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Scuola, l’insegnamento del futuro è nel rispetto delle differenze

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Ho avuto il piacere di assistere al meeting Educare alle differenze, tenuto a Roma lo scorso week end alla scuola ‘Di Donato’. Un’iniziativa organizzata dall’associazione di promozione sociale Scosse (Roma), dal Progetto Alice (Bologna) che opera per il rispetto e la valorizzazione delle differenze di genere e da Stonewall Glbt (Siracusa) che si batte per i diritti delle persone omosessuali e transessuali.

Per chi ha partecipato la sensazione è stata unanime: un successo assoluto. Per le organizzatrici, che pure erano ottimiste, tanto grande quanto inaspettato: “Non ci attendevamo una partecipazione così massiccia” dichiara Monica Pasquino, di Scosse “abbiamo registrato la presenza di oltre seicento persone provenienti da tutta Italia, tra insegnanti, educatori ed educatrici e persone interessate.” A questo dato va integrata l’adesione di oltre duecento associazioni, “dai centri antiviolenza, alle realtà Lgbt. Una realtà eterogenea e varia, e sta proprio in questo il nostro punto di forza”, continua ancora Pasquino.

Ma quali sono stati i temi dibattuti in questi due giorni, nei sette tavoli di lavoro allestiti per parlare di educazione alle diversità a scuola? “Dobbiamo capire che il modello androcentrico e sessista che regge la nostra società non è più sostenibile” denuncia Anna Chiaiese, una docente di lettere classiche di Napoli. Tale modello, per chi ancora non lo sapesse, è quello che propone la figura del maschio (eterosessuale, cristiano e bianco) come centrale nella costruzione dell’identità sociale, con le conseguenze che sono di fronte agli occhi di chiunque: se lo eludi, o perché non vi appartieni o perché te ne discosti, si mettono in moto dei meccanismi di “difesa” del modello stesso che si traducono in violenza, dall’omofobia al femminicidio nelle sue forme più estreme.

Lo scopo dell’incontro è, invece, quello di proporre un progetto di inclusione di tutte le diversità, alternativo a quello – tuttora in vigore, soprattutto nel mondo dell’istruzione – di tipo escludente e confessionale. “Il nostro obiettivo” emerge dalla lettura delle relazioni finali “è quello di arrivare a una scuola pubblica, laica e democratica”. Passando, per altro, dalla formazione sul corpo docente e attraverso il coinvolgimento diretto delle istituzioni, che avranno il dovere di finanziare questo progetto di nuova educazione sociale.

“Non ci accontentiamo più dei patrocini gratuiti. Il governo e la ministra dell’istruzione non possono ignorarci. Speriamo di incontrarli al più presto, per avere risposte e impegni concreti quanto prima, possibilmente, e non allo scadere dei mille giorni” dichiara Tiziana Biondi (Stonewall Glbt). Diverso malumore, infatti, ha suscitato il silenzio sulla manifestazione da parte di Stefania Giannini, interpretato come sintomo di inadeguatezza da parte degli interlocutori istituzionali di fronte alle nuove sfide che la scuola ha davanti.

Rispetto e accoglienza del “diverso” (immigrati, culture alternative, soggetti fuori norma), abbattimento della visione sessista della società (a discapito di donne e persone Lgbt), abbattimento degli stereotipi di genere e ricostruzione di un modello sociale in cui uomini e donne abbiano piena legittimità in quanto individui: secondo Giulia Selmi (Progetto Alice) le due giornate hanno focalizzato l’urgenza di incontrarsi e discutere su questi temi. “Emerge un dato: ci troviamo di fronte a una doppia ricchezza, una di tipo professionale e l’altra di tipo umano” mi confida, a fari spenti. “Abbiamo un’intelligenza collettiva che opera già nel segno dell’educazione verso un mondo più inclusivo ed essa è già presente nel mondo della scuola. Questo patrimonio va riorganizzato, attraverso la nostra capacità di affrontare e risolvere problemi concreti”.

E poi il momento conclusivo, dal tavolo della sessione plenaria che ha tirato le somme di quello che sembra solo l’inizio di una pacifica rivoluzione tra banchi e cattedre, quando si ringrazia l’Associazione Genitori Di Donato che ha ospitato l’iniziativa. Ed è stato un boato di applausi, un’ovazione che ha regalato attimi di vibrante commozione a tutti e a tutte. Una risposta a quelle frange estremiste che si arrogano la pretesa – evidentemente fantasiosa – di rappresentare tutte le famiglie italiane. Nell’attesa di tornare in aula, di organizzare il prossimo incontro e di pensare, da subito, a come fare del futuro un posto migliore in cui vivere.

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