#LleiConsultes324, storia catalana del XXI secolo. L’hashtag sui social network schizza in cima alla classifica: il parlamento catalano ha approvato la legge che permetterà al presidente della Generalitat Artur Mas di convocare il referendum sull’indipendenza il prossimo 9 novembre. Centosei voti a favore, 28 quelli contrari – praticamente i deputati del Partito Popolare che siedono sugli scranni del governo di Madrid e del movimento Ciutadans -. Il giorno dopo la sconfitta dei secessionisti scozzesi, a Barcellona si respira aria di sfida. Il punto non è che la Scozia abbia perso o vinto, ma che il governo centrale di David Cameron abbia permesso a Edimburgo di andare al voto in maniera democratica. Artur Mas è soddisfatto: “E’ la strada giusta, l’unica per risolvere lo scontro”, ha detto in conferenza stampa, “votare non divide, ma unisce”. Poi rivolgendosi a Rajoy ha chiesto: “La Catalogna vale meno della Scozia? La Catalogna è meno unita e meno impegnata della Scozia per decidere sul proprio futuro?”. Forte di queste domande il presidente della Generalitat è andato al Parlament con la legge sotto braccio. E ha vinto. Il testo entrerà in vigore lo stesso giorno in cui sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Generalitat. La data rimane ancora un mistero. Tanto più che Mas ha tempo fino all’8 ottobre per convocare il referendum. La pubblicazione e la convocazione andranno a braccetto per non dare tempo al governo di Mariano Rajoy di fare ricorso e alla Corte Costituzionale di sospendere il decreto. Insomma se la Catalogna andrà al voto sarà solo grazie a una questione di tempi.
Approvata quasi dopo un anno di lavoro, la legge prevede che potranno votare i maggiori di 16 anni che risiedono nella regione o i residenti all’estero iscritti al registro creato dalla Generalitat. Anche i cittadini comunitari con un anno di residenza e gli extracomunitari con tre anni avranno diritto a recarsi alle urne. Josep Rull, di Convergència i Unió, ha assicurato che si tratta di una “legge concepita in maniera del tutto democratica” che “si adatta perfettamente alla Costituzione e allo Statuto” e ha chiesto a Madrid di ascoltare il popolo catalano. “Non chiederemo permesso né perdono, non è nessuna chimera quella di voler costruire il nostro futuro. È arrivata l’ora della libertà e della democrazia”, ha concluso tra gli applausi dei deputati.
Meno entusiasti i deputati socialisti: in aula hanno votato sì alla legge, ma, ribadiscono, solo come strumento per chiedere ai cittadini un parere sulla questione. Se il referendum no ha valore legale non può servire alla causa indipendentista. Dagli scranni del partito popolare è stato tutto un mormorio. Poi l’esplosione del deputato Santi Rodríguez: “Questo Parlamento è sovrano, certo. Ma solo in ciò che lo compete”. Frattanto, fuori dall’edificio del Parlament, decine di esteladas (la bandiera simbolo dell’autonomia) volteggiavano in aria. Dopo il voto e l’approvazione Artur Mas è uscito fuori toccandosi il petto con quattro dita, emblema della senyera (la bandiera della Catalogna). E in pochi minuti l’hashtag scalava la vetta del twitter iberico. La legge c’è, il 9 novembre il referendum si farà. La sfida è stata lanciata. Resta da vedere a Madrid come risponderanno.