Sarebbero oltre 250 i migranti all’interno del barcone di legno naufragato il 22 agosto a 60 chilometri dalla Libia. È quanto riferiscono i media americani, secondo i quali a bordo dell’imbarcazione salpata da Guarakouzi e diretta in Europa, c’erano più persone rispetto alle 200 ipotizzate inizialmente. I corpi senza vita di 20 migranti, tra cui un bimbo di 18 mesi sono riaffiorati venerdì nelle acque a largo di Tripoli, mentre tutti gli altri rimangono dispersi. A dare notizia della tragedia era stato Abdellatif Mohammed Ibrahim, della guardia costiera locale che venerdì aveva riferito di aver trovato “a pochi passi dalla spiaggia i resti di un’imbarcazione di legno a bordo della quale si erano imbarcati circa 200 migranti”, precisando di essere riuscita a “salvare 16 persone”, e di averne trovati “15 morti“.
Intanto continuano le tragedie sulle coste italiane. Oggi al largo di Lampedusa la Marina Militare ha recuperato i corpi di 18 migranti affogati, che erano a bordo di un gommone, arrivato sull’isola con 73 persone a bordo. Sulle coste di Pozzallo invece sono arrivati sabato 355 migranti: 183 uomini, 65 donne e 107 bambini. E’ il secondo sbarco in meno di 24 ore nel porto in provincia di Ragusa: venerdì, infatti, erano giunti 200 migranti di nazionalità siriana. Gli agenti della squadra mobile di Ragusa e gli uomini della Capitaneria di porto hanno diretto le operazioni di sbarco. Gli immigrati si trovavano in difficoltà nelle scorse ore durante la traversata nel Mediterraneo ed erano stati soccorsi da un mercantile che li ha trasportati fino a Pozzallo. Sono in corso le indagini per individuare gli scafisti. Intanto, al porto di Catania sono sbarcati altri 196 migranti, soccorsi da nave Foscari della Marina militare nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum.
Sul fronte politico non accennano a placarsi le polemiche tra Germania e Italia, dopo le parole del ministro dell’Interno bavarese Joachim Hermann che ha affermato, in merito agli sbarchi di profughi, che “Roma non prende dati personali o impronte perché così gli stranieri possono chiedere asilo in un altro paese”. Oggi (sabato 23 agosto) è arrivata a risposta del sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione (guarda), secondo cui il problema è che i migranti “preferiscono non farsi identificare” perché significherebbe avviare una lunga procedura di riconoscimento del diritto d’asilo. Cosa che rallenterebbe il loro viaggio verso i paesi di destinazione, che molto spesso sono quelli del Nord Europa. Per questo – secondo Manzione – vanno rivisti “gli accordi di Dublino”, in modo che la procedura per l’ottenimento dell’asilo venga avviato solo una volta raggiunto il paese desiderato, una soluzione che consentirebbe ai migranti appena sbarcati in Italia di “farsi identificare tranquillamente e poi raggiungere i posti dove vogliono andare”.