“C’è urgente necessità di porre fine alla presenza dell’Isis nelle regioni in cui ha preso posizione in Iraq”. E’ questo l’obiettivo dei 30 paesi che hanno partecipato al vertice sulla sicurezza irachena a Parigi, cercando di definire una linea comune per combattere i jihadisti. I partecipanti “si sono impegnati a sostenere con tutti i mezzi necessari il nuovo governo iracheno nella lotta contro lo Stato islamico, incluso un aiuto militare appropriato”. A 24 ore dall’esecuzione del cooperante scozzese David Haines, la coalizione internazionale – promossa l’11 settembre dal presidente americano Barack Obama – accelera i lavori per attuare l’intervento militare contro i jihadisti che, al momento, dovrebbe concretizzarsi con raid aerei, aiuti umanitari e operazioni di intelligence.

Francia: “Bisogna annientare l’Isis”
L’importanza di sostenere l’Iraq, il cui territorio cade chilometro dopo chilometro sotto il controllo dell’autoproclamato califfato, è la chiave – secondo i partecipanti alla conferenza – per distruggere la minaccia. Lo ribadisce anche il presidente francese Francois Hollande che aprendo il vertice ha dichiarato: “Non c’è tempo da perdere”. L’inquilino dell’Eliseo ha invitato i partner occidentali e arabi ad impegnarsi “chiaramente, lealmente e con forza al fianco delle autorità irachene”. La determinazione di Parigi nell’estirpare quello che Obama ha definito “il cancro dell’Isis” viene confermata anche dal ministro degli Esteri Laurent Fabius: “Siamo di fronte a una minaccia terroristica che riguarda l’insieme dei nostri paesi e dunque il nostro compito è difenderci”. E ha poi aggiunto: “Lo Stato islamico non è né uno stato né rappresenta l’islam, è un movimento di estrema pericolosità. Tutti, sul posto, giudicano necessario farlo arretrare o scomparire”. L’annientamento dell’Isis è un punto – sostiene il ministro – su cui tutti i paesi partecipanti alla conferenza “sono d’accordo”. E proprio in queste ore Parigi ha avviato i primi voli militari di ricognizione in Iraq. Lo ha annunciato il ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian.

Iraq: “Raid al più presto, è in corso genocidio”
A spingere per un immediato intervento dell’alleanza promossa dagli Usa, è naturalmente il presidente iracheno (di etnia curda) Fouad Massoum che ha lanciato un appello ai paesi membri della coalizione prima dell’apertura della conferenza per un intervento rapido contro lo Stato islamico. Poco prima di entrare nei saloni del Quai d’Orsay per partecipare al vertice, Massoum ha detto alla radio Europe 1 che il suo paese ha “bisogno di un intervento aereo”: “E’ necessario che (i paesi, ndr) intervengano rapidamente, poiché se tarderanno, se questo intervento e questo sostegno all’Iraq tardano, forse lo stato islamico occuperà altri territori”. Aggiungendo che nel paese, i jihadisti stanno compiendo “un genocidio” e che “raggiungeranno altri Paesi nella regione e nel mondo”.

Iran: “Usa hanno chiesto il nostro aiuto, abbiamo rifiutato”
Non entra invece a far parte dell’alleanza anti-Isis l’Iran. La guida suprema Ali Khamenei ha dichiarato: “Gli Usa attraverso il loro ambasciatore in Iraq ci hanno chiesto di cooperare contro lo Stato Islamico. Ho rifiutato perché hanno le mani sporche”. Secondo Teheran lo Stato islamico non può essere sconfitto senza la collaborazione del regime di Damasco, alleato dell’Iran. Entrambi i paesi sono assenti al vertice internazionale. “Il modo migliore per combattere l’Is e il terrorismo nella regione è quello di aiutare e rafforzare i governi iracheno e siriano, che sono coinvolti in una lotta seria contro il terrorismo”, ha detto il vice ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdolahian. “La Repubblica islamica dell’Iran non ha aspettato la formazione di una coalizione internazionale, ha fatto il suo dovere”, ha aggiunto citato dall’agenzia di stampa Isna.

Russia: “Pronta a lottare contro terroristi, ma serve coordinamento Onu”
Mosca si è detta “pronta a partecipare all’elaborazione di misure supplementari per la lotta contro il terrorismo”: lo ha detto, senza elaborare ulteriormente, il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. “Stiamo già prestando un sostanziale aiuto militare e di altro tipo per il rafforzamento del potenziale anti terroristico dell’Iraq, della Siria e di altri Paesi della regione che si trovano in prima linea nella lotta contro lo Stato Islamico e di altri gruppi”, ha sottolineato il ministro. Mosca “spera che il summit di Parigi sia utile ad esaminare le immediate necessità dell’Iraq ma che contribuisca anche a mobilitare un supporto pratico per più concertati sforzi globali contro il terrorismo sotto l’egida dell’Onu”.

Mogherini: “Dall’Italia armi e aiuti umanitari” 
Il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, presente al vertice di Parigi ha dichiarato: “Siamo tutti d’accordo sulla necessità di agire insieme, sul senso di urgenza: fare presto, fare insieme”.  Il titolare della Farnesina ha risposto così a una domanda sulla possibilità che anche i caccia italiani partecipino ai raid: “No, l’Italia ha deciso l’invio di armi, munizioni, soprattutto l’invio di materiale per il sostegno umanitario, che è una priorità”.

Regno Unito: “Appoggiamo intervento di Obama”
E dopo un primo momento in cui il governo britannico ha temporeggiato sull’adesione ai raid americani in Iraq e Siria, Cameron ha deciso di impegnarsi concretamente per “dare la caccia agli assassini di David Haines”, che tengono in ostaggio anche l’altro cittadino inglese Alan Henning. Il premier britannico ha escluso un intervento di truppe, ma ha dato il via libera all’impiego di aerei Tornado e velivoli per la sorveglianza che forniscono informazioni di intelligence. Oltre allo storico alleato inglese, gli Stati Uniti possono contare – secondo il segretario di Stato John Kerry – sull’aiuto di una decina di Paesi arabi che hanno dato la disponibilità di appoggiare politicamente e a livello logistico i raid americani.

Padre Lombardi: “Non ci sono minacce contro il Papa”
Le notizie che riguardano l’Isis “preoccupano tutti” ma “se la domanda è se ci siano minacce specifiche la risposta è no”. Lo ha detto il portavoce della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi. “Non ci sono rischi e minacce per cui modificare programmi” come il prossimo viaggio in Albania o “per cui cambiare il modo in cui il Papa si muove”.

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