilità”. Per questo la stima, contenuta nel Def, di una “stabilizzazione della spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche nel triennio successivo” al 2014 non andava letta come un messaggio in codice, aveva assicurato Madia. Ma ora, di fronte al lievitare delle risorse che il premier e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan devono trovare per coprire il bonus di 80 euro e far fronte agli impegni inderogabili interni e internazionali, l’idea torna a balenare. Sul fronte della costituzionalità, ostacoli non ce ne sono: la Consulta si è già espressa sulla questione bocciando un ricorso contro le misure prese dal legislatore nel 2010 e 2013 con la motivazione che esse “implicano sacrifici pur gravosi, che trovano però giustificazione nella situazione di crisi economica”. Ragion per cui non possono essere ritenute “irragionevoli”.
Il Codacons, che ha commentato l’indiscrezione definendo “inaccettabile e abnorme” un provvedimento del genere, non esita comunque a minacciare un nuovo ricorso al Tar del Lazio se il governo deciderà di prolungare il blocco.