“Guardi, torno dai miei quaranta chilometri in bicicletta nel primo pomeriggio, dopo sono a disposizione”. Non è facile immaginarlo sulle colline pugliesi in sella alle due ruote, a 75 anni. Ma non è che l’ultima propaggine della seconda vita di Cesare Fiorio, direttore sportivo della Ferrari dal 1989 al 1991, apice di una carriera trascorsa tra auto da corsa e paddock. Perché quel lembo terminale della Valle d’Itria che sono le ondulate colline di Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, è diventato la nuova casa dell’ex dirigente sportivo torinese.
Per un breve periodo è stato assessore, ora invece la sua vita è scandita esclusivamente dai ritmi lenti della campagna attorno alla sua masseria, dopo trentasette stagioni a tutta velocità nel circuito dei motori, aperte dalla fondazione del settore corse della Lancia e chiuse con l’ultimo stanco respiro della Minardi di Rumi. Nel mezzo 9 vittorie e altri 18 podi su 36 gran premi con la Rossa di Maranello, oltre ai cinque anni in Ligier, “portata su dieci podi, tra cui il successo di Montecarlo, con un budget pari a un quinto dei sette team maggiori”. Tra i trulli ristrutturati e aperti ai clienti e nelle campagne tutt’attorno, trasformate in un’azienda agricola, Fiorio conserva cimeli e accoglie ospiti. La passione di una vita però è sempre lì. E nella Sala Ferrari, dominata dalla scocca della monoposto di Nigel Mansell che vinse in Brasile nel 1989, la domenica si può seguire la Formula 1 con il suo commento tecnico mentre si degustano prodotti tipici.
Vista la figuraccia di Monza, è facile pensare che non sia stato molto tenero con la rossa di Maranello…
Era una situazione attesa. Ciò che mi sorprende nella gestione della Ferrari sono i passi indietro che si compiono nel corso del week end. Girano con meno di benzina rispetto agli altri e vanno come un treno. Poi arrivano le qualifiche, peggiorano. E la domenica crollano.
Permetta: non sarà solo questo il problema.
Mancano di peso politico nella Federazione internazionale. Hanno accettato le modifiche della regole sapendo che non solo loro, ma l’Italia in generale, è indietro rispetto allo sviluppo di una tecnologia come quella della power unit. Avrebbero dovuto tirar fuori l’artiglieria pesante e combattere. Invece sono rimasti immobili. Andavo a Parigi più giorni alla settimana perché non volevo che saltasse fuori qualche modifica ai regolamenti che potesse danneggiarci. L’aspetto politico è importante come i piloti e la strategia. Ed è stato trascurato.
Ora è un tutti contro tutti sotto il profilo sportivo. Eppure all’epoca del cambio Domenicali-Mattiacci, Montezemolo disse che con Marchionne c’era stata piena sintonia.
E’ stato un cambio dettato più dalla piazza che dall’effettiva convinzione che avrebbero risolto i problemi. Il motorsport non è il calcio, non puoi rivoluzionare tutto in un mese. Chiunque arrivi in una squadra di Formula 1 non riterrà mai di essere valutabile e giudicabile prima del secondo o terzo anno. Quando cambi i vertici, nessuno è mai responsabile nelle due stagioni successive. Il percorso per tornare competitivi sarà lungo, complicato e dall’esito non scontato.
In questa ripartenza Montezemolo era indispensabile o no, come sostiene Marchionne?
Dopo tanti anni conosce i meccanismi che regolano il buon funzionamento di una squadra. Peraltro non è lui che progetta le macchine né le strategie. A chi verrà spetta il compito d’aiutare il responsabile della gestione sportiva nella scelta dei tecnici e del metodo di lavoro. Seguendo due imperativi: innovazione e rigore. Non è però facile tenerli insieme.
Ai suoi collaboratori Montezemolo avrebbe detto “così distruggono la Ferrari”. Ha ragione?
Nessuno può dire che in molti periodi della sua vita non abbia fatto molto bene sotto il profilo sportivo e della gestione del prodotto. La sua mi sembra però un po’ la reazione tipica, umana e comprensibile, di chi sente messo in discussione: “Dopo di me, il diluvio”.
Cosa servirebbe dunque alla Ferrari per entrare con il piede giusto nella nuova era?
A capo della gestione sportiva c’è una persona che non ha cultura specifica. Se sceglieranno un profilo simile, farei molta attenzione alle possibili ripercussioni. Senza persone esperte del settore è difficile star dietro a gente che conosce il sistema e ha fatto la gavetta. Per la Ferrari è indispensabile affiancare al direttore sportivo, o mettere sopra di lui, una persona che lo sappia guidare nelle scelte operative e tecniche.
Possono esserci ripercussioni sportive dovute all’addio di Montezemolo?
La continuità del management è un fatto positivo, poi oltre un certo lasso di tempo si creano delle rendite di posizione che si consolidano e si radicalizzano. Al momento del cambio tutti devono svolgere il compito che sono chiamati ad assolvere e risponderne per davvero. Non ci sono più alibi. Si eviteranno ripercussioni se si creeranno le premesse perché questo tipo di cultura non imperversi nell’azienda.
Alonso potrebbe lasciare Maranello. Lei lo scelse da perfetto sconosciuto tra sei piloti testati ai tempi della Minardi. Se potesse, quale consiglio gli darebbe?
Ci sono due massime aspirazioni nella vita di un pilota. La prima è vincere il campionato del mondo, l’altra essere il pilota della Ferrari. Se vinci con la Ferrari hai raggiunto tutto. Bisognerebbe capire le motivazioni di Fernando. In questo momento se punti al mondiale hai una sola possibilità: guidare una Mercedes. Ma rimanere a Maranello non è un’opzione scartabile a priori.
Dovesse restare, è giusto lasciare invariata la coppia con Raikkonen?
Ho sempre ritenuto un errore il suo ingaggio, per tre motivi. Uno: il trend della Formula è chiaro, vincono i giovani. Prendere 35enne è già un errore. Due: se nei tre anni precedenti Raikkonen avesse dato prova di chissà cosa, allora la scelta avrebbe anche avuto un senso. Invece nel rally ha inanellato risultati disastrosi e il suo compagno alla Lotus, Grosjean, ha sempre fatto meglio nell’ultima metà della scorsa stagione. Tre: ha uno stile di vita che non è coerente con il mestiere che fa. Quando in passato ho detto queste cose, sono stato sepolto d’improperi, ora parlano i risultati. È stato campione nel 2007, la Formula 1 va veloce…
Negli ultimi tempi, lei ha spesso insistito sulla necessità di migliore l’academy piloti della Ferrari.
Il raffronto tra la scuola piloti di Maranello e quella della Red Bull è impietoso. Una ha sfornato Ricciardo, Vettel e tanti altri. E la Ferrari? Chi ha gestito quel programma ha fallito la sua missione.
Un pilota per il futuro?
Quando arrivai il primo obiettivo che posi era portare Ayrton Senna. Se sei la Ferrari devi puntare al top. Ora hanno Alonso, che è il meglio che il mercato offre. Possono pensare di far crescere un giovane nelle formule minori e nel frattempo prendere Perez. Ma la realtà è che manca una squadra d’appoggio dove far maturare i giovani. Forniscono i motori ad altri team? Potrebbero imporre piloti di prospettiva e di loro gradimento da riportare a casa al momento opportuno.
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Caos Ferrari, Fiorio: “Risultati negativi frutto dalla mancanza di peso politico”
Il direttore sportivo della Rossa dal 1989 al 1991 al Fatto.it: "Sul cambio delle regole avrebbero dovuto tirar fuori l’artiglieria pesante e combattere. Invece sono rimasti immobili"
“Guardi, torno dai miei quaranta chilometri in bicicletta nel primo pomeriggio, dopo sono a disposizione”. Non è facile immaginarlo sulle colline pugliesi in sella alle due ruote, a 75 anni. Ma non è che l’ultima propaggine della seconda vita di Cesare Fiorio, direttore sportivo della Ferrari dal 1989 al 1991, apice di una carriera trascorsa tra auto da corsa e paddock. Perché quel lembo terminale della Valle d’Itria che sono le ondulate colline di Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, è diventato la nuova casa dell’ex dirigente sportivo torinese.
Per un breve periodo è stato assessore, ora invece la sua vita è scandita esclusivamente dai ritmi lenti della campagna attorno alla sua masseria, dopo trentasette stagioni a tutta velocità nel circuito dei motori, aperte dalla fondazione del settore corse della Lancia e chiuse con l’ultimo stanco respiro della Minardi di Rumi. Nel mezzo 9 vittorie e altri 18 podi su 36 gran premi con la Rossa di Maranello, oltre ai cinque anni in Ligier, “portata su dieci podi, tra cui il successo di Montecarlo, con un budget pari a un quinto dei sette team maggiori”. Tra i trulli ristrutturati e aperti ai clienti e nelle campagne tutt’attorno, trasformate in un’azienda agricola, Fiorio conserva cimeli e accoglie ospiti. La passione di una vita però è sempre lì. E nella Sala Ferrari, dominata dalla scocca della monoposto di Nigel Mansell che vinse in Brasile nel 1989, la domenica si può seguire la Formula 1 con il suo commento tecnico mentre si degustano prodotti tipici.
Vista la figuraccia di Monza, è facile pensare che non sia stato molto tenero con la rossa di Maranello…
Era una situazione attesa. Ciò che mi sorprende nella gestione della Ferrari sono i passi indietro che si compiono nel corso del week end. Girano con meno di benzina rispetto agli altri e vanno come un treno. Poi arrivano le qualifiche, peggiorano. E la domenica crollano.
Permetta: non sarà solo questo il problema.
Mancano di peso politico nella Federazione internazionale. Hanno accettato le modifiche della regole sapendo che non solo loro, ma l’Italia in generale, è indietro rispetto allo sviluppo di una tecnologia come quella della power unit. Avrebbero dovuto tirar fuori l’artiglieria pesante e combattere. Invece sono rimasti immobili. Andavo a Parigi più giorni alla settimana perché non volevo che saltasse fuori qualche modifica ai regolamenti che potesse danneggiarci. L’aspetto politico è importante come i piloti e la strategia. Ed è stato trascurato.
Ora è un tutti contro tutti sotto il profilo sportivo. Eppure all’epoca del cambio Domenicali-Mattiacci, Montezemolo disse che con Marchionne c’era stata piena sintonia.
E’ stato un cambio dettato più dalla piazza che dall’effettiva convinzione che avrebbero risolto i problemi. Il motorsport non è il calcio, non puoi rivoluzionare tutto in un mese. Chiunque arrivi in una squadra di Formula 1 non riterrà mai di essere valutabile e giudicabile prima del secondo o terzo anno. Quando cambi i vertici, nessuno è mai responsabile nelle due stagioni successive. Il percorso per tornare competitivi sarà lungo, complicato e dall’esito non scontato.
In questa ripartenza Montezemolo era indispensabile o no, come sostiene Marchionne?
Dopo tanti anni conosce i meccanismi che regolano il buon funzionamento di una squadra. Peraltro non è lui che progetta le macchine né le strategie. A chi verrà spetta il compito d’aiutare il responsabile della gestione sportiva nella scelta dei tecnici e del metodo di lavoro. Seguendo due imperativi: innovazione e rigore. Non è però facile tenerli insieme.
Ai suoi collaboratori Montezemolo avrebbe detto “così distruggono la Ferrari”. Ha ragione?
Nessuno può dire che in molti periodi della sua vita non abbia fatto molto bene sotto il profilo sportivo e della gestione del prodotto. La sua mi sembra però un po’ la reazione tipica, umana e comprensibile, di chi sente messo in discussione: “Dopo di me, il diluvio”.
Cosa servirebbe dunque alla Ferrari per entrare con il piede giusto nella nuova era?
A capo della gestione sportiva c’è una persona che non ha cultura specifica. Se sceglieranno un profilo simile, farei molta attenzione alle possibili ripercussioni. Senza persone esperte del settore è difficile star dietro a gente che conosce il sistema e ha fatto la gavetta. Per la Ferrari è indispensabile affiancare al direttore sportivo, o mettere sopra di lui, una persona che lo sappia guidare nelle scelte operative e tecniche.
Possono esserci ripercussioni sportive dovute all’addio di Montezemolo?
La continuità del management è un fatto positivo, poi oltre un certo lasso di tempo si creano delle rendite di posizione che si consolidano e si radicalizzano. Al momento del cambio tutti devono svolgere il compito che sono chiamati ad assolvere e risponderne per davvero. Non ci sono più alibi. Si eviteranno ripercussioni se si creeranno le premesse perché questo tipo di cultura non imperversi nell’azienda.
Alonso potrebbe lasciare Maranello. Lei lo scelse da perfetto sconosciuto tra sei piloti testati ai tempi della Minardi. Se potesse, quale consiglio gli darebbe?
Ci sono due massime aspirazioni nella vita di un pilota. La prima è vincere il campionato del mondo, l’altra essere il pilota della Ferrari. Se vinci con la Ferrari hai raggiunto tutto. Bisognerebbe capire le motivazioni di Fernando. In questo momento se punti al mondiale hai una sola possibilità: guidare una Mercedes. Ma rimanere a Maranello non è un’opzione scartabile a priori.
Dovesse restare, è giusto lasciare invariata la coppia con Raikkonen?
Ho sempre ritenuto un errore il suo ingaggio, per tre motivi. Uno: il trend della Formula è chiaro, vincono i giovani. Prendere 35enne è già un errore. Due: se nei tre anni precedenti Raikkonen avesse dato prova di chissà cosa, allora la scelta avrebbe anche avuto un senso. Invece nel rally ha inanellato risultati disastrosi e il suo compagno alla Lotus, Grosjean, ha sempre fatto meglio nell’ultima metà della scorsa stagione. Tre: ha uno stile di vita che non è coerente con il mestiere che fa. Quando in passato ho detto queste cose, sono stato sepolto d’improperi, ora parlano i risultati. È stato campione nel 2007, la Formula 1 va veloce…
Negli ultimi tempi, lei ha spesso insistito sulla necessità di migliore l’academy piloti della Ferrari.
Il raffronto tra la scuola piloti di Maranello e quella della Red Bull è impietoso. Una ha sfornato Ricciardo, Vettel e tanti altri. E la Ferrari? Chi ha gestito quel programma ha fallito la sua missione.
Un pilota per il futuro?
Quando arrivai il primo obiettivo che posi era portare Ayrton Senna. Se sei la Ferrari devi puntare al top. Ora hanno Alonso, che è il meglio che il mercato offre. Possono pensare di far crescere un giovane nelle formule minori e nel frattempo prendere Perez. Ma la realtà è che manca una squadra d’appoggio dove far maturare i giovani. Forniscono i motori ad altri team? Potrebbero imporre piloti di prospettiva e di loro gradimento da riportare a casa al momento opportuno.
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Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.