La rivista Science l’ha definita una “terapia rivoluzionaria”. A raccontarla, la cura elaborata dal dottor Carl June pare fantascientifica: si tratta di serial killer che vengono iniettati nel paziente malato per dare la caccia alle cellule tumorali, eliminandone fino a mille ciascuno. Senza intaccare quelle sane. E quando non bastano per combattere il nemico, si moltiplicano da sole, come fossero comuni anticorpi, creando un esercito anti-cancro all’interno dell’organismo. I risultati? Al di sopra di ogni aspettativa. Nei pazienti con leucemia acuta linfoblastica si ha circa il 90 per cento di remissioni complete: ad anni di distanza dal trattamento, non si registra più alcun segno di tumore.
La terapia si chiama Car (da Chimeric antigenic receptor, cioè cellule T con recettore chimerico) e consiste nel prelevare i linfocitiT (sottogruppo dei globuli bianchi) dal paziente malato di leucemia per poi coltivarli in un laboratorio e riprogrammarli per eliminare il tumore. Per trasformarli in serial killer occorre la fusione tra una proteina e un anticorpo: i globuli bianchi vengono dunque “infettati” da lentivirus, vettori derivati dal virus Hiv – anche se ovviamente modificati cosicché non siano tossici – e noti per la loro capacità di penetrare le cellule. Questo lentivirus è in grado di trasferire pezzi di Dna nel linfocita e di armarlo con la nuova proteina (Car appunto) prodotta artificialmente in laboratorio, che riesce a individuare e distruggere la leucemia, creando anche una sorta di memoria nel sistema immunitario. Come spiega il dottor June, “i linfociti T modificati non interagiscono con le cellule che non sono tumorali, e dunque limitano gli effetti collaterali causati dalle terapie standard. Le cellule tumorali esprimono una proteina (CD19) che i linfociti modificati sono in grado di riconoscere e attaccare con precisione. E dato che hanno un’enorme capacità di riprodursi, vanno immaginati come un esercito di serial killer dall’incredibile potenza omicida”.
Se il professor June è riuscito a concretizzare questa terapia – le cui radici risalgono agli anni Ottanta – è merito anche del caso. Agli inizi della sua carriera aveva infatti deciso di concentrarsi sulla leucemia, specializzazione che dovette abbandonare durante la guerra del Vietnam, quando si arruolò nella Marina americana. “Gli Stati Uniti pretendevano che noi militari ci concentrassimo su altri fronti, come i vaccini per la malaria o le cure per l’Hiv”. È così che June dedica alcuni anni allo studio di questo virus. “All’inizio il professore tentò di stimolare i linfociti per riconoscere l’Hiv”, spiega il dottor Marco Ruella, ematologo torinese che dal 2012 fa parte del team di Carl June alla University of Pennsylvania. Poi l’intuizione: applicare lo stesso processo per stanare le cellule tumorali. Ma come si fa a inserire in una cellula una proteina che non esiste in natura? Carl June realizza che i lentivirus derivati dall’Hiv sono perfetti cavalli di Troia.
La svolta, che porta la firma di June, è stata infatti quella di riuscire a trasportare la nuova proteina dal laboratorio alla clinica. Il professore comincia le sperimentazioni alla fine degli anni Novanta, alla UPenn, e nel 2010 tratta il primo paziente, un ex soldato di 60 anni affetto da leucemia in fase terminale. Sono passati anni da quando Bill, il paziente numero uno, ed Emily, la prima bambina a sperimentare la terapia, sono stati curati. Grazie alla loro guarigione, gli esperimenti sono andati avanti: “Abbiamo già trattato una trentina di leucemie acute e altrettante leucemie croniche. Una sessantina di casi – spiega il dottor Ruella – con risultati insperati, soprattutto considerando che queste persone avevano già ricevuto terapie, o trapianti, e la loro prognosi era pessima. Non c’erano alternative, se non cure sperimentali. Nei pazienti con leucemia acuta linfoblastica si ha tra circa il 90 per cento di remissioni complete. Alcuni pazienti hanno recidivato dopo mesi o anni. Ma la maggioranza, ad anni di distanza, non mostra più alcun cenno di tumore, e parliamo di persone che avevano un’aspettativa di vita di pochi mesi. Per questo l’immunoterapia è stata dichiarata “breakthrough” (una conquista nel campo della ricerca). La leucemia cronica si è mostrata invece più difficile da estirpare. Spiegano dalla facoltà di medicina della UPenn che “siamo riusciti a guarire circa il 50 per cento dei pazienti. I fattori in ballo sono parecchi, ma i risultati sono decisamente migliori rispetto a quelli delle terapie standard”.
Una volta in cura nel team di Carl June, al paziente viene filtrato il sangue per prelevarne i globuli bianchi. Questi vengono poi trasportati in appositi laboratori, isolati e fatti proliferare. Il passaggio chiave è il trasferimento all’interno dei linfociti T di questa nuova proteina artificiale (Car) grazie al vettore derivato dal virus Hiv. Dopo circa dieci giorni di espansione, i linfociti sono pronti per combattere il tumore. Si effettuano test di controllo per verificare che la proteina venga effettivamente espressa e i serial killer vengono poi (solitamente) congelati. Nel frattempo, il paziente è sottoposto ad una chemioterapia per abbassare il numero di linfociti T presenti nel sangue, così da far spazio a quelli modificati in laboratorio. Poi il processo è rapido e semplice come una trasfusione. “Si fa in 10, 15 minuti – spiegano dal laboratorio – I linfociti modificati girano per il corpo, entrano in contatto con leucemia presente nel sangue e nel midollo osseo e poi cominciano da un lato ad ammazzare le cellule tumorali e dall’altro a riprodursi in maniera esponenziale”. Se i costi sono così elevati (circa 600mila dollari per terapia) è perché – anche se il virus che si usa per trasferire la proteina nei linfociti t è universale – questi vanno coltivati individualmente in laboratorio: la terapia, basata sui globuli bianchi del singolo paziente, si fa su misura. Ma la casa farmaceutica Novartis – ha messo la terapia all’apice delle priorità nel suo budget per la ricerca che ammonta a quasi 10 miliardi di dollari – parla già di proporre la cura a costo zero nei Paesi in via di sviluppo, e spiega che, una volta entrata in commercio come prodotto clinico (nel 2016 in America), il prezzo scenderà comunque automaticamente. Uno degli aspetti più sorprendenti è poi che gli effetti collaterali, a lungo termine, sono molto blandi. Quando la terapia funziona i pazienti – che avevano un’aspettativa di vita di pochi mesi – oltre a non avere più la leucemia notano anche l’assenza dei linfocitiB, che producono anticorpi. Quindi, ogni due o tre mesi, ricevono un’infusione di anticorpi, considerata però dai medici niente affatto proibitiva. Per il resto, hanno davanti una vita normale.
Dal Fatto Quotidiano di sabato 4 ottobre 2014
Scienza
Leucemia, ecco la terapia Car: così l’Hiv aiuta a distruggere le cellule tumorali
La scoperta del team del professor Carl June, della University of Pennsylvania, potrebbe portare a notevoli passi avanti nella cura dei tumori. Nei pazienti con leucemia acuta linfoblastica si ha circa il 90 per cento di remissioni complete
La rivista Science l’ha definita una “terapia rivoluzionaria”. A raccontarla, la cura elaborata dal dottor Carl June pare fantascientifica: si tratta di serial killer che vengono iniettati nel paziente malato per dare la caccia alle cellule tumorali, eliminandone fino a mille ciascuno. Senza intaccare quelle sane. E quando non bastano per combattere il nemico, si moltiplicano da sole, come fossero comuni anticorpi, creando un esercito anti-cancro all’interno dell’organismo. I risultati? Al di sopra di ogni aspettativa. Nei pazienti con leucemia acuta linfoblastica si ha circa il 90 per cento di remissioni complete: ad anni di distanza dal trattamento, non si registra più alcun segno di tumore.
La terapia si chiama Car (da Chimeric antigenic receptor, cioè cellule T con recettore chimerico) e consiste nel prelevare i linfocitiT (sottogruppo dei globuli bianchi) dal paziente malato di leucemia per poi coltivarli in un laboratorio e riprogrammarli per eliminare il tumore. Per trasformarli in serial killer occorre la fusione tra una proteina e un anticorpo: i globuli bianchi vengono dunque “infettati” da lentivirus, vettori derivati dal virus Hiv – anche se ovviamente modificati cosicché non siano tossici – e noti per la loro capacità di penetrare le cellule. Questo lentivirus è in grado di trasferire pezzi di Dna nel linfocita e di armarlo con la nuova proteina (Car appunto) prodotta artificialmente in laboratorio, che riesce a individuare e distruggere la leucemia, creando anche una sorta di memoria nel sistema immunitario. Come spiega il dottor June, “i linfociti T modificati non interagiscono con le cellule che non sono tumorali, e dunque limitano gli effetti collaterali causati dalle terapie standard. Le cellule tumorali esprimono una proteina (CD19) che i linfociti modificati sono in grado di riconoscere e attaccare con precisione. E dato che hanno un’enorme capacità di riprodursi, vanno immaginati come un esercito di serial killer dall’incredibile potenza omicida”.
Se il professor June è riuscito a concretizzare questa terapia – le cui radici risalgono agli anni Ottanta – è merito anche del caso. Agli inizi della sua carriera aveva infatti deciso di concentrarsi sulla leucemia, specializzazione che dovette abbandonare durante la guerra del Vietnam, quando si arruolò nella Marina americana. “Gli Stati Uniti pretendevano che noi militari ci concentrassimo su altri fronti, come i vaccini per la malaria o le cure per l’Hiv”. È così che June dedica alcuni anni allo studio di questo virus. “All’inizio il professore tentò di stimolare i linfociti per riconoscere l’Hiv”, spiega il dottor Marco Ruella, ematologo torinese che dal 2012 fa parte del team di Carl June alla University of Pennsylvania. Poi l’intuizione: applicare lo stesso processo per stanare le cellule tumorali. Ma come si fa a inserire in una cellula una proteina che non esiste in natura? Carl June realizza che i lentivirus derivati dall’Hiv sono perfetti cavalli di Troia.
La svolta, che porta la firma di June, è stata infatti quella di riuscire a trasportare la nuova proteina dal laboratorio alla clinica. Il professore comincia le sperimentazioni alla fine degli anni Novanta, alla UPenn, e nel 2010 tratta il primo paziente, un ex soldato di 60 anni affetto da leucemia in fase terminale. Sono passati anni da quando Bill, il paziente numero uno, ed Emily, la prima bambina a sperimentare la terapia, sono stati curati. Grazie alla loro guarigione, gli esperimenti sono andati avanti: “Abbiamo già trattato una trentina di leucemie acute e altrettante leucemie croniche. Una sessantina di casi – spiega il dottor Ruella – con risultati insperati, soprattutto considerando che queste persone avevano già ricevuto terapie, o trapianti, e la loro prognosi era pessima. Non c’erano alternative, se non cure sperimentali. Nei pazienti con leucemia acuta linfoblastica si ha tra circa il 90 per cento di remissioni complete. Alcuni pazienti hanno recidivato dopo mesi o anni. Ma la maggioranza, ad anni di distanza, non mostra più alcun cenno di tumore, e parliamo di persone che avevano un’aspettativa di vita di pochi mesi. Per questo l’immunoterapia è stata dichiarata “breakthrough” (una conquista nel campo della ricerca). La leucemia cronica si è mostrata invece più difficile da estirpare. Spiegano dalla facoltà di medicina della UPenn che “siamo riusciti a guarire circa il 50 per cento dei pazienti. I fattori in ballo sono parecchi, ma i risultati sono decisamente migliori rispetto a quelli delle terapie standard”.
Una volta in cura nel team di Carl June, al paziente viene filtrato il sangue per prelevarne i globuli bianchi. Questi vengono poi trasportati in appositi laboratori, isolati e fatti proliferare. Il passaggio chiave è il trasferimento all’interno dei linfociti T di questa nuova proteina artificiale (Car) grazie al vettore derivato dal virus Hiv. Dopo circa dieci giorni di espansione, i linfociti sono pronti per combattere il tumore. Si effettuano test di controllo per verificare che la proteina venga effettivamente espressa e i serial killer vengono poi (solitamente) congelati. Nel frattempo, il paziente è sottoposto ad una chemioterapia per abbassare il numero di linfociti T presenti nel sangue, così da far spazio a quelli modificati in laboratorio. Poi il processo è rapido e semplice come una trasfusione. “Si fa in 10, 15 minuti – spiegano dal laboratorio – I linfociti modificati girano per il corpo, entrano in contatto con leucemia presente nel sangue e nel midollo osseo e poi cominciano da un lato ad ammazzare le cellule tumorali e dall’altro a riprodursi in maniera esponenziale”. Se i costi sono così elevati (circa 600mila dollari per terapia) è perché – anche se il virus che si usa per trasferire la proteina nei linfociti t è universale – questi vanno coltivati individualmente in laboratorio: la terapia, basata sui globuli bianchi del singolo paziente, si fa su misura. Ma la casa farmaceutica Novartis – ha messo la terapia all’apice delle priorità nel suo budget per la ricerca che ammonta a quasi 10 miliardi di dollari – parla già di proporre la cura a costo zero nei Paesi in via di sviluppo, e spiega che, una volta entrata in commercio come prodotto clinico (nel 2016 in America), il prezzo scenderà comunque automaticamente. Uno degli aspetti più sorprendenti è poi che gli effetti collaterali, a lungo termine, sono molto blandi. Quando la terapia funziona i pazienti – che avevano un’aspettativa di vita di pochi mesi – oltre a non avere più la leucemia notano anche l’assenza dei linfocitiB, che producono anticorpi. Quindi, ogni due o tre mesi, ricevono un’infusione di anticorpi, considerata però dai medici niente affatto proibitiva. Per il resto, hanno davanti una vita normale.
Dal Fatto Quotidiano di sabato 4 ottobre 2014
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Cronaca
Le condizioni di Papa Francesco si sono aggravate: “Crisi respiratoria e anemia, sono state necessarie trasfusioni e ossigeno”. I medici: “Prognosi riservata”
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(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Meloni viene da una storia politica, a differenza di quella liberale e radicale, che non ha considerato nei decenni gli Usa e l’atlantismo come imprescindibili per l’Italia e l’Europa". Lo scrive Benedetto Della Vedova sui social.
"Oggi la troviamo nel suo intervento alla Cpac, come zelante difensore dell’indifendibile, cioè di Trump. Trump ha sempre sostenuto anche nel suo primo mandato, falsando la realtà, che l’Unione europea fosse stata creata per approfittare degli Usa. Con lui bisognerà fare i conti, naturalmente, ma Trump non è stato e non sarà amico della Ue e men che meno dell’Ucraina che è pronto a sacrificare per l’amicizia con Putin: Meloni se ne faccia una ragione, non può essere contemporaneamente amica di Trump e della Ue, deve scegliere".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Un trionfo di vittimismo su scala planetaria. A servizio dei potenti, altro che popolo! Meloni con il suo intervento alla Cpac in corso a Washington ha fatto una scelta di campo, contro l’Europa. Forse persegue il suo interesse politico, ma non è l’interesse nazionale". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Sorprende che nessuno di La 7 prenda le distanze dall’orribile auspicio che Salvini venga colpito da un ictus. L’alibi della trasmissione satirica non assolve autori, ospiti, dirigenti ed editori. Purtroppo, troppe trasmissioni di La 7 e di Rai 3 istigano all’odio e avvelenano il clima del Paese. Editori, dirigenti, odiatori chiederanno scusa pubblicamente?”. Lo dichiarano i Capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Neanche un accenno al saluto nazista di Bannon. Nessuna presa di distanze. Evidentemente non può farlo. Meglio la retorica melensa e consueta dell’approccio Maga. Sposa su tutta la linea ideologica la retorica di JD Vance a Monaco, e chiude la porta ad una reale soggettività europea. Un discorso furbesco e ambiguo, di chi ha scelto di galleggiare e che posiziona il governo italiano sulla linea Orban con buona pace di tutte le chiacchiere a vuoto sull’ambasciatrice dei due mondi". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, a proposito dell'intervento di Giorgia Meloni alla Cpac di Washington.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - “Tante bugie, in linea con la propaganda di Meloni. Il suo è il governo delle insicurezze. Sicurezza energetica? Falso. Ha fatto aumentare le bollette, rendendo le famiglie italiane meno sicure e più povere. Sicurezza alimentare? Falso". Così in una nota Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde.
"Con il suo negazionismo climatico favorisce la crisi dell’agricoltura e il dominio delle grandi multinazionali. Libertà di parola? Falso. Difende il vice di Trump, Vance, che vuole la libertà di diffondere bugie attraverso i social, strumenti nelle mani dei potenti miliardari americani. Difende la democrazia? Falso. È lei che vuole demolire gli organi costituzionali per diventare una e trina: Dio, Patria e Legge. I conservatori del mondo vogliono costruire il nuovo totalitarismo mondiale grazie al potere economico, tecnologico e militare di cui dispongono per trasformare la democrazia in un sottoprodotto commerciale della loro attività”.