Dal Lazio al Veneto, il 20 e 21 settembre, attraversando cinque regioni, si snoderà, toccando decine di paesi e città, la protesta. L’obiettivo è quello di impedire che un domani, lungo lo stesso tracciato, entrino in campo ruspe e betoniere impegnate nella costruzione dell’opera pubblica italiana più rilevante dopo il ponte sullo Stretto. Parliamo della Orte–Mestre, un’autostrada il cui progetto preliminare è già stato approvato dal Cipe nel 2013. “La protesta in questo momento è urgente perché in linea teorica in qualsiasi momento d’ora in poi – racconta Mattia Donadel, animatore veneto della ‘Rete stop autostrada Orte Mestre’ – l’Anas potrebbe bandire la gara per il progetto definitivo e la concessione dell’opera”.
Si chiama «comma 2 articolo 4» il magico dispositivo, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 settembre, che ha disincagliato il progetto. Un codicillo ad hoc inserito nel decreto Sblocca Italia che “permette una defiscalizzazione per 2 miliardi di euro per l’opera – sottolinea Legambiente in un comunicato – superando una barriera posta dalla Corte dei Conti per opere come questa, in finanza di progetto”. La barriera della Corte dei Conti di cui parla Legambiente riguarda la bocciatura, del 2 agosto scorso, della delibera del Cipe del 2013 in quanto secondo la Corte non era possibile utilizzare gli 1,8 miliardi di euro di defiscalizzazioni previste nel piano finanziario della Orte-Mestre visto che l’opera era stata dichiarata di pubblica utilità ben prima del 2013, anno in cui sono stati introdotte, dal ‘decreto del fare’, le agevolazioni fiscali per i progetti in project financing.
Con il comma 2 articolo 4 la barriera eretta dalla Corte dei Conti è saltata nel giro di un mese. Cominciamo dai numeri: il costo è di 10 miliardi di euro in project financing; in conto allo Stato vanno messi 1,8 miliardi di defiscalizzazioni previste nel piano finanziario della Orte-Mestre. La lunghezza sarà di 396 chilometri; i ponti e viadotti si svilupperanno per 139 chilometri, le gallerie naturali per 51 chilometri e le gallerie artificiali per 13. Saranno realizzati 20 cavalcavia, 226 sottovia, 83 svincoli, 2 barriere di esazione e 15 aree di servizio. Il consumo di suolo è stimato tra i 600 e i 700 ettari al 90 per cento agricoli. Lungo il percorso l’opera incontrerà 11mila ettari di Siti di Interesse Comunitario (Sic), 5.800 ettari di Zone a Protezione Speciale (ZPS) e 8.300 ettari di parchi regionali, verranno interessati dall’autostrada aree come il Parco del Delta del Po, le Valli di Comacchio e del Mezzano.
“Ma il vero problema è l’insostenibilità dell’intero piano finanziario – denuncia Donadel – infatti i flussi di traffico previsti dagli stessi proponenti sono talmente bassi che le tariffe proposte andrebbero a superare di gran lunga quelle del Passante di Mestre, già oggi le più care in Europa. Ed è chiaro che più care sono le tariffe e più cittadini e trasportatori si riverseranno sulle strade normali rendendo impossibile il rientro del capitale investito”. Il timore è che l’approvazione dell’opera non si basi su una serena valutazione del bilancio costi-benefici. Troppi gli “incroci” con inchieste che hanno svelato il sistema corruttivo dietro le grandi opere.
E’ stato il Fatto Quotidiano, il 12 luglio scorso, a raccontare le preoccupazione manifestata da Piergiorgio Baita, amministratore delegato della Mantovani e protagonista dello scandalo Mose, per i possibili ostacoli che il progetto poteva trovare al Cipe (che invece lo approverà nel 2013). E il suo intervento presso Gioacchino Albanese, vecchio boiardo di stato e oggi in affari con Vito Bonsignore, dominus del progetto Orte-Mestre, e cofondatore del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano (e del ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi). Ma Baita ha incrociato questo progetto già nel 2007 quando concorse, con la sua Mantovani insieme a società autostradali venete e una cordata di cooperative rosse, alla promozione della allora Mestre–Ravenna (la Romea commerciale).
L’Anas preferì il progetto avanzato dalla cordata capitanata dalla Gefip di Vito Bonsignore e che è tutt’ora la proposta in campo. Nel 2009 Baita si prodigò affinché i soci accettassero una transazione, rinunciando ad arrivare al Consiglio di Stato e lasciassero che il raggruppamento capitanato da Bonsignore la spuntasse. Ma, evidentemente, i destini di quell’opera continuarono, negli anni, a stargli a cuore. Forse perché la Orte-Mestre dovrebbe agganciare il Passante di Mestre attraversando la riviera del Brenta tra Mira e Dolo. Nei paraggi – nella zona area compresa tra i comuni di Dolo, Pianiga e Mirano – troviamo i terreni dove dovrebbe sorgere Veneto City, un milione e 300mila metri quadri di superficie, il cui accordo di programma è stato approvato nel giugno del 2011. Tra i soci della Veneto city Spa, la Mantovani di Piergiorgio Baita. Tutto questo prima dell’inchiesta, nel giugno di quest’anno, che ha fatto tremare il Veneto dei potenti. Come andranno le cose d’ora in poi può dipendere anche dalle manifestazioni di questi giorni.
di Gianni Belloni