“Gli sforzi che questo governo sta facendo per rendere più competitivo il sistema Italia vanno supportati e accompagnati e non prevalentemente criticati. Con le critiche non si costruisce un sistema più competitivo”. E’ questo il pensiero sul governo Renzi dell’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che pure è talmente fiducioso nell’operato dell’esecutivo da essere fresco di trasferimento a Londra anche se precisa che “non c’è stato cambio di residenza, né fiscale né civile. Il fatto che passi più tempo in giro per l’Europa è un plus per Mediobanca, che deve modificare e affinare il suo business model”. Esattamente un anno fa, quando Matteo Renzi era candidato alla segreteria del Pd, Nagel aveva già lasciato intendere di avere un giudizio positivo del sindaco di Firenze, rispondendo di essere per “quelli che fanno” alla richiesta di una conferma delle voci che lo indicavano come un simpatizzante di Renzi mentre la moglie Roberta Furcolo stava al fianco di Mario Monti.
Sostegno sì, ma senza esagerare: nel trimestre Mediobanca ha ridotto a 4,5 miliardi l’esposizione a titoli di Stato italiani. A fine giugno l’investimento di Piazzetta Cuccia sul debito sovrano ammontava a 5,6 miliardi di fine giugno, 2 in meno rispetto a giugno 2013. “Abbiamo man mano ridotto l’esposizione e abbiamo destinato parte degli investimenti al corporate e retail invece che alla tesoreria”, ha spiegato Nagel. Quanto agli altri affari, l’ad di Mediobanca fa sapere che il suo istituto contribuirebbe volentieri ad aiutare il Monte dei Paschi di Siena a risolvere il problema della carenza patrimoniale cui deve essere posto rimedio dopo l’esito degli stress test della Bce. “Come banca d’affari siamo coinvolti in una delle due situazioni (Mediobanca è global coordinator e bookrunner del programmato aumento di capitale di Banca Carige, ndr) Qualora si trovassero delle opportunità per far fronte allo shortfall (deficit, ndr) dell’altra banca (Mps, assistita da Citigroup e Ubs, ndr), cui siamo vicini e con la quale collaboriamo molto bene, – ha detto Nagel – ci farebbe piacere contribuire a risolvere questo tema di shortfall. Vedremo nelle prossime settimane, perché questi risultati vanno letti con attenzione e, dopo una prima reazione positiva, credo che nelle prossime settimane il tema dello stress test verrà in qualche modo superato e si tornerà a lavorare sulla base degli indici patrimoniali reali delle banche”.
Una disponibilità non inficiata dalla richiesta di risarcimento da 286 milioni di euro che la Fondazione Montepaschi ha formulato nei confronti di Piazzetta Cuccia proprio per un intervento di soccorso, cioè il finanziamento da 600 milioni di euro concesso all’ente senese nel 2011 sul quale, secondo la Fondazione, gravano responsabilità extracontrattuali. Mossa che Nagel ritiene temeraria. “Ci difenderemo, siamo tranquilli – ha detto – Siamo stati citati con tutto il pool bancario nel presupposto che quel finanziamento fosse non dico incauto ma che non ci fossero i requisiti. La realtà è che il soggetto ha attestato l’esistenza di tutti questi requisiti e anche il ministero ha dato l’ok. E’ una causa secondo noi temeraria da parte della fondazione e da cui ci difenderemo. Noi siamo tranquilli”. Sulla situazione di Carige, di cui per altro Mediobanca ha in pegno il 7% in quanto creditrice della Fondazione azionista, Nagel tiene a sottolineare che la colpa non è dell’andamento del patrimonio, ma del conto economico “che a parte le indagini in corso sull’operato del management passato, la congiuntura negativa e il deterioramento degli utili, la spiegazione della situazione in cui si è trovata Carige è in gran parte derivante all’esposizione della banca a certi debitori e certe condizioni che sono emerse”.
Nessun interesse, in ogni caso, a partecipare da protagonista alla nuova tornata di fusioni e acquisizioni attesa per il settore bancario per la quale Mediobanca si candida invece al suo ruolo di sempre, quello di consulente. “Non siamo interessati al M&A. Noi pensiamo di operare come banca d’affari, in un processo che porterà sicuramente a rafforzamenti patrimoniali e a consolidamenti, magari non nell’immediato. Nei prossimi 18 mesi vedremo secondo me dei consolidamenti intra-market prima e solo successivamente si potrà vedere un consolidamento tra mercati differenti dell’euro”. Del resto “noi abbiamo intrapreso una strada di forte innovazione nel modello di retail e un’acquisizione o un matrimonio tra CheBanca! e una realtà molto diversa non avrebbe senso”. Non è esclusa, però, l’acquisizione di “piccoli asset specifici per Compass o CheBanca! se possono accelerarne le strategie. Ma non sarebbe una buona idea per Mediobanca comprare una normale banca retail”.
Per quanto riguarda invece lo smantellamento dei salotti con il piano di dismissioni che è servito a far chiudere lo scorso esercizio in utile e che per questo esercizio dovrebbe portare incassi tra 200 e 400 milioni di euro, Mediobanca porterà a termine la cessione delle residue quote in Telecom Italia entro il prossimo 30 giugno. “Parliamo – ha detto Nagel – di una partecipazione che è oggi all’interno di una holding, il cui scioglimento è subordinato al placet di alcune autorità, quindi in realtà non è un asset disponibile immediatamente per la vendita. Crediamo che lo sarà durante il corso di questo esercizio, dunque riteniamo che entro il 30 giugno si potrà perfezionare”. Tempi più lunghi per le Generali (“abbiamo sempre parlato dell’ultimo anno di piano”) mentre per il 6,2% dell’editrice del Corriere della Sera, Rcs, “dipende dai prezzi e dai mercati”.
Tra luglio e settembre Mediobanca ha registrato ricavi per 525 milioni (+25%), con utili in calo di 11 milioni a 160 milioni. Il bilancio 2013/2014 approvato dal consiglio di amministrazione si è chiuso invece con un utile netto di 465 milioni. Vincent Bolloré, secondo azionista di Piazzetta Cuccia fresco di ingresso nell’azionariato di Telecom Italia, si è detto “molto soddisfatto dei risultati della banca. Siamo qui per il lungo termine. Siamo molto felici della squadra di manager e molto contenti del ruolo di Mediobanca in Italia che è un Paese magnifico”. Il raider bretone è arrivato in Piazzetta Cuccia per per accompagnare la figlia Marie di 26 anni, che entra formalmente nel board di Piazzetta Cuccia in rappresentanza della famiglia. “Sono venuto a presentare mia figlia. E’ la settima generazione della famiglia, è la mia sola figlia, ne sono molto orgoglioso”, ha spiegato uscendo poco dopo dalla banca a braccetto con Nagel. Marie Bollorè (“mi sono interessata sempre di più a Mediobanca soprattutto quest’anno, dopo aver concluso i miei studi”) è invece entrata nella sala dell’assemblea accompagnata dall’imprenditore franco-tunisino Tarak Ben Ammar, per il quale la figlia di Bolloré porterà in cda “gioventù, femminilità e meno noia”.
In apertura Nagel ha ricordato ai soci che Mediobanca “non fa aumenti di capitale dalla fine degli anni novanta” e ha distribuito nel corso degli anni “2 miliardi di dividendi”, quindi ha anticipato che l’anno prossimo, se i parametri di bilancio “non avranno un deterioramento” e con “un risultato pari o superiore a questo, conto di poter aumentare il dividendo“. Tra le altre cose, poi, l’ad ha fatto sapere che Piazzetta Cuccia, che tra i suoi più recenti azionisti conta la Banca Popolare cinese, sta riflettendo sulla Cina “per intercettare parte delle operazioni tra Asia ed Europa. Prima però dobbiamo completare la nostra presenza qui in Europa, per essere anche più credibili con il mercato cinese”.