Il mondo è bello perché è vario.
Fermi tutti. Se già avete alzato il sopracciglio, e avete inarcato il labbro in un ghigno sardonico, vagamente alla Billy Idol vecchia maniera, lì pronti a dire “ma questo inizia un post con un luogo comune così bieco”, ecco, sappiate che avete abboccato all’amo come pesci, e che mia volontà era proprio quella di passare per uno che se deve giocare con le parole non può far altro che ricorrere ai detti popolari.
Il fatto è che volevo cominciare parlando di uno che con le parole sembra saperci fare parecchio, e che non ce la fa, proprio non ce la fa a non buttare un calambour ogni due rime. Sì, parlo di Fedez, i titoli mica si trovano lì per caso.
Fedez, il cantore dei nostri giorni di rabbia e sarcasmo. Quello che oggi viene indicato da molti, anche qui, come una sorta di portavoce di un dissenso che molto spesso è dissenso di massa, voce della gente. Fossi un hater direi voce de LaGggente, ma per questioni anagrafiche non credo di poter anche volendo rientrare nella categoria. Fedez è un rapper che, come alcuni suoi colleghi coetanei non è un rapper, per sua stessa ammissione, e che a furia di giocare con l’ironia, a furia di guardare all’oggi con lo sguardo disincantato che ha trasformato l’ironia iniziale, sempre che ci sia mai stata, in sarcasmo, è diventato una sorta di Cassandra, il cantautore (chissà perché c’è chi pensa che i rapper siano i nuovi cantautori) di un’epoca di decadenza, senza speranza.
Fedez è uno che pensando di far sorridere in realtà ci suona le campane a morto, ci dice non tanto che del doman non c’è certezza, ma che la certezza c’è, ed è decisamente nera, roba con gli zombie. Il mondo è bello perché è vario, appunto, perché c’è gente, o ggente, che è convinta che quella visione del mondo sia vincente, che demandare a una Cassandra il compito di raccontarci il mondo sia cosa buona e giusta.
Io, per parte mia, scansando le varie polemiche su Circhi Massimi, Caparezze, inni ufficiali e non ufficiali, e altre amenità, ottimista per natura, o per necessità, visto che ho quattro figli, se proprio devo ascoltare una Cassandra, preferisco ascoltarne una che abbia in dotazione un tocco di leggerezza capace, questa sì, di regalare un sorriso (e magari anche di non spingere al suicidio quel briciolo di speranza che ancora alberga in noi). Sto parlando, rullo di tamburi, di Cassandra Raffaele, titolare di un brano fresco fresco di stampa, Io non mi abbatto perché non sono un albero. Già il titolo dice parecchio, e se conoscete la cantante in questione potete ben immaginare quanto l’argomento trattato, la vita in questi giorni oscuri, o meglio, come affrontare la vita in questi giorni oscuri senza farsi piegare dagli eventi, sia stato affrontato con leggerezza e profondità al tempo stesso.
A questo punto, magari, qualcuno di voi, ancora col ghigno alla Idol in bocca, starà ripetendo Cassandra Raffaele, Cassandra Raffaele, come cercando di ricordare dove ha già sentito questo nome. Magari quello stesso qualcuno è anche andato su Google, digitando il nome in questione, ed è quindi arrivato a scoprire l’arcano, Cassandra Raffaele è la cantautrice siciliana, piuttosto eccentrica, forse anche un po’ buffa, che ha partecipato nel 2010 a X Factor, entrata in corsa nella squadra di Elio, e in seguito adottata da un altro giudice del talent, Mara Maionchi, che col marito Alberto Salerno ha prodotto due singoli, tra i quali il fortunato Cipria e rossetto.
Sì, Cassandra è quella con l’ukulele (ben prima di Violetta, cicci), coi cappelli strani. Ma non è certo del passato che voglio parlarvi ora, perché nel mentre Cassandra si è tolta delle soddisfazioni, ha continuato a produrre ottima musica, vincendo premi, tra gli altri a Musicultura e al De André, e a inizio 2014 ha pubblicato il suo primo album, uscito per Leave Music, La valigia con le scarpe, di cui Io non mi abbatto perché non sono un albero è terzo singolo, dopo Come di domenica e Adesso posso dirti (fottiti).
Siccome parlare di canzoni è esercizio spesso sterile, e proprio qui sopra trovate il link al video, il mio consiglio è: andatevelo a vedere. Girato per le strade di Vittoria, sua città natale, in compagnia della Tinto Brass Street Band, ensemble che solo per il nome meriterebbe un plauso, il video è genuino e sanguigno, come il Cerasuolo che proprio da quelle parti viene prodotto.
Volessi chiudere simmetricamente questo pezzo potrei dire, anche l’occhio vuole la sua parte, ma siccome di Fedez, voglia Dio, mi sono già dimenticato, faccio mie le parole della vera Cassandra: “Io non mi abbatto perché non sono un albero, Io non precipito perché non sono pioggia, I miei pensieri non sono rampicanti, Ma se s’intrecciano userò dei districanti, E non mi lancio perché non sono un sasso, Non mi deprimo perché sono già matta, Io non mi sfascio perché non sono un tavolo, Ma sopravvivo perché sono nata libera“. Voi se volete accontentatevi pure del Pop-Hoolista.