Lo scandalo pedofilia aveva già bussato alle porte del conclave nel 2013. Il “cardinale molestatore” Keith Patrick O’Brien si era fermato sulla soglia della Cappella Sistina, a differenza di quanto aveva fatto nel 2005, perché la sua condotta sessuale, come da lui ammesso, era “scesa al di sotto degli standard che ci si doveva aspettare da me come prete, arcivescovo e cardinale”. Niente conclave, dunque, e ritiro di penitenza fuori dalla Scozia per volontà di Papa Francesco. Oggi lo scandalo di aver coperto gli abusi sui minori rischia di travolgere addirittura il “consiglio della corona” di Bergoglio, il cosiddetto “C9” di cardinali che, appena un mese dopo la fumata bianca, ha iniziato a elaborare la riforma della Curia romana. Gli occhi degli osservatori sono tutti puntati sul “ranger australiano”, come lo chiama il Papa, George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia, al centro di un’indagine per la gestione dei casi di pedofilia quando era arcivescovo di Melbourne in Australia dal 1996 al 2001.
Il 22 agosto 2014 Pell, durante un’audizione via webcam da Roma alla Commissione nazionale d’inchiesta australiana sulle risposte delle istituzioni agli abusi sessuali sui minori, ha affermato che “i preti pedofili sono come dei camionisti che molestano autostoppiste”. Un paragone assurdo per sostenere che la colpevolezza legale dei sacerdoti pedofili non può essere imputata ai vertici della Chiesa cattolica, immediatamente contestato sia dalle vittime degli abusi, sia dalle associazioni dei camionisti. Ma in Vaticano i nemici che Pell si è fatto, grazie ai suoi modi da ranger non certamente consoni alle felpate pugnalate curiali, hanno preso subito nota dell’accaduto per rispolverarlo al momento opportuno. Ovvero oggi che, per volontà di Bergoglio, sono scattati gli arresti domiciliari nelle mura leonine per l’ex nunzio polacco Jozef Wesolowski, accusato di pedofilia e pedopornografia. E mentre sono in corso i processi canonici per gli altri due vescovi indagati per abusi sui minori, il cileno Marco Antonio Órdenes e il peruviano Gabino Miranda Melgarejo. E soprattutto dopo la rimozione, decisa dal Papa, del vescovo paraguayano Rogelio Ricardo Livieres Plano, accusato di malversazioni e di aver coperto la pedofilia del suo vicario generale.
Le pesanti accuse contro Pell e le polemiche sulla sua gestione, anche in termini di risarcimenti economici per le vittime, sui casi di pedofilia sono note da tempo e sono state oggetto di studio sotto il pontificato di Benedetto XVI. Nei sacri palazzi, infatti, non è un mistero che Ratzinger, nel 2010, aveva pensato proprio all’allora cardinale di Sydney per il ruolo di prefetto della potentissima Congregazione per i vescovi, come successore di Giovanni Battista Re giunto all’età canonica della pensione. Ma alla fine il pericolo che la nomina di Pell a Roma avrebbe potuto far scoppiare un vero e proprio tsunami in Vaticano fece desistere Benedetto XVI che preferì lasciare il porporato a Sydney. L’accusa principale contro il cardinale australiano è legata al cosiddetto “Melbourne Response”, uno schema di risarcimenti per le vittime dei preti pedofili. Queste ultime si sono sempre dichiarate tradite dal tetto di 50mila dollari australiani che l’allora arcivescovo Pell imponeva come risarcimento, mentre chi ha avviato azioni legali ha ricevuto in media 293mila dollari. Il porporato ha sempre ribattuto che prima dell’introduzione del “Melbourne Response”, ovvero del 1996, non erano affatto previsti risarcimenti per le vittime e che “molte delle persone assistite da noi avrebbero ricevuto poco o niente se si fossero rivolte ai tribunali”.
Gli sviluppi delle indagini australiane, però, oggi sono destinate a interferire col governo di Papa Francesco. Qualora, infatti, fossero accertate le responsabilità di Pell nella copertura dei preti pedofili, Bergoglio non potrebbe non usare lo stesso durissimo provvedimento attuato per il vescovo paraguayano, rimuovendo il porporato australiano sia dal neonato dicastero economico a lui affidato, sia dal “C9” dei cardinali. Una rimozione che, inevitabilmente, colpirebbe anche la riforma dello Ior messa in atto proprio da Pell con uomini di sua fiducia e diverrebbe un pesantissimo boomerang sul pontificato di Francesco.
Twitter: @FrancescoGrana
Cronaca
Pedofilia, ecco perché lo scandalo può travolgere il consiglio della corona del Papa
Lo scandalo pedofilia aveva già bussato alle porte del conclave nel 2013. Il “cardinale molestatore” Keith Patrick O’Brien si era fermato sulla soglia della Cappella Sistina, a differenza di quanto aveva fatto nel 2005, perché la sua condotta sessuale, come da lui ammesso, era “scesa al di sotto degli standard che ci si doveva aspettare da me come prete, arcivescovo e cardinale”. Niente conclave, dunque, e ritiro di penitenza fuori dalla Scozia per volontà di Papa Francesco. Oggi lo scandalo di aver coperto gli abusi sui minori rischia di travolgere addirittura il “consiglio della corona” di Bergoglio, il cosiddetto “C9” di cardinali che, appena un mese dopo la fumata bianca, ha iniziato a elaborare la riforma della Curia romana. Gli occhi degli osservatori sono tutti puntati sul “ranger australiano”, come lo chiama il Papa, George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia, al centro di un’indagine per la gestione dei casi di pedofilia quando era arcivescovo di Melbourne in Australia dal 1996 al 2001.
Il 22 agosto 2014 Pell, durante un’audizione via webcam da Roma alla Commissione nazionale d’inchiesta australiana sulle risposte delle istituzioni agli abusi sessuali sui minori, ha affermato che “i preti pedofili sono come dei camionisti che molestano autostoppiste”. Un paragone assurdo per sostenere che la colpevolezza legale dei sacerdoti pedofili non può essere imputata ai vertici della Chiesa cattolica, immediatamente contestato sia dalle vittime degli abusi, sia dalle associazioni dei camionisti. Ma in Vaticano i nemici che Pell si è fatto, grazie ai suoi modi da ranger non certamente consoni alle felpate pugnalate curiali, hanno preso subito nota dell’accaduto per rispolverarlo al momento opportuno. Ovvero oggi che, per volontà di Bergoglio, sono scattati gli arresti domiciliari nelle mura leonine per l’ex nunzio polacco Jozef Wesolowski, accusato di pedofilia e pedopornografia. E mentre sono in corso i processi canonici per gli altri due vescovi indagati per abusi sui minori, il cileno Marco Antonio Órdenes e il peruviano Gabino Miranda Melgarejo. E soprattutto dopo la rimozione, decisa dal Papa, del vescovo paraguayano Rogelio Ricardo Livieres Plano, accusato di malversazioni e di aver coperto la pedofilia del suo vicario generale.
Le pesanti accuse contro Pell e le polemiche sulla sua gestione, anche in termini di risarcimenti economici per le vittime, sui casi di pedofilia sono note da tempo e sono state oggetto di studio sotto il pontificato di Benedetto XVI. Nei sacri palazzi, infatti, non è un mistero che Ratzinger, nel 2010, aveva pensato proprio all’allora cardinale di Sydney per il ruolo di prefetto della potentissima Congregazione per i vescovi, come successore di Giovanni Battista Re giunto all’età canonica della pensione. Ma alla fine il pericolo che la nomina di Pell a Roma avrebbe potuto far scoppiare un vero e proprio tsunami in Vaticano fece desistere Benedetto XVI che preferì lasciare il porporato a Sydney. L’accusa principale contro il cardinale australiano è legata al cosiddetto “Melbourne Response”, uno schema di risarcimenti per le vittime dei preti pedofili. Queste ultime si sono sempre dichiarate tradite dal tetto di 50mila dollari australiani che l’allora arcivescovo Pell imponeva come risarcimento, mentre chi ha avviato azioni legali ha ricevuto in media 293mila dollari. Il porporato ha sempre ribattuto che prima dell’introduzione del “Melbourne Response”, ovvero del 1996, non erano affatto previsti risarcimenti per le vittime e che “molte delle persone assistite da noi avrebbero ricevuto poco o niente se si fossero rivolte ai tribunali”.
Gli sviluppi delle indagini australiane, però, oggi sono destinate a interferire col governo di Papa Francesco. Qualora, infatti, fossero accertate le responsabilità di Pell nella copertura dei preti pedofili, Bergoglio non potrebbe non usare lo stesso durissimo provvedimento attuato per il vescovo paraguayano, rimuovendo il porporato australiano sia dal neonato dicastero economico a lui affidato, sia dal “C9” dei cardinali. Una rimozione che, inevitabilmente, colpirebbe anche la riforma dello Ior messa in atto proprio da Pell con uomini di sua fiducia e diverrebbe un pesantissimo boomerang sul pontificato di Francesco.
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Cronaca
Terzo giorno di attacchi hacker russi a siti italiani: giù Mediobanca, Nexi, Fiocchi munizioni
Kiev, 19 mar. (Adnkronos) - "Sono attualmente in corso operazioni di soccorso a Odessa in seguito a un altro attacco russo alle infrastrutture energetiche della città. 160mila persone sono al momento senza luce e riscaldamento". Lo scrive su X il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, aggiungendo che "ancora una volta, le strutture energetiche civili sono state colpite: da quasi tre anni, l'esercito russo utilizza senza sosta missili e droni d'attacco contro di esse".
"Proprio ieri - prosegue il post - dopo il famigerato incontro a Riad, è diventato chiaro che i rappresentanti russi stavano di nuovo mentendo, sostenendo di non prendere di mira il settore energetico ucraino. Eppure, quasi contemporaneamente, hanno lanciato un altro attacco, con droni che hanno colpito trasformatori elettrici. E questo durante l'inverno: di notte c'erano meno 6 gradi Celsius".
"Almeno 160.000 residenti di Odessa sono ora senza riscaldamento ed elettricità. Tredici scuole, un asilo e diversi ospedali sono rimasti senza elettricità o riscaldamento. Le squadre di riparazione stanno lavorando instancabilmente e tutti i servizi comunali sono impegnati. Sono grato a ogni soccorritore e a tutti coloro che aiutano le persone. Non dobbiamo mai dimenticare che la Russia è governata da bugiardi patologici: non ci si può fidare di loro e bisogna fare pressione. Per amore della pace".
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - Si svolge oggi, alle 15, il Question time trasmesso dalla Rai in diretta televisiva dall'Aula di Montecitorio, a cura di Rai Parlamento. Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, risponde a una interrogazione sulle iniziative volte a salvaguardare la produzione nazionale di ortofrutta, attraverso un corretto equilibrio tra esigenze produttive e sicurezza alimentare.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, risponde a interrogazioni sulle iniziative normative per limitare il ricorso alla custodia cautelare, anche nell'ottica della riduzione del sovraffollamento all'interno delle carceri; sulle iniziative in relazione alla situazione all'interno delle carceri, con particolare riferimento al sovraffollamento e al fenomeno dei suicidi; sulle tecnologie in uso alla polizia penitenziaria; sulle risorse finanziarie destinate al funzionamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, del Gruppo operativo mobile e del Nucleo investigativo centrale e chiarimenti in ordine ad attività di intercettazione svolte da strutture finanziate dal ministero della Giustizia.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, risponde a interrogazioni sulle iniziative volte ad arginare i fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito delle filiere del made in Italy; sullo sviluppo dell'industria aerospaziale italiana; sulle iniziative volte a salvaguardare la continuità produttiva degli stabilimenti liguri della Piaggio aerospace e i relativi livelli occupazionali, con riferimento alla procedura di cessione all'azienda turca Baykar; sulle iniziative a sostegno della produzione industriale nazionale a tutela dei livelli occupazionali, nonché per stimolare la crescita economica e rafforzare la competitività; sull'adozione del Libro bianco sulla nuova strategia italiana di politica industriale.
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, unitamente a personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Gruppo Operativo Regionale Antifrode - Gora), hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese (su richiesta della Procura termitana), con cui è stato disposto il sequestro preventivo di 10 complessi aziendali, nonché di beni e di disponibilità finanziarie per oltre 15 milioni di euro nei confronti di 13 soggetti (anche per equivalente). Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria di Palermo in co-delega con il citato Ufficio dell’A.D.M., hanno consentito di ricostruire l’operatività di un’associazione per delinquere attiva nelle province di Palermo, Agrigento e Catania e dedita alla commissione di illeciti tributari, con particolare riferimento alla commercializzazione di prodotti energetici sottoposti ad aliquota agevolata (c.d. “gasolio agricolo”).
Secondo la ricostruzione compiuta, la frode avrebbe permesso di sottrarre al pagamento delle imposte oltre 11 milioni di litri di prodotto petrolifero e sarebbe stata perpetrata attraverso l’utilizzo strumentale di operatori economici del settore e la predisposizione di documentazione mendace. Più nel dettaglio, diversi depositi commerciali riconducibili ai vertici del sodalizio criminale avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti e predisposto DAS fittizi al fine di documentare cartolarmente la vendita di carburante a “società di comodo” o aziende del tutto ignare di quanto avveniva, mentre lo stesso, in realtà, veniva ceduto “in nero” a soggetti terzi non aventi titolo a riceverlo. Il che consentiva a questi ultimi di praticare prezzi fortemente concorrenziali a discapito degli altri operatori del settore.
Il descritto sistema di frode - come accertato all’esito di indagini tecniche, servizi di riscontro su strada e mirate attività ispettive - avrebbe garantito un significativo abbattimento dell’I.V.A. e delle Accise dovute, oltre che delle imposte dirette, generando un’evasione d’imposta, e un conseguente danno alle casse dello Stato, pari a 15.231.376,80 euro. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, irregolarità nella loro circolazione e illeciti di natura tributaria.
Abu Dhabi, 19 feb. (Adnkronos) - Il segretario di Stato americano Marco Rubio è arrivato negli Emirati Arabi Uniti, ultima tappa del suo primo tour in Medio Oriente, dopo i colloqui di ieri con i funzionari russi a Riad. Rubio incontrerà ad Abu Dhabi il presidente degli Emirati Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il ministro degli Esteri Abdullah bin Zayed Al Nahyan.
La visita di Rubio negli Emirati Arabi Uniti precede il vertice di venerdì in Arabia Saudita dei sei Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo, nonché di Egitto e Giordania, per rispondere al piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la Gaza del dopoguerra.
L'amministrazione Trump, che respinge qualsiasi ruolo futuro di Hamas nel devastato territorio palestinese, ha invitato i paesi arabi, fermamente contrari a qualsiasi spostamento dei palestinesi da Gaza, a proporre alternative al piano del presidente degli Stati Uniti.
Kiev, 19 feb. (Adnkronos) - Il massiccio attacco notturno con droni russi contro la città e l'oblast meridionale di Odessa ha ferito almeno quattro persone, tra cui un bambino. Lo ha riferito il governatore Oleh Kiper, secondo cui nell'attacco sono rimasti danneggiati una clinica pediatrica, un asilo, grattacieli e alcune automobili.
Tel Aviv, 19 feb. (Adnkronos) - I caccia israeliani hanno colpito depositi di armi appartenenti all'ex regime siriano di Bashar Assad a Sasa, nella Siria meridionale. Lo ha reso noto l'esercito israeliano in una nota.
Brasilia, 19 feb. (Adnkronos/Afp) - L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato incriminato per un presunto piano di "colpo di stato" volto a impedire il ritorno al potere del suo successore Lula dopo le elezioni del 2022. La procura ha dettagliato in un comunicato l'incriminazione dell'ex leader dell'estrema destra (2019-2022) e di altri 33 indagati "accusati di incitamento e compimento di atti contrari ai tre poteri e allo Stato di diritto democratico".
L'atto d'accusa è stato consegnato alla Corte Suprema, che ora dovrà decidere se processarlo. L'ex capo dello Stato è stato incriminato per presunti piani di "colpo di stato", "tentato tentativo di abolizione violenta dello stato di diritto democratico" e "organizzazione criminale armata". Se si aprisse un processo, Jair Bolsonaro rischierebbe una condanna da 12 a 40 anni di carcere.
Secondo l'accusa, questa presunta cospirazione "era guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato alla vicepresidenza Walter Braga Netto che, alleati con altri individui, civili e militari, hanno tentato di impedire, in modo coordinato, l'applicazione del risultato delle elezioni presidenziali del 2022".