Abbiamo cominciato a raccontarvi del Principe Zeid Ra’ad Zeid Al-Hussein, da pochi giorni divenuto il primo asiatico, arabo e musulmano nella storia dell’organizzazione ad occupare l’impegnativa funzione di Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Questo principe giovane, sensibile ed atipico nel grigiore del panorama diplomatico-burocratico di New York e Ginevra, è sposato con la principessa Sarah Zeid (nata in Texas) e padre di due figlie e di un figlio. La sua nomina ad Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite il 16 giugno scorso è stato accolta con favore dagli Stati membri che lo conoscono molto bene, per via di un curriculum di tutto rispetto, essendo non solo stato, nel corso della sua prestigiosa carriera diplomatica, Ambasciatore di Giordania negli Usa dal 2007 al 2010, e Capo della Missione Permanente di Giordania all’Onu dal 2010 a quest’estate (mandato durante il quale ha anche svolto le funzioni di Presidente del Consiglio di Sicurezza), ma soprattutto avendo negli anni coerentemente dimostrato il suo profondo impegno per la difesa dei diritti umani e la giustizia internazionale, svolgendo un ruolo centrale nel processo che ha portato all’istituzione del Tribunale Penale Internazionale.
Nel 2004, in seguito ad accuse di numerosi abusi commessi dai peacekeeper dell’Onu (di cui ci eravamo occupati in passato nel blog), Zeid è nominato Consigliere del Segretario-Generale sullo sfruttamento e gli abusi sessuali, pubblicando nel 2005 un rapporto che formulava, per la prima volta, una proposta di strategia integrata per l’eliminazione dello sfruttamento e degli abusi sessuali nelle operazioni di pace Onu. Operazioni il cui funzionamento Zeid ha conosciuto non solo nel quadro delle sue funzioni dirigenziali e diplomatiche, ma anche direttamente, agendo in prima persona sul campo, come Political Affairs Officer per la missione di peace-keeping ONU UNPROFOR (1994-96), durante il conflitto nell’ex-Jugoslavia.
Il padre del nuovo Alto Commissario era il Principe Ra’ad bin Zeid, Capo delle Reali Case di Irak e Siria; certo è che grande è ora l’attesa di sapere come si comporterà Zeid, e con quali risultati, nell’influenzare la risoluzione dei conflitti che colpiscono la zona geografica di cui è originario; denunciare i terribili ed atroci abusi che sono crescentemente commessi contro uomini, donne e bambini, in quei luoghi ed altrove; e sostenere il Segretario-Generale nella promozione di un più fruttuoso dialogo interculturale tra Occidente, Islam e resto del mondo. Avrà il Principe Zeid il coraggio di mettere il dito su ogni piaga, porre i diritti umani al di sopra di ogni politica e convenienza, in ogni circostanza?
A tale interrogativo, il Principe Zeid ha cominciato a rispondere lui stesso, nel suo primo discorso pubblico, pronunciato in apertura della ventisettesima sessione del Consiglio dei Diritti Umani, l’otto settembre 2014, nel quale ha dichiarato: «Vorrei sottolineare una cosa semplice: il coraggio è la prima delle umane virtù, riverita nel mondo intero, la virtù più importante per noi esseri umani. L’individuo coraggioso non è colui o colei che dispone di grande potere politico o punta una pistola contro gente disarmata – questo non è coraggio. L’individuo coraggioso è colui o colei che non dispone di nient’altro se non del proprio buon senso, della propria ragione e della legge, ed è pronto a perdere il proprio futuro, la famiglia, gli amici e persino la vita ponendosi alla difesa degli altri, o per mettere fine all’ingiustizia. Nella sua forma più magnifica, l’individuo coraggioso compie un tale sforzo, senza neppure ricorrere alle minacce o prendere la vita di qualcun altro, e certamente non qualcuno senza difesa. Come ha scritto il pensatore viennese Stefan Zweig, dopo avere attraversato una guerra mondiale ed averne fuggito un’altra, ‘Il nostro maggiore debito di gratitudine va a coloro che in questi tempi disumani confermano ciò che sussiste di umano in noi’. I difensori dei diritti umani sono gente talmente coraggiosa, e sta a noi fare tutto ciò che possiamo per proteggerli. Le Nazioni Unite sono spesso lente a riconoscerlo. Il Capitano Mbaye Diagne del Senegal è probabilmente stato l’uomo più coraggioso che abbia mai servito le Nazioni Unite, ma fino a poco tempo fa non era mai stato riconociuto dall’Organizzazione per il suo sacrificio. Ha salvato fino a mille persone in Ruanda nella primavera del 1994, ed ha perso la sua vita facendo questo, e non ha mai usato violenza a nessuno».
Auguriamo coraggio dunque all’Alto Commissario dei Diritti Umani. Ne avrà bisogno. Ne avremo bisogno tutti, d’altronde.
P.S. Il 30 giugno 2014, il Principe Zeid Ra’ad Zeid Al-Hussein, rispondendo favorevolmente all’offerta della Vedova del Capitano, Signora Yacine Diagne, è diventato il Primo membro d’Onore dell’Associazione del Capitano Mbaye Diagne per la Cultura di Pace con sede a Dakar in Senegal. Per maggiori informazioni cliccate qui e qui.