Sempre più chiaro che le scelte fatte dall’Europa, e sulla sua scia, dai vari governi nazionali, vanno in direzione diametralmente opposta a quella che sarebbe necessario ed urgente imboccare per dare una prospettiva all’economia e alla società.
Dai banchieri della Bce, unanimi fra di loro, da Draghi ai tedeschi, con qualche secondaria sfumatura di dissenso fra di loro, presto evaporata, ai governi nazionali, alle varie associazioni imprenditoriali, alle lobby iperpresenti a Bruxelles, da quelle della finanza a quelle delle multinazionali, si continua a strillare un medesimo inefficace anzi dannoso mantra: quello delle cosiddette riforme volte ad imporre la cosiddetta flessibilità. Tradotto in soldoni, questo slogan stucchevole significa una sola cosa: i costi della crisi li paghino i lavoratori e le lavoratrici. Attraverso ulteriori processi di precarizzazione e di sottrazione dei residui diritti e attraverso ulteriori compressioni della quota di reddito, già in fortissimo calo da molti anni a questa parte, che spetta al lavoro.
Si tratta di una ricetta da un lato iniqua e costituzionalmente illecita, dall’altro fallimentare anche dal punto di vista economico.
Che sia iniqua è evidente, dato che punta ad aggravare ulteriormente la situazione di chi è già sull’orlo del baratro, come dimostrano le recenti rilevazioni dell’Istat, che hanno mostrato un forte allargamento delle aree di miseria e di povertà nel nostro Paese, ma situazioni analoghe si producono in vari altri Stati europei, a cominciare da quelli che secondo Draghi & C. costituiscono oggi un modello e una via da seguire, come in particolare quelli mediterranei: Grecia, Portogallo, Spagna, oggi letteralmente devastati dalle folli politiche dei rispettivi governi e dell’Unione europea che impone e controlla. Ma anche la Francia, dove di recente si è registrata una vera e propria rivolta all’interno del Partito socialista contro la resa incondizionata di Hollande,contro le promesse elettorali a suo tempo formulate, alle pressioni e ai ricatti di Bce, Unioni europee e delle lobby che stanno loro dietro.
Che sia, per quanto ci riguarda, costituzionalmente illecita, è altresì evidente. Nessuna cosiddetta riforma costituzionale è finora riuscita non dico a scalfire, ma anche solo attentare al principio scolpito nel suo articolo 1: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro“. Principio che si articola in varie altre disposizioni, prime fra tutte l’art. 36 relativo al reddito dignitoso. Oggi clamorosamente messo in pericolo e in moltissimi casi violato dalle politiche di regime che ci stanno trasformando in una massa di questuanti privi di diritti e di dignità. Si aggiungano probabili illegittimità anche dal punto di vista della normativa europea, in casi come quelli del famigerato Jobs Act.
E’ anche evidente che si tratta di una ricetta fallimentare dal punto di vista economico. Essa infatti si sta traducendo, anche nei cosiddetti Paesi forti dell’Unione europea, in una recessione e deflazione senza precedenti. Elementare, Watson! Se non ci sono soldi in giro chi può sostenere l’economia? Forse il pugno degli ultrariccastri dediti al consumo di caviale e champagne? Da una società crescentemente inegualitaria derivano conseguenze precise ed estremamente negative anche in termini meramente economici. L’aveva intuito persino Renzi dedicandosi ad elargire l’insufficiente mancetta degli 80 euro. Mossa propagandistica molto efficace ma null’altro.
La salvezza del Paese e dell’Europa è quindi oggi più che mai in mano alla classe lavoratrice. Intorno alla quale dovrebbe aggregarsi un amplio fronte, composto da giovani e disoccupati, per ottenere il reddito di cittadinanza, e dai piccoli imprenditori che hanno compreso come la via d’uscita alle loro crescenti difficoltà non si possa trovare abusando del lavoro, ma viceversa alleandosi ad esso.
In tal modo si ottempererà anche al chiaro dettato costituzionale, seguendo le direttive contenute negli articoli citati e in altri, come l’art. 53, che impone un prelievo fiscale progressivo e il cui rispetto è stato più volte invocato dalla Corte costituzionale. Non ci si venga a dire che mancano le risorse. Quello che manca è la volontà, da parte di una classe politica costantemente attenta solo a richieste, appetiti e sensibilità delle classi dominanti. Classi dominanti che vanno rovesciate con la loro nefasta e incompetente appendice politica, se vogliamo restituire un futuro all’Italia e all’Europa.
Fabio Marcelli
Giurista internazionale
Zonaeuro - 30 Agosto 2014
Europa: per una ripresa fondata sul lavoro
Dai banchieri della Bce, unanimi fra di loro, da Draghi ai tedeschi, con qualche secondaria sfumatura di dissenso fra di loro, presto evaporata, ai governi nazionali, alle varie associazioni imprenditoriali, alle lobby iperpresenti a Bruxelles, da quelle della finanza a quelle delle multinazionali, si continua a strillare un medesimo inefficace anzi dannoso mantra: quello delle cosiddette riforme volte ad imporre la cosiddetta flessibilità. Tradotto in soldoni, questo slogan stucchevole significa una sola cosa: i costi della crisi li paghino i lavoratori e le lavoratrici. Attraverso ulteriori processi di precarizzazione e di sottrazione dei residui diritti e attraverso ulteriori compressioni della quota di reddito, già in fortissimo calo da molti anni a questa parte, che spetta al lavoro.
Si tratta di una ricetta da un lato iniqua e costituzionalmente illecita, dall’altro fallimentare anche dal punto di vista economico.
Che sia iniqua è evidente, dato che punta ad aggravare ulteriormente la situazione di chi è già sull’orlo del baratro, come dimostrano le recenti rilevazioni dell’Istat, che hanno mostrato un forte allargamento delle aree di miseria e di povertà nel nostro Paese, ma situazioni analoghe si producono in vari altri Stati europei, a cominciare da quelli che secondo Draghi & C. costituiscono oggi un modello e una via da seguire, come in particolare quelli mediterranei: Grecia, Portogallo, Spagna, oggi letteralmente devastati dalle folli politiche dei rispettivi governi e dell’Unione europea che impone e controlla. Ma anche la Francia, dove di recente si è registrata una vera e propria rivolta all’interno del Partito socialista contro la resa incondizionata di Hollande,contro le promesse elettorali a suo tempo formulate, alle pressioni e ai ricatti di Bce, Unioni europee e delle lobby che stanno loro dietro.
Che sia, per quanto ci riguarda, costituzionalmente illecita, è altresì evidente. Nessuna cosiddetta riforma costituzionale è finora riuscita non dico a scalfire, ma anche solo attentare al principio scolpito nel suo articolo 1: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro“. Principio che si articola in varie altre disposizioni, prime fra tutte l’art. 36 relativo al reddito dignitoso. Oggi clamorosamente messo in pericolo e in moltissimi casi violato dalle politiche di regime che ci stanno trasformando in una massa di questuanti privi di diritti e di dignità. Si aggiungano probabili illegittimità anche dal punto di vista della normativa europea, in casi come quelli del famigerato Jobs Act.
E’ anche evidente che si tratta di una ricetta fallimentare dal punto di vista economico. Essa infatti si sta traducendo, anche nei cosiddetti Paesi forti dell’Unione europea, in una recessione e deflazione senza precedenti. Elementare, Watson! Se non ci sono soldi in giro chi può sostenere l’economia? Forse il pugno degli ultrariccastri dediti al consumo di caviale e champagne? Da una società crescentemente inegualitaria derivano conseguenze precise ed estremamente negative anche in termini meramente economici. L’aveva intuito persino Renzi dedicandosi ad elargire l’insufficiente mancetta degli 80 euro. Mossa propagandistica molto efficace ma null’altro.
La salvezza del Paese e dell’Europa è quindi oggi più che mai in mano alla classe lavoratrice. Intorno alla quale dovrebbe aggregarsi un amplio fronte, composto da giovani e disoccupati, per ottenere il reddito di cittadinanza, e dai piccoli imprenditori che hanno compreso come la via d’uscita alle loro crescenti difficoltà non si possa trovare abusando del lavoro, ma viceversa alleandosi ad esso.
In tal modo si ottempererà anche al chiaro dettato costituzionale, seguendo le direttive contenute negli articoli citati e in altri, come l’art. 53, che impone un prelievo fiscale progressivo e il cui rispetto è stato più volte invocato dalla Corte costituzionale. Non ci si venga a dire che mancano le risorse. Quello che manca è la volontà, da parte di una classe politica costantemente attenta solo a richieste, appetiti e sensibilità delle classi dominanti. Classi dominanti che vanno rovesciate con la loro nefasta e incompetente appendice politica, se vogliamo restituire un futuro all’Italia e all’Europa.
Lady Etruria
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Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 alle ore 15.30 si svolgeranno le commemorazioni dell'Ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci. Poi il primo punto all'ordine del giorno è la mozione di sfiducia a Daniela Santanchè.
(Adnkronos) - La sede opportuna, ha sottolineato Ciriani, "è il Copasir che è un organo del Parlamento e non del governo, ed è presieduto da un componente delle opposizioni. E' quella la sede in cui il governo fornisce tutte le informazioni del caso: oggi è stato audito Valensise, la settimana scorsa Caravelli e la prossima settimana sarà audito Frattasi. Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
E anche sulla richiesta delle opposizioni di sapere se Paragon sia stato utilizzato dalla polizia penitenziaria, Ciriani ribadisce che saranno date "riposte nelle sedi opportune. C'e' un luogo in cui dare risposte e un altro luogo in cui non si possono dare, ma questo è la legge a disporlo, non è il governo". Infine viste le proteste dei gruppi più piccoli che non sono rappresentati nel Copasir, Ciriani ha ricordato che "è la legge che lo prevede, non dipende dal governo".
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 al mattino si terrà discussione generale sulla mozione di sfiducia al ministro Carlo Nordio. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo della Camera.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - La conferenza dei capigruppo ha stabilito che domani dalle 18 votazione si svolgerà la chiama per la fiducia sul dl Milleproroghe. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 16 e 20. Il voto finale sul provvedimento è previsto per giovedì.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Le opposizioni protestano con il governo e con il presidente della Camera Lorenzo Fontana sulla mancata interrogazione al question time sul caso Paragon. "Il governo si sottrae al confronto con il Parlamento. Siamo totalmente insoddisfatti sulle motivazioni apportate dal ministro Ciriani" che ha ribadito come il governo ritenga "non divulgabili" le informazioni sul caso, ha detto la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, al termine della capigruppo a Montecitorio. "E abbiamo chiesto anche al presidente Fontana di rivalutare la sua scelta".
"Il governo ha avuto l'atteggiamento di chi è stato preso con le mani nella marmellata: tutti hanno parlato, ma ora che abbiamo chiesto se lo spyware fosse utilizzato dalla polizia penitenziaria scatta il segreto...", osserva il capogruppo di Iv, Davide Faraone. Per Riccardo Magi di Più Europa si tratta "di un altro colpo alle prerogative del Parlamento. Si toglie forza a uno dei pochissimi strumenti che si hanno per ottenere risposte dal governo".
Roma, 18 (Adnkronos) - "Si tratta di informazioni non divulgabili" e come tali "possono essere divulgate solo nelle sedi opportune" come il Copasir. Lo ha detto il ministro Luca Ciriani al termine della capigruppo alla Camera a proposito delle interrogazioni al governo da parte delle opposizioni sul caso Paragon. "Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
Milano, 18 feb. (Adnkronos) - "Sono molto sollevato per la decisione del giudice Iannelli che ha escluso la richiesta di arresti domiciliari a mio carico. Ciò mi permette di proseguire il mio lavoro di architetto e anche di portare a termine l’incarico di presidente di Triennale e di docente del Politecnico di Milano". Lo afferma Stefano Boeri dopo la decisione del gip di Milano che ha disposto un'interdittiva che gli vieta per un anno di far parte di commissioni giudicatrici per procedure di affidamento di contratti pubblici.
L'archistar è indagato insieme a Cino Paolo Zucchi e Pier Paolo Tamburelli per turbativa d'asta nell'inchiesta per la realizzazione della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. "Ribadisco la mia piena fiducia nel lavoro della magistratura e non vedo l’ora di poter chiarire ulteriormente la mia posizione. Non nascondo però la mia inquietudine per tutto quello che ho subito in queste settimane e per i danni irreversibili generati alla mia vita privata e professionale" conclude Boeri in una nota.