Con il cinema a me capita la stessa cosa che con la letteratura: ai romanzi preferisco i racconti e ai film i cortometraggi, specie se davvero short. Non aspettatevi che giustifichi razionalmente una roba del genere: è così e basta, almeno per me. Ho ripensato a questi miei singolari e criticabilissimi gusti vedendo due cortometraggi di un regista italiano di short film che sta ricevendo apprezzamenti ed inviti in giro per il mondo, il lucchese Marcantonio Lunardi. Choir è un’opera scabra ed essenziale, ma efficacissima, sul rapporto tra reale e virtuale nelle arti.
Gli strani coristi quasi-cyborg che occupano la scena mantenendosi un tablet all’altezza del volto cantano le loro parti a spartito come un coro che si rispetti, ma improvvisamente, in maniera apparentemente aleatoria, su questo, o quel tablet giunge un’interferenza: brani di pubblicità demenziali e irrelati, che interrompono il flusso musicale, lo spezzettano, lo ‘delegittimano’. Il suono si tramuta in rumore. È una sorta di mise-en-abyme al contrario, in cui il corpo umano continua a essere presente e a respirare, a cantare, ma per poter essere messo in contatto con il reale ha, paradossalmente, bisogno di un’interfaccia virtuale, la quale, com’è ovvio che sia, tende a tradire il suo ‘mandato’, sfugge lungo la tangente, impone, autonomamente dall’umano che la utilizza, i suoi contenuti e le sue forme.
Choir è, dunque, uno stringato, ma essenziale discorso intorno al discorso, al dialogo, tra umanità e macchine, tra esperienza reale ed esperienza virtuale, che sembra tener memoria dei tele-racconti di un altro video artista, Giacomo Verde, con cui Lunardi ha collaborato per anni, in cui il corpo di un narratore si poneva in contrasto e in dialogo con lo schermo televisivo, ma trasposti qui in evento non più teatrale, ma totalmente cinematografico e dunque capaci di proporre sensi e forme totalmente nuovi.
370 New World è, invece, un commovente e crudele gioiello dedicato al medesimo tema, ma con intenti schiettamente più ‘politici’, perfettamente completato dalla splendida colonna sonora di Tania Giannouli e dalla fotografia di Ilaria Sabatini. Al tema del rapporto con la tecnologia si aggiunge quello della crisi economica, che chiude ogni orizzonte, che imprigiona in un presente senza più futuro. Così sono due le immobilità con cui Lunardi ci chiede di fare i conti. Una è quella indotta dalla digitalizzazione: i personaggi sono colti in una condizione di assoluta staticità. Il loro sguardo è ‘dentro’ il device, ne è risucchiato, la loro attitudine è concentrata, rapita, simile, non faccia scandalo, a quella che si ha leggendo un romanzo che ci piace, completamente avvinti dalla narrazione, ma moltiplicata all’ennesima potenza.
Persino quando a guardare il tablet è una classe intera, a gruppi di tre o quattro, ognuno di loro è solo, solo con le immagini, gli scritti, i suoni del tablet. Ma anche gli altri, quelli che non hanno un dispositivo digitale tra le mani per farsi risucchiare, sono fermi, direi intensamente fermi. Bloccati a loro volta dalla crisi economica. Messi ai lati, spostati dalla marea dove non c’è corrente, ma solo un’infinita, eterna bonaccia: i loro volti vibrano appena, come vele senza vento
Probabilmente una delle ragioni per le quali apprezzo tanto il lavoro di Lunardi è un suo certo aspetto spiccatamente ‘letterario’. Lunardi – infatti – lavora per allegorie, le sue immagini, o meglio le sue ‘situazioni visive’, che singolarmente hanno un proprio senso autonomo, si concatenano poi in una sintassi simbolica in cui tutto si moltiplica e si complica, muta, e il cui senso finale sarà chiaro solo alla fine della visone (o della lettura, se preferite). Ed è così che l’immagine della madre che allatta al seno il bambino senza staccare gli occhi dalla sua lavagnetta elettronica, in 370 New world – pur citando con evidenza decine di Madonne che allattano il bambino, sembra quasi mutarsi in una Pietà, in cui però il figlio pare più vivo della madre.
Ma non si pensi a questo video come a un atto d’accusa contro le tecnologie digitali. È tutt’altro. È la presa di coscienza, adeguatamente crudele e approfondita, di uno stato delle cose che come tale non può essere cambiato, ma che potrà rivelarsi fausto o infausto, secondo il variare degli altri elementi del contesto: l’economia, e dunque le condizioni strutturali, o la capacità dell’uomo di saper scommettere sul cambiamento, senza farsi travolgere dalla sua forza e senza farsi ingannare dalla sua supposta ‘neutralità’. I volti, i loro sguardi, non perdono la loro bellezza, le luci – sia pure ben disegnate – sono morbide, le espressioni sono concentrate, mai stolide.
Solo così, imho, evitando di cadere nella trappola di una lettura solo ‘ideologica’, si comprende sino in fondo il senso della splendida immagine che chiude 370 New World: quella dell’uomo che nel piazzale di una fabbrica abbandonata – unico tra i personaggi a muoversi – inizia a seminare sull’asfalto.
Non è l’insegna di una sconfitta, o almeno non solo, è anche (o piuttosto) il segnale testardo di una speranza che non si arrende. Se un post-umano esiste, insomma, allora dovremo rassegnarci a farci i conti e a tentare di vincere la scommessa, anche a costo di dover imparare a seminare sull’asfalto.
Lello Voce
Poeta
Cinema - 13 Settembre 2014
Cortometraggi: l’aspetto ‘letterario’ delle opere di Marcantonio Lunardi
Con il cinema a me capita la stessa cosa che con la letteratura: ai romanzi preferisco i racconti e ai film i cortometraggi, specie se davvero short. Non aspettatevi che giustifichi razionalmente una roba del genere: è così e basta, almeno per me. Ho ripensato a questi miei singolari e criticabilissimi gusti vedendo due cortometraggi di un regista italiano di short film che sta ricevendo apprezzamenti ed inviti in giro per il mondo, il lucchese Marcantonio Lunardi. Choir è un’opera scabra ed essenziale, ma efficacissima, sul rapporto tra reale e virtuale nelle arti.
Gli strani coristi quasi-cyborg che occupano la scena mantenendosi un tablet all’altezza del volto cantano le loro parti a spartito come un coro che si rispetti, ma improvvisamente, in maniera apparentemente aleatoria, su questo, o quel tablet giunge un’interferenza: brani di pubblicità demenziali e irrelati, che interrompono il flusso musicale, lo spezzettano, lo ‘delegittimano’. Il suono si tramuta in rumore. È una sorta di mise-en-abyme al contrario, in cui il corpo umano continua a essere presente e a respirare, a cantare, ma per poter essere messo in contatto con il reale ha, paradossalmente, bisogno di un’interfaccia virtuale, la quale, com’è ovvio che sia, tende a tradire il suo ‘mandato’, sfugge lungo la tangente, impone, autonomamente dall’umano che la utilizza, i suoi contenuti e le sue forme.
Choir è, dunque, uno stringato, ma essenziale discorso intorno al discorso, al dialogo, tra umanità e macchine, tra esperienza reale ed esperienza virtuale, che sembra tener memoria dei tele-racconti di un altro video artista, Giacomo Verde, con cui Lunardi ha collaborato per anni, in cui il corpo di un narratore si poneva in contrasto e in dialogo con lo schermo televisivo, ma trasposti qui in evento non più teatrale, ma totalmente cinematografico e dunque capaci di proporre sensi e forme totalmente nuovi.
370 New World è, invece, un commovente e crudele gioiello dedicato al medesimo tema, ma con intenti schiettamente più ‘politici’, perfettamente completato dalla splendida colonna sonora di Tania Giannouli e dalla fotografia di Ilaria Sabatini. Al tema del rapporto con la tecnologia si aggiunge quello della crisi economica, che chiude ogni orizzonte, che imprigiona in un presente senza più futuro. Così sono due le immobilità con cui Lunardi ci chiede di fare i conti. Una è quella indotta dalla digitalizzazione: i personaggi sono colti in una condizione di assoluta staticità. Il loro sguardo è ‘dentro’ il device, ne è risucchiato, la loro attitudine è concentrata, rapita, simile, non faccia scandalo, a quella che si ha leggendo un romanzo che ci piace, completamente avvinti dalla narrazione, ma moltiplicata all’ennesima potenza.
Persino quando a guardare il tablet è una classe intera, a gruppi di tre o quattro, ognuno di loro è solo, solo con le immagini, gli scritti, i suoni del tablet. Ma anche gli altri, quelli che non hanno un dispositivo digitale tra le mani per farsi risucchiare, sono fermi, direi intensamente fermi. Bloccati a loro volta dalla crisi economica. Messi ai lati, spostati dalla marea dove non c’è corrente, ma solo un’infinita, eterna bonaccia: i loro volti vibrano appena, come vele senza vento
Probabilmente una delle ragioni per le quali apprezzo tanto il lavoro di Lunardi è un suo certo aspetto spiccatamente ‘letterario’. Lunardi – infatti – lavora per allegorie, le sue immagini, o meglio le sue ‘situazioni visive’, che singolarmente hanno un proprio senso autonomo, si concatenano poi in una sintassi simbolica in cui tutto si moltiplica e si complica, muta, e il cui senso finale sarà chiaro solo alla fine della visone (o della lettura, se preferite). Ed è così che l’immagine della madre che allatta al seno il bambino senza staccare gli occhi dalla sua lavagnetta elettronica, in 370 New world – pur citando con evidenza decine di Madonne che allattano il bambino, sembra quasi mutarsi in una Pietà, in cui però il figlio pare più vivo della madre.
Ma non si pensi a questo video come a un atto d’accusa contro le tecnologie digitali. È tutt’altro. È la presa di coscienza, adeguatamente crudele e approfondita, di uno stato delle cose che come tale non può essere cambiato, ma che potrà rivelarsi fausto o infausto, secondo il variare degli altri elementi del contesto: l’economia, e dunque le condizioni strutturali, o la capacità dell’uomo di saper scommettere sul cambiamento, senza farsi travolgere dalla sua forza e senza farsi ingannare dalla sua supposta ‘neutralità’. I volti, i loro sguardi, non perdono la loro bellezza, le luci – sia pure ben disegnate – sono morbide, le espressioni sono concentrate, mai stolide.
Solo così, imho, evitando di cadere nella trappola di una lettura solo ‘ideologica’, si comprende sino in fondo il senso della splendida immagine che chiude 370 New World: quella dell’uomo che nel piazzale di una fabbrica abbandonata – unico tra i personaggi a muoversi – inizia a seminare sull’asfalto.
Non è l’insegna di una sconfitta, o almeno non solo, è anche (o piuttosto) il segnale testardo di una speranza che non si arrende. Se un post-umano esiste, insomma, allora dovremo rassegnarci a farci i conti e a tentare di vincere la scommessa, anche a costo di dover imparare a seminare sull’asfalto.
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Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il dialogo tra due presidenti davvero straordinari è promettente. È importante che nulla ostacoli l'attuazione della loro volontà politica". Lo ha dichiarato il portavoce della presidenza russa Dmitri Peskov in un'intervista alla televisione, parlando della fermezza degli Stati Uniti nei confronti di Kiev e sulle dichiarazioni ostili di Trump nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - Resterà per sempre il cantante di "Bandiera gialla", canzone simbolo della musica leggera degli anni '60: Gianni Pettenati è morto nella sua casa di Albenga (Savona) all'età di 79 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella notte, è stato dato con un post sui social dalla figlia Maria Laura: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Maria Laura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lasciato papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte. Le esequie si terranno in forma strettamente riservata".
Nato a Piacenza il 29 ottobre 1945, Gianni Pettenati debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria ed entra a far parte del gruppo degli Juniors e nel 1966, accompagnato dallo stesso gruppo, incide il suo primo 45 giri, una cover di "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola", seguita da quello che rimane il suo maggiore successo "Bandiera gialla", versione italiana di "The pied piper" incisa lo stesso anno da Patty Pravo (in lingua originale, come lato B del singolo "Ragazzo Triste" per la promozione del locale Piper Club di Roma, diventando il brano simbolo della famosa discoteca), diventata un evergreen, immancabile quando si gioca al karaoke o nelle serate revival nelle discoteche e nelle feste. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è "Il superuomo" (cover di "Sunshine superman" di Donovan), mentre sul lato B del disco compare "Puoi farmi piangere" (cover di "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins, incisa con l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol. Sempre nel 1967 Pettenati partecipa al Festival di Sanremo con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala Reale sul Canale Nazionale della Rai in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino.
Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano molto fortunato che il cantante piacentino ha sempre riproposto nei suoi concerti. Seguono altri successi come "Caldo caldo", "Cin cin", "I tuoi capricci" e collaborazioni artistiche con diversi autori della canzone italiana. Critico musicale, Pettenati è autore di diversi libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui "Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane" (Ricordi, con Red Ronnie); "Gli anni '60 in America" (Edizioni Virgilio); "Mina come sono" (Edizioni Virgilio); "Io Renato Zero" (Edizioni Virgilio); "Alice se ne va" (Edizioni Asefi). Nel 2018 era stata concessa a Pettenati la legge Bacchelli che prevede un assegno vitalizio di 24mila euro annui a favore di cittadini illustri, con meriti in diversi campi, che versino in stato di particolare necessità. (di Paolo Martini)
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti della polizia municipale.
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il destino ha voluto così, Dio ha voluto così, se così posso dire. Una missione tanto difficile quanto onorevole - difendere la Russia - è stata posta sulle nostre e vostre spalle unite". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin ai soldati che hanno combattuto in Ucraina, durante una cerimonia organizzata al Cremlino in occasione della Giornata dei Difensori della Patria.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invocato l'unità degli Stati Uniti e dell'Europa per giungere a una "pace duratura", alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa e sulla scia della svolta favorevole a Mosca presa da Donald Trump.
"Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l'Ucraina. Ciò è possibile con l'unità di tutti i partner: ci vuole la forza di tutta l'Europa, la forza dell'America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura", ha scritto Zelensky su Telegram.
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti di polizia municipale.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Decine di migliaia di persone si sono radunate per partecipare ai funerali di Hassan Nasrallah, in uno stadio alla periferia di Beirut. Molte le bandiere di Hezbollah e i ritratti del leader assassinato che ha guidato il movimento libanese, sostenuto dall'Iran, per oltre tre decenni. Uomini, donne e bambini provenienti dal Libano e da altri luoghi hanno camminato a piedi nel freddo pungente per raggiungere il luogo della cerimonia, ritardata per motivi di sicurezza dopo la morte di Nasrallah avvenuta in un massiccio attacco israeliano al bastione di Hezbollah a Beirut sud a settembre.
Mentre la folla si radunava, i media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in alcune zone del Libano meridionale, tra cui una località a circa 20 chilometri dal confine. L'esercito israeliano ha affermato di aver colpito nel Libano meridionale "diversi lanciarazzi che rappresentavano una minaccia imminente per i civili israeliani". Ritratti giganti di Nasrallah e di Hashem Safieddine (il successore designato di Nasrallah, ucciso in un altro attacco aereo israeliano prima che potesse assumere l'incarico) sono stati affissi sui muri e sui ponti nella parte sud di Beirut. Uno è stata appeso anche sopra un palco eretto sul campo del gremito Camille Chamoun Sports City Stadium, alla periferia della capitale, dove si svolgeranno i funerali dei due leader.
Lo stadio ha una capienza di circa 50mila persone, ma gli organizzatori di Hezbollah hanno installato decine di migliaia di posti a sedere extra sul campo e all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Hezbollah ha invitato alla cerimonia alti funzionari libanesi, alla presenza del presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e del ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Quest'ultimo, in un discorso da Beirut, ha descritto i leader assassinati come "due eroi della resistenza" e ha giurato che "il cammino della resistenza continuerà".