“I preti pedofili come dei camionisti che molestano autostoppiste”. A sostenere l’inedito e sconcertante paragone è il cardinale australiano George Pell, membro del consiglio dei cardinali, il cosiddetto C9, di Papa Francesco e prefetto della Segreteria per l’economica istituita da Bergoglio (leggi). L’affermazione del “ranger australiano”, come lo ha soprannominato il Papa in persona, è stata pronunciata davanti alla commissione nazionale d’inchiesta sulle risposte delle istituzioni agli abusi sessuali sui minori che ha interrogato il porporato sul suo ruolo quando era arcivescovo di Melbourne, dal 1996 al 2001 prima di passare alla guida della diocesi di Sydney, e ha introdotto lo schema di risarcimenti alle vittime di preti pedofili denominato “Melbourne Response”. Per sostenere che la colpevolezza legale dei preti pedofili non può essere imputata ai leader della Chiesa cattolica, Pell è ricorso all’analogia dei camionisti dichiarando che “non sarebbe appropriato che i dirigenti di quella compagnia fossero considerati responsabili”. Ma il suo è un linguaggio totalmente opposto a quello utilizzato da Papa Francesco che, il 7 luglio 2014, ha voluto celebrare la sua consueta messa mattutina a Casa Santa Marta con alcune vittime di abusi ascoltando singolarmente le loro storie e chiedendo loro “perdono anche per i peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa che non hanno risposto in maniera adeguata alle denunce di abuso” (leggi).
Pur accettando che la Chiesa ha degli obblighi morali verso le vittime, il porporato ha sostenuto che quando si tratta di responsabilità legale, le azioni dei suoi sacerdoti non sono necessariamente colpa della Chiesa. L’analogia dei preti pedofili con i camionisti ha lasciato i presenti “a bocca aperta per lo shock”, ha raccontato a caldo Nicky Davis appartenente alla Rete dei sopravvissuti agli abusi dei preti. “Ci siamo letteralmente detti fra noi: ha veramente detto così? Dimostra di non avere alcun concetto di quello che è un comportamento appropriato o inappropriato, e cosa sia appropriato dire ai sopravvissuti. Dimostra di preoccuparsi solo di proteggere sé stesso e di cercare scuse per comportamenti imperdonabili”. Secondo Cathy Kezelman dell’associazione Adulti sopravvissuti ad abusi l’analogia “oltraggiosa” e “scioccante” può causare molto danno. “Le vittime sono già ripetutamente traumatizzate. Sentire che le loro esperienze sono di nuovo negate è come girare il coltello nella piaga”. Protesta anche l’Associazione dei 170mila autisti di Camion Australia. “Hanno famiglie e figli. L’analogia è un profondo insulto a ciascuno di loro”, ha affermato la presidente Noelene Watson.
Le vittime delle violenze dei preti pedofili che hanno testimoniato davanti alla commissione si sono dette tradite dal “Melbourne Response” dell’allora arcivescovo Pell che imponeva un tetto ai risarcimenti di 50mila dollari australiani (35mila euro), mentre chi ha avviato azioni legali ha ricevuto in media in risarcimento 293mila dollari (pari a 205mila euro). Su questo punto il porporato ha osservato che prima del 1996, ovvero prima dell’introduzione del “Melbourne Response”, non erano affatto previsti risarcimenti alle vittime degli abusi. “Molte delle persone assistite da noi – ha affermato Pell – avrebbero ricevuto poco o niente se si fossero rivolte ai tribunali”. Il cardinale ha tuttavia sostenuto che la Chiesa dovrebbe ora rinunciare alle procedure interne di indagine e di risarcimento e creare un’entità indipendente che risponda ad azioni legali a suo carico.
È innegabile, invece, la linea della “tolleranza zero” sulla pedofilia, definita dal Papa come le “messe nere” (leggi), applicata da Bergoglio fin dall’inizio della sua elezione al pontificato. Dall’istituzione di una Pontificia commissione per la tutela dei minori coordinata dal cardinale cappuccino Sean Patrick O’Malley e nella quale c’è anche una vittima, l’irlandese Marie Collins (leggi), ai procedimenti contro vescovi che si sono macchiati di pedofilia. Attualmente, come rivelato dallo stesso Francesco, sono tre i presuli sotto processo e uno, l’ex nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski, è già stato condannato severamente in primo grado (leggi). Del resto la posizione del Papa è chiara ed è stata ribadita con fermezza numerose volte: “Dio è irrevocabilmente e senza mezzi termini dalla parte delle vittime degli abusi” (leggi).