Forse non tutto è perduto. Il report del Comitato etico della Fifa sulla corruzione diffusa esercitata per assegnare il Mondiale del 2022 al Qatar, che la stessa Fifa sta cercando in tutti i modi di insabbiare potrebbe vedere la luce. Solo la settimana scorsa Hans-Joachim Eckert, a capo del comitato, aveva infatti asserito che il dossier, depositato a inizio mese dal procuratore capo Michael Garcia, non sarebbe mai stato reso pubblico. E che a primavera sarebbero stati fatti al massimo alcuni nomi di membri della Fifa allontanati per motivi interni, senza che fosse specificato il reato da loro commesso. La svolta è arrivata nelle ultime ore, tramite la richiesta ufficiale di ottenere quel rapporto, e quindi di renderlo pubblico, presentata dal parlamentare conservatore Damian Collins al Serious Fraud Office, il dipartimento anticorruzione britannico.
Il deputato inglese sostiene che da quelle pagine possano emergere reati penali, e ha quindi chiesto al dipartimento di ottenerne copia. E che la richiesta arrivi dal Regno Unito, grande sconfitto della riunione Fifa che nel dicembre 2010 assegnò i Mondiali 2018 alla Russia e 2022 al Qatar, non è casuale: nel caso una delle due saltasse, il Mondiale si disputerebbe in Inghilterra. All’indomani di quella decisione infatti, proprio il britannico Lord Triesman accusò in parlamento il boss della federcalcio centro-nord americana Jack Warner di corruzione. E i fatti gli hanno dato ragione: Warner si è dimesso per evitare condanne. Non che l’Inghilterra, che proprio a Trinidad e Tobago nella patria di Warner ha costruito diversi e costosissimi centri sportivi, sia innocente, ma i miliardi di euro mossi dal carrozzone mondiale valgono bene una guerra sotterranea fatta di spionaggio e accuse reciproche.
Da questa guerra sono nate prima un’inchiesta Fbi ancora in corso, e poi la doverosa inchiesta interna della Fifa, messa in piedi dal Comitato Etico e affidata al procuratore newyorkese Garcia. Dopo due anni, 6 milioni di dollari di spesa e 20mila pagine di documenti raccolti, un report riassuntivo di 350 pagine è stato presentato a inizio settembre. Quello che c’è all’interno è segretissimo, ma alcune informazioni fatte filtrare a inizio giugno al Sunday Times – quotidiano non a caso britannico – raccontavano di un mare di corruzione, tangenti e fondi neri che avevano decretato la vittoria dell’emirato nel 2010: milioni di dollari in pagamenti diretti o in trasferimenti su conti segreti tra vari delegati della Fifa e compagnie del Qatar.
La guerra di spionaggio cominciata nel 2010 ha già eliminato Jack Warner e Mohamed Bin Hammam, potentissimi ex alleati di Blatter che avevano deciso di andargli contro alle elezioni del 2011, e poi Michael Platini, che a fine agosto ha annunciato che non avrebbe sfidato il suo ex mentore Blatter alle elezioni per la presidenza della Fifa di giugno 2015. Su Platini sono pesati i rapporti di affari, suoi e della sua famiglia, con l’emiro Al Thani. Il vincitore clamoroso dell’affaire Qatar, che sembrava essere stato messo in piedi per screditarlo, è quindi finora Sepp Blatter: il satrapo che la guida la Fifa da due decenni e si appresta a farlo per altri cinque anni. Forse però, nelle pagine per ora secretate dell’inchiesta di Garcia si trova proprio il nome più caldo di tutti. Lo sapremo mai? Per ora di certo c’è solo che in Qatar continua a morire la manodopera migrante assoldata a costo zero per costruire i nuovi impianti.