Aveva speso gran parte della sua vita per i musulmani, soprattutto in Croazia. David Haines, il terzo ostaggio decapitato dall’Isis in un mese, era un cooperante esperto della sicurezza delle Ong, un ex militare che aveva deciso di aiutare i musulmani nelle zone colpite dalla guerra. Un suo ex collega aveva raccontato al Telegraph solo una settimana fa che Haines era considerato come una sorta di eroe per la sua disponibilità e il suo impegno, e per lui era stato coniato l’ironico soprannome di “scozzese matto”. Haines lavorava per l’Ong francese Acted e, secondo la stampa britannica, sarebbe stato rapito nel marzo 2013, nel campo di Atmeh, a nord della Siria, col cooperante italiano Federico Motka, liberato lo scorso maggio.
L’uomo era stato nella ex Jugoslavia dal 1999 al 2004, lavorando alla ricostruzione delle comunità distrutte dalla guerra civile. “Aiutava tutti, i serbi, i croati, i musulmani. Voleva solo migliorare le loro vite. Mi ha molto sorpreso quando ho saputo che l’avevano rapito dopo quello che ha fatto per i musulmani”, aveva detto il suo ex collega. Nella sua carriera al servizio delle Ong, il 44enne era stato in molti Paesi segnati da conflitti, come la Libia e il Sud Sudan. Prima di scegliere questa strada era stato un militare al servizio di Sua Maestà per 12 anni. La vita avventurosa non gli aveva impedito di mettere su famiglia: lascia una moglie e due figlie, di 17 e 4 anni.
I suoi cari, che proprio venerdì 12 settembre avevano lanciato un appello all’Isis per un contatto, vivevano da mesi nel terrore di ricevere la notizia della sua esecuzione. Ancor di più dopo gli annunci delle decapitazioni dei due giornalisti Usa, Steven Sotloff e James Foley. “Una persona comune come tanti”, ma entusiasta del suo lavoro come operatore umanitario. Uno che aiutava “chiunque avesse bisogno senza badare alla razza, al credo, alla religione”. E’ questo il ricordo di Mike Haines, fratello di David. In un comunicato a nome della famiglia reso noto dal Foreign office, il fratello traccia una breve biografia ricordando la loro infanzia e le vacanze trascorse insieme in caravan e in tenda, i due matrimoni e le due figlie Bethany e Athea.
“David lavorò con l’Onu nei Balcani aiutando la gente che aveva veramente bisogno. Ci sono tante testimonianze di persone di quella regione aiutate da David”, scrive il fratello ricordando che fu in quel periodo che decise di lasciare l’aeronautica britannica per dedicarsi al lavoro umanitario. “La sua gioia e le aspettative per il lavoro che andava a fare in Siria sono per me e la famiglia l’elemento più importante di questa triste storia. E’ stato ed è amato da tutta la sua famiglia e ci mancherà terribilmente“, conclude.