I miliziani dello Stato islamico sono alle porte della Turchia e per questo il presidente, Recep Tayyip Erdoğan, ritiene “necessario” un intervento di terra in Siria e Iraq per sconfiggere gli uomini del califfato. Così, il paese della mezzaluna diventa il primo della coalizione occidentale a sostenere la necessità di inviare truppe nei territori occupati dall’Isis. Una decisione che, in qualche modo, rappresenta il secondo step di un cambio di atteggiamento del paese nei confronti dei jihadisti, dopo la liberazione dei 49 ostaggi turchi e il via libera del Parlamento alla mozione che stabiliva la possibilità di inviare soldati nei territori sotto il controllo dell’autoproclamato califfo, Abu bakr al-Baghdadi.
I report di giornalisti e organizzazioni umanitarie presenti al confine tra Siria e Turchia parlavano, già nella mattinata di martedì, di uno Stato Islamico che continua a guadagnare terreno a Kobane. I jihadisti hanno conquistato altri tre quartieri nella zona orientale, quella da cui i miliziani sono riusciti a penetrare, della città a maggioranza curda. Le milizie del Kurdistan sono assediate dai membri del movimento terroristico e non riescono a frenare la marcia degli uomini in nero che, ieri, hanno issato la bandiera nera, simbolo del gruppo, su una collina che sovrasta la città. In un villaggio a nord del paese, al confine turco, sono stati rapiti un parroco e 20 cristiani, ma non è ancora chiaro chi abbia compiuto il gesto. Continuano anche i tentativi di affiliazione nell’Isis da parte di cittadini stranieri: la polizia giapponese ha fermato e interrogato uno studente che, credono le forze dell’ordine, voleva unirsi allo Stato islamico.
Erdoğan: “Interveniamo con truppe di terra”. La soluzione migliore, per il neoeletto presidente turco, è quella di impiegare militari sul campo per fronteggiare e sconfiggere le milizie del califfato. Dopo che lunedì il portavoce dei curdi a Kobane, Idris Nassan, ha dichiarato che “i raid aerei da soli non sono davvero abbastanza per sconfiggere l’Isis”, anche Sefqan Ciya, portavoce delle forze curde dello Ypg, spinge per un maggiore impegno dei paesi occidentali, magari con interventi di terra: “I Raid in Siria sono stati finora inefficaci perché gli Usa non stanno conducendo uno sforzo congiunto con le forze di opposizione sul campo”. I miliziani curdi delle Unità per la protezione del popolo (Ypg), stanno continuando a indietreggiare di fronte alla forza militare dei soldati del califfo. Ieri i jihadisti hanno preso il controllo di una collina strategica, su cui ora sventola il vessillo dell’Isis, che permette loro di controllare una vasta area della città con l’artiglieria. Le famiglie di Kobane hanno abbandonato il centro città e stanno fuggendo verso il confine con la Turchia, dove stanno ripiegando anche diversi miliziani in ritirata: “Stanno combattendo dentro la città – racconta il direttore dell’Osservatorio siriano dei diritti umani, Rami Abdurrahman – Centinaia di civili sono scappati”. L’ufficio d’informazione riferisce che le guardie di frontiera turche hanno attaccato alcuni giovani profughi arrivati da Kobane (circa 700 nella sola notte tra lunedì e martedì, ndr), accusandoli di appartenere al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), gruppo armato curdo attivo in Turchia. Il centro città, sostiene il direttore, è ancora in mano ai combattenti curdi, ma ogni giorno l’Isis conquista terreno. Nella notte sono arrivate notizie di nuovi attacchi accompagnati da spari e colpi di mortaio, dopo la caduta dei quartieri di Kani Arban, New Maqtalah e la zona industriale di Kobane, da parte dei miliziani dello stato Islamico nelle zone occidentali e meridionali della città.
Isis alle porte, scontri di piazza in Turchia: “18 morti”
La polizia turca è intervenuta con cannoni ad acqua e lacrimogeni per disperdere diverse manifestazioni indette dal partito curdo (Hdp) in solidarietà con Kobane sotto assedio. Lo riferiscono i media arabi. A Kadikoy, distretto di Istanbul, si sono registrati violenti scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Manifestazioni si sono registrate anche ad Ankara, Antakya, Antalya e in altre città minori. Un dimostrante è rimasto ucciso e un altro ferito da colpi di arma da fuoco nella provincia orientale turca di Mus Varto. Lo riferiscono i media arabi citando Hurriyet. La vittima, un giovane di 25 anni, sarebbe stato ucciso da un proiettile sparato dalla polizia. In seguito agli scontri, le autorità turche hanno imposto il coprifuoco in sei distretti di Mardin, la regione sudorientale della Turchia, non lontano dal confine con la Siria. Si registrano vittime anche negli scontri scoppiati a Diyarbakir, la città a maggioranza curda più grande del Paese. Secondo i media turchi ammonterebbe a 18 il totale delle vittime.
Rapiti un parroco e 20 cristiani
Secondo l’agenzia Fides, che cita il Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, Georges Abou Khazen, un parroco e 20 cristiani sono stati rapiti nel villaggio di Knayeh, al confine con la Turchia. “Purtroppo devo confermare la notizia del rapimento di padre Hanna Jallouf, che è stato sequestrato insieme a una ventina di persone”, ha dichiarato il vescovo ai giornalisti. Il sequestro sarebbe avvenuto nella notte tra domenica e lunedì ma ancora non c’è stata alcuna rivendicazione. “Non sappiamo – continua Abou Khazen – se siano stati gruppi di jihadisti o altri. Non riusciamo a contattare nessuno, e non siamo stati contattati da nessuno. Sappiamo soltanto che anche ieri il convento è stato saccheggiato, e altre persone del villaggio si sono nascoste. Tra i rapiti ci sono giovani, sia ragazzi che ragazze”. I frati minori della Custodia di Terra Santa, ricorda l’agenzia, sono presenti nella valle dell’Oronte da oltre 125 anni. Il nunzio apostolico in Siria, monsignor Mario Zenari, Parla di Knayeh come di un villaggio oggetto di contesa tra “varie organizzazioni, da quelle criminali ai gruppi armati”. Il villaggio è passato di recente sotto il controllo dei ribelli siriani del Fronte al-Nusra, legati ad Al Qaeda, che l’hanno riconquistato dopo che lo Stato islamico se ne era impossessato.
Suora italiana scampa a rapimento
È scampata al rapimento suor Patrizia Guarino, 80enne suora italiana originaria della provincia di Avellino, missionaria in Siria. La donna è ospite di una famiglia a Knayeh, rassicura suor Maria Josè della Casa generalizia di Roma delle suore francescane del Cuore Immacolato di Maria che ha contattato telefonicamente Guarino. La religiosa, secondo la fonte, è scampata al rapimento che avrebbe invece coinvolto il francescano Hanna Jallouf e una ventina di fedeli, tutti di nazionalità siriana, presi in ostaggio dai ribelli nel villaggio nel Nord della Siria, al confine con la Turchia. Dalla Casa di Roma, suor Maria Josè ha riferito di aver contattato telefonicamente la religiosa, ricevendone notizie rassicuranti. Suor Patrizia da decenni è impegnata in attività missionarie che l’hanno portata in Terra Santa, Egitto, Libano e, da alcuni anni, in Siria dove presta servizio come infermiera presso il villaggio di Knayeh.
Giappone, fermato uno studente musulmano
La polizia giapponese ha fermato e interrogato uno studente nipponico di fede musulmana sospettato di voler aderire al fronte jihadista. Il 26enne frequenta l’Università di Hokkaido e, secondo quanto riferito dalle forze dell’ordine, citate dall’agenzia Kyodo, era pronto a partire per la Siria. Il portavoce del governo, Yoshihide Suga, ha assicurato che Tokyo “agirà in modo proattivo per l’adozione di misure utili a prevenire il terrorismo”. La comunità musulmana in Giappone è estremamente piccola e lontana da posizioni radicali e questo fa pensare che, se ne venisse verificata la veridicità, quello del giovane studente universitario potrebbe trattarsi di un semplice caso isolato.
Nuovi raid al confine con la Turchia
Continuano, intanto, i bombardamenti contro i miliziani dello Stato Islamico. Aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti hanno colpito questa mattina posizioni dei jihadisti dell’Isis nel sud-ovest della città siriana. Dall’inizio dell’offensiva occidentale, sono 80 i raid condotti in Siria e oltre 250 in Iraq, ma il califfato non ha perso molto terreno rispetto a quello che aveva conquistato prima della discesa in campo della coalizione, continuando ad avanzare, invece, su diversi fronti.
Inviati di Obama attesi in Turchia
L’ex generale John Allen, inviato speciale del presidente Obama, e il sottosegretario Brett McGurk, discuteranno della strategia della Coalizione contro l’Isis con i responsabili turchi il 9 e 10 ottobre in Turchia. Lo scrivono i media arabi. Allen, che ha già visitato l’Iraq, dovrebbe fare tappa anche in Giordania e in Egitto, secondo quanto annunciato dal dipartimento di Stato Usa.
Mondo
Isis, Erdogan: “Caduta Kobane, serve intervento di terra”. Scontri in Turchia, 18 morti
Il presidente turco chiede l'intervento dei militari sul campo, mentre i miliziani dello Stato islamico continuano l'avanzata verso il confine. Curdi in piazza e scontri in tutto il Paese. Rapiti 20 cristiani e un prete nel nord della Siria, ma nessuno rivendica la cattura. Suora italiana scampa a rapimento. Fermato in Giappone uno studente musulmano di 26 anni che voleva unirsi alla lotta degli uomini del califfato
I miliziani dello Stato islamico sono alle porte della Turchia e per questo il presidente, Recep Tayyip Erdoğan, ritiene “necessario” un intervento di terra in Siria e Iraq per sconfiggere gli uomini del califfato. Così, il paese della mezzaluna diventa il primo della coalizione occidentale a sostenere la necessità di inviare truppe nei territori occupati dall’Isis. Una decisione che, in qualche modo, rappresenta il secondo step di un cambio di atteggiamento del paese nei confronti dei jihadisti, dopo la liberazione dei 49 ostaggi turchi e il via libera del Parlamento alla mozione che stabiliva la possibilità di inviare soldati nei territori sotto il controllo dell’autoproclamato califfo, Abu bakr al-Baghdadi.
I report di giornalisti e organizzazioni umanitarie presenti al confine tra Siria e Turchia parlavano, già nella mattinata di martedì, di uno Stato Islamico che continua a guadagnare terreno a Kobane. I jihadisti hanno conquistato altri tre quartieri nella zona orientale, quella da cui i miliziani sono riusciti a penetrare, della città a maggioranza curda. Le milizie del Kurdistan sono assediate dai membri del movimento terroristico e non riescono a frenare la marcia degli uomini in nero che, ieri, hanno issato la bandiera nera, simbolo del gruppo, su una collina che sovrasta la città. In un villaggio a nord del paese, al confine turco, sono stati rapiti un parroco e 20 cristiani, ma non è ancora chiaro chi abbia compiuto il gesto. Continuano anche i tentativi di affiliazione nell’Isis da parte di cittadini stranieri: la polizia giapponese ha fermato e interrogato uno studente che, credono le forze dell’ordine, voleva unirsi allo Stato islamico.
Erdoğan: “Interveniamo con truppe di terra”. La soluzione migliore, per il neoeletto presidente turco, è quella di impiegare militari sul campo per fronteggiare e sconfiggere le milizie del califfato. Dopo che lunedì il portavoce dei curdi a Kobane, Idris Nassan, ha dichiarato che “i raid aerei da soli non sono davvero abbastanza per sconfiggere l’Isis”, anche Sefqan Ciya, portavoce delle forze curde dello Ypg, spinge per un maggiore impegno dei paesi occidentali, magari con interventi di terra: “I Raid in Siria sono stati finora inefficaci perché gli Usa non stanno conducendo uno sforzo congiunto con le forze di opposizione sul campo”. I miliziani curdi delle Unità per la protezione del popolo (Ypg), stanno continuando a indietreggiare di fronte alla forza militare dei soldati del califfo. Ieri i jihadisti hanno preso il controllo di una collina strategica, su cui ora sventola il vessillo dell’Isis, che permette loro di controllare una vasta area della città con l’artiglieria. Le famiglie di Kobane hanno abbandonato il centro città e stanno fuggendo verso il confine con la Turchia, dove stanno ripiegando anche diversi miliziani in ritirata: “Stanno combattendo dentro la città – racconta il direttore dell’Osservatorio siriano dei diritti umani, Rami Abdurrahman – Centinaia di civili sono scappati”. L’ufficio d’informazione riferisce che le guardie di frontiera turche hanno attaccato alcuni giovani profughi arrivati da Kobane (circa 700 nella sola notte tra lunedì e martedì, ndr), accusandoli di appartenere al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), gruppo armato curdo attivo in Turchia. Il centro città, sostiene il direttore, è ancora in mano ai combattenti curdi, ma ogni giorno l’Isis conquista terreno. Nella notte sono arrivate notizie di nuovi attacchi accompagnati da spari e colpi di mortaio, dopo la caduta dei quartieri di Kani Arban, New Maqtalah e la zona industriale di Kobane, da parte dei miliziani dello stato Islamico nelle zone occidentali e meridionali della città.
Isis alle porte, scontri di piazza in Turchia: “18 morti”
La polizia turca è intervenuta con cannoni ad acqua e lacrimogeni per disperdere diverse manifestazioni indette dal partito curdo (Hdp) in solidarietà con Kobane sotto assedio. Lo riferiscono i media arabi. A Kadikoy, distretto di Istanbul, si sono registrati violenti scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Manifestazioni si sono registrate anche ad Ankara, Antakya, Antalya e in altre città minori. Un dimostrante è rimasto ucciso e un altro ferito da colpi di arma da fuoco nella provincia orientale turca di Mus Varto. Lo riferiscono i media arabi citando Hurriyet. La vittima, un giovane di 25 anni, sarebbe stato ucciso da un proiettile sparato dalla polizia. In seguito agli scontri, le autorità turche hanno imposto il coprifuoco in sei distretti di Mardin, la regione sudorientale della Turchia, non lontano dal confine con la Siria. Si registrano vittime anche negli scontri scoppiati a Diyarbakir, la città a maggioranza curda più grande del Paese. Secondo i media turchi ammonterebbe a 18 il totale delle vittime.
Rapiti un parroco e 20 cristiani
Secondo l’agenzia Fides, che cita il Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, Georges Abou Khazen, un parroco e 20 cristiani sono stati rapiti nel villaggio di Knayeh, al confine con la Turchia. “Purtroppo devo confermare la notizia del rapimento di padre Hanna Jallouf, che è stato sequestrato insieme a una ventina di persone”, ha dichiarato il vescovo ai giornalisti. Il sequestro sarebbe avvenuto nella notte tra domenica e lunedì ma ancora non c’è stata alcuna rivendicazione. “Non sappiamo – continua Abou Khazen – se siano stati gruppi di jihadisti o altri. Non riusciamo a contattare nessuno, e non siamo stati contattati da nessuno. Sappiamo soltanto che anche ieri il convento è stato saccheggiato, e altre persone del villaggio si sono nascoste. Tra i rapiti ci sono giovani, sia ragazzi che ragazze”. I frati minori della Custodia di Terra Santa, ricorda l’agenzia, sono presenti nella valle dell’Oronte da oltre 125 anni. Il nunzio apostolico in Siria, monsignor Mario Zenari, Parla di Knayeh come di un villaggio oggetto di contesa tra “varie organizzazioni, da quelle criminali ai gruppi armati”. Il villaggio è passato di recente sotto il controllo dei ribelli siriani del Fronte al-Nusra, legati ad Al Qaeda, che l’hanno riconquistato dopo che lo Stato islamico se ne era impossessato.
Suora italiana scampa a rapimento
È scampata al rapimento suor Patrizia Guarino, 80enne suora italiana originaria della provincia di Avellino, missionaria in Siria. La donna è ospite di una famiglia a Knayeh, rassicura suor Maria Josè della Casa generalizia di Roma delle suore francescane del Cuore Immacolato di Maria che ha contattato telefonicamente Guarino. La religiosa, secondo la fonte, è scampata al rapimento che avrebbe invece coinvolto il francescano Hanna Jallouf e una ventina di fedeli, tutti di nazionalità siriana, presi in ostaggio dai ribelli nel villaggio nel Nord della Siria, al confine con la Turchia. Dalla Casa di Roma, suor Maria Josè ha riferito di aver contattato telefonicamente la religiosa, ricevendone notizie rassicuranti. Suor Patrizia da decenni è impegnata in attività missionarie che l’hanno portata in Terra Santa, Egitto, Libano e, da alcuni anni, in Siria dove presta servizio come infermiera presso il villaggio di Knayeh.
Giappone, fermato uno studente musulmano
La polizia giapponese ha fermato e interrogato uno studente nipponico di fede musulmana sospettato di voler aderire al fronte jihadista. Il 26enne frequenta l’Università di Hokkaido e, secondo quanto riferito dalle forze dell’ordine, citate dall’agenzia Kyodo, era pronto a partire per la Siria. Il portavoce del governo, Yoshihide Suga, ha assicurato che Tokyo “agirà in modo proattivo per l’adozione di misure utili a prevenire il terrorismo”. La comunità musulmana in Giappone è estremamente piccola e lontana da posizioni radicali e questo fa pensare che, se ne venisse verificata la veridicità, quello del giovane studente universitario potrebbe trattarsi di un semplice caso isolato.
Nuovi raid al confine con la Turchia
Continuano, intanto, i bombardamenti contro i miliziani dello Stato Islamico. Aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti hanno colpito questa mattina posizioni dei jihadisti dell’Isis nel sud-ovest della città siriana. Dall’inizio dell’offensiva occidentale, sono 80 i raid condotti in Siria e oltre 250 in Iraq, ma il califfato non ha perso molto terreno rispetto a quello che aveva conquistato prima della discesa in campo della coalizione, continuando ad avanzare, invece, su diversi fronti.
Inviati di Obama attesi in Turchia
L’ex generale John Allen, inviato speciale del presidente Obama, e il sottosegretario Brett McGurk, discuteranno della strategia della Coalizione contro l’Isis con i responsabili turchi il 9 e 10 ottobre in Turchia. Lo scrivono i media arabi. Allen, che ha già visitato l’Iraq, dovrebbe fare tappa anche in Giordania e in Egitto, secondo quanto annunciato dal dipartimento di Stato Usa.
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Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il dialogo tra due presidenti davvero straordinari è promettente. È importante che nulla ostacoli l'attuazione della loro volontà politica". Lo ha dichiarato il portavoce della presidenza russa Dmitri Peskov in un'intervista alla televisione, parlando della fermezza degli Stati Uniti nei confronti di Kiev e sulle dichiarazioni ostili di Trump nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - Resterà per sempre il cantante di "Bandiera gialla", canzone simbolo della musica leggera degli anni '60: Gianni Pettenati è morto nella sua casa di Albenga (Savona) all'età di 79 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella notte, è stato dato con un post sui social dalla figlia Maria Laura: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Maria Laura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lasciato papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte. Le esequie si terranno in forma strettamente riservata".
Nato a Piacenza il 29 ottobre 1945, Gianni Pettenati debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria ed entra a far parte del gruppo degli Juniors e nel 1966, accompagnato dallo stesso gruppo, incide il suo primo 45 giri, una cover di "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola", seguita da quello che rimane il suo maggiore successo "Bandiera gialla", versione italiana di "The pied piper" incisa lo stesso anno da Patty Pravo (in lingua originale, come lato B del singolo "Ragazzo Triste" per la promozione del locale Piper Club di Roma, diventando il brano simbolo della famosa discoteca), diventata un evergreen, immancabile quando si gioca al karaoke o nelle serate revival nelle discoteche e nelle feste. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è "Il superuomo" (cover di "Sunshine superman" di Donovan), mentre sul lato B del disco compare "Puoi farmi piangere" (cover di "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins, incisa con l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol. Sempre nel 1967 Pettenati partecipa al Festival di Sanremo con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala Reale sul Canale Nazionale della Rai in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino.
Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano molto fortunato che il cantante piacentino ha sempre riproposto nei suoi concerti. Seguono altri successi come "Caldo caldo", "Cin cin", "I tuoi capricci" e collaborazioni artistiche con diversi autori della canzone italiana. Critico musicale, Pettenati è autore di diversi libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui "Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane" (Ricordi, con Red Ronnie); "Gli anni '60 in America" (Edizioni Virgilio); "Mina come sono" (Edizioni Virgilio); "Io Renato Zero" (Edizioni Virgilio); "Alice se ne va" (Edizioni Asefi). Nel 2018 era stata concessa a Pettenati la legge Bacchelli che prevede un assegno vitalizio di 24mila euro annui a favore di cittadini illustri, con meriti in diversi campi, che versino in stato di particolare necessità. (di Paolo Martini)
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti della polizia municipale.
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il destino ha voluto così, Dio ha voluto così, se così posso dire. Una missione tanto difficile quanto onorevole - difendere la Russia - è stata posta sulle nostre e vostre spalle unite". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin ai soldati che hanno combattuto in Ucraina, durante una cerimonia organizzata al Cremlino in occasione della Giornata dei Difensori della Patria.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invocato l'unità degli Stati Uniti e dell'Europa per giungere a una "pace duratura", alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa e sulla scia della svolta favorevole a Mosca presa da Donald Trump.
"Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l'Ucraina. Ciò è possibile con l'unità di tutti i partner: ci vuole la forza di tutta l'Europa, la forza dell'America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura", ha scritto Zelensky su Telegram.
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti di polizia municipale.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Decine di migliaia di persone si sono radunate per partecipare ai funerali di Hassan Nasrallah, in uno stadio alla periferia di Beirut. Molte le bandiere di Hezbollah e i ritratti del leader assassinato che ha guidato il movimento libanese, sostenuto dall'Iran, per oltre tre decenni. Uomini, donne e bambini provenienti dal Libano e da altri luoghi hanno camminato a piedi nel freddo pungente per raggiungere il luogo della cerimonia, ritardata per motivi di sicurezza dopo la morte di Nasrallah avvenuta in un massiccio attacco israeliano al bastione di Hezbollah a Beirut sud a settembre.
Mentre la folla si radunava, i media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in alcune zone del Libano meridionale, tra cui una località a circa 20 chilometri dal confine. L'esercito israeliano ha affermato di aver colpito nel Libano meridionale "diversi lanciarazzi che rappresentavano una minaccia imminente per i civili israeliani". Ritratti giganti di Nasrallah e di Hashem Safieddine (il successore designato di Nasrallah, ucciso in un altro attacco aereo israeliano prima che potesse assumere l'incarico) sono stati affissi sui muri e sui ponti nella parte sud di Beirut. Uno è stata appeso anche sopra un palco eretto sul campo del gremito Camille Chamoun Sports City Stadium, alla periferia della capitale, dove si svolgeranno i funerali dei due leader.
Lo stadio ha una capienza di circa 50mila persone, ma gli organizzatori di Hezbollah hanno installato decine di migliaia di posti a sedere extra sul campo e all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Hezbollah ha invitato alla cerimonia alti funzionari libanesi, alla presenza del presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e del ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Quest'ultimo, in un discorso da Beirut, ha descritto i leader assassinati come "due eroi della resistenza" e ha giurato che "il cammino della resistenza continuerà".