Da dove viene la fretta di Renzi di fare approvare dal Senato, magari con la fiducia, e sia pure solo in prima lettura, la legge delega sulla riforma del lavoro, che fa tanto ‘generazione Telemaco’ chiamare ‘Jobs Act’? Tutta colpa dell’Europa –ci viene detto-, che, alla conferenza sull’occupazione di domani a Milano, non aspetta, anzi non aspetterebbe altro che sentirsela raccontare dal premier italiano.
In realtà, l’Europa non ha nessuna fretta né di sentirsi raccontare il ‘Jobs Act’, né di fare la riunione, del resto opportunamente derubricata da Vertice, sia pure informale, a Conferenza, per chiarire che non c’è molto e, anzi, non c’è nulla da attendersene, sul piano delle decisioni. Come del resto già fu nei due appuntamenti analoghi precedenti, a Berlino e a Parigi: momenti di confronto fra i 28 e occasioni per sciorinare buone intenzioni e presentare ‘best practices’, ma nulla più.
Se la riunione di domani a Milano si annuncia ad alta tensione, non è per il lavoro: la discussione rischia di concentrarsi sulla flessibilità, che pure non era in agenda. Dando uno strappo, la Francia ha lanciato una sfida aperta al rigore tedesco, e al rispetto delle regole, annunciando che rientrerà nel parametro del 3% di deficit solo nel 2017. E il confronto rischia di farsi incandescente, con la Germania che mette paletti all’azione della Bce per la crescita.
La presidenza di turno italiana, che ha voluto, quasi sola contro tutti, l’appuntamento milanese, che apre la stagione dei grandi eventi autunnali europei, farà di tutto perché la Conferenza non appaia un contenitore vuoto e per uscirne con una benedizione dei partner sul suo operato nazionale. Ecco perché Renzi accelera sul Jobs Act anche a costo di “conseguenze politiche serie” –è l’avvertimento un po’ felpato della parte di Pd contro-.
L’approvazione dei partner alla riforma del lavoro renziana è scontata. Che cosa volete che dicano, la Merkel e Hollande, Van Rompuy e Barroso –due che stanno già svuotando i cassetti-, di fronte a un premier che ti racconta di avere avuto dal Parlamento una delega in bianco per fare una riforma del lavoro da urlo? “Bravo, bene, vai avanti. Poi vienici a dire quando hai fatto davvero e che risultati hai ottenuto”. Quanto basta per brandire l’avallo dell’Europa nel prosieguo del dibattito.
Che i contenuti della riforma siano del tutto indeterminati, che l’articolo 18 resti o meno o sia modificato, che il Tfr finisca o meno in busta paga, per tutti o su base volontaria, all’Ue e alla Bce, alla Germania e alla Francia, in fondo, poco importa. Conta che l’Italia si tiri fuori dalle secche. Renzi porta a Milano uno scalpo che nessuno gli aveva chiesto. E cui nessuno è interessato.
Giampiero Gramaglia
Giornalista, docente di giornalismo alla Sapienza
Zonaeuro - 7 Ottobre 2014
Jobs Act, uno scalpo che l’Europa non chiede
Da dove viene la fretta di Renzi di fare approvare dal Senato, magari con la fiducia, e sia pure solo in prima lettura, la legge delega sulla riforma del lavoro, che fa tanto ‘generazione Telemaco’ chiamare ‘Jobs Act’? Tutta colpa dell’Europa –ci viene detto-, che, alla conferenza sull’occupazione di domani a Milano, non aspetta, anzi non aspetterebbe altro che sentirsela raccontare dal premier italiano.
In realtà, l’Europa non ha nessuna fretta né di sentirsi raccontare il ‘Jobs Act’, né di fare la riunione, del resto opportunamente derubricata da Vertice, sia pure informale, a Conferenza, per chiarire che non c’è molto e, anzi, non c’è nulla da attendersene, sul piano delle decisioni. Come del resto già fu nei due appuntamenti analoghi precedenti, a Berlino e a Parigi: momenti di confronto fra i 28 e occasioni per sciorinare buone intenzioni e presentare ‘best practices’, ma nulla più.
Se la riunione di domani a Milano si annuncia ad alta tensione, non è per il lavoro: la discussione rischia di concentrarsi sulla flessibilità, che pure non era in agenda. Dando uno strappo, la Francia ha lanciato una sfida aperta al rigore tedesco, e al rispetto delle regole, annunciando che rientrerà nel parametro del 3% di deficit solo nel 2017. E il confronto rischia di farsi incandescente, con la Germania che mette paletti all’azione della Bce per la crescita.
La presidenza di turno italiana, che ha voluto, quasi sola contro tutti, l’appuntamento milanese, che apre la stagione dei grandi eventi autunnali europei, farà di tutto perché la Conferenza non appaia un contenitore vuoto e per uscirne con una benedizione dei partner sul suo operato nazionale. Ecco perché Renzi accelera sul Jobs Act anche a costo di “conseguenze politiche serie” –è l’avvertimento un po’ felpato della parte di Pd contro-.
L’approvazione dei partner alla riforma del lavoro renziana è scontata. Che cosa volete che dicano, la Merkel e Hollande, Van Rompuy e Barroso –due che stanno già svuotando i cassetti-, di fronte a un premier che ti racconta di avere avuto dal Parlamento una delega in bianco per fare una riforma del lavoro da urlo? “Bravo, bene, vai avanti. Poi vienici a dire quando hai fatto davvero e che risultati hai ottenuto”. Quanto basta per brandire l’avallo dell’Europa nel prosieguo del dibattito.
Che i contenuti della riforma siano del tutto indeterminati, che l’articolo 18 resti o meno o sia modificato, che il Tfr finisca o meno in busta paga, per tutti o su base volontaria, all’Ue e alla Bce, alla Germania e alla Francia, in fondo, poco importa. Conta che l’Italia si tiri fuori dalle secche. Renzi porta a Milano uno scalpo che nessuno gli aveva chiesto. E cui nessuno è interessato.
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Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 alle ore 15.30 si svolgeranno le commemorazioni dell'Ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci. Poi il primo punto all'ordine del giorno è la mozione di sfiducia a Daniela Santanchè.
(Adnkronos) - La sede opportuna, ha sottolineato Ciriani, "è il Copasir che è un organo del Parlamento e non del governo, ed è presieduto da un componente delle opposizioni. E' quella la sede in cui il governo fornisce tutte le informazioni del caso: oggi è stato audito Valensise, la settimana scorsa Caravelli e la prossima settimana sarà audito Frattasi. Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
E anche sulla richiesta delle opposizioni di sapere se Paragon sia stato utilizzato dalla polizia penitenziaria, Ciriani ribadisce che saranno date "riposte nelle sedi opportune. C'e' un luogo in cui dare risposte e un altro luogo in cui non si possono dare, ma questo è la legge a disporlo, non è il governo". Infine viste le proteste dei gruppi più piccoli che non sono rappresentati nel Copasir, Ciriani ha ricordato che "è la legge che lo prevede, non dipende dal governo".
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Martedì 25 al mattino si terrà discussione generale sulla mozione di sfiducia al ministro Carlo Nordio. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo della Camera.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - La conferenza dei capigruppo ha stabilito che domani dalle 18 votazione si svolgerà la chiama per la fiducia sul dl Milleproroghe. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 16 e 20. Il voto finale sul provvedimento è previsto per giovedì.
Roma, 18 feb. (Adnkronos) - Le opposizioni protestano con il governo e con il presidente della Camera Lorenzo Fontana sulla mancata interrogazione al question time sul caso Paragon. "Il governo si sottrae al confronto con il Parlamento. Siamo totalmente insoddisfatti sulle motivazioni apportate dal ministro Ciriani" che ha ribadito come il governo ritenga "non divulgabili" le informazioni sul caso, ha detto la presidente dei deputati Pd, Chiara Braga, al termine della capigruppo a Montecitorio. "E abbiamo chiesto anche al presidente Fontana di rivalutare la sua scelta".
"Il governo ha avuto l'atteggiamento di chi è stato preso con le mani nella marmellata: tutti hanno parlato, ma ora che abbiamo chiesto se lo spyware fosse utilizzato dalla polizia penitenziaria scatta il segreto...", osserva il capogruppo di Iv, Davide Faraone. Per Riccardo Magi di Più Europa si tratta "di un altro colpo alle prerogative del Parlamento. Si toglie forza a uno dei pochissimi strumenti che si hanno per ottenere risposte dal governo".
Roma, 18 (Adnkronos) - "Si tratta di informazioni non divulgabili" e come tali "possono essere divulgate solo nelle sedi opportune" come il Copasir. Lo ha detto il ministro Luca Ciriani al termine della capigruppo alla Camera a proposito delle interrogazioni al governo da parte delle opposizioni sul caso Paragon. "Da parte del governo non c'è alcun volontà di non dare informazioni, ma di darle nelle sedi opportune".
Milano, 18 feb. (Adnkronos) - "Sono molto sollevato per la decisione del giudice Iannelli che ha escluso la richiesta di arresti domiciliari a mio carico. Ciò mi permette di proseguire il mio lavoro di architetto e anche di portare a termine l’incarico di presidente di Triennale e di docente del Politecnico di Milano". Lo afferma Stefano Boeri dopo la decisione del gip di Milano che ha disposto un'interdittiva che gli vieta per un anno di far parte di commissioni giudicatrici per procedure di affidamento di contratti pubblici.
L'archistar è indagato insieme a Cino Paolo Zucchi e Pier Paolo Tamburelli per turbativa d'asta nell'inchiesta per la realizzazione della Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. "Ribadisco la mia piena fiducia nel lavoro della magistratura e non vedo l’ora di poter chiarire ulteriormente la mia posizione. Non nascondo però la mia inquietudine per tutto quello che ho subito in queste settimane e per i danni irreversibili generati alla mia vita privata e professionale" conclude Boeri in una nota.