Durante l’ultima campagna elettorale per le politiche dello scorso maggio il Premier indiano Narendra Modi aveva fatto una promessa. In caso di vittoria avrebbe ripulito il sacro Gange. Un progetto a dir poco ambizioso, visto che il fiume percorre oltre 2.500 kilometri nel suo tragitto che va dai ghiacciai himalaiani fino al Golfo del Bengala. Ed è uno dei più inquinati al mondo. Il suo bacino ospita il 37 per cento della popolazione indiana (444 milioni di persone – quasi l’equivalente degli abitanti dell’intera Unione Europea) e il 47 per cento delle terre irrigate. La recente urbanizzazione ha messo a dura prova la sostenibilità di questa enorme area. Circa 690 città si sono sviluppate lungo il bacino del Gange, e i loro scarichi urbani sono i maggiori responsabili dell’inquinamento del fiume. Si calcola che ogni giorno vengano sversati nelle sue acque 1,7 miliardi di litri di liquidi di scarico, per la maggior parte non trattati.
La bonifica del Gange era diventata un’icona della proposta politica di Modi. Il crescente inquinamento del lunghissimo corso d’acqua si è trasformato in metafora della corruzione e delle disuguaglianze che continuano ad affliggere l’India. Il progetto di bonifica invece è assurto a icona di una svolta di più ampio respiro. Fino al punto che si è arrivati a nominare un ministro per il Gange. Uma Bharti, ministro delle Risorse Idriche, dello Sviluppo Fluviale e del Rinnovamento del Gange.
Lo scorso luglio il Governo Modi ha stanziato 334 milioni di dollari per la parte ambientale del vasto piano di sviluppo “Namami Ganga”, che dal sanscrito potrebbe essere tradotto come “Omaggio al Gange”. L’obiettivo dichiarato è quello di ripulire il fiume sacro in tre anni. Pochi giorni fa la Corte Suprema aveva espresso grande scetticismo riguardo al piano di bonifica. Ci vorranno almeno 200 anni per sanitizzare il Gange, secondo i membri dell’alta Corte. Di parere simile sono anche molte organizzazioni ambientaliste, secondo cui il “Namami Ganga” sarebbe infarcito di buoni propositi ma privo di indicazioni concrete su come realizzarli.
I ministri hanno risposto alle critiche e alla generale diffidenza presentando una bozza operativa che distingue obiettivi di breve, medio e lungo periodo. Tre anni è il breve termine. In 18 anni il piano di bonifica dovrebbe essere portato a compimento. Ci hanno provato in molti negli ultimi tre decenni. Ma l’inquinamento del Gange non ha smesso di crescere. Ora però la promessa di questa svolta verso uno sviluppo urbano più sostenibile ha assunto una posizione così rilevante nell’offerta politica del nuovo esecutivo che un clamoroso fallimento sarebbe di sicuro condannato dall’elettorato indiano.