Paolo Scaroni dimostra una “non indifferente capacità a delinquere”. E non stiamo parlando delle indagini per le presunte mazzette sui pozzi petroliferi, ma delle motivazioni della sentenza del Tribunale di Rovigo che lo scorso 31 marzo ha condannato gli ex amministratori di Enel Paolo Scaroni e Franco Tatò a tre anni di reclusione per disastro ambientale, in termini di messa in pericolo della salute della popolazione. Appena depositate, sono l’ennesima tegola sul capo dell’ex manager pubblico oltre che un macigno per i gestori di impianti industriali nel mirino di altre procure. In 113 pagine il collegio giudicante ricostruisce la vicenda processuale innescata dalle emissioni inquinanti della centrale termoelettrica di Porto Tolle tra il 1998 e il 2009. E una frase riassume l’esito e colpisce più di altre l’attenzione: “La pena inflitta risulta adeguata alla non indifferente capacità a delinquere dimostrata dai prevenuti (gli a.d. Tatò e Scaroni), i quali hanno agito al fine di incrementare gli utili d’impresa a discapito della sicurezza e della salute dei cittadini”.
La “capacità di delinquere”, si legge nelle carte, sostanzia dalla fatto che entrambi gli ad (Scaroni dal 2002) anziché porsi l’obiettivo di conformarsi al dettato normativo in fatto di riduzione delle emissione e salvaguardia della salute pubblica “agirono in senso contrario, omettendo da un lato di dare corso agli interventi di ambientalizzazione della centrale annunciati dall’azienda fin dal 1994 e sostenendo dall’altro progetti di riconversione che prevedevano l’uso di combustibili dotati di maggior impatto ambientale rispetto al metano”. Il tutto, in sintesi, al fine di consentire una produzione energetica sostenuta e a basso costo, grazie ai mancati interventi di desolfurazione degli impianti e all’uso di combustibili ad alto tenore di zolfo che presentavano prezzi di acquisto inferiori ad altri. Attività ad altissimo impatto ambientale per la popolazione residente sul territorio del delta del Po che ha potuto proseguire indisturbata fino al 2009 anche grazie a puntuali deroghe pervenute da Roma.
Sul punto i giudici non hanno dubbi. La mera autorizzazione – per altro tacita – al funzionamento della centrale non è sufficiente ad escludere reati suscettibili di incidere sulla salute delle persone. Si legge in proposito nella sentenza (pag. 26): “Tali violazioni, infatti,condussero al pregiudizio di un bene, “la salute” di una generalità indefinita di individui, avente rango costituzionale, e come tale estraneo al c.d. “rischio consentito’, ossia a quel novero di eventi di danno e di pericolo, la cui verificazione non è penalmente rilevante, essendo controbilanciata dalla scriminante dell’esercizio del diritto. L’attività imprenditoriale, infatti, non può svolgersi in contrasto con “l’utilità sociale” (art. 49 Cost.) e non può compromettere il bene salute (art. 32 Cost.). Pertanto, la stessa non può essere legittima ove vulneri in modo significativo tale bene giuridico e diviene colpevole se ciò avviene nella consapevolezza di violare precise disposizioni legislative”.
E i giudici non fanno sconti. “Ciò costituisce chiaro indice del dolo insito nelle condotte nell’intera vicenda”, si legge a pagina 92 della sentenza. Condotte “dettate dalla volontà di contenere i costi di esercizio delle centrale e quindi aumentare gli utili di impresa, omettendo di destinare sufficienti risorse alla salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente circostante”. Oltre a rimarcare la posizione grave di Scaroni, già condannato nel primo processo Enel che si era celebrato ad Adria nel 2006 (confermata in Cassazione 2011), il collegio rileva che non ci sono le condizioni per concedere le attenuanti generiche “considerato il comportamento processuale tenuto dagli imputati, i quali non hanno manifestato alcuna forma di resipiscenza in ordine alle condotte poste in essere”. E in effetti, a botta calda, Scaroni si dimostrerà quasi sprezzante: “Porto Tolle, nessun disastro. Pensavo di essere assolto“. E invece i magistrati condannano e con la mano pesante. A scanso di equivoci precisano anche che “non potrà essere concesso l’indulto di cui alla legge n. 241/2006, atteso che la commissione del reato, per quanto sopra specificato, si è protratta ben oltre la data 2 maggio 2006.
Ma non è finita. Perché mentre gli inquirenti milanesi sono sulle tracce del “tesoretto” di Scaroni, che avrebbe accumulato ingenti ricchezze attraverso un sistema tangentizio di commesse petrolifere, i giudici di Rovigo hanno stabilito che i due manager dovranno pagare in solido tra loro 400mila euro a titolo di risarcimento dei soggetti costituiti in giudizio (ministeri dell’Ambiente e della Salute, associazioni, comuni di Porto Tolle e Rosolina, Provincia di Rovigo…). La partita economica è solo all’inizio. La sentenza si conclude infatti non con una ammenda pecuniaria che lava il reato ma con la richiesta di ripristino dei danni ambientali che con tutta probabilità saranno oggetto di un procedimento in sede civile. Dal valore potenzialmente devastante (anche per Enel, non citata a giudizio sul fronte penale): una stima dell’Ispra dello scorso gennaio valutava danni ambientali e sanitari per 3,6 miliardi di euro.
Oltre al giudizio in oggetto, le motivazioni della sentenza sono già destinate a fare giurisprudenza e sollevare polemiche. Accolgono in pieno l’impianto accusatorio mosso dal pm Manuela Fasolato che ha condotto una solitaria battaglia per anni, finendo pure sotto un procedimento disciplinare dai tratti a dir poco surreali che tutt’ora pende al Csm (il 21 novembre l’udienza). Tra le altre contestazioni, quella di “lavorare troppo”. La Procura Generale della Repubblica ha chiesto due volte l’archiviazione, le incolpazioni in parte sono cadute e in parte sono state riformulate tenendo in piedi quella di “interferenza grave” contro il Ministero dell’Ambiente. Il motivo? Mentre a Roma gli organi tecnici e politici erano impegnati a valutare il mega progetto di riconversione della centrale, il pubblico ministero che stava istruendo l’accusa a Rovigo si era permessa di trasmettere a quegli organi una perizia che segnalava le gravi sottostime e gli errori nelle valutazioni delle emissioni depositate agli atti. A fin di bene, volendo evitare ulteriori danni alla salute e all’ambiente e sotto. Ma sotto processo è finita lei, e poco importa se quello stesso ministero si è costituito parte civile e se i giudici le hanno dato ragione piena.
La sentenza accoglie il principio per cui in un processo per inquinamento ambientale non è necessario produrre la prova del singolo legame di causalità per le varie patologie, è sufficiente la correlazione stabilita dall’incrocio della prova epidemiologica e quella ambientale. Un macigno, si diceva, per gli altri impianti oggi nel mirino delle procure: dalla Tirreno Power di Vado Ligure (Sorgenia, De Benedetti) a Brindisi (Enel), passando per le centrali di Monfalcone (A2a), Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia (Enel).
Infine si registra, proprio a ridosso della sentenza che tra l’altro inibisce a Enel di proseguire l’attività alle condizioni attuali, la decisione dell’azienda di rinunciare al mega progetto di riconversione a carbone, ipotesi giudicata peggiorativa dai consulenti della Procura di Rovigo e messa agli atti anche nelle motivazioni della sentenza.
ENEL, PRENDE ATTO E RISPONDE: “LA SENTENZA RICONOSCE MODESTO RISCHIO SANITARIO”
Enel prende atto delle motivazioni e, nel rispetto del lavoro svolto dai giudici, confida che possa essere chiarita nei futuri gradi di giudizio l’assoluta conformità dell’esercizio della centrale alle normative applicabili così come la correttezza della condotta dei propri rappresentanti.
Il collegio giudicante ha ritenuto che a Porto Tolle non si sia realizzato alcun disastro o danno per la salute, come sostenuto dall’accusa, ma si sia solo manifestata una situazione di modesto rischio di incremento delle malattie respiratorie rispetto ai dati medi esistenti. Circostanza che dovrà esser ulteriormente valutata nel corso del giudizio di appello per tener conto delle evidenze probatorie già emerse nel processo che avevano invece radicalmente escluso l’esistenza di qualsiasi rischio.
In relazione alle domande delle parti civili il collegio giudicante ha disposto la quantificazione dei danni in via provvisionale in misura sensibilmente inferiore rispetto a quanto richiesto (150 mila euro a fronte di 800 milioni). Anche tale decisione, così come ogni valutazione circa la reale esistenza di danni, dovrà esser ulteriormente vagliata nell’ambito dei futuri gradi di giudizio.
Ambiente & Veleni
Processo Enel Porto Tolle, “Scaroni ha non indifferente capacità a delinquere”
La definizione è nelle motivazioni della sentenza di condanna emessa il 31 marzo scorso per il disastro ambientale della centrale di Porto Tolle. "Scaroni agì al fine di incrementare gli utili d'impresa a discapito della sicurezza e della salute dei cittadini”. Il nuovo ad: "Rinunciamo a riconversione a carbone"
Paolo Scaroni dimostra una “non indifferente capacità a delinquere”. E non stiamo parlando delle indagini per le presunte mazzette sui pozzi petroliferi, ma delle motivazioni della sentenza del Tribunale di Rovigo che lo scorso 31 marzo ha condannato gli ex amministratori di Enel Paolo Scaroni e Franco Tatò a tre anni di reclusione per disastro ambientale, in termini di messa in pericolo della salute della popolazione. Appena depositate, sono l’ennesima tegola sul capo dell’ex manager pubblico oltre che un macigno per i gestori di impianti industriali nel mirino di altre procure. In 113 pagine il collegio giudicante ricostruisce la vicenda processuale innescata dalle emissioni inquinanti della centrale termoelettrica di Porto Tolle tra il 1998 e il 2009. E una frase riassume l’esito e colpisce più di altre l’attenzione: “La pena inflitta risulta adeguata alla non indifferente capacità a delinquere dimostrata dai prevenuti (gli a.d. Tatò e Scaroni), i quali hanno agito al fine di incrementare gli utili d’impresa a discapito della sicurezza e della salute dei cittadini”.
La “capacità di delinquere”, si legge nelle carte, sostanzia dalla fatto che entrambi gli ad (Scaroni dal 2002) anziché porsi l’obiettivo di conformarsi al dettato normativo in fatto di riduzione delle emissione e salvaguardia della salute pubblica “agirono in senso contrario, omettendo da un lato di dare corso agli interventi di ambientalizzazione della centrale annunciati dall’azienda fin dal 1994 e sostenendo dall’altro progetti di riconversione che prevedevano l’uso di combustibili dotati di maggior impatto ambientale rispetto al metano”. Il tutto, in sintesi, al fine di consentire una produzione energetica sostenuta e a basso costo, grazie ai mancati interventi di desolfurazione degli impianti e all’uso di combustibili ad alto tenore di zolfo che presentavano prezzi di acquisto inferiori ad altri. Attività ad altissimo impatto ambientale per la popolazione residente sul territorio del delta del Po che ha potuto proseguire indisturbata fino al 2009 anche grazie a puntuali deroghe pervenute da Roma.
Sul punto i giudici non hanno dubbi. La mera autorizzazione – per altro tacita – al funzionamento della centrale non è sufficiente ad escludere reati suscettibili di incidere sulla salute delle persone. Si legge in proposito nella sentenza (pag. 26): “Tali violazioni, infatti,condussero al pregiudizio di un bene, “la salute” di una generalità indefinita di individui, avente rango costituzionale, e come tale estraneo al c.d. “rischio consentito’, ossia a quel novero di eventi di danno e di pericolo, la cui verificazione non è penalmente rilevante, essendo controbilanciata dalla scriminante dell’esercizio del diritto. L’attività imprenditoriale, infatti, non può svolgersi in contrasto con “l’utilità sociale” (art. 49 Cost.) e non può compromettere il bene salute (art. 32 Cost.). Pertanto, la stessa non può essere legittima ove vulneri in modo significativo tale bene giuridico e diviene colpevole se ciò avviene nella consapevolezza di violare precise disposizioni legislative”.
E i giudici non fanno sconti. “Ciò costituisce chiaro indice del dolo insito nelle condotte nell’intera vicenda”, si legge a pagina 92 della sentenza. Condotte “dettate dalla volontà di contenere i costi di esercizio delle centrale e quindi aumentare gli utili di impresa, omettendo di destinare sufficienti risorse alla salvaguardia della salute pubblica e dell’ambiente circostante”. Oltre a rimarcare la posizione grave di Scaroni, già condannato nel primo processo Enel che si era celebrato ad Adria nel 2006 (confermata in Cassazione 2011), il collegio rileva che non ci sono le condizioni per concedere le attenuanti generiche “considerato il comportamento processuale tenuto dagli imputati, i quali non hanno manifestato alcuna forma di resipiscenza in ordine alle condotte poste in essere”. E in effetti, a botta calda, Scaroni si dimostrerà quasi sprezzante: “Porto Tolle, nessun disastro. Pensavo di essere assolto“. E invece i magistrati condannano e con la mano pesante. A scanso di equivoci precisano anche che “non potrà essere concesso l’indulto di cui alla legge n. 241/2006, atteso che la commissione del reato, per quanto sopra specificato, si è protratta ben oltre la data 2 maggio 2006.
Ma non è finita. Perché mentre gli inquirenti milanesi sono sulle tracce del “tesoretto” di Scaroni, che avrebbe accumulato ingenti ricchezze attraverso un sistema tangentizio di commesse petrolifere, i giudici di Rovigo hanno stabilito che i due manager dovranno pagare in solido tra loro 400mila euro a titolo di risarcimento dei soggetti costituiti in giudizio (ministeri dell’Ambiente e della Salute, associazioni, comuni di Porto Tolle e Rosolina, Provincia di Rovigo…). La partita economica è solo all’inizio. La sentenza si conclude infatti non con una ammenda pecuniaria che lava il reato ma con la richiesta di ripristino dei danni ambientali che con tutta probabilità saranno oggetto di un procedimento in sede civile. Dal valore potenzialmente devastante (anche per Enel, non citata a giudizio sul fronte penale): una stima dell’Ispra dello scorso gennaio valutava danni ambientali e sanitari per 3,6 miliardi di euro.
Oltre al giudizio in oggetto, le motivazioni della sentenza sono già destinate a fare giurisprudenza e sollevare polemiche. Accolgono in pieno l’impianto accusatorio mosso dal pm Manuela Fasolato che ha condotto una solitaria battaglia per anni, finendo pure sotto un procedimento disciplinare dai tratti a dir poco surreali che tutt’ora pende al Csm (il 21 novembre l’udienza). Tra le altre contestazioni, quella di “lavorare troppo”. La Procura Generale della Repubblica ha chiesto due volte l’archiviazione, le incolpazioni in parte sono cadute e in parte sono state riformulate tenendo in piedi quella di “interferenza grave” contro il Ministero dell’Ambiente. Il motivo? Mentre a Roma gli organi tecnici e politici erano impegnati a valutare il mega progetto di riconversione della centrale, il pubblico ministero che stava istruendo l’accusa a Rovigo si era permessa di trasmettere a quegli organi una perizia che segnalava le gravi sottostime e gli errori nelle valutazioni delle emissioni depositate agli atti. A fin di bene, volendo evitare ulteriori danni alla salute e all’ambiente e sotto. Ma sotto processo è finita lei, e poco importa se quello stesso ministero si è costituito parte civile e se i giudici le hanno dato ragione piena.
La sentenza accoglie il principio per cui in un processo per inquinamento ambientale non è necessario produrre la prova del singolo legame di causalità per le varie patologie, è sufficiente la correlazione stabilita dall’incrocio della prova epidemiologica e quella ambientale. Un macigno, si diceva, per gli altri impianti oggi nel mirino delle procure: dalla Tirreno Power di Vado Ligure (Sorgenia, De Benedetti) a Brindisi (Enel), passando per le centrali di Monfalcone (A2a), Torre Valdaliga Nord a Civitavecchia (Enel).
Infine si registra, proprio a ridosso della sentenza che tra l’altro inibisce a Enel di proseguire l’attività alle condizioni attuali, la decisione dell’azienda di rinunciare al mega progetto di riconversione a carbone, ipotesi giudicata peggiorativa dai consulenti della Procura di Rovigo e messa agli atti anche nelle motivazioni della sentenza.
ENEL, PRENDE ATTO E RISPONDE: “LA SENTENZA RICONOSCE MODESTO RISCHIO SANITARIO”
Enel prende atto delle motivazioni e, nel rispetto del lavoro svolto dai giudici, confida che possa essere chiarita nei futuri gradi di giudizio l’assoluta conformità dell’esercizio della centrale alle normative applicabili così come la correttezza della condotta dei propri rappresentanti.
Il collegio giudicante ha ritenuto che a Porto Tolle non si sia realizzato alcun disastro o danno per la salute, come sostenuto dall’accusa, ma si sia solo manifestata una situazione di modesto rischio di incremento delle malattie respiratorie rispetto ai dati medi esistenti. Circostanza che dovrà esser ulteriormente valutata nel corso del giudizio di appello per tener conto delle evidenze probatorie già emerse nel processo che avevano invece radicalmente escluso l’esistenza di qualsiasi rischio.
In relazione alle domande delle parti civili il collegio giudicante ha disposto la quantificazione dei danni in via provvisionale in misura sensibilmente inferiore rispetto a quanto richiesto (150 mila euro a fronte di 800 milioni). Anche tale decisione, così come ogni valutazione circa la reale esistenza di danni, dovrà esser ulteriormente vagliata nell’ambito dei futuri gradi di giudizio.
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Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Il Tar Campania, con sentenza n. 1354/2025 ha accolto il ricorsopresentato da un gruppo di società di charter e da Confindustria Nautica, rappresentate dagli avvocati Enrico Soprano e Federica Esposito, contro il Consorzio di gestione dell’Area Marina Protetta Punta Campanella, teso all’annullamento del disciplinare integrativo del Regolamento di organizzazione dell' Amp, laddove prevedeva condizioni vessatorie per le Società di charter. In particolare la regolamentazione prevedeva penalizzazioni con riguardo al regime autorizzatorio, il versamento di oneri di segreteria, l’installazione obbligatoria del sistema identificativo Ais. Il Tar ha sancito invece l’incompetenza dell’Ente gestore ad introdurre tale regime, rivestendo carattere innovativo rispetto al regolamento di gestione.
“L’Associazione nazionale di categoria di Confindustria è articolata in 9 Assemblee di settore in rappresentanza di tutta la filiera - spiega il direttore Generale di Confindustria Nautica, Marina Stella - ultima, solo in ordine di costituzione, proprio quella dedicata alle imprese del charter, cui abbiamo assicurato importanti innovazioni normative e per cui continuiamo a lavorare per un nuovo pacchetto di riforma del Codice della nautica da diporto. Auspichiamo che l’ulteriore rafforzamento in corso della nostra compagine associativa porti ulteriori risultati".
"Si tratta di un importante riconoscimento dei diritti delle imprese della locazione e del noleggio che proprio in Campania rappresentano un hub di assoluto rilievo nazionale e internazionale e si specchiano nella qualificata rappresentanza in Confindustria Nautica. La Province di Napoli e Salerno insieme rappresentano il primo polo nazionale in termini di addetti del charter" conferma il responsabile dei Rapporti istituzionali di Confindustria Nautica, Roberto Neglia, che ha seguito la vicenda insieme al consigliere dell’Assemblea 9, Sebastiano Iuculano.
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - "Se non riusciamo a fermare chi ha utilizzato in modo illegittimo il software israeliano contro giornalisti, attivisti e forse persino contro un sacerdote, se non ci riusciamo stavolta, la prossima volta faranno peggio. Soprattutto contro i cittadini comuni. Questa battaglia non è contro la Meloni –che scappa dal Parlamento– ma a favore della libertà di quella che i populisti chiamano 'la gente normale'. Credetemi: o li fermiamo ora o la prossima volta faranno peggio. È in gioco la libertà dei cittadini, non solo la privacy". Lo scrive Matteo Renzi nella Enews.
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - "Finalmente abbiamo un leader in Europa che abbia insieme una visione e un futuro. Macron ha poco futuro, Meloni ha poca visione: Merz sarà il vero capo dell’Europa, con buona pace di chi diceva che Meloni sarebbe stata il ponte con l’America. Credo che purtroppo l’unico ponte la Meloni lo stia costruendo con l’Albania del centro migranti, un ponte pagato caro dai contribuenti a forza di viaggi andata e ritorno". Lo scrive sulla Enews Matteo Renzi.
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’istruttoria nei confronti di Atac per possibile pratica commerciale scorretta. L’istruttoria riguarda la qualità e la quantità dei servizi erogati nel triennio 2021-2023 rispetto a quanto previsto dal contratto di servizio con il Comune di Roma e prospettato ai consumatori anche attraverso la Carta della Qualità dei Servizi del Trasporto Pubblico. Lo comunica l'Antitrust in una nota.
In particolare, Atac avrebbe sistematicamente disatteso gli obiettivi relativi alla regolarità del servizio di trasporto di superficie e del trasporto metropolitana, ai presidi di sicurezza delle stazioni metropolitane, al funzionamento di ascensori, montascale e scale/tappeti mobili, nonché all’illuminazione delle stazioni della metropolitana.
A fronte del presunto mancato raggiungimento di questi obiettivi, Atac non sembrerebbe aver assunto misure correttive adeguate a colmare le ripetute carenze, né misure di adeguamento e/o di rimborso parziale delle tariffe applicate, in considerazione dei potenziali disagi arrecati ai consumatori. Ieri i funzionari dell’Autorità hanno svolto un’ispezione presso la sede della società Atac con l’ausilio del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di finanza.
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - "Se Cdu e Socialisti pensano di fare finta di niente, andando al governo confermando un inciucio fallimentare, non faranno il bene dell’Europa. Il voto di Afd, scelta da tantissimi giovani, è un voto di speranza, un voto che guarda al futuro. Per paura di Afd, la Cdu-Csu aveva espresso posizioni molto chiare che ora dovrà rimangiarsi per cercare un accordo con i Socialisti che, come un Pd qualunque, hanno straperso ma vogliono le poltrone come se nulla fosse. Per l’Europa sarebbe un pessimo segnale". Lo dice il vicepresidente del Consiglio e segretario della Lega, Matteo Salvini, in un'intervista a 'Libero'.
"Il cordone sanitario -aggiunge- non porta bene a chi lo fa, in Europa hanno tentato la stessa cosa contro la Lega e i nostri alleati, e hanno ottenuto che i Patrioti siano cresciuti in tutti i Paesi diventando terzo Gruppo a Bruxelles. Ormai Popolari e Socialisti sono chiusi in un bunker, perennemente sconfitti ma incapaci di vedere la realtà. Eppure continuo a sperare che le forze di centrodestra siano in grado di unirsi contro le sinistre, come da insegnamento di Silvio Berlusconi abbiamo il dovere di dialogare con tutte le forze alternative alle sinistre che spingono per l’immigrazione selvaggia, per la cancellazione delle nostre identità, della nostra agricoltura e del nostro lavoro".
Torino, 25 feb. (Adnkronos) - Oltre 100 persone indagate per traffico di stupefacenti e altri reati commessi all’interno delle carcerari. Una vasta operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Torino, insieme al Nucleo investigativo regionale della Polizia penitenziaria di Torino, è in corso da stamattina presto nelle province di Torino, Alessandria, Biella, Vercelli, Cuneo, Sassari, Savona Imperia e Modena, con perquisizioni sia in abitazioni che in istituti di pena.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Io sono un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente". Così Simone Cristicchi, ospite a 'Maschio Selvaggio' su Rai Radio 2, risponde alla conduttrice Nunzia De Girolamo quando fa notare al cantautore romano come la canzone sanremese 'Quando sarai piccola' sia piaciuta tanto a Elly Schlein quanto a Giorgia Meloni.
"Si tende sempre a identificare gli artisti politicamente, la musica invece non ha fazioni, non ha colori. Devo dire che tu hai messo insieme la destra e la sinistra", ha detto De Girolamo al cantautore arrivato quinto nella classifica finale. "Questo mi fa sorridere - ha confessato Cristicchi - sono molto contento di questo apprezzamento bipartisan, o anche super partes, che ha generato la mia canzone. Io sono sempre stato un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente, proprio perché volevo che la mia musica e la mia arte potesse arrivare a tutti ed è giusto che sia così".
"Ovviamente ho le mie idee, come tutti, non le rinnego e non mi vergogno di esternarle quando è il momento e quando ho voglia, però - ha concluso il cantautore - sono veramente contento di aver fatto questa canzone che sia piaciuta più o meno a tutti".