La Libia sprofonda sempre di più nell’anarchia politica. L’ex Assemblea libica, il Congresso generale nazionale a maggioranza islamista, ha deciso di riconvocarsi a Tripoli, su richiesta delle milizie filo-islamiche, nonostante l’insediamento a Tobruk del nuovo parlamento eletto il 25 giugno. Lo ha annunciato ieri il portavoce del Congresso, Omar Ahmidan. “Il Congresso generale nazionale è l’unico rappresentante legittimo del popolo libico”, ha dichiarato Ahmidan. Le milizie filo-islamiche riunite nella formazione Alba della Libia accusano l’attuale Camera dei rappresentanti di “complicità” con l’Egitto e gli Emirati, responsabili a loro dire dei raid aerei sui loro combattenti. E oggi il parlamento libico – in preda alle divisioni e costretto da tempo a riunirsi a Tobruk per sfuggire alla minaccia delle milizie che combattono a Tripoli e fanno il bello e il cattivo tempo a Bengasi – ha bollato come “gruppo terroristico” Alba della Libia: una sorta di coordinamento delle milizie islamiche libiche animato in particolare dagli ex “rivoluzionari” di Misurata e impegnato da settimane a contendere fra l’altro ai rivali di Zintan l’aeroporto di Tripoli. Il Paese è nel caos, al punto che ieri ha annunciato di dover rinunciare anche all’organizzazione della Coppa d’Africa prevista nel 2017. Dopo la rivoluzione nel 2011 che ha portato alla caduta di Muammar Gheddafi, lo Stato centrale ha perso il controllo nel Sud e nell’Est del Paese, la Cirenaica, ora nelle amni di milizie islamiche e gruppi fondamentalisti legati ad Al Qaeda e forse anche all’Isis, tra cui il gruppo di Ansar al Sharia.
A Tripoli, intanto, si continua a combattere. Nuovi raid aerei hanno colpito oggi alcune aree periferiche della capitale. Fonti mediche parlano, poi, di un bilancio di 8 soldati uccisi e 35 feriti negli scontri di ieri tra estremisti islamici e le forze di Haftar per il controllo dell’aeroporto della città. Le milizie islamiche di Misurata puntano da giorni il dito contro l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, accusandolo di essere l’autore dei raid, ma il Cairo smentisce “categoricamente” ogni suo coinvolgimento.
Il presidente egiziano, Abdel-Fattah el-Sissi, riporta l’agenzia di stampa di Stato egiziana Mena: “Finora” le forze armate egiziane non hanno compiuto alcuna operazione militare fuori dall’Egitto e non ci sono jet né truppe egiziane in Libia, ha detto El-Sissi. “Le nostre truppe sono nei nostri territori”, ha proseguito, aggiungendo che Il Cairo si sta consultando con i Paesi vicini della Libia per provare a trovare una soluzione politica alla violenta lotta per il potere fra gruppi rivali. Domani al Cairo si terrà una conferenza con i Paesi vicini della Libia proprio per discutere della situazione nel Paese. Fra i partecipanti ci sono Libia, Algeria, Tunisia e Ciad.
L’aviazione libica ha negato la responsabilità negli attacchi di ieri, in parte anche perché non avrebbe le capacità e le tecnologie necessarie a compiere attacchi mirati del genere. Questo ha sollevato sospetti che possano essere coinvolti Paesi stranieri. Italia, Algeria e appunto Egitto hanno negato ogni coinvolgimento. Le milizie islamiste hanno accusato inoltre il generale Khalifa Haftar, che da tempo ha lanciato una campagna contro i gruppi islamisti nell’est della Libia, ma non è chiaro se Haftar possa avere i mezzi per portare avanti attacchi di precisione del genere. I due raid di ieri hanno colpito il palazzo del ministero dell’Interno e diverse posizioni delle milizie di Misurata.
Domani in Egitto prende il via il vertice dei paesi del nord Africa per discutere della situazione in Libia. Fra i partecipanti ci sono Libia, Algeria, Tunisia e Ciad. Fra gli organizzatori dell’incontro, il ministro degli Esteri algerino Ramadan Lamamra. I disordini che stanno avvenendo in Libia rappresentano una minaccia per i paesi confinanti, in particolare l’Egitto e Algeria.