Mentre il premier Matteo Renzi rientra dalla visita ufficiale negli Stati Uniti, che l’ha visto scambiarsi affettuosità con il numero uno di Fca Sergio Marchionne, la Cgil gli prepara un’accoglienza con i fiocchi. Il segretario generale della confederazione, Susanna Camusso, intervenendo all’assemblea nazionale della Fiom, ha detto che se il governo sceglierà di procedere sulla riforma del lavoro attraverso un decreto “bisognerà indire lo sciopero generale”. Ribadendo così quanto minacciato una settimana fa, dopo l’accusa di “thatcherismo” nei confronti del presidente del Consiglio. Continua, dunque, lo scontro frontale tra esecutivo e sindacato sul Jobs Act e l’articolo 18, “totem” che “crea lavoratori di serie A e di serie B” per Renzi, “tutela per le persone” secondo la leader Cgil. Che ha denunciato ci ci sia “una parte di mondo che pensa che il futuro sia fatto di un lavoro servile, di un lavoro con meno diritti, e per ottenere questi risultati definisce conservatori tutti coloro che, invece, parlano di dignità del lavoro e di diritti da acquisire”. Camusso ha poi chiesto che il governo, in un’ottica di redistribuzione, parta “dalla patrimoniale sulle grandi ricchezze” in modo da usare “quelle risorse per far ripartire l’occupazione”.
Tornando alla riforma del lavoro, oltre alla sostanza ora nel mirino della confederazione, che il 25 ottobre sarà in piazza insieme alla Fiom contro il Jobs Act, c’è la “forma”. Cioè il fatto che il ddl delega possa essere convertito in un decreto legge per stringere i tempi e dribblare il lungo e prevedibilmente accidentato iter parlamentare, con il Pd sempre più spaccato e numeri a rischio a Palazzo Madama. Solo due giorni fa, però, il responsabile economico Filippo Taddei ha smentito che l’esecutivo intenda scegliere la “scorciatoia”. E lunedì il presidente del Consiglio intende chiedere alla direzione nazionale del partito un mandato forte sulla riforma del lavoro che consenta di lasciarsi alle spalle i divisivi sette emendamenti della minoranza (“Non mi interessa cosa pensa questo o quell’esponente del mio partito”, ha chiarito venerdì da Auburn Hills).
“Nel mio intervento alle Nazioni Unite, portando la voce dell’Italia ho voluto portare la dignità e l’orgoglio di 60 milioni di italiani che sanno che i valori di civiltà, libertà, bellezza e uguaglianza e contro la pena di morte sono valori e diritti storici per il nostro Paese. Ma ho voluto portare anche la voce degli 80mila salvati dalla Marina Militare nell’operazione Mare Nostrum, che sono stati strappati dal Mediterraneo”, ha ricordato Renzi. “Noi vogliamo che il Mediterraneo sia il cuore dell’Europa e non il cimitero del mondo. Vogliamo che il Mediterraneo torni a essere il luogo dove persone di culture e religioni diverse possano tornare a dialogare e costruire quella pace che manca in Libia e in Palestina”.