L’impianto di Portovesme, fermo dal novembre 2012, chiude definitivamente. La conferma arriva dalla multinazionale dell’alluminio americana Alcoa. “Le ragioni di fondo che rendevano Portovesme non competitivo sfortunatamente non sono cambiate”, scrive in una nota Bob Wilt, presidente di Alcoa Primary Products. “La chiusura ridurrà la capacità produttiva complessiva di Alcoa di 150.000 tonnellate a 3,6 milioni tonnellate annue. L’interruzione della produzione era stata decisa nel 2012 per gli elevati costi di produzione, tra i più alti negli smelter di Alcoa, e le limitate prospettive di competitività dell’impianto”. Nel gennaio scorso il ministero del Lavoro aveva prolungato di un altro anno la cassa integrazione per i lavoratori dello stabilimento dove si lavorava l’acciaio primario. E solo a fine luglio, dopo una riunione al ministero dello Sviluppo, i sindacati avevano confermato che il colosso svizzero delle materie prime Glencore era interessato ad acquisirlo.

Nella nota il gruppo assicura: “Continueremo a rispettare gli impegni assunti con i nostri dipendenti e con gli stakeholder agendo in buona fede come abbiamo sempre fatto”. L’azienda, “come da impegni presi con governo e sindacati”, ha predisposto per i dipendenti “un programma di sostegno finanziario e sociale comprensivo di servizi per l’outplacement e la ricerca di una nuova occupazione. La chiusura di Portovesme – sottolinea il gruppo – è coerente con la strategia di Alcoa di creare un business nelle commodity competitivo a livello globale e con l’obiettivo di migliorare il proprio posizionamento sulla curva del costo mondiale di produzione dell’alluminio”. La nota dell’azienda americana spiega infine che “gli oneri complessivi per le ristrutturazioni, che saranno registrati nel terzo trimestre 2014 a seguito della chiusura, si attesteranno tra 170 e 180 milioni di dollari al netto delle imposte, o tra circa 0,14 e 0,15 dollari per azione, di cui circa il 60% non-cash”. 

La Cgil replica definendo l’annuncio “un disco rotto“, perché “l’azienda va avanti con queste dichiarazioni da ormai 3 anni”. Il segretario della Cgil Sardegna, Michele Carrus, sottolinea parlando all’Adnkronos che “quello che importa è che l’azienda confermi l’impegno a mantenere in efficienza gli impianti e facilitare la cessione ad altri operatori che possano rilevare e mantenere in funzione” la struttura. E chiede quindi un “impegno, alla regione e al governo, per trovare un acquirente interessato allo stabilimento”. In caso contrario, visto che la fabbrica di Portovesme produce alluminio primario “saremo costretti a importare non solo il prodotto finale, ma anche quello intermedio”, utilizzato da “tanta parte delle nostre attività manifatturiere”. “Noi non ci rassegniamo, per Alcoa sarà difficile portare via gli impianti, non lo permetteremo”, annuncia un altro sindacalista della confederazione di Susanna Camusso, Roberto Puddu, segretario della provincia del Sulcis e di Iglesias. Per questo dall’inizio di agosto c’è un presidio a fianco del cancello dell’impianto di Portovesme. A metà settembre Alcoa, per chiudere l’impianto a fine anno, dovrà avviare la procedura di mobilità. Prima di allora, chiede Puddu, “Renzi e Delrio devono battere un bel colpo, perché dal Mise (ministero dello Sviluppo economico, ndr) non vediamo l’autorevolezza necessaria”. “Serve il peso della presidenza del Consiglio, prima chiamino la Glencore, poi l’Alcoa”. La vicenda coinvolge 450 addetti diretti più 350 degli appalti, ma in tutto le ricadute coinvolgono 3mila buste paga.

 

Francesco Pigliaru, presidente della Regione Sardegna, ha detto che l’annuncio “non ha alcuna conseguenza sulle trattative per la cessione dello stabilimento”. commenta la comunicazione della multinazionale statunitense Alcoa che adegua il proprio bilancio alla decisione, già resa pubblica nei mesi scorsi, di chiudere gli impianti di Portovesme. “La stessa Alcoa, in una nota pubblicata sul sito Internet, sottolinea che saranno mantenuti tutti gli impegni presi con il governo, con la Regione Sardegna e i sindacati, e che la comunicazione relativa alla chiusura dello stabilimento era indispensabile ai fini contabili”.

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