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Fiscal compact: come va il referendum contro l’austerità?

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La raccolta di firme per l’abrogazione del Fiscal Compact in Italia è alle ultime battute. È l’ultimo momento per dare una mano. Nel 2011 Draghi e la Bce credevano che l’austerità fosse la medicina giusta per fermare la crisi: furono loro a promuovere il Fiscal Compact. Ma altri economisti avvertivano: scambiate gli effetti con le cause. Tre anni dopo, con milioni di disoccupati in più e i debiti alle stelle, Draghi a Jackson Hole ha ammesso di essersi sbagliato. Addirittura, dice che la Bce è stata la principale responsabile della crisi:

“Dal 2010 in poi l’eurozona ha sofferto per le politiche di bilancio meno flessibili ed efficaci che altrove. Ciò è dipeso non tanto dai debiti pubblici elevati – in aggregato non più alti che negli Usa o in Giappone – quanto piuttosto dalla banca centrale, che in quei paesi poteva intervenire ed è intervenuta con una rete di protezione a difesa dei titoli pubblici. Ciò spiega largamente perché le autorità fiscali di quei paesi non sono state colpite dalla crisi di fiducia, che ha invece limitato l’accesso di molti governi dell’eurozona ai mercati finanziari. Perciò negli Usa e in Giappone è stato possibile graduare di più l’austerità”. Oltre a indurre una eccessiva austerità, nell’eurozona “le pressioni speculative sui titoli pubblici hanno inoltre impedito una trasmissione omogenea della politica monetaria nei diversi paesi… Le politiche monetarie e di bilancio sono diventate simultaneamente restrittive”.

Si tratta ora di invertire le politiche economiche, per generare quella crescita che riduce i debiti. La crescita? Non dipendeva dalle riforme strutturali? Ehm… “I dati più recenti sul Pil … e la crescita dei salari … minima anche nei paesi meno colpiti dalla crisi… indicano una debolezza della domanda“. Perciò: “Le politiche di stimolo alla domanda sono appropriate… anche per assicurarsi contro il rischio di isteresi … [isteresi = deterioramento della struttura economica sottostante, nda]. Il rischio di fare troppo poco… è maggiore del rischio di fare troppo“. Le riforme strutturali sono ancora buone ma… per il futuro: “Senza decise riforme strutturali, gli stimoli alla domanda aggregata perderanno presto vigore e potrebbero alla fine diventare meno efficaci…“.

Invertire le politiche economiche? Facile a dirsi! Sempre Draghi: “L’orientamento complessivo della politica economica migliorerebbe se la politica di bilancio assumesse un ruolo [espansivo] maggiore, accanto alla politica monetaria“. Ma le istituzioni, le regole, le carriere, le ideologie, le alleanze politiche costruite nel 2011-12 sono ancora intatte; e su di esse fanno leva alcuni interessi forti che non hanno interesse a cambiare strada.

Non si tratta ora di fare più debiti, ma meno debiti. Non si tratta di tornare agli antichi vizi italiani, ma di tirare fuori la testa da sotto la sabbia. Come ha fatto Draghi: che in passato ha promosso regole e politiche stupide – o forse con aspetti stupidi – e ora non sa più come venirne fuori. Poverino, ha bisogno di noi. Non si tratta di togliere ogni regola, ogni moralità, ma di cancellare le regole stupide ed autolesioniste. Io la mia parte l’ho fatta.

P.s: Chi vuole firmare deve recarsi alla più vicina sede della Cgil. Non c’è altro modo.

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