Un’altra Inter è possibile. Non solo difesa, stenti e contropiede, ma anche gioco, gol e spettacolo. Almeno contro il Sassuolo, ridotto a sventurato sparring partner nel pomeriggio di San Siro. Proprio come un anno fa a Reggio Emilia, finisce addirittura 7-0: quattro reti solo nel primo tempo, tre firmate da un incontenibile Mauro Icardi. Il test non è stato troppo probante, anche per causa dell’atteggiamento (completamente sbagliato) dell’avversario. Ma tra le squadre che possono aspirare ad essere la rivelazione di quest’incerto campionato c’è anche l’Inter, al contrario di quanto sembrava indicare il brutto esordio di Torino. Quello 0-0, timido e scialbo, è servito da lezione soprattutto a Walter Mazzari. Stavolta l’allenatore toscano sceglie le due punte, e cambia così in positivo la fisionomia della sua squadra.
Icardi e Osvaldo impegnano costantemente la difesa emiliana e liberano spazi per gli inserimenti. E’ il leitmotiv dei novanta minuti, il marchio di fabbrica di quasi tutti i gol, che passano sempre da Osvaldo: una sponda, un movimento che porta via la marcatura, l’italo-argentino si dimostra prezioso, non solo per la doppietta personale. I protagonisti assoluti, però, sono altri. Mauro Icardi si porta a casa il pallone, come vuole tradizione per ogni tripletta: al di là di qualche esuberanza sui social e nella vita privata, l’attaccante nerazzurro si conferma bomber di razza. Segna da cecchino, di destro a giro da fuori o di sinistro in corsa: a soli 21 anni, può davvero aspirare a una carriera da top player. E poi c’è Mateo Kovacic. La scorsa stagione è stata difficile, Mazzarri lo ha lasciato spesso in panchina (e a volte criticandolo forse ingiustamente). Ora è pronto a diventare leader di questa squadra: in un ruolo, quello di mezzala, che sente finalmente suo, a suon di assist illuminanti e proiezioni offensive.
Sono i suoi cambi di passo a spezzare la partita e incanalarla in direzione nerazzurra. Per entrambi un pomeriggio da campioni, che lascia ben sperare per il futuro, e anche per il presente. Fra i padroni di casa, comunque, quasi tutto ha funzionato alla perfezione. L’asse mancino, dove Dodò – sempre imbeccato dal numero dieci croato – dimostra di essere un acquisto azzeccato. Stesso discorso per Medel, un mastino che recupera palloni e rimbalza gli avversari. O Ranocchia, finalmente sicuro al centro della difesa, responsabilizzato da quella fascia di capitano ereditata da Zanetti. Esattamente l’opposto per il Sassuolo. Che gioca un primo tempo orribile, perdendo subito le misure del campo, svagato dietro e inesistente davanti. Un suicidio affrontare con questa svagatezza l’Inter a San Siro; eppure lo 0-7 dello scorso anno avrebbe suggerito maggior prudenza. Anche Zaza, uomo del momento dopo il debutto con gol in nazionale, affonda nel naufragio neroverde. Mentre l’altro talento, Berardi, si fa cacciare nella ripresa per una gomitata a palla lontana, ribadendo i propri limiti sul piano caratteriale.
Il resto è tutta accademia: sul 5-0 e superiorità numerica non può esserci storia. C’è spazio anche per il ritorno con gol di Freddy Guarin, rimasto a Milano in extremis nell’ultimo calciomercato. La prestazione disastrosa del Sassuolo, paradossalmente, è l’unica nota stonata anche per l’Inter: il successo è così largo e agevola da diventare quasi inattendibile sul reale valore dei nerazzurri. L’impressione di fondo, comunque, resta quella d’inizio campionato. L’Inter è una squadra nettamente rinforzata rispetto all’anno scorso, più completa, forse anche più unita. Però ha bisogno di giocare sempre al massimo (e possibilmente sbloccare subito la partita) per essere competitiva a livello di vertice. Oggi ci è riuscita alla grande, al debutto a Torino un po’ meno, domenica prossima contro il Palermo chissà.