“Quella sera non ero sul motorino con Davide Bifolco. Non c’ero, lo volete capire o no?”. Parla Arturo Equabile, il latitante che i carabinieri cercavano nelle strade di viale Traiano tra venerdì e sabato, la malanotte degli inseguimenti e della sparatoria, di quel colpo “accidentale” che ha stroncato la vita di Davide Bifolco, 17 anni. “Un’ora prima del fatto sono venuti i carabinieri nella casa dove stavo. Erano con le pistole in pugno e gridavano apri, bastardo. Ho avuto paura e sono scappato in un’altra casa. Dopo tre quarti d’ora ho saputo che in un’altra parte del quartiere c’era stata la sparatoria“. Arturo Equabile ha 22 anni e una figlia, la sua è una delle tante vite sbagliate cresciute nel ventre di Malanapoli.
Perché era latitante? “Sono latitante per un furto che non ho commesso…ho spezzato i domiciliari e i carabinieri sono incazzati con me perché non riescono a prendermi”. Quali reati ha commesso? “Nessuno, sono imputato perché delle persone avevano delle microspie in auto e parlavano di un furto e di un certo Arturo, ma quello non ero io”. Storie di una Napoli difficile, sempre in bilico tra legge e malavita. Perché Arturo Equabile afferma che i carabinieri ce l’hanno con lui? “Perché scappavo. Venivano per prendermi e io scappavo, e loro si incazzavano. Qualcuno diceva che se mi prendevano i carabinieri mi ammazzavano. E io mi chiedo perché hanno ammazzato Davide? Al posto suo potevo esserci io. Ma i carabinieri o la polizia hanno tutto il diritto di arrestarmi se mi trovano, non quello di uccidermi. Hanno minacciato mia zia, apri se no spariamo, dicevano. Hanno pure fermato un ragazzo di Fuorigrotta perché mi somigliava tanto”.
Ha mai avuto problemi con la giustizia? “Da minorenne sì, piccole cose, però”. Perché non si costituisce, signor Equabile? “Fino ad oggi non l’ho fatto perché mi ritengo innocente e non voglio pagare per una furto che non ho fatto”. L’avvocato della famiglia Bifolco le ha chiesto nei giorni scorsi di consegnarsi alla giustizia per rispetto di Davide e dei suoi genitori. “E io giuro che lo farò, aspetto solo che il mio avvocato mi porti il fascicolo. Mi costituirò per dire la verità sulla morte di Davide, ma i carabinieri devono arrestarmi non spararmi. Ho paura, voglio che nessuno mi faccia del male, non voglio fare la fine di Cucchi…”.
Arturo Equabile ci lascia così, presto (ore o giorni) si consegnerà all’autorità giudiziaria, davanti a un magistrato potrà dire dov’era la sera della morte di Davide Bifolco, potrà smentire o confermare la versione data da uno dei tre ragazzi a bordo del motorino che escludeva la sua presenza. E’ un tassello importante di una inchiesta difficile, avvolta da troppe ombre e da troppi tentativi di deviare l’attenzione dai fatti al contesto sociale, Napoli e le sue periferie, nel quale vivevano Davide e i suoi amici. Ci sono testimonianze contraddittorie, fotografie scattate a caldo, filmati delle telecamere di videosorveglianza, gente che ha visto. Il carabiniere che quella notte inseguiva Davide ha affermato che il colpo che ha ucciso il ragazzo è partito acidentalmente dalla sua arma.
“Se avevo il colpo in canna – ha spiegato – è perché io e il mio collega inseguivamo un latitante. Non sono mai stato un Rambo, non ho neanche immaginato di puntare la pistola. Sono inciampato quella notte, mentre bloccavo l’altro giovane che si divincolava. Se si fa una perizia si vedrà che c’è il gradino“. Ma ieri un altro testimone oculare ha raccontato una storia diversa. “Stavo sul balcone a fumare una sigaretta quella sera, con me c’era un mio amico. Era da poco passata la mezzanotte e sentivo le sirene delle volanti, ne ho vista passare una sgommando. Passano un paio di ore e vedo un motorino scappare. C’era una macchina che lo inseguiva da dietro e una che era di fronte. Hanno tamponato il motorino e 3-4 carabinieri si sono lanciati in un inseguimento. Davide era a terra, si agitava. Il carabiniere ha puntato la pistola e ha sparato ad un metro, un metro e mezzo di distanza e ha sparato ad altezza d’uomo. Un suo collega, uno senza capelli, ha preso Davide che era caduto a terra per la testa. Gli diceva ‘alzati, alzati’. Dopo pochi minuti è arrivata anche la mamma del ragazzo, non sapeva cosa fosse successo, ha visto il figlio morto e ha abbracciato un carabiniere. Poi uno dei ragazzi ammanettati ha detto sono stati loro ed è scoppiato l’inferno. La gente si è ribellata e ha aggredito i carabinieri, ma solo verbalmente”.
da Il Fatto Quotidiano del 10 settembre 2014
Cronaca
Davide Bifolco, parla il latitante: “Non ero con lui. Voglio costituirmi ma ho paura”
La versione di Arturo Equabile, il giovane che i carabinieri di Napoli cercavano nelle strade di viale Traiano tra venerdì e sabato scorsi, la notte di quel colpo di pistola che ha ucciso Davide Bifolco, 17 anni
“Quella sera non ero sul motorino con Davide Bifolco. Non c’ero, lo volete capire o no?”. Parla Arturo Equabile, il latitante che i carabinieri cercavano nelle strade di viale Traiano tra venerdì e sabato, la malanotte degli inseguimenti e della sparatoria, di quel colpo “accidentale” che ha stroncato la vita di Davide Bifolco, 17 anni. “Un’ora prima del fatto sono venuti i carabinieri nella casa dove stavo. Erano con le pistole in pugno e gridavano apri, bastardo. Ho avuto paura e sono scappato in un’altra casa. Dopo tre quarti d’ora ho saputo che in un’altra parte del quartiere c’era stata la sparatoria“. Arturo Equabile ha 22 anni e una figlia, la sua è una delle tante vite sbagliate cresciute nel ventre di Malanapoli.
Perché era latitante? “Sono latitante per un furto che non ho commesso…ho spezzato i domiciliari e i carabinieri sono incazzati con me perché non riescono a prendermi”. Quali reati ha commesso? “Nessuno, sono imputato perché delle persone avevano delle microspie in auto e parlavano di un furto e di un certo Arturo, ma quello non ero io”. Storie di una Napoli difficile, sempre in bilico tra legge e malavita. Perché Arturo Equabile afferma che i carabinieri ce l’hanno con lui? “Perché scappavo. Venivano per prendermi e io scappavo, e loro si incazzavano. Qualcuno diceva che se mi prendevano i carabinieri mi ammazzavano. E io mi chiedo perché hanno ammazzato Davide? Al posto suo potevo esserci io. Ma i carabinieri o la polizia hanno tutto il diritto di arrestarmi se mi trovano, non quello di uccidermi. Hanno minacciato mia zia, apri se no spariamo, dicevano. Hanno pure fermato un ragazzo di Fuorigrotta perché mi somigliava tanto”.
Ha mai avuto problemi con la giustizia? “Da minorenne sì, piccole cose, però”. Perché non si costituisce, signor Equabile? “Fino ad oggi non l’ho fatto perché mi ritengo innocente e non voglio pagare per una furto che non ho fatto”. L’avvocato della famiglia Bifolco le ha chiesto nei giorni scorsi di consegnarsi alla giustizia per rispetto di Davide e dei suoi genitori. “E io giuro che lo farò, aspetto solo che il mio avvocato mi porti il fascicolo. Mi costituirò per dire la verità sulla morte di Davide, ma i carabinieri devono arrestarmi non spararmi. Ho paura, voglio che nessuno mi faccia del male, non voglio fare la fine di Cucchi…”.
Arturo Equabile ci lascia così, presto (ore o giorni) si consegnerà all’autorità giudiziaria, davanti a un magistrato potrà dire dov’era la sera della morte di Davide Bifolco, potrà smentire o confermare la versione data da uno dei tre ragazzi a bordo del motorino che escludeva la sua presenza. E’ un tassello importante di una inchiesta difficile, avvolta da troppe ombre e da troppi tentativi di deviare l’attenzione dai fatti al contesto sociale, Napoli e le sue periferie, nel quale vivevano Davide e i suoi amici. Ci sono testimonianze contraddittorie, fotografie scattate a caldo, filmati delle telecamere di videosorveglianza, gente che ha visto. Il carabiniere che quella notte inseguiva Davide ha affermato che il colpo che ha ucciso il ragazzo è partito acidentalmente dalla sua arma.
“Se avevo il colpo in canna – ha spiegato – è perché io e il mio collega inseguivamo un latitante. Non sono mai stato un Rambo, non ho neanche immaginato di puntare la pistola. Sono inciampato quella notte, mentre bloccavo l’altro giovane che si divincolava. Se si fa una perizia si vedrà che c’è il gradino“. Ma ieri un altro testimone oculare ha raccontato una storia diversa. “Stavo sul balcone a fumare una sigaretta quella sera, con me c’era un mio amico. Era da poco passata la mezzanotte e sentivo le sirene delle volanti, ne ho vista passare una sgommando. Passano un paio di ore e vedo un motorino scappare. C’era una macchina che lo inseguiva da dietro e una che era di fronte. Hanno tamponato il motorino e 3-4 carabinieri si sono lanciati in un inseguimento. Davide era a terra, si agitava. Il carabiniere ha puntato la pistola e ha sparato ad un metro, un metro e mezzo di distanza e ha sparato ad altezza d’uomo. Un suo collega, uno senza capelli, ha preso Davide che era caduto a terra per la testa. Gli diceva ‘alzati, alzati’. Dopo pochi minuti è arrivata anche la mamma del ragazzo, non sapeva cosa fosse successo, ha visto il figlio morto e ha abbracciato un carabiniere. Poi uno dei ragazzi ammanettati ha detto sono stati loro ed è scoppiato l’inferno. La gente si è ribellata e ha aggredito i carabinieri, ma solo verbalmente”.
da Il Fatto Quotidiano del 10 settembre 2014
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Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 alle ore 15.30 si svolgeranno le commemorazioni dell'Ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci. Poi il primo punto all'ordine del giorno è la mozione di sfiducia a Daniela Santanchè.
(Adnkronos) - La sede opportuna, ha sottolineato Ciriani, "è il Copasir che è un organo del Parlamento e non del governo, ed è presieduto da un componente delle opposizioni. E' quella la sede in cui il governo fornisce tutte le informazioni del caso: oggi è stato audito Valensise, la settimana scorsa Caravelli e la prossima settimana sarà audito Frattasi. Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
E anche sulla richiesta delle opposizioni di sapere se Paragon sia stato utilizzato dalla polizia penitenziaria, Ciriani ribadisce che saranno date "riposte nelle sedi opportune. C'e' un luogo in cui dare risposte e un altro luogo in cui non si possono dare, ma questo è la legge a disporlo, non è il governo". Infine viste le proteste dei gruppi più piccoli che non sono rappresentati nel Copasir, Ciriani ha ricordato che "è la legge che lo prevede, non dipende dal governo".
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 al mattino si terrà discussione generale sulla mozione di sfiducia al ministro Carlo Nordio. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo della Camera.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - La conferenza dei capigruppo ha stabilito che domani dalle 18 votazione si svolgerà la chiama per la fiducia sul dl Milleproroghe. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 16 e 20. Il voto finale sul provvedimento è previsto per giovedì.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Le opposizioni protestano con il governo e con il presidente della Camera Lorenzo Fontana sulla mancata interrogazione al question time sul caso Paragon. "Il governo si sottrae al confronto con il Parlamento. Siamo totalmente insoddisfatti sulle motivazioni apportate dal ministro Ciriani" che ha ribadito come il governo ritenga "non divulgabili" le informazioni sul caso, ha detto la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, al termine della capigruppo a Montecitorio. "E abbiamo chiesto anche al presidente Fontana di rivalutare la sua scelta".
"Il governo ha avuto l'atteggiamento di chi è stato preso con le mani nella marmellata: tutti hanno parlato, ma ora che abbiamo chiesto se lo spyware fosse utilizzato dalla polizia penitenziaria scatta il segreto...", osserva il capogruppo di Iv, Davide Faraone. Per Riccardo Magi di Più Europa si tratta "di un altro colpo alle prerogative del Parlamento. Si toglie forza a uno dei pochissimi strumenti che si hanno per ottenere risposte dal governo".
Roma, 18 (Adnkronos) - "Si tratta di informazioni non divulgabili" e come tali "possono essere divulgate solo nelle sedi opportune" come il Copasir. Lo ha detto il ministro Luca Ciriani al termine della capigruppo alla Camera a proposito delle interrogazioni al governo da parte delle opposizioni sul caso Paragon. "Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
Milano, 18 feb. (Adnkronos) - "Sono molto sollevato per la decisione del giudice Iannelli che ha escluso la richiesta di arresti domiciliari a mio carico. Ciò mi permette di proseguire il mio lavoro di architetto e anche di portare a termine l’incarico di presidente di Triennale e di docente del Politecnico di Milano". Lo afferma Stefano Boeri dopo la decisione del gip di Milano che ha disposto un'interdittiva che gli vieta per un anno di far parte di commissioni giudicatrici per procedure di affidamento di contratti pubblici.
L'archistar è indagato insieme a Cino Paolo Zucchi e Pier Paolo Tamburelli per turbativa d'asta nell'inchiesta per la realizzazione della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. "Ribadisco la mia piena fiducia nel lavoro della magistratura e non vedo l’ora di poter chiarire ulteriormente la mia posizione. Non nascondo però la mia inquietudine per tutto quello che ho subito in queste settimane e per i danni irreversibili generati alla mia vita privata e professionale" conclude Boeri in una nota.