Nella sua fulgida doppia veste di imputato e di avvocato esperto di leggi ad personam, il brindisino Luigi Vitali ha il profilo berlusconiano perfetto per entrare nel nuovo Consiglio superiore della magistratura. Vitali è infatti uno dei due nomi forzisti per il Csm. L’altro è quello di Elisabetta Casellati, che come Vitali è stato sottosegretario alla Giustizia. Sinora non hanno raggiunto il quorum in Parlamento, ma da domani pomeriggio si ricomincerà a votare anche per loro due, tra i cinque componenti laici del Csm che ancora mancano. La questione del candidato-imputato è stata posta al capo dello Stato dal grillino Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera: “E’ una cosa che sta passando sotto silenzio. Napolitano non ha detto una parola sul fatto che Vitali è un imputato e che Pd e Fi lo stiano votando”.
La cronista spacciata come assistente
In realtà, Vitali ha due procedimenti penali in corso. L’ultimo, quello più recente, risale a qualche giorno fa. A Napoli, l’avvocato che peggiorò la Cirielli sulla prescrizione a favore di Berlusconi (di qui l’etichetta di ex Cirielli) è accusato di falso ideologico “commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e di falsa attestazione o dichiarazione di un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità professionali proprie o di altri”. Vitali spacciò come propria assistente un’aspirante cronista, di nome Annalisa Chirico, per una visita in carcere a un deputato berlusconiano: Alfonso Papa, arrestato per lo scandalo della P4. Era il 24 ottobre 2011. Per Vitali la richiesta di rinvio a giudizio è stata firmata da Vincenzo Piscitelli, procuratore aggiunto di Napoli, e l’udienza preliminare si terrà il 10 ottobre. Per lo stesso reato, nel luglio del 2012, un altro parlamentare di destra, Renato Farina, fu condannato a 2 anni e 8 mesi perché portò nel carcere milanese di Opera, da Lele Mora, un finto collaboratore.
Dal falso ideologico all’abuso d’ufficio
Secondo la legge numero 195 del 1958, che regola il funzionamento del Csm, “i componenti del Consiglio superiore possono essere sospesi dalla carica se sottoposti a procedimento penale per delitto non colposo” (articolo 37). E il falso ideologico che sarebbe stato commesso da Vitali rientra in questa categoria . Così come ci rientra anche il reato di abuso d’ufficio. Qui, il processo per Vitali, è iniziato da poco, nell’aprile scorso, davanti al tribunale di Brindisi. Vitali e altri sedici imputati devono rispondere delle irregolarità del piano farmacie del comune di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi. Le accuse risalgono al 2012, quando l’avvocato berlusconiano era consigliere comunale nel suo paese natìo. In base alla ricostruzione dei magistrati, Vitali e gli altri impedirono l’apertura di una farmacia nella zona popolare della 167 per evitare di fare concorrenza agli affari del presidente dell’ordine dei farmacisti di Brindisi. La prossima udienza si terrà il 4 novembre.
Una curiosa archiviazione per l’appalto del carcere
Dunque: una richiesta di rinvio a giudizio, un processo e finanche una curiosa archiviazione. Due anni fa, Vitali fu indagato per corruzione. Al centro della storia la costruzione di un carcere in Calabria, da cui far discendere una serie di favori e di assunzioni in cambio. Ma il pm di Brindisi rinunciò a intercettare Vitali, all’epoca parlamentare del Pdl, e chiese l’archiviazione. Per il magistrato, con la richiesta alla Camera di appartenenza della relativa autorizzazione, sarebbero venute meno la segretezza e il fattore sorpresa.
Le ambizioni di “Donato” e i guai del figlio
Donato Bruno è pugliese come Luigi Vitali. Ed è un berlusconiano della gens previtiana, la prima corrente forzista ad avere il proprio leader di riferimento, l’arrogante Cesare, con una condanna definitiva. Dopo, solo dopo, è toccato a Marcello Dell’Utri, ambasciatore con la mafia, e allo stesso Berlusconi. Bruno è in corsa per la Consulta, almeno dal 2008. Allora il centrodestra gli preferì Giuseppe Frigo. Stavolta, potrebbe andare diversamente. Il previtiano pugliese è stato il volto della rivolta e dei doppi giochi che si sono consumati sul candidato scelto da B. e Gianni Letta, Antonio Catricalà. Il mandarino lettiano si è poi ritirato e così in queste ore ad Arcore è in corso una lunga riflessione su chi candidare. A caldo, B. non ha mandato giù i ribelli che hanno votato Bruno la scorsa settimana. Ma il punto è che dietro l’avvocato pugliese non ci sono solo i mal di pancia dei dissidenti di Raffaele Fitto. Il nome di Bruno è stato accolto con favore da Niccolò Ghedini, da sempre ostile al giannilettismo, e soprattutto non è stato ostacolato, anzi, dallo sherpa berlusconiano del patto del Nazareno, il plurinquisito Denis Verdini. Salvo sorprese, domani in Parlamento, per i due giudici costituzionali si ricomincerà dal ticket Violante-Bruno. E se il previtiano dovesse farcela avremo un componente della Consulta con il figlio indagato per prostituzione minorile. Una specialità dalle parti di Forza Italia. Nicola Bruno, questo il nome del figliolo, avrebbe avuto almeno un rapporto sessuale certo con una delle due minorenni dello scandalo romano delle baby-squillo dei Parioli.
da Il Fatto Quotidiano del 14 settembre 2014