In vista delle elezioni legislative e presidenziali in Tunisia, fissate rispettivamente al 26 ottobre e al 23 novembre, Amnesty International ha inviato a tutti i candidati un programma in 10 punti sui diritti umani, chiedendo di aderirvi nel corso della campagna elettorale e di attuarlo una volta eletti. Dalla deposizione dell’ex presidente Zine el Abidine Ben Alì del gennaio 2011, le autorità tunisine hanno avviato una serie di riforme culminate nell’adozione, tre anni dopo, di una nuova Costituzione che contiene una serie di garanzie a tutela dei diritti umani (molto controverso è l’art. 20 sulla parità di genere).
Tuttavia, la differenza tra quanto scritto sulla carta e ciò che accade nel paese è ancora grande.
Su molte delle violazioni dei diritti umani occorse durante la presidenza di Ben Ali non è stata ancora fatta giustizia e il periodo successivo al cambio di regime è stato segnato da crescenti limitazioni alla libertà d’espressione e d’informazione e da gravi episodi di violenza politica, tra cui l’assassinio di Chokri Belaid e Mohamed Brahmi.
Tra i 10 punti del programma di Amnesty International, voglio evidenziare il primo: porre fine alla discriminazione e alla violenza contro le donne.
Su questo tema, nonostante alcuni commentatori abbiano espresso ottimismo dopo l’adozione della nuova Costituzione, c’è ancora moltissimo da fare: approvare una legge ad hoc per contrastare la violenza contro le donne, introdurre il reato di stupro coniugale e abolire gli articoli 227 bis e 239 del codice penale che consentono a un uomo accusato di stupro o di sequestro di persona di evitare il processo se sposa la sua vittima.
Un altro punto importante riguarda il diritto alla libertà d’espressione: Amnesty International chiede che siano annullate tutte le norme che ne limitano l’esercizio, tra cui la previsione del reato penale di diffamazione contenuta nel codice penale e nel codice di giustizia militare e gli articoli del codice penale e del codice delle comunicazioni che dispongono il carcere per chi minaccia l’ordine pubblico e la morale pubblica e violi i valori sacri.
C’è poi, secondo Amnesty International, la necessità che gli apparati di sicurezza operino in modo trasparente e siano chiamati a rispondere delle loro azioni. La struttura e la catena di comando delle forze di sicurezza devono essere rese pubbliche, devono essere introdotti criteri di valutazione che impediscano a chi è sospettato di gravi violazioni dei diritti umani di rimanere al suo posto e, infine, dev’essere istituito un meccanismo indipendente di controllo e di esame delle denunce di violazione dei diritti umani.
Gli altri sette punti riguardano l’abolizione della pena di morte, il contrasto alla tortura, la fine dell’impunità per le violazioni dei diritti umani, l’indipendenza del potere giudiziario, il diritto alla libertà di manifestazione, la protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo e, infine, la tutela dei diritti economici sociali e culturali.