Nonostante alcune spese di Stefano Bonaccini, in particolare in ristoranti, non avessero motivazione, né lo stesso sia stato in grado di giustificarle quando è stato interrogato, questo fatto, pur potendo assumere un “rilievo negativo contabile”, non è sufficiente per provare un utilizzo improprio dei finanziamenti che configuri un peculato. E’ il ragionamento della procura di Bologna nel chiedere l’archiviazione per il candidato alle primarie del centrosinistra in Emilia-Romagna. Secondo quanto riportato dall’edizione bolognese del Resto del Carlino tutte le cene contestate a Bonaccini si aggiravano su cifre attorno ai 25-30 euro a coperto, eccetto in due occasioni: 226 euro per una cena da sei persone a Modena, e 229 euro per una cena da quattro persone a Cesenatico.
“Residuano margini di dubbio non completamente dissolti sull’effettiva e certa riferibilità all’attività consigliare di tutte le spese”, scrivono i Pm. Dubbio che tuttavia, “da un lato non vede una prospettiva di soluzione attraverso alcun altro approfondimento investigativo” e dall’altro “non assume per sé un adeguato peso indiziario e tantomeno probatorio in funzione di un eventuale giudizio”. Inoltre, la “modestia delle spese (4.147 euro tra giugno 2010 e dicembre 2011, ndr) sia singolarmente considerate che nel loro complesso, in un contesto generale di sostanziale correttezza e adeguatezza, anche considerate le maggiori ed ingenti somme potenzialmente a disposizione del consigliere, viene a rappresentare un approccio estraneo a quella volontà di approfittamento illecito delle risorse pubbliche che connota il delitto di peculato”.