Richieste di riscatto da parte dell’Isis e un blitz, fallito, per tentare di liberare James Foley. Cominciano ad emergere i contorni della vicenda che ha portato all’uccisione del reporter statunitense da parte dello Stato islamico. Le forze speciali Usa hanno condotto recentemente un raid in Siria per liberare alcuni ostaggi detenuti nel Paese, tra cui il giornalista, ma la missione non è riuscita. Lo ha fatto sapere il portavoce del Pentagono, ammiraglio John Kirby, dopo che militanti dello Stato islamico hanno diffuso il video della decapitazione del reporter James Foley, rapito in Siria a novembre del 2012. “Come abbiamo detto più volte – si legge nel comunicato di Kirby – il governo degli Stati Uniti è impegnato a garantire la sicurezza e il benessere dei suoi cittadini, soprattutto quelli che soffrono in prigionia. In questo caso, abbiamo messo a rischio il meglio dell’esercito Usa per cercare di riportare i nostri cittadini a casa”. La missione è stata autorizzata dopo che le agenzie dell’intelligence avevano identificato il luogo in cui, secondo loro, erano detenuti gli ostaggi. Alcune decine di soldati americani portati in Siria in aereo non hanno però trovato nessun prigioniero nel posto indicato dei servizi segreti e sono rimasti coinvolti in uno scontro a fuoco con militanti dello Stato islamico, uccidendone alcuni.
E’ la prima volta dall’inizio della guerra civile in Siria che l’amministrazione Usa ammette che personale militare americano è stato nel Paese. Caitlin Hayden, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha detto che l’amministrazione non aveva l’intenzione di diffondere la notizia del blitz, ma ha deciso di farlo perché diverse testate giornalistiche intendevano riferire comunque la notizia. Non è chiaro quanti ostaggi americani mirassero a liberare le forze speciali Usa, ma secondo alcuni funzionari americani rimasti anonimi Foley era uno di almeno quattro cittadini Usa detenuti in Siria. Due persone, tra cui il giornalista Steven Sotloff, sarebbero nelle mani dello Stato islamico, mentre il reporter freelance Austin Tice, scomparso nel Paese ad agosto del 2012, è probabilmente in custodia delle forze governative.
I funzionari dell’amministrazione non hanno voluto rivelare dove né quando precisamente è stata lanciata l’operazione per riservarsi la possibilità di organizzare altre missioni in futuro. In passato Obama aveva già autorizzato alcune missioni per salvare ostaggi. Nel 2009 cecchini dei Navy Seal condussero un’operazione in mare per salvare un capitano Usa detenuto da pirati somali in una scialuppa di salvataggio. E nel 2012 le forze speciali riuscirono a salvare due operatori umanitari, un americano e un danese, detenuti in Somalia.
Nel caso di Foley, scrive il New York Times, lo Stato islamico “aveva chiesto agli Stati Uniti un riscatto di milioni di dollari per la sua liberazione, secondo i racconti fatti da un familiare del giornalista e da un compagno di prigionia. Ma Washington – a differenza di molti paesi europeiche hanno pagato milioni al gruppo terroristico perché risparmiasse la vita dei propri cittadini – si è rifiutata di pagare”. Secondo il Wall Street Journal, la cifra chiesta per il rilascio del giornalista era di 100 milioni di euro. Il quotidiano cita Phil Balboni direttore e Ceo del Global Post, il giornale online per cui lavorava il reporter: “Poi è arrivato il messaggio della scorsa settimana, e stavolta senza richieste”.
Ora, dopo l’uccisione di James Foley, si fanno i conti sul numero di ostaggi nelle mani dello Stato islamico. Secondo il Guardian i miliziani hanno sequestrato altri quattro stranieri vicino ad Aleppo nei giorni scorsi: secondo il quotidiano britannico, sarebbero oltre venti gli ostaggi nelle mani dell’Isis. “Gli ultimi prigionieri, due donne italiane, (con tutta probabilità Vanessa Marzullo, 21 anni, e Greta Ramelli, 20 anni, di cui non si hanno più notizie dalla fine di luglio) un danese e un cittadino giapponese, sono stati sequestrati nelle città più grande della Siria o nelle sua vicinanze – scrive il Guardian – si tratta di giornalisti, fotografi o operatori umanitari catturati nei pressi di Aleppo e Idlib. I prigionieri sono stati successivamente trasferiti a Raqqa, roccaforte di Isis nel nord della Siria”. “I rapimenti si sono dimostrati un buon affare per i fondamentalisti – continua il quotidiano – negli ultimi sei mesi almeno 10 ostaggi, tra cui un danese, tre cittadini francesi e due spagnoli, sono stati liberati dopo lunghe trattative con i rapitori, in cambio di un riscatto”. Un ex ostaggio ha raccontato che il killer di James Foley è stato uno dei tre britannici che lo aveva in custodia Raqqa. L’ex prigioniero ha raccontato che l’uomo “era stato responsabile delle negoziazioni per il rilascio degli ostaggi”.