Non solo le Province restano. Ma continuano a fare quello che facevano, come se ci fosse ancora un domani per una istituzione da 11 miliardi di euro l’anno. La ragione è fin troppo semplice, ma il problema è grave per le casse pubbliche che languono: dopo quattro mesi dalla data di entrata in vigore del ddl Delrio (dal nome dell’allora ministro per gli Affari regionali e attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Graziano Delrio) sul riordino delle Province, mancano ancora i decreti attuativi per renderlo operativo. “Dovevano essere approvati entro l’8 luglio – spiega il presidente dell’Unione province d’Italia (Upi), Alessandro Pastacci – ma le Regioni non hanno trovato un accordo con il governo. Così hanno posticipato al 5 agosto, senza risolvere un bel niente. Si incontreranno l’11 settembre, speriamo che sia la volta buona”.
RITARDI SU RITARDI. Alla vigilia delle votazioni, indette tra il 28 settembre e il 12 ottobre, per le nomine dei nuovi consigli provinciali secondo la legge 56 (cioè la riforma Delrio), è tutto fermo. Eppure la tabella di marcia verso lo svuotamento degli enti era fissata da tempo. Entro la fine di quest’anno devono scomparire e rinascere sotto nuova sembianza, più snella e, in teoria, meno costosa. In pratica, enti di secondo livello con tre organi: il presidente, carica assunta dal sindaco del capoluogo; l’assemblea dei sindaci, rappresentata dai primi cittadini del circondario; e il consiglio provinciale, costituito da dieci a 16 membri (a seconda degli abitanti) selezionati tra gli amministratori municipali locali. A partire dal primo gennaio 2015, invece, devono nascere le prime città metropolitane: Milano, Roma, Firenze, Genova, Bari, Bologna, Torino, Napoli. Poi toccherà anche a Reggio Calabria e Venezia.
Ma le Province fanno finta di niente e continuano a tenere in piedi la loro impalcatura, rinnovando i contratti interni. Anzi, in pieno agosto, sono più dinamiche e propositive del solito. Tanto per citare qualche esempio, a Salerno il presidente Antonio Iannone, ai primi del mese ha rinfoltito la squadra della sua giunta con quattro nuovi assessori. Il numero uno di Palazzo Sant’Agostino ha atteso invano i decreti attuativi, “e sono andato anche oltre – scrive in una nota – ma, puntualmente, Renzi ha dimostrato di non essere capace di andare oltre gli annunci. Sono nell’esigenza di completare la squadra di governo viste le responsabilità e gli impegni che continuano a gravare sul nostro ente”. E conclude, “faremo fino in fondo il nostro dovere nonostante le decisioni criminali del governo Renzi”. Negli stessi giorni, anche al presidente della Provincia di Bari, Francesco Schittulli, è venuto in mente di nominare un altro assessore alla Formazione professionale e Politiche del lavoro. La Provincia di Bergamo, addirittura, ha deciso di fare affari comprando un pezzo di terra in Basilicata per 56 milioni di euro (di cui 12 sganciati dall’Ue) dove costruire una centrale a biomasse. Quella di Rovigo, invece, non sente la crisi e due giorni prima di Ferragosto, con un decreto, ha stanziato premi per merito per sei dirigenti e il segretario generale che ai cittadini costano 146mila euro. E poi quella di Torino che ha messo in vendita il palazzo della Questura per fare cassa, scatenando una bufera tra i poliziotti.
Ridotte drasticamente le competenze, trasferite a Regioni e Comuni, fatta eccezione per l’edilizia scolastica e la pianificazione dei trasporti e della tutela dell’ambiente. E questo è il pomo della discordia tra Stato e Regioni. Le seconde, chiarisce Pastacci, “non vogliono accollarsi delle funzioni che la legge 56 ci ha tolto. Si dovranno occupare di cultura, lavoro, assistenza sociale e turismo, ma non sanno ancora in quali termini”. Perché, appunto, mancano i decreti attuativi. “Anche sull’ambiente è un caos totale: alcune cose sono di nostra competenza, altre degli enti regionali, ma oggi chi fa cosa?” si chiede il presidente dell’Upi. E tutta l’Italia è in attesa di una risposta.
INTANTO il Parlamento si è premurato di cancellare dagli articoli 114 e seguenti della carta costituzionale il riferimento alle Province. E poi la beffa. Ai primi di agosto, quindi all’ultimo secondo utile, Camera e Senato hanno apportato una piccola modifica, contenuta nel decreto legge 90, che va a vanificare il senso dello smantellamento degli “enti di mezzo”, cioè il risparmio dei soldi dei contribuenti e una maggiore efficienza dei servizi. Se la legge Delrio in origine vieta in assoluto compensi ai futuri rappresentati provinciali (perché, ricoprendo già un’altra carica, non possono ricevere due indennità), i deputati li fanno resuscitare. Si legge all’articolo 23 che “restano a carico della città metropolitana o della provincia gli oneri per i permessi retribuiti, per i rimborsi spese e le indennità di missione, per la partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali e gli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi”. Lanciato il salvagente, le casse tornano a tremare, e con loro i dubbi: chi finirà il mandato nel 2015 e nel 2016 percepirà la doppia indennità? Nessuno sa, tutto tace.
da il Fatto Quotidiano del 22 agosto 2014
Politica
Province, abolite e cancellate dalla Carta. Ma erogano premi e comprano terreni
In attesa dei decreti attuativi alla legge Delrio - dovevano arrivare a luglio, sono previsti a settembre - a Salerno il presidente nomina quattro nuovi assessori. Uno in più anche a Bari. La provincia di Bergamo invece si è comprata un terreno in Basilicata per 56 milioni, mentre quella di Rovigo distribuisce gettoni per merito ai dirigenti
Non solo le Province restano. Ma continuano a fare quello che facevano, come se ci fosse ancora un domani per una istituzione da 11 miliardi di euro l’anno. La ragione è fin troppo semplice, ma il problema è grave per le casse pubbliche che languono: dopo quattro mesi dalla data di entrata in vigore del ddl Delrio (dal nome dell’allora ministro per gli Affari regionali e attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Graziano Delrio) sul riordino delle Province, mancano ancora i decreti attuativi per renderlo operativo. “Dovevano essere approvati entro l’8 luglio – spiega il presidente dell’Unione province d’Italia (Upi), Alessandro Pastacci – ma le Regioni non hanno trovato un accordo con il governo. Così hanno posticipato al 5 agosto, senza risolvere un bel niente. Si incontreranno l’11 settembre, speriamo che sia la volta buona”.
RITARDI SU RITARDI. Alla vigilia delle votazioni, indette tra il 28 settembre e il 12 ottobre, per le nomine dei nuovi consigli provinciali secondo la legge 56 (cioè la riforma Delrio), è tutto fermo. Eppure la tabella di marcia verso lo svuotamento degli enti era fissata da tempo. Entro la fine di quest’anno devono scomparire e rinascere sotto nuova sembianza, più snella e, in teoria, meno costosa. In pratica, enti di secondo livello con tre organi: il presidente, carica assunta dal sindaco del capoluogo; l’assemblea dei sindaci, rappresentata dai primi cittadini del circondario; e il consiglio provinciale, costituito da dieci a 16 membri (a seconda degli abitanti) selezionati tra gli amministratori municipali locali. A partire dal primo gennaio 2015, invece, devono nascere le prime città metropolitane: Milano, Roma, Firenze, Genova, Bari, Bologna, Torino, Napoli. Poi toccherà anche a Reggio Calabria e Venezia.
Ma le Province fanno finta di niente e continuano a tenere in piedi la loro impalcatura, rinnovando i contratti interni. Anzi, in pieno agosto, sono più dinamiche e propositive del solito. Tanto per citare qualche esempio, a Salerno il presidente Antonio Iannone, ai primi del mese ha rinfoltito la squadra della sua giunta con quattro nuovi assessori. Il numero uno di Palazzo Sant’Agostino ha atteso invano i decreti attuativi, “e sono andato anche oltre – scrive in una nota – ma, puntualmente, Renzi ha dimostrato di non essere capace di andare oltre gli annunci. Sono nell’esigenza di completare la squadra di governo viste le responsabilità e gli impegni che continuano a gravare sul nostro ente”. E conclude, “faremo fino in fondo il nostro dovere nonostante le decisioni criminali del governo Renzi”. Negli stessi giorni, anche al presidente della Provincia di Bari, Francesco Schittulli, è venuto in mente di nominare un altro assessore alla Formazione professionale e Politiche del lavoro. La Provincia di Bergamo, addirittura, ha deciso di fare affari comprando un pezzo di terra in Basilicata per 56 milioni di euro (di cui 12 sganciati dall’Ue) dove costruire una centrale a biomasse. Quella di Rovigo, invece, non sente la crisi e due giorni prima di Ferragosto, con un decreto, ha stanziato premi per merito per sei dirigenti e il segretario generale che ai cittadini costano 146mila euro. E poi quella di Torino che ha messo in vendita il palazzo della Questura per fare cassa, scatenando una bufera tra i poliziotti.
Ridotte drasticamente le competenze, trasferite a Regioni e Comuni, fatta eccezione per l’edilizia scolastica e la pianificazione dei trasporti e della tutela dell’ambiente. E questo è il pomo della discordia tra Stato e Regioni. Le seconde, chiarisce Pastacci, “non vogliono accollarsi delle funzioni che la legge 56 ci ha tolto. Si dovranno occupare di cultura, lavoro, assistenza sociale e turismo, ma non sanno ancora in quali termini”. Perché, appunto, mancano i decreti attuativi. “Anche sull’ambiente è un caos totale: alcune cose sono di nostra competenza, altre degli enti regionali, ma oggi chi fa cosa?” si chiede il presidente dell’Upi. E tutta l’Italia è in attesa di una risposta.
INTANTO il Parlamento si è premurato di cancellare dagli articoli 114 e seguenti della carta costituzionale il riferimento alle Province. E poi la beffa. Ai primi di agosto, quindi all’ultimo secondo utile, Camera e Senato hanno apportato una piccola modifica, contenuta nel decreto legge 90, che va a vanificare il senso dello smantellamento degli “enti di mezzo”, cioè il risparmio dei soldi dei contribuenti e una maggiore efficienza dei servizi. Se la legge Delrio in origine vieta in assoluto compensi ai futuri rappresentati provinciali (perché, ricoprendo già un’altra carica, non possono ricevere due indennità), i deputati li fanno resuscitare. Si legge all’articolo 23 che “restano a carico della città metropolitana o della provincia gli oneri per i permessi retribuiti, per i rimborsi spese e le indennità di missione, per la partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali e gli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi”. Lanciato il salvagente, le casse tornano a tremare, e con loro i dubbi: chi finirà il mandato nel 2015 e nel 2016 percepirà la doppia indennità? Nessuno sa, tutto tace.
da il Fatto Quotidiano del 22 agosto 2014
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Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Findus, azienda attiva nel settore dei surgelati e parte del Gruppo Nomad Foods, annuncia il raggiungimento di un traguardo storico: il 100% dei suoi prodotti ittici proviene da pesca sostenibile certificata Msc (Marine Stewardship Council) e acquacoltura responsabile certificata Asc (Aquaculture Stewardship Council). Questo obiettivo, annunciato nel marzo del 2017, segna non solo il compimento di un percorso, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo, consolidando il ruolo di Findus come leader del mercato del surgelato ittico, con circa 20mila tonnellate di prodotto, che equivale al 20% del comparto, per un valore totale di 290 milioni di euro.
“Siamo estremamente soddisfatti di questo importante risultato, frutto di un notevole impegno organizzativo ed economico. L’approvvigionamento di volumi importanti, come quelli sviluppati da Findus, l’ampiezza e la varietà del nostro portafoglio di prodotti ittici, che vanta oltre 20 diverse specie, ha richiesto un impegno significativo volto a coinvolgere, informare ed ingaggiare tutta la filiera, dai gruppi di pescatori alla lavorazione del pesce, dal confezionamento fino all’arrivo dei prodotti negli scaffali della Gdo. La salvaguardia della biodiversità marina è uno standard da perseguire collettivamente per tutelare i nostri mari e garantire una fonte di nutrimento sostenibile per le future generazioni - ha dichiarato Renato Roca, Country Manager di Findus Italia - Come leader di mercato, siamo consapevoli della nostra responsabilità e siamo orgogliosi di aver ispirato l’intero settore, raggiungendo l’obiettivo fissato nel 2017 e promuovendo costantemente un modello di sostenibilità condivisa. Questo non è un punto d’arrivo, ma una tappa che ci spinge a proseguire nel nostro impegno. Produrre cibo impattando meno sull’ambiente e tutelando le risorse naturali è la nostra sfida: ci impegniamo per un progresso costante e responsabile, affinché la sostenibilità diventi sempre più un valore condiviso da tutto il settore e dai consumatori”.
Un comparto, quello dell’ittico surgelato, che ha avuto un buon andamento: secondo Iias nel 2024 sono state consumate 95.955 tonnellate di pesce surgelato, con una crescita del 3,9% rispetto al 2023. Findus è la prima azienda leader di settore 100% certificata Msc e Asc. A dimostrazione dell’impatto concreto della scelta di Findus sul mercato di riferimento - fa notare l'azienda - il volume totale dei prodotti ittici certificati Msc in Italia è più che triplicato da quando l’azienda ha ottenuto la certificazione Msc, registrando una crescita del 170% tra il 2017/2018 e il 2023/2024. Se si considera in particolare la categoria dei surgelati, l’influenza sul mercato della certificazione di Findus è stata altrettanto rilevante: in questo segmento, il volume di prodotti ittici certificati Msc è più che raddoppiato, con una crescita del 92% nello stesso periodo.
A partire dalla prossima settimana, tutti i prodotti delle gamme Findus - oltre 60 referenze - porteranno quindi il marchio blu di pesca sostenibile Msc e quello verde di acquacoltura responsabile Asc.
La pesca sostenibile e certificata Msc deve soddisfare il rigoroso Standard di Marine Stewardship Council, la più importante organizzazione al mondo in tema di pesca sostenibile, che si fonda su tre princìpi: la pesca deve lasciare in mare abbastanza pesci per permettere loro di riprodursi, affinché l’attività possa proseguire nel tempo; deve essere effettuata in modo da minimizzare il suo impatto sull’ecosistema, consentendo alla flora e alla fauna marina di prosperare; deve essere gestita in modo da potersi adattare alle mutevoli condizioni ambientali, nel rispetto delle leggi vigenti.
Per quanto riguarda invece il marchio verde Asc, esso garantisce al consumatore che il prodotto ittico provenga da un allevamento certificato secondo lo Standard di Aquaculture Stewardship Council (Asc), un'organizzazione internazionale indipendente senza scopo di lucro che stabilisce requisiti rigorosi per l'acquacoltura responsabile, spronando i produttori ittici a minimizzarne l'impatto ambientale e sociale. I requisiti ambientali prevedono che l’allevamento minimizzi il suo impatto sugli ecosistemi locali, che tutti i mangimi per pesci siano completamente tracciabili e che i parametri dell'acqua, come i livelli di fosforo e ossigeno, siano misurati regolarmente per rimanere entro i limiti stabiliti. I requisiti sociali comprendono invece la tutela dei diritti dei lavoratori e il rispetto delle comunità locali. Infine, i requisiti di benessere animale, assicurano che gli animali siano trattati con il massimo rispetto lungo tutto il loro ciclo di vita.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Findus, azienda attiva nel settore dei surgelati e parte del Gruppo Nomad Foods, annuncia il raggiungimento di un traguardo storico: il 100% dei suoi prodotti ittici proviene da pesca sostenibile certificata Msc (Marine Stewardship Council) e acquacoltura responsabile certificata Asc (Aquaculture Stewardship Council). Questo obiettivo, annunciato nel marzo del 2017, segna non solo il compimento di un percorso, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo, consolidando il ruolo di Findus come leader del mercato del surgelato ittico, con circa 20mila tonnellate di prodotto, che equivale al 20% del comparto, per un valore totale di 290 milioni di euro.
“Siamo estremamente soddisfatti di questo importante risultato, frutto di un notevole impegno organizzativo ed economico. L’approvvigionamento di volumi importanti, come quelli sviluppati da Findus, l’ampiezza e la varietà del nostro portafoglio di prodotti ittici, che vanta oltre 20 diverse specie, ha richiesto un impegno significativo volto a coinvolgere, informare ed ingaggiare tutta la filiera, dai gruppi di pescatori alla lavorazione del pesce, dal confezionamento fino all’arrivo dei prodotti negli scaffali della Gdo. La salvaguardia della biodiversità marina è uno standard da perseguire collettivamente per tutelare i nostri mari e garantire una fonte di nutrimento sostenibile per le future generazioni - ha dichiarato Renato Roca, Country Manager di Findus Italia - Come leader di mercato, siamo consapevoli della nostra responsabilità e siamo orgogliosi di aver ispirato l’intero settore, raggiungendo l’obiettivo fissato nel 2017 e promuovendo costantemente un modello di sostenibilità condivisa. Questo non è un punto d’arrivo, ma una tappa che ci spinge a proseguire nel nostro impegno. Produrre cibo impattando meno sull’ambiente e tutelando le risorse naturali è la nostra sfida: ci impegniamo per un progresso costante e responsabile, affinché la sostenibilità diventi sempre più un valore condiviso da tutto il settore e dai consumatori”.
Un comparto, quello dell’ittico surgelato, che ha avuto un buon andamento: secondo Iias nel 2024 sono state consumate 95.955 tonnellate di pesce surgelato, con una crescita del 3,9% rispetto al 2023. Findus è la prima azienda leader di settore 100% certificata Msc e Asc. A dimostrazione dell’impatto concreto della scelta di Findus sul mercato di riferimento - fa notare l'azienda - il volume totale dei prodotti ittici certificati Msc in Italia è più che triplicato da quando l’azienda ha ottenuto la certificazione Msc, registrando una crescita del 170% tra il 2017/2018 e il 2023/2024. Se si considera in particolare la categoria dei surgelati, l’influenza sul mercato della certificazione di Findus è stata altrettanto rilevante: in questo segmento, il volume di prodotti ittici certificati Msc è più che raddoppiato, con una crescita del 92% nello stesso periodo.
A partire dalla prossima settimana, tutti i prodotti delle gamme Findus - oltre 60 referenze - porteranno quindi il marchio blu di pesca sostenibile Msc e quello verde di acquacoltura responsabile Asc.
La pesca sostenibile e certificata Msc deve soddisfare il rigoroso Standard di Marine Stewardship Council, la più importante organizzazione al mondo in tema di pesca sostenibile, che si fonda su tre princìpi: la pesca deve lasciare in mare abbastanza pesci per permettere loro di riprodursi, affinché l’attività possa proseguire nel tempo; deve essere effettuata in modo da minimizzare il suo impatto sull’ecosistema, consentendo alla flora e alla fauna marina di prosperare; deve essere gestita in modo da potersi adattare alle mutevoli condizioni ambientali, nel rispetto delle leggi vigenti.
Per quanto riguarda invece il marchio verde Asc, esso garantisce al consumatore che il prodotto ittico provenga da un allevamento certificato secondo lo Standard di Aquaculture Stewardship Council (Asc), un'organizzazione internazionale indipendente senza scopo di lucro che stabilisce requisiti rigorosi per l'acquacoltura responsabile, spronando i produttori ittici a minimizzarne l'impatto ambientale e sociale. I requisiti ambientali prevedono che l’allevamento minimizzi il suo impatto sugli ecosistemi locali, che tutti i mangimi per pesci siano completamente tracciabili e che i parametri dell'acqua, come i livelli di fosforo e ossigeno, siano misurati regolarmente per rimanere entro i limiti stabiliti. I requisiti sociali comprendono invece la tutela dei diritti dei lavoratori e il rispetto delle comunità locali. Infine, i requisiti di benessere animale, assicurano che gli animali siano trattati con il massimo rispetto lungo tutto il loro ciclo di vita.
Reggio Emilia, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Dai 2,2 miliardi di metri cubi che vengono consumati oggi a livello mondiale si arriverà ad un consumo di 3,2 miliardi di metri cubi e in questo giocherà una chiave sempre più importante il riciclo, quindi dobbiamo essere bravi a cercare di sostituire ove possibile materiale di legno vergine con materiale riciclato". A dirlo Massimiliano Bedogna, presidente di Conlegno, che ha aperto i lavori degli stati generali delle aziende attive nella riparazione, riutilizzo e gestione dei pallet a Gattatico di Reggio Emilia.
"Nel cospetto europeo siamo tra i sistemi più più evoluti, abbiamo un consorzio come Rilegno che ha una raccolta capillare molto importante del fine vita dell'imballaggio in legno e abbiamo anche delle industrie che trasformano per quanto riguarda l'imballaggio il fine vita del legno da imballaggio in prodotti riciclati, quindi io direi che la strada è tracciata; ovviamente non è sufficiente però dobbiamo spingere affinché si trovi sempre di più un compromesso tra l'economia e la sostenibilità affinché entrambe possano giocare un ruolo determinante per il futuro del nostro paese", ha concluso Bedogna
Reggio Emilia, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Dai 2,2 miliardi di metri cubi che vengono consumati oggi a livello mondiale si arriverà ad un consumo di 3,2 miliardi di metri cubi e in questo giocherà una chiave sempre più importante il riciclo, quindi dobbiamo essere bravi a cercare di sostituire ove possibile materiale di legno vergine con materiale riciclato". A dirlo Massimiliano Bedogna, presidente di Conlegno, che ha aperto i lavori degli stati generali delle aziende attive nella riparazione, riutilizzo e gestione dei pallet a Gattatico di Reggio Emilia.
"Nel cospetto europeo siamo tra i sistemi più più evoluti, abbiamo un consorzio come Rilegno che ha una raccolta capillare molto importante del fine vita dell'imballaggio in legno e abbiamo anche delle industrie che trasformano per quanto riguarda l'imballaggio il fine vita del legno da imballaggio in prodotti riciclati, quindi io direi che la strada è tracciata; ovviamente non è sufficiente però dobbiamo spingere affinché si trovi sempre di più un compromesso tra l'economia e la sostenibilità affinché entrambe possano giocare un ruolo determinante per il futuro del nostro paese", ha concluso Bedogna
Gaza, 13 mar. (Adnkronos/Afp) - "Il rapporto delle Nazioni Unite sugli atti di genocidio contro il popolo palestinese conferma ciò che è accaduto sul terreno: un genocidio e la violazione di tutti i principi umanitari e legali". Lo ha detto all'Afp il portavoce del movimento islamico, Hazem Qassem.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Premio Film Impresa è pronto a tornare per il terzo anno consecutivo. La conferenza stampa di presentazione avrà luogo il 17 marzo, alle 11, alla Casa del Cinema di Roma a Villa Borghese. Il Premio - la cui terza edizione si terrà il 9, 10 e 11 aprile sempre alla Casa del Cinema - è un’iniziativa ideata e realizzata da Unindustria con il supporto di Confindustria. Divenuto ormai un vero hub culturale e luogo d’incontro di riferimento, il Premio ha l’obiettivo di valorizzare, esaltare e comunicare i valori dell’impresa e delle persone che vi lavorano. Creatività, visione, coraggio, tradizione, appartenenza al territorio, innovazione e sostenibilità sono i protagonisti dei prodotti audiovisivi, dei cortometraggi e dei mediometraggi candidati che saranno selezionati da una giuria presieduta quest’anno da Caterina Caselli.
Alla conferenza stampa di lancio, che annuncerà i nomi di tutti i componenti della giuria e anche il dettaglio del programma degli eventi del Pfi, prenderanno parte il presidente del Premio Film Impresa Giampaolo Letta, il presidente di Unindustria Giuseppe Biazzo, il direttore artistico del Premio Mario Sesti e la presidente di Giuria Caterina Caselli.
Parteciperanno inoltre i rappresentanti delle aziende partner, e interverrà anche Lorenza Lei, responsabile Cinema e Audiovisivo della Regione Lazio. La terza edizione del Premio Film Impresa si avvale del patrocinio di Regione Lazio, Roma Capitale e Rai Teche, e della collaborazione di Confindustria, Anica, Una e Fondazione Cinema per Roma. L'iniziativa è realizzata in partnership con Almaviva, Edison Next, Umana e UniCredit, e con il supporto tecnico di Spencer & Lewis, D-Hub Studios, Ega e Tecnoconference Europe. Media partner dell'evento sono Il Messaggero, Prima Comunicazione e Adnkronos.
Tel Aviv, 13 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano afferma di aver colpito un "centro di comando appartenente alla Jihad islamica palestinese" a Damasco. L'attacco dimostra che Israele "non permetterà che la Siria diventi una minaccia per lo Stato di Israele", ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, aggiungendo che nella lotta "al terrorismo islamico contro Israele, non sarà dispensato né Damasco né altri".